Il Congo tra ebola e instabilità, i comboniani: la gente vive una psicosi

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Sabato 18 agosto 2018
Scoppiano nuovi focolai in un’area già colpita dalla guerra. Parla padre Gaspare Di Vincenzo, missionário comboniano a Butembo. Il numero delle vittime del virus sale a 33. Solo poche settimane fa il governo della Repubblica Democratica del Congo aveva dichiarato il Paese “Ebola free”, ma nuovi focolai diffusisi nell’area del Nord Kivu tra la fine di luglio e i primi di agosto, hanno fatto scattare l’allarme e creato, oltre che decine di morti, una vera e propria psicosi tra la popolazione.

Purtroppo, il Congo, non è nuovo a questi terribili contagi. Dalla metà degli anni ‘70, ha conosciuto ondate di epidemie che in tutto, fino a oggi, hanno fatto oltre diecimila vittime. A complicare il quadro attuale e l’efficienza degli interventi sanitari e umanitari, la situazione di conflitti in tutta l’area del Kivu dove sono in azione una cinquantina di gruppi armati.

Nel frattempo, il temuto presidente Joseph Kabila fa trapelare notizie di una sua possibile ricandidatura alle elezioni del dicembre prossimo (in spregio agli Accordi di San Silvestro patrocinati dalla Conferenza episcopale e alla Costituzione che prevede un massimo di due mandati). Sulla sponda delle opposizioni, invece, destano preoccupazioni da una parte il rientro di Jean-Pierre Bemba (accusato dalla Corte Penale Internazionale di crimini di guerra e contro l’umanità e arrestato a Bruxelles nel 2008, condannato poi nel 2016 in primo grado a 18 anni di carcere, è stato riabilitato in appello lo scorso giugno e ha potuto rientrare in Congo, ndr), dall’altra la situazione di Moïse Katumbi, influentissimo leader politico ora residente in Zambia, cui è stato negato l’accesso al Paese.

Raggiunto al telefono da Vatican Insider padre Gaspare Di Vincenzo, superiore della comunità di religiosi comboniani di Butembo, Nord Kivu, parla dell’allarme Ebola e della pericolosa situazione di instabilità. Padre qual è il bilancio delle vittime al momento?

«Ad oggi i morti accertati a causa del virus in diverse zone della provincia del Nord Kivu sono 33. Nell’area di Beni hanno iniziato le vaccinazioni già da qualche giorno mentre ieri è arrivata l’ equipe medica ufficiale da Kinshasa assicurando che nella zona di Butembo cominceranno nel corso di questa settimana. In ogni caso, fortunatamente, oltre ai vaccini per tutti, stanno arrivando nuovi mezzi per il trasporto dei cadaveri e la sepoltura: fino ad oggi le vittime venivano seppellite a mani nude dai propri cari, e, ovviamente, mantenevano vivo il contagio. I vaccini, in ogni caso, hanno funzionato nella provincia dell’Equatore mesi fa e speriamo che anche qui da noi funzionino, perché ci sono molti focolai sia a Beni che a Butembo. Nella giornata di ieri (lunedì 6 agosto), c’è stato un meeting ufficiale a Butembo con autorità sanitarie che hanno dato indicazioni pratiche e iniziato a gestire la situazione».

I soccorsi e le misure di emergenza devono fare i conti anche con i conflitti in corso, come reagisce la popolazione? 

«La gente vive in una sorta di psicosi permanente. Non sa dove fuggire perché da una parte ci sono i focolai del virus, dall’altra i ribelli probabilmente vicini ai Mai-Mai (non si è certi dell’appartenenza, c’è chi sostiene che siano gruppi sparsi al soldo di vari poteri politico-economici, ndr) dall’altra ancora, ci sono altri gruppi armati. In queste zone se ne contano almeno una cinquantina. Il rischio è che si chiudano le frontiere con Uganda e si arrivi a una paralisi dell’economia già duramente provata. Inoltre c’è il pericolo di una propagazione dell’Ebola oltre confine».

La Chiesa si è mobilitata? 

«Domenica 4 agosto il vescovo di Butembo-Beni, monsignor Sikuli Paluku, ha organizzato un incontro nel vescovado con tutti i religiosi e le religiose, il personale sanitario, i commercianti, i semplici cittadini, durante il quale si è parlato del problema per rispondere insieme in modo unitario ed efficace. Mentre nella giornata di martedì 7 ha lanciato un appello a “tutti i fedeli e gli uomini di buona volontà” per invitare a non farsi prendere dal panico, ad attenersi alle regole di igiene e restare uniti come una famiglia nell’aiuto reciproco. Tutti noi siamo allertati e disponibili per portare sostegno in questo momento così delicato».

Sul fronte politico, la Conferenza episcopale (Cenco) ha rilasciato un comunicato il 6 agosto in cui si dice preoccupata per lo svolgimento delle prossime elezioni a dicembre e chiede il rientro in patria di Moïse Katumbi. Temete un autunno caldo? 

«La Chiesa è molto allarmata da tempo per la questione della possibile ricandidatura di Joseph Kabila alla presidenza della Repubblica. Da quello che si percepisce negli ultimi tempi, Kabila ha tutta l’intenzione di ricandidarsi, il suo partito lo ha già messo in lista. La Cenco nel messaggio di ieri, tra le righe, fa emergere il proprio allarme per questo ennesimo gesto di disprezzo delle regole. Inoltre chiede il rientro di Moïse Katumbi perché le elezioni siano inclusive, trasparenti e non diano adito a scontri tra fautori dei diversi fronti. Qualche settimana fa è rientrato in patria anche Bemba nonostante i processi e le gravissime accuse. Con lui dentro il Paese, Katumbi fuori e Kabila nuovamente candidato, il rischio di scontri che sfocino in una vera e propria guerra, è altissimo».
Luca Attanasio, Butembo
Vaticaninsider