La spiritualità missionaria comboniana: Interdipendenza vitale tra contemplazione e missione

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Mercoledì 23 maggio 2018
La spiritualità missionaria comboniana implica una profonda recezione dello spirito del fondatore attraverso i suoi scritti, per coglierne ed assimilarne la passione per Cristo, la Chiesa e la missione. La spiritualità comboniana potrebbe essere caratterizzata come interdipendenza vitale e vitalizzante tra Contemplatio e Missio. Dobbiamo farci una domanda cruciale: Come rivivere nelle situazioni missionarie odierne lo slancio contemplativo ed apostolico del Comboni in un’interdipendenza vitale e vitalizzante tra Contemplatio e Missio? (P. Guido Oliana).

La spiritualità missionaria comboniana:
Interdipendenza vitale tra contemplazione e missione
P. Guido Oliana

La spiritualità missionaria comboniana implica una profonda recezione dello spirito del fondatore attraverso i suoi scritti, per coglierne ed assimilarne la passione per Cristo, la Chiesa e la missione. La spiritualità comboniana potrebbe essere caratterizzata come interdipendenza vitale e vitalizzante tra Contemplatio e Missio. Dobbiamo farci una domanda cruciale: Come rivivere nelle situazioni missionarie odierne lo slancio contemplativo ed apostolico del Comboni in un’interdipendenza vitale e vitalizzante tra Contemplatio e Missio?

La risposta è semplice e lineare, ma esigente: seguire con coraggio la Regola di Vita, che attualizza, nel linguaggio del Concilio Vaticano II, il contenuto della primigenia inspiratio comboniana.

Potremmo considerare sintesi della Contemplatio comboniana l’espressione “rimanere con il Signore” comeCenacolo di Apostoli.1

In primo luogo, “rimanere con il Signore” implica la centra­lità della preghiera in termini di rapporto amoroso con la Parola di Dio e il correlativo discernimento dei “segni dei tempi”, come i due poli, positivo e negativo, che congiunti generano luce, energia, movimento spirituali.

In secondo luogo, “rimanere con il Signore” esige la partecipazione conscia, attiva e piena alla celebrazione dei Sacramenti, in particolare dell’Eucaristia, quale esperienza transformante del Signore risorto, che costruisce la Chiesa come “famiglia di Dio” esperimentata nella nostra comunità comboniana, nella la comunità apostolica degli agenti pastorali, nelle piccole comunità cristiane, e nella comunità ecclesiale in generale.

Amore per la Parola di Dio e per i Sacramenti, in particolare per l’Eucaristia, e sensibilità nel leggere la realtà alla luce della fede, portano ad un’autentica contemplazione quale esperienza energizzante per la missione.

Correlativamente, la sintesi della Missio comboniana è: mediare la compassione divina ed irradiare la carità di Cristo: “fare causa comune con i più poveri e abbandonati”; “Salvare l’Africa con l’Africa”; animare missionariamente la Chiesa.

Ciò esige: l’ascolto attento e rispettoso della storia e cultura dei popoli; la promozione dei talenti dati a tutti da Dio creatore, purificati e potenziati dal Vangelo; l’amore cordiale per la gente quale espressione della paternità di Dio Padre e della fratellanza di Cristo “primogenito tra molti fratelli” (Rom8,29); la pazienza umile e generosa nel portare la Croce redentrice che il ministero missionario comporta; l’annuncio coraggioso e profetico del Vangelo in un impegno fattivo per la pace e la giustizia.

Sviluppiamo i diversi aspetti qui riassunti articolandoli alla luce della Regola di Vita.

CONTEMPLATIO: “RIMANERE CON IL SIGNORE”

L’espressione che riassume il concetto di Contemplatio nella Regola di Vita e presa dal Vangelo di Giovanni, il più contemplativo dei Vangeli: “rimanere con il Signore” (Gv 15). “Il de­siderio di rimanere con il Signore”2 si esplica in un assiduo con­tatto con la Parola di Dio.

