Daniele Comboni è stato un missionario apostolico che ha svolto la sua attività missionaria in stretto e continuo contatto con Propaganda Fide, con la quale ebbe rapporti diretti attraverso principalmente i tre Cardinali Prefetti del suo tempo. (Articolo pubblicato sull'Osservatore Romano)

Gli inizi della sua vocazione missionaria

Il Comboni inizia il suo lavoro come missionario in Africa, quando Propaganda Fide era guidata dal Cardinale Prefetto Alessandro Barnabò (1856-1874), il quale era stato Segretario del Dicastero dal 1848 al 1856. Nominato missionario apostolico dalla Congregazione, partì per l’Africa nel settembre 1857. Con il Cardinale Barnabò, Comboni ebbe i primi rapporti della sua vita come missionario. Tali rapporti ebbero un'importanza decisiva per gli sviluppi dell'opera missionaria della rigenerazione dell’Africa. Basti pensare alla fitta corrispondenza intercorsa tra loro, ed ai frequenti contatti personali i quali, all'inizio, se furono costruttivi, non furono sempre facili.

In ogni caso, il Comboni trovò nel Cardinale Prefetto una guida saggia ed autorevole che lo aiutò a maturare e a realizzare le sue iniziative a favore dell'evangelizzazione dei popoli africani.

Gli inizi della vocazione missionaria del Comboni e Propaganda Fide

Comboni aveva conosciuto la drammatica situazione della Tratta atlantica degli schiavi fin da giovane educando presso l’Istituto Mazza di Verona, dove era venuto a contatto con alcuni schiavi riscattati e accolti dal Mazza nei suoi Collegi. Fu in questo contesto che nacque la sua vocazione missionaria. A quasi 18 anni, il giorno dell'Epifania del 1849, egli pronunciò il giuramento missionario di totale consacrazione a quella vocazione. Cosi ricorderà, anni più tardi, quel momento, scrivendo al Prefetto di Propaganda Fide, Cardinale Franchi: "Fu nel gennaio del 1849 che, studente di filosofia, nell'età di 17 anni io giurai ai piedi del mio venerato superiore D. Mazza di consacrare tutta la mia vita all'apostolato dell'Africa Centrale; né mai venni meno colla grazia di Dio per variar di circostanze al mio voto, e da quel punto non ad altro intesi che ad apparecchiarmi a così santa impresa. Infatti nel 1857, mentre ferveva il primo periodo della Missione, fui spedito con altri Sacerdoti compagni a Chartum [sic] e nelle Stazioni del Fiume Bianco, ove fra le più dure prove fui più volte sull'orlo del sepolcro" (Comboni al Cardinale A. Franchi, 15.4.1876).

Pochi anni dopo, a soli 26 anni, Comboni lasciava l’Europa con un gruppo di 5 sacerdoti, tutti membri dell'Istituto Mazza di Verona, per raggiungere il cuore dell'Africa Centrale. Tre di essi moriranno ben presto nel primo anno della loro missione; degli altri tre, uno (Alessandro Dal Bosco) sarà il primo rettore dell'Istituto comboniano, morto anche lui quasi subito. Sopravvissero il Comboni e un altro che diventerà superiore dell'Istituto Mazza. Nello stesso periodo, erano morti anche quasi tutti i primi missionari della Missione dell'Africa Centrale, come pure buona parte dei missionari, sacerdoti secolari e frati francescani, provenienti dall'Impero austro-ungarico, che avevano tentato di lavorare in quelle Regioni africane. La stessa sorte era toccata anche ai "mazziani". Questo continuo necrologio costrinse Propaganda a chiudere, nel 1862, quelle missioni dell'Africa interna e rimandare a tempi migliori la sua riapertura.

Non la pensava così Comboni, il quale continua la sua lotta contro la tratta degli schiavi, ad animare l’Europa dello spirito missionario e, soprattutto, ad insistere presso Propaganda a favore della missione africana, proponendo un suo "Piano in favore della rigenerazione dell'Africa attraverso l’Africa stessa" (1864). Ai tempi del Vaticano I fu chiamato al Concilio come teologo e vi presentò un Postulatum in favore dell'evangelizzazione dei popoli dell'Africa e una Lettera sul dovere missionario consegnata a tutti i Padri Conciliari.

