Lunedì 5 ottobre 2015
Il XVIII Capitolo Generale dei Missionari Comboniani si è svolto dal 31 agosto al 3 ottobre 2015 presso la Casa Generalizia a Roma. Il Capitolo si è concluso sabato scorso. Fratel Alberto Degan [nella foto], missionario comboniano italiano, è stato membro della Commissione Precapitolare e delegato capitolare rappresentante della provincia comboniana dell’Italia. Oggi fa una riflessione-risonanza – intitolata “Il Cristo vicino: la vicinanza come fondamento teologico della missione nel magistero di Papa Francesco” – dopo quanto ha vissuto durante il Capitolo.


IL CRISTO ‘VICINO’
La ‘vicinanza’ come fondamento teologico della missione
nel Magistero di Papa Francesco

 

Dio è ‘vicino’

Nelle letture di qualche domenica fa mi colpiva il contrasto tra l’atteggiamento di Dio e quello degli uomini. Da un lato la Parola afferma che “il Signore, nostro Dio, è vicino a noi” (Dt 4,7) e dall’altro Gesù ci dice: “Mi onori con le labbra, ma il tuo cuore è lontano da me” (Mc 7,6).

Quante volte, nella Bibbia, si ripete che il Signore è vicino! “Il Signore è vicino a chiunque lo invoca” (Salmo 144), “Il Signore è vicino a chi ha il cuore spezzato” (Salmo 33). Si potrebbe dire che ‘vicino’ è un altro nome di Dio. E’ nella natura di Dio esserci vicino, fare sue le nostre speranze e le nostre lacrime. E in questa vicinanza Dio trova la sua vita, la sua pienezza, la sua gioia.

Se ‘vicino’ è il nome di Dio, ‘lontano’ è – troppo spesso – il nome dell’uomo. Ecco il rimprovero che ci rivolge Gesù: “Il tuo cuore è lontano”. Il dolore più grande che possiamo provare è quando vogliamo bene a una persona e sentiamo che il suo cuore è lontano. E quello che vale per noi vale anche per Gesù: non c’è niente che Lo faccia soffrire tanto come la nostra lontananza e la nostra indifferenza.

‘Lontano’ è la felicità, ci grida l’ideologia postmoderna: sta’ ‘lontano’ dalle sofferenze e dai problemi degli altri, e vivrai una vita spensierata e felice.

Gesù ci lancia il messaggio opposto: ‘vicino’ è la felicità: fatti prossimo ai tuoi fratelli, e da questa vicinanza solidale nascerà una gioia profonda, in loro e in te.

Vicino ai poveri

Si è appena concluso il nostro XVIII° Capitolo Generale. Per delineare il nostro orizzonte per il prossimo sessennio ci siamo ispirati alla Lettera Apostolica del papa Evangelii Gaudium, in cui la parola ‘vicino’ appare per ben dieci volte. Di fatto, la ‘vicinanza’, e soprattutto la vicinanza ai poveri, è una categoria fondamentale della teologia della missione di papa Francesco.

Durante la prima settimana del nostro Capitolo mons. Franzelli, vescovo comboniano in Uganda, ci ha ricordato che noi siamo “Missionari Comboniani del Cuore di Gesù”. Sembra che il Cuore di Gesù non vada più tanto di moda, ha detto, ma per noi comboniani non sarà mai fuori moda, perché è parte della nostra identità, come ci ha ricordato anche il papa nell’Udienza di qualche giorno fa. E noi sappiamo che ad occupare i primi posti nel cuore di Gesù sono “i più poveri e abbandonati”, come diceva Comboni. Quindi ribadire l’importanza del Cuore di Gesù nella nostra vita spirituale significa riscoprire il Suo amore per i nostri fratelli più piccoli. In inglese si chiamano le tre ‘L’: ‘the least’, ‘the last’, ‘the lost’:’ i più piccoli, gli ultimi e i perduti.

Ci siamo chiesti: cosa sogna Dio per il nostro Istituto? Io penso che Dio sogna che i Missionari Comboniani entrino nel suo Cuore e facciano un’opzione chiara per i più piccoli, gli ultimi e i perduti. Il Capitolo ha recepito bene questa ‘provocazione’ dello Spirito. I missionari capitolari, infatti, hanno affermato: “Siamo un Istituto ‘in uscita’, in pellegrinaggio con i più poveri e abbandonati”. E abbiamo anche detto che vogliamo rivedere e riqualificare i nostri impegni a partire da una serie di criteri, il primo dei quali è “la vicinanza ai poveri”.