La meditazione della Parola di Dio è considerata dalla Regola di vita di Vita come la forma principale di preghiera comboniana. “Il comboniano fa della Parola di Dio la sua preghiera fondamentale. Aperto allo Spirito, accoglie Cristo come il Verbo vivente del Padre, lo riconosce nelle Scritture e nella vita della Chiesa, cerca la sua presenza negli avvenimenti e negli incontri umani”.3 Oggetto di particolare contemplazione alla luce della Scrittura e il mistero del Cuore di Cristo, in cui il missionario comboniano, sull’esempio del Comboni, trova “lo slancio per il suo impegno missionario”.4

Vengono poi descritte le tre prime tappe del processo dellaLectio divina.

1. Lectio, Meditatio, Oratio

“Il missionario legge la Parola di Dio alla luce dello Spirito e in comunione con la Chiesa (Lectio). La applica alla sua vita nella meditazione, lasciandosi giudicare da essa e convertire alla maniera di pensare e di agire di Dio (Meditatio). La trasforma in dialogo con il Padre nell’orazione (Oratio)”.5

La Regola di Vita proclama Maria come il modello della Lectio divina, cioè dell’atteggia­mento dell’ascolto e della meditazione della Parola di Dio. “Il missionario impara ad ascoltare la Parola di Dio come Maria, figura della Chiesa in preghiera. Ella è la Vergine in ascolto che serba la Parola di Dio meditandola nel suo cuore”.6

Il processo esistenziale della Lectio divina aiuta il missionario a non possedere, controllare o manipolare la Parola di Dio. La storia della salvezza è un processo del già, ma anche delnon ancora. Egli deve, perciò, mantenersi aperto, flessibile e disponibile a discernere e a scoprire i sempre sorpren­denti interventi di Dio nella sua storia personale e in quella della gente tra cui lavora. “L’esistenza del missionario è parte di una storia di salvezza in via di realizzazione, nella quale la fede non è mai pura luce, ma ha sempre un elemento di oscurità. Perciò egli non si ferma alla sicurezza di quello che ha raggiunto, ma accetta lo stimolo che Dio gli fa sentire attraverso gli avvenimenti e le persone”.7

Il missionario, ispirato dall’esempio del Comboni, interpreta la realtà del mondo alla luce del mistero del Cuore di Cristo per continuarne la missione. “Nel mistero del Cuore di Cristo, il comboniano contempla, nella loro espressione più piena, gli atteggiamenti interni di Cristo e li assume: la sua donazione incondizionata al Padre, l’universalità del suo amore per il mondo e il suo coinvolgimento nel dolore e nella povertà degli uomini”.8

Come per il Comboni, l’Oratio del missionario è trasfigurata dalle necessità apostoliche della Chiesa. “Il missionario sente e vive la preghiera come espressione del suo impegno missionario. Come operaio a servizio del Regno implora incessantemente ‘Venga il tuo Regno’: in spirito di solidarietà con la gente ne assume i desideri e i bisogni concreti, prega con essa e in comunione con tutta la Chiesa”.9

2. Contemplatio e Missio

La Regola di Vita evidenzia lo stretto collegamento traContemplatio e Missio. “Il missionario comboniano è chiamato a testimoniare e proclamare l’amore del Padre,esperimentato nella comunione personale con Cristo, sotto la guida dello Spirito Santo. Perciò focalizza la sua intera esistenza nell’incontro con Dio e forma con i suoi fratelli una comunità orante”.10

Tale esperienza dell’amore di Dio si realizza quando, nel processo della Lectio divina, l’Oratio passa alla Contemplatio.Il discernimento e la percezione della volontà salvifica di Dio(Lectio-Meditatio) muove il cuore dell’orante alla consapevolezza ed esperienza di una relazione personale con il Padre in Cristo e nello Spirito (Oratio). Contemplatio èl’esperienza gioiosa e liberante della comunione trinitaria nel cuore dell’orante, illuminato e trasformato dalla grazia di Dio.Missio è la conseguente testimonianza e proclamazione del potere dell’amore di Dio operante nella vita del singolo e della comunità. Il missionario non può perciò vivere la sua vocazione missionaria senza un profondo impegno di orazione personale e comunitaria.

Esiste una profonda interrelazione tra contemplazione e missione: “Il missionario riconosce che non può far nulla senza Cristo che lo manda e che la diffusione del Vangelo è legata alla preghiera”. Il passaggio evoca le parole di Gesù: “Chi rimane in me e io in lui, fa molto frutto, perché senza di me non potete far nulla” (Gv 15,5). Da qui l’assoluta importanza della contemplazione per la vita missionaria. “Senza di questa (Contemplatio) gli mancherebbe un’insostituibile forza interiore e la sua attività sarebbe presto pervasa da una visuale puramente umana: la preghiera e infatti il pane quotidiano del missionario”11.