Di fronte all'ispirazione del Piano, il Prefetto di Propaganda ammirò il fervore missionario del suo ideatore, ma ne esaminò anche con attenzione e realismo le sue possibilità di attuazione, atteso il fatto che alcuni grandi Ordini religiosi avevano registrato un fallimento in quell'impresa che il giovane missionario voleva realizzare con tenacia. Da una parte, c'era la stima del Prefetto di Propaganda che esortava a non "tagliare le ali ad una così grande energia e audacia"; e, dall'altra la commovente e totale disponibilità del Comboni, che scriveva al Prefetto Barnabò: "lo ho venduto la mia volontà, la mia vita e tutto me stesso alla Santa Sede, cioè al Vicario di Cristo, all'Em.mo Card. Prefetto di Propaganda ed ai loro venerati rappresentanti, ed intendo di lavorare unicamente, e direi ciecamente sotto la savia loro guida ed autorità".

Ma non mancarono difficoltà, incomprensioni e opposizioni. Queste furono di ordine essenzialmente politico. Il suo ideale di "salvare l’Africa con l’Africa ", di collegare la fede con la promozione umana secondo la cosiddetta "rigenerazione cristiana dell'Africa", come pure 1'insistenza sul dovere missionario di tutta la Chiesa, non sempre fu compreso all'interno dei responsabili ecclesiastici e, per le sue conseguenze politiche, fu ostacolato dalla politica delle grandi Potenze del tempo, le quali perseguivano un programma economico-politico di spartizione nei territori secondo la politica dei Protettorati. Ciò contrastava con 1'idea di missionarietà del Comboni, il quale scriveva a Propaganda che la missione doveva "essere cattolica, non già spagnola o francese o tedesca o italiana ". "Voglio, aveva scritto qualche tempo prima, che il novello Piano non sia sotto l’influenza di alcuna Potenza politica".

In realtà, quando presentò a Propaganda alcune iniziative riguardanti alcune fondazioni in Africa Equatoriale, che era parte dei territori di missione a lui affidati proprio da Propaganda, questa preferì darla ad altri missionari. Fu una prova durissima per il Comboni il quale, però, accettò in totale obbedienza.  

La sua stessa nomina a Vescovo subì un itinerario molto faticoso e difficile, nonostante la richiesta di molti missionari che vedevano 1'opera del Comboni saggia e prudente. Dopo diversi e minuziosi approfondimenti del processo, fatti nelle diverse "Ponenze" della Congregazione, Papa Pio IX nominò Vescovo il Comboni nel luglio del 1877. Il Cardinale Prefetto, Franchi, comunicò la decisione direttamente all'interessato e lo consacrò Vescovo il 2 agosto dello stesso anno nella Cappella di Propaganda, in Piazza di Spagna.  

Con il pieno appoggio della Congregazione e con il suo mandato apostolico, il Comboni pensò di ripartire per l’Africa, ma alcune vicende glielo impedirono. Ritornato nel suo Continente, nonostante il divieto di penetrare nella regione dei Grandi Laghi, nel 1881 riuscì a fondare alcune missioni nella regione dei Nuba, cuore dello schiavismo, conducendovi personalmente missionari e suore degli Istituti da lui fondati e fondando villaggi con scuole agricole per schiavi da lui liberati.

Alla morte del Comboni, avvenuta a Khartoum nell'ottobre 1881, Propaganda Fide dovette intervenire con decisione per salvare le opere e gli Istituti fondati dal grande missionario africano.

Lo stesso Cardinale Prefetto Simeoni scrisse del Comboni: "IL Signore, chiamandolo a sé avrà voluto rimunerare le apostoliche fatiche impiegate da lui per molti anni nella missione dell'Africa Centrale... la viva fede, 1'ardente zelo e 1'energia di carattere, di cui era dotato, 1'accesissima brama che aveva di spargere la luce della religione e della vera civiltà tra gli infelici popoli della Nigrizia e la cognizione che aveva acquistato dei loro paesi, dei loro costumi e di parecchie delle lingue da essi parlate, lo rendevano per molti titoli assai idoneo a quella difficile Missione".

È il riconoscimento finale di Propaganda Fide all'apostolo della Nigrizia il quale, dopo numerose traversie e prove, scrive della sua esperienza apostolica: "Ho attraversato le più grandi difficoltà, ho sopportato le fatiche più enormi, ho più volte visto la morte vicino a me, ma malgrado tante privazioni e difficoltà, il Cuore di Gesù ha conservato nel mio spirito e nel cuore dei miei missionari e delle mie buone Suore... la perseveranza".

Crescenzio Card. Sepe