Nell’Evangelii Gaudium, in vari passi, il papa ci parla di un Cristo ‘vicino’. Al numero 186, ad esempio, Francesco afferma che il nostro amore per “i più abbandonati della società” deriva “dalla nostra fede in Cristo vicino ai poveri”. E quindi ribadisce che “per la Chiesa l’opzione per i poveri è una categoria teologica prima che politica o filosofica. Dio concede ai poveri ‘la sua prima misericordia’. Questa preferenza divina ha delle conseguenze nella vita di fede di tutti i cristiani, chiamati ad ‘avere gli stessi sentimenti di Gesù’ (Fil 2,5)” (EG198). Il papa ci sta dicendo: chi è il cristiano, chi è il missionario? E’ colui che nutre gli stessi sentimenti di Cristo: la sua prima misericordia, il suo amore più grande va ai poveri.

E quando io amo qualcuno, sento che la mia vita ha senso solo se riesco a stargli vicino. La missione nasce dal desiderio di Gesù di essere vicino ai suoi fratelli amati, soprattutto ai più piccoli: “Gesù vuole servirsi di noi per arrivare sempre più vicino al suo popolo amato” (EG268). Il missionario è lo strumento di cui si serve Gesù per realizzare il suo sogno: attraverso il nostro farci vicini alla gente, anche Gesù si fa sempre più vicino al suo popolo.

Francesco lo sottolinea varie volte: “Gesù stesso è il modello di questa scelta evangelizzatrice che ci introduce nel cuore del popolo. Quanto bene ci fa vederlo vicino a tutti!” (EG269). La scelta di stare vicini alla gente, dunque, non è una scelta ideologica ma cristologica: il modello che ci ispira è il Gesù vicino. La ‘vicinanza’ è la fonte e la meta della missione. Questo era vero ieri ed è vero oggi. Anche oggi, di fronte alla globalizzazione dell’indifferenza, Dio ci propone la ‘vicinanza’.

Certamente, davanti a tante sfide più grandi di noi, spesso ci sentiamo impotenti: non abbiamo risposte immediate sul COSA FARE. Ma anche se non sappiamo sempre cosa fare, Gesù ci dà un’indicazione chiara sul DOVE STARE: oggi, come ieri, Gesù ci chiama a stare vicino alla gente, vicino ai poveri!

Prenderci in braccio: la ‘mistica’ della vicinanza

Questa vicinanza ai poveri implica un amore forte e una perseveranza nelle difficoltà, e quindi può essere frutto solo di una solida spiritualità o, come preferisce chiamarla il papa, di una ‘mistica’: “la mistica di avvicinarci agli altri” (EG 272).

Con parole ispirate e commosse Francesco ci sprona a“scoprire e trasmettere la ‘mistica’ di vivere insieme, di mescolarci, di incontrarci, di prenderci in braccio, di appoggiarci, di partecipare a questa marea un po’ caotica che può trasformarsi in una vera esperienza di fraternità, in una carovana solidale, in un santo pellegrinaggio” (EG 87). E’ un’immagine straordinaria! L’incertezza che stiamo vivendo a vari livelli (economico, politico, antropologico, etc.) sembra una marea caotica e potrebbe farci cadere nel pessimismo, ma la nostra capacità di avvicinarci gli uni agli altri e di prenderci in braccio può trasformare questo caos in una straordinaria opportunità di creare una fraternità profonda a livello planetario. E’ tutta l’umanità che si sta mettendo in viaggio, in una specie di carovana solidale, alla ricerca della pienezza e di un nuovo approdo. Questa esperienza di sentirci in ricerca, vicini e mescolati ai nostri fratelli, è un’esperienza di fede, un santo pellegrinaggio che il papa ci incoraggia ad intraprendere con un senso di speranza e di gratitudine.

Una vita con sapore

Questa vicinanza alla gente noi Missionari comboniani non la consideriamo un ‘dovere’ da assolvere, ma piuttosto la sentiamo come un desiderio insopprimibile del cuore. A questo proposito, Francesco afferma che “per essere evangelizzatori autentici occorre anche sviluppare il gusto spirituale di rimanere vicini alla vita della gente, fino al punto di scoprire che ciò diventa fonte di una gioia superiore” (EG 268). Insomma, vogliamo stare vicini ai poveri perché è con loro che ci sentiamo felici: senza di loro la nostra vita non avrebbe gusto e perderebbe tutto il sapore. Sì, per un missionario non c’è gioia più grande di quella di sentirci avvolti dall’abbraccio dei piccoli e degli ultimi. Senza questa vicinanza, senza questo abbraccio, senza questa gioia, afferma il papa, non ci può essere nessuna autentica evangelizzazione.

Preghiamo Dio che mantenga sempre vivo in noi questo gusto spirituale: la gioia di sentirci abbracciare dai più piccoli, gli ultimi e i perduti.
Fratel Alberto Degan