La preghiera non si deve “ridurre a pratiche di pietà, stacca­te dal contesto della vita come se l’azione e la contemplazione fossero tra loro indipendenti”.12 Il missionario deve comprendere la “necessità di fare orazione succosa e concludente, di operare in spirito e verità”.13 Contemplazione e missione devono interagire e fecondarsi reciprocamente.

La vita di contemplazione viene definita come un “rimanere con Dio” in Cristo. “Chi non rimane in me viene gettato via come il tralcio e si secca, e poi lo raccolgono e lo gettano nel fuoco e lo bruciano. Se rimanete in me e le mie parole rimangono in voi, chiedete quel che volete e vi sarà dato. In questo e glorificato il Padre mio: che portiate molto frutto e diventiate miei discepoli” (Gv 15,6-7).

Contemplatio (“rimanere con Dio”) si trasforma in Missioquando il missionario compie ogni azione “con lo stesso atteggiamento che Cristo aveva verso il Padre”.14L’esperienza di contemplazione e il processo per cui il missionario assimila mediante lo Spirito Santo gli stessi atteggiamenti di Cristo verso il Padre e l’umanità, “la sua donazione incondizionata al Padre, l’universalità del suo amore per il mondo e il suo coinvolgimento nel dolore e nella povertà degli uomini”,15 così che la missione viene realizzata secondo lo Spirito e la mente di Cristo.

La contemplazione del Cuore di Cristo diventa stimolo all’ azione missionaria per lo sviluppo integrale dell’uomo, e alla vita di fraternita nella comunità comboniana. “La contemplazione del Cuore trafitto di Cristo, da cui nasce la Chiesa, e stimolo all’azione missionaria come impegno per la liberazione globale dell’uomo, e a quella carità fraterna che deve essere un segno distintivo della comunità comboniana”.16

La vita di contemplazione qualifica vitalmente la missione come il sale da sapore al cibo o come la luce illumina l’oscurità. “Voi siete il sale della terra; ma se il sale perdesse il sapore, con che cosa lo si potrà rendere salato? A null’altro serve che ad essere gettato via e calpestato dagli uomini. Voi siete la luce del mondo; non può restare nascosta una città collocata sopra un monte, ne si accende una lucerna per metterla sotto il moggio, ma sopra il lucerniere perché faccia luce davanti agli uomini, perché vedano le vostre opere buone e rendano gloria al vostro Padre che e nei cieli” (Mt5,13-16).

Il processo della Lectio divina raggiunge, dunque, il suo culmine nella Missio. La dinamica della Lectio divina, animata dalle virtù teologali della fede, speranza e carità, fa crescere il missionario nell’atteggiamento dell’oblatività e dell’abbandono fiducioso nella Trinità, che illuminandolo, fortificandolo e trasformandolo progressivamente, lo rende sempre più simile al Buon Pastore che dà la vita per le sue pecore affinché si faccia un solo ovile e un solo pastore (Gv 10,11-18).

3. Strutture di preghiera

Lo spirito di contemplazione che anima la missione deve esprimersi e alimentarsi attraverso solide strutture di preghiera personale e comunitaria, come Comboni stesso sottolinea.17

Nella libertà dello Spirito il missionario organizza la sua vita di preghiera personale: almeno un’ora quotidiana di preghiera personale,18 tempo per lo studio della Scrittura e letture di opere di spiritualità.19 Il ritiro mensile ed esercizi spirituali annuali20 o altri prolungati periodi di preghiera per supplire quando, per motivi vari, non può essere fedele al suo programma di preghiera quotidiana.21 Nel pianificare il suo orario egli “dà precedenza agli incontri di preghiera comunitaria”.22

La comunità comboniana, sull’esempio della prima comunità cristiana, “pianifica la sua vita di preghiera, stabilendo il programma quotidiano, settimanale, mensile”.23 Questa deve favorire partecipazione, creatività, spontaneità, pluralismo di forme, in particolare di preghiera biblica partecipata, senza però dimenticare le forme tradizionali, come il Rosario e la Via Crucis.24

4. Liturgia

La comunità comboniana tiene in particolare considerazione la preghiera liturgica quale “strumento privilegiato di comunione con Dio e con l’uomo e come mezzo essenziale di evangelizzazione e di santificazione personale”.25

Nella celebrazione dell’anno liturgico, ripresentazione vitale del mistero di Cristo, la comunità comboniana prepara e celebra con particolare amore la Solennità del Sacro Cuore, le feste di Maria e dei Santi protettori, S. Giuseppe, S. Francesco Saverio, San Pietro Claver, Santa Teresa di Gesù Bambino, la commemorazione di S. Daniele Comboni e particolari celebrazioni liturgiche locali.26

La Liturgia delle Ore, “sorgente di contemplazione che nutre la preghiera personale e ispira l’attività missionaria”,27 viene considerata la preghiera per eccellenza della comunità comboniana, in quanta partecipazione alla preghiera della Chiesa, continuazione nel tempo della preghiera di Cristo.

I Sacramenti dell’Eucaristia, della Riconciliazione e dell’Unzione degli Infermi qualificano il cammino comunitario.

L’Eucaristia è il momento fontale e culminante dell’esperienza di contemplazione e missione della comunità comboniana. “L’Eucaristia, sorgente e vertice dell’evangelizzazione e per il missionario il centro della vita. In essa egli trova ogni giorno ristoro, luce e forza per proclamare a tutti gli uomini la morte e risurrezione di Cristo. Nel condividere la stessa Parola, lo stesso pane e lo stesso calice, la comunità è rinnovata nel vincolo dell’unità”.28

La Riconciliazione è lo stimolo ad “una continua conversione al Signore”. In essa “il missionario esperimenta l’amore misericordioso del Padre, si riconcilia con la Chiesa e con i fratelli, e riceve forza per riprendere il suo cammino di fede”.29

L’Unzione degli infermi, unendo il missionario ammalato più strettamente al Cristo sofferente e alla Chiesa, suo mistico corpo, lo fortifica nell’accettazione paziente della malattia come partecipazione alla croce e risurrezione di Cristo.30

Nella celebrazione della Liturgia il dinamismo della Lectio divina trova il suo contesto vitale e la sua piena realizzazione. La Liturgia della Parola illumina la Lectio e la Meditatio e anima l’Oratio. Nella Liturgia del Sacramento i missionari vengono inseriti nella Contemplatio dei misteri di Cristo mediante una partecipazione conscia, attiva e piena. Essi esperimentano così la comunione trinitaria e vengono energizzati per la Missio.

MISSIO: DIALOGO, TESTIMONIANZA E ANNUNCIO

La Regola di Vita dichiara scultoreamente che la Missione è la ragione di vita del Missionario Comboniano, che si esprime nell’ atteggiamento di dialogo con le culture, nella testimonian­za coraggiosa del Vangelo e della carità, e nell’annuncio chiaro e inequivocabile di Gesù Cristo.

1. Evangelizzazione: “ragione della propria vita”

Un’autentica esperienza di Contemplatio, secondo la dinamica della Lectio divina, scopre nei segni dei tempi ilkairos salvifico del Dio della vita, che continuamente vuole creare cose nuove attraverso la presenza rinnovatrice dello Spirito, il prin­cipale agente della missione.31

Tale esperienza sfocia nell’urgenza della Missio quale espressione della carità di Cristo che spinge all’evangelizzazione per portare a compimento il piano del Padre. “Lo Spirito del Signore fermenta e trasforma i popoli e li conduce ad incontrarsi con la persona di Cristo e il suo messaggio e ad entrare nel nuovo popolo di Dio”. Per cui il missionario, “chiamato dal Padre e inviato dalla Chiesa, fiducioso nell’azione dello Spirito, consacra l’esistenza a collaborare con questa azione e fa dell’evan­gelizzazione la ragione della propria vita”.32

2. Dialogo: “norma dell’attività evangelizzatrice”

È proprio perché Dio con il suo Spirito Santo è già al lavoro nella creazione, e quindi nella storia e nelle culture dei popoli, prima che il missionario vi metta piede, che questi deve essere rispettoso dei vestigia Dei, logoi spermatikoi o semina verbi presenti nelle culture. “La Chiesa cattolica nulla rigetta di quanto è vero e santo in queste religioni (o culture). Essa considera con sincero rispetto quei modi di agire e vivere, quei precetti e quelle dottrine che, quantunque in molti punti differiscano da quanto essa stessa crede e propone, tuttavia non raramente riflettono un raggio di quella Verità che illumina tutti gli uomini”.33

Un atteggiamento di ascolto e rispetto dei popoli che evange­lizza aiutano il missionario a trovare le modalità dell’aggancio del Vangelo, e ad accettare la “continuità”, ma anche la “discon­tinuità” tra cultura e Vangelo stesso. “Dio vuole la salvezza di tutti gli uomini (1Tim 2,4) e manifesta la sua azione nella storia e nella cultura di tutti i popoli. I segni della sua opera salvifica, anche se oscuri, sono presenti specialmente nelle loro religioni”. Il missionario, che segue l’ispirazione del Comboni, “scopre i valori culturali e religiosi dei popoli, rispetta la loro coscienza e le loro convinzioni continuando il dialogo instaurato dal Verbo di Dio nell’incarnazione e nel Vangelo. Il dialogo viene così assunto come norma dell’attività evangelizzatrice”.34

Un aggancio tra Vangelo e cultura è anzitutto reso possibile dalla testimonianza.

3. Testimonianza: “pratica della carità secondo lo spirito delle beatitudini”

Testimonianza è già annuncio del Vangelo nella sua credibilità esistenziale.

L’annuncio del Vangelo non è l’imposizione di un sistema dottrinale o rituale, che trasformerebbe il cristianesimo in un’ideologia, ma l’offerta libera e rispettosa del “lievito”, che fermenta la “pasta” del­la cultura (Mt 13,33), del “sale” che rende saporoso ed appetibile il “cibo” della vita (Mt 5,14), dandole un profondo significato, e della “luce” che illumina la “stanza” della convivenza umana (Mt 5,14-16).

II Vangelo diventa credibile e accettabile come regola di vita solo quando produce frutti (Gv 15,16-17). “Dai loro frutti li conoscerete” (Mt 7,16). Perciò “il missionario proclama il messaggio evangelico anzitutto con la testimonianza personale e comunitaria dei consigli evangelici e con la pratica della carità secondo lo spirito delle beatitudini”.35

4. Annuncio: proclamare “chiaramente e inequivocabilmente il mistero di Gesù di Nazareth, Figlio di Dio”

La testimonianza non è sufficiente. La conversione non è un fatto spontaneo o naturalistico. Questa infatti necessita l’accettazione della Croce come luce che illumina, energia che trasforma, principio critico verso ogni naturalismo immanentista. I valori evangelici possono essere accolti solo nello Spirito che Cristo Crocifisso, l’uomo nuovo, effonde dalla Croce, dopo aver distrutto in se il peccato. “Reso perfetto, divenne causa di salvezza eterna per tutti coloro che gli obbediscono” (Eb 4,9).

Perciò la Chiesa “annuncia ed è tenuta ad annunciare incessantemente Cristo che è ‘la Via, la Verità e la Vita’ (Gv14,6), in cui gli uomini trovano la pienezza della vita religiosa e in cui Dio ha riconciliato a sé tutte le cose”.36 Infatti “la proclamazione spenziosa della testimonianza non è ancora sufficiente a far sorgere una comunità cristiana”. Perciò il missionario “non appena percepisce che l’ora della grazia è venuta, annuncia chiaramente e inequivocabilmente il mistero di Gesù di Nazaret, Figlio di Dio”.37

5. Metodologia di evangelizzazione

La testimonianza e l’annuncio diretto del Vangelo comportano inderogabilmente alcuni orientamenti fondamentali di metodologia missionaria.

Il missionario favorisce lo spirito di solidarietà “con la vita, il lavoro e il cammino del popolo, condividendone le vicende”38alla luce del motto: fare causa comune con i più poveri ed abbandonati. Egli si impegna costantemente nella liberazione integrale dei popoli.39

In tutte le attività pastorali egli deve mirare alla creazione di comunità cristiane “quali segno della nuova vita in Cristo”.40Questo comporta una seria e responsabile proclamazione della Parola ed una celebrazione dei Sacramenti caratterizzata da una partecipazione conscia, attiva e piena al mistero di Cristo e della Chiesa. Il Battesimo è la fonte della conversione e l’Eucaristia il “vertice della vita cristiana che edifica l’unità e apre al servizio della carità”.41 Non ci deve essere conflitto tra evangelizzazione (proclamazione del Vangelo come Parola viva e attuale) e sacramentalizzazione(celebrazione dei sacramenti come incontri vivificanti e trasformanti con il Signore risorto) ma dinamica, vitale e creativa interazione. Bisogna superare, invece, ogni forma dievangelismo (Paola distaccata dalla celebrazione e dalla vita) e il sacramentalismo (ritualismo distaccato dalla Parola e dalla vita), che sono difetti limitanti e deformanti, nemici dell’evangelizzazione.

Ispirato al principio salvare l’Africa con l’Africa, il missionario è chiamato a promuovere i ministeri locali a tutti i livelli; ministeri, suscitati dallo Spirito nelle comunità cristiane per la loro crescita fino allo “stato dell’uomo perfetto, nella misura che conviene alla piena maturità di Cristo”(Ef 4,13).42 Ciò esige anche: uno spirito di “collaborazione con la Chiesa locale”,43 un atteggiamento onesto di “obbedienza ecclesiale”;44 una larghezza di vedute e attività ecumeniche45 e l’impegno per un’autentica “inculturazione del messaggio” secondo “il linguaggio, la cultura e le forme religiose” dei popoli evangelizzati.46

Per evangelizzare più efficacemente il missionario deve vivere in un contesto che continuamente lo stimola a lasciarsi sempre più evangelizzare. Quindi egli “favorisce il sorgere e lo sviluppo di comunità apostoliche di preghiera e di lavoro fra tutte le forze che si dedicano all’evangelizzazione nello stesso luogo”.47

Il missionario si impegna a plasmare e ad animare missionariamente le comunità cristiane che forma. Il segno più genuino della maturità cristiana di una comunità è il suo coinvolgimento nella “diffusione del Vangelo”.48

Finalmente, il missionario vive l’atteggiamento della provvisorietà alla luce del principio evangelico e combonianoservi inutiles sumus: quod debuimus facere fecimus (Lc17,10).49

CONSACRAZIONE ALLA MISSIONE FINO AL MARTIRIO

Riepilogando il discorso fatto, possiamo concludere affermando che la Missio sarà feconda solo se sarà frutto di una profonda Contemplatio, che trova nel Cuore di Cristo la sua fonte energetica. È mediante la contemplazione del Cuore Trafitto di Cristo, vivendo una forte spiritualità eucaristica, che il missionario comboniano potra consacrarsi con gioia ad vitam per la missione ad gentes, unica ragione del suo essere.50

Essere missionario ispirandosi alla spiritualità del Comboni significa fare propri gli inquietanti interrogativi dell’umanità di oggi, in particolare nelle “situazioni di Nigrizia”.51 Profonda umanità e spirito di solidarietà devono ani- mare gli apostoli del Vangelo sull’esempio di Comboni. “Le gioie e le speranze, le tristezze e le angoscie degli uomini di oggi, dei poveri soprattutto e di tutti coloro che soffrono, sono pure le gioie e le speranze, le tristezze e le angoscie dei discepoli di Cristo, e nulla vi è di genuinamente umano che non trovi eco nel loro cuore. La loro comunità, infatti, è composta di uomini, i quali, riuniti insieme nel Cristo, sono guidati dallo Spirito Santo nel loro pellegrinaggio verso il regno del Padre e hanno ricevuto un messaggio di salvezza da proporre a tutti. Perciò essa si sente realmente e intimamente solidale con il genere umano e con la sua storia”.52

I missionari, che si sentono motivati dallo spirito del Comboni a partecipare consciamente, attivamente e pienamente all’avventura evangelizzatrice nel mondo di oggi, sentono fortemente la dimensione ecclesiale del loro ministero. La missione è la conditio sine qua non della Chiesa. “Inviata da Dio alle genti per essere ‘sacramento universale di salvezza’,53 la Chiesa, per le esigenze più profonde della sua cattolicità e all’ordine del suo fondatore, si sforza di annunciare il Vangelo a tutti gli uomini. Infatti gli apostoli stessi, sui quali la Chiesa fu fondata, seguendo l’esempio di Cristo, ‘predicarono la Parola della verità e generarono le Chiese’. È pertanto compito dei loro successori dare continuità a quest’opera, perché ‘la Parola di Dio corra e sia glorificata’ (2 Tess 3,1) e il Regno di Dio sia annunciato e stabilito in tutta a terra”.54 Lo zelo apostolico del missionario ben presto si esaurirà se non e animato da questo profondo sentire cattolico.

Sostenuto da un profondo senso di Dio Padre, identificato con Cristo Figlio crocifisso per amore, fortificato dalla forza dello Spirito Santo, animato da un sentito spirito di umanità e solidarietà, motivato da una consistente identità ecclesiale e creatività apostolica, il missionario comboniano sarà fedele alla sua primigenia inspiratio.

Nello spirito del Comboni, “il missionario deve essere disposto a tutto: alla gioia e alla mestizia, alla vita e alla morte, all’abbraccio e all’abbandono”.55 Cristo sarà sempre al suo fianco. “Abbiamo a nostro fianco il medesimo Cristo che combatte e patisce per noi e con noi”.56

Nulla, dunque, potrà separarlo dall’amore di Cristo. Con Paolo e Comboni il missionario comboniano ripete: “Se Dio e per noi, chi sarà contro di noi?57 […] Chi ci separerà dall’amore di Cristo? Sarà forse il dolore o l’angoscia? La persecuzione, la fame o la miseria? I pericoli o la morte violenta? […] Ma in tutte queste cose noi otteniamo la più completa vittoria, grazie a colui che ci ha amati. Io sono sicuro che né morte, né vita, né angeli, né altre autorità o potenze celesti, né il presente, né l’avvenire, né forze del cielo, né forze della terra, niente e nessuno ci potrà strappare da quell’amore che Dio ci ha rivelato in Cristo Gesù, nostro Signore” (Rm 8:31.38-39).

Charitas urget nos (2 Cor 5,14) deve essere il principio vitale che ispira ogni comboniano a realizzare la sua vocazione missionaria.

1 S 2648

2 RV 49.3

3 RV 47

4 RV 3

5 RV 47.1

6 RV 47.3; cf. PAOLO VI, Marialis Cultus 17, in EV 5,41: “Maria è la Vergine in ascolto, che accoglie la Parola di Dio con fede”.

7 RV 47.2

8 RV 3.2

9 RV 48

10 RV 46

11 RV 46.1

12 RV 46.2

13 S 2709

14 RV 46. 2

15 RV 3.2

16 RV 3.3

17 Cf. S 2707

18 Cf. S 1867, 2707

19 Cf. RV 49.1

20 Cf. RV 49.2

21 Cf. RV 49.3

22 RV 50

23 RV 50

24 Cf. RV 50.1

25 RV 51

26 Cf. RV 51.1-5

27 RV 52

28 RV 53

29 RV 54

30 Cf. RV 55

31 Dominum et vivificantem; Redemptiopris Missio, 21-30

32 RV 56

33 Nostra Aetate, 2

34 RV 57

35 RV 58

36 Nostra Aetate, 2

37 RV 59

38 RV 60

39 RV 61

40 RV 62

41 RV 63

42 Cf. RV 63

43 RV 63

44 RV 66

45 Cf. RV 67

46 RV 69

47 RV 78

48 RV 70

49 Cf. S 2702

50 MISSIONARI COMBONIANI DEL CUORE DI GESU’, XV Capitolo Gene­rale. Atti Capitolari 1997, Ripartire dalla Missione can l’audacia del beato Daniele Comboni (Roma), n. 14.

51 L’espressione “situazioni di Nigrizia” si riferisce a quelle situazioni dei popoli (“i più necessitosi e derelitti”, “specialmente riguardo alla fede”) di cui parla RV 5, che i Missionari Comboniani servono nel mondo (Africa, Ameri­che, Asia). In questo contesto perciò il termine “Nigrizia” non si riferisce so­lo all’Africa. L’espressione viene usata ufficialmente in: MISSIONARI COMBONIANI DEL CUORE DI GESU’, XV Capitolo Generale. Atti Capito­lari 1977, 13-15, nn 4-9.

52 Gaudium et Spe, 1

53 Cf. Lumen Gentium, 48

54 Ad Gentes, 1

55 S 218

56 S 425

57 Cf. S 11185: “Non siamo soli nella grand’opera: v’è Dio, la Vergine […] Si Deus nobiscum, quis contra nos?”