Padre Alex Zanotelli: dalle missioni in Africa al rione Sanità di Napoli

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Venerdì 14 agosto 2018
Padre Alex Zanotelli non festeggia i compleanni, quindi l’unico regalo che si aspetta per i suoi 80 anni – fra due settimane, il 26 agosto – è un «campo biblico», che non so cosa sia ma di sicuro non sembra una torta con le candeline. Dopo una vita trascorsa in Africa, dal 2004 fa il missionario al rione Sanità di Napoli, più noto per la camorra che per aver dato i natali a Totò. Il comboniano abita in un bugigattolo annesso al campanile della basilica di Santa Maria della Sanità, tre stanze di 6 metri quadrati, una sopra l’altra, collegate da una scala a chiocciola ripida e stretta. Non ha né tv né telefonino: a tenerlo in contatto con il mondo provvede Felicetta Parisi, una pediatra in pensione. «Il cellulare sarebbe utile, lo ammetto. Ma poi passi il tempo a parlare con chi non vedi. È la fine delle relazioni umane».

In più per costruirlo serve il coltan.
«Minerale insanguinato. In Congo la lotta per accaparrarselo ha ucciso almeno 4 milioni di persone. Ora è cominciata la guerra del cobalto, indispensabile per le batterie delle auto elettriche».

Dall’Africa al rione Sanità. Perché?
«Si combatte anche qui. Non c’è un asilo comunale, non c’è una scuola media, non c’è lo Stato. L’unico istituto superiore, l’alberghiero Caracciolo, l’anno scorso ha perso la metà degli allievi e nel primo biennio 74 su 100 sono stati bocciati. Siamo la più grande piazza d’Europa per lo spaccio di droga. I giovani entrano nelle paranze e si esercitano con le stese, sparatorie a scopo intimidatorio. Ragazzini dai 12 ai 15 anni ti attaccano di giorno armati di coltello, senza motivo, animati da una rabbia incontenibile. Stiamo assistendo a una violenza senza precedenti, dice Patrizia Esposito, presidente del tribunale per i minorenni».

Spaventoso.
«Ho pregato il comandante della polizia municipale: metta due vigili fissi alla Sanità, per dare un segno che la legalità non è morta. Sa che cosa mi ha risposto? “E vabbé, padre, ma lei deve promettermi che chiederà al comandante dell’Arma di mandare due carabinieri a proteggerli”».

Sembra una barzelletta.
«Qui i bambini pensano che chi si alza alle 7 per andare al lavoro sia uno sfigato, che l’onesto sia uno stupido, che la vita valga zero. Trent’anni di televisori sintonizzati tutto il giorno su Rete 4 e Canale 5 hanno distrutto ogni valore».

Mi perdoni, ma non capisco il nesso.
«Vedono fin da piccoli un tipo di vita che non potranno mai avere. Padre Ernesto Balducci mi raccontò che quando nel 1960 propose a don Lorenzo Milani di portare la televisione a Barbiana, fu sbattuto fuori dalla porta con queste parole: “La tv non puoi controllarla. Sarebbe come combattere la prostituzione infilando una prostituta nel letto di un uomo”».

E lei che infanzia ha avuto?
«Bella. A Livo, alta Val di Non, 150 anime includendo le galline. Mio padre era un antifascista. Gli squadristi gli spararono, ma scampò. Fino alla morte gli è rimasta nel braccio destro una pallottola. Sette figli. Io sono il primo. Si figuri lo smarrimento di un povero falegname quando gli dissi che volevo farmi prete, anziché aiutarlo a bottega».

A che età entrò in seminario?
«A 11 anni, dai comboniani a Trento. Ero uno zuccone. Mi mandarono a studiare teologia negli Stati Uniti, a Cincinnati. Fu uno choc: Babilonia affascina. Poi il primo incontro con l’Africa, in Sudan, a El Obeid».

Perché si fece prete?
«Se la vita la tieni per te, muori. Se la dai per gli altri, vivi. Ha ragione Eric Fromm: le nostre società sono necrofile, capaci solo di guardarsi l’ombelico».

Le manca Korogocho, la bidonville di Nairobi dove ha trascorso 11 anni?
«Molto. Nella capitale del Kenya 3 milioni di abitanti su 4 vivono di spazzatura in 200 baraccopoli. Era impensabile che io volessi stare in mezzo a loro. Korogocho significa caos. Appeni arrivi, perdi subito i 20 chili di sovrappeso degli occidentali. Ti salta la testa. Sei tentato di pensare che anche Dio sia solo una balla. Sono stato convertito dai miserabili».

Che cosa cercano gli africani che approdano in Italia?
«Fuggono dalla fame e dalle guerre. L’Europa non capisce che entro il 2050 avremo anche 250 milioni di rifugiati climatici, 50 milioni dalla sola Africa, che per tre quarti diventerà inabitabile a causa del riscaldamento globale».

Se lei fosse il ministro dell’Interno, come affronterebbe l’emergenza?
«Non terrei i disperati lontani dai porti: è contro le leggi del mare. Ma qui è la Ue stessa che si è chiusa, la Germania per prima. L’Onu ha riconosciuto 65 milioni di rifugiati. L’86 per cento di loro ha trovato riparo nel Sud del mondo. È mai possibile che il restante 14 per cento metta in crisi l’Europa? Questo è egoismo retto a sistema. Il Libano ha 6 milioni di abitanti e ha accolto 1,5 milioni di siriani fuggiti dalla guerra. Ebbene, nel 2017 in Italia sono arrivati 130.119 profughi. Mi rivolgo agli industriali: gli italiani non fanno figli, vi serviranno ogni anno 250.000 nuovi lavoratori. Chi piegherà la schiena nelle concerie vicentine?».

Lei ha invocato la disobbedienza civile contro il governo, citando il pastore luterano Kaj Munk, ucciso nel 1944, che disse: «Quello che a noi manca è una santa collera!». Gli italiani non sembrano in collera con Matteo Salvini.
«No, non lo sono. È uscito fuori il nostro razzismo. Se io chiedo soldi per le adozioni a distanza, ne raccolgo a palate. Ma per quelle ravvicinate, nulla. Mi meraviglio che i vescovi non abbiamo mai stilato un documento sulla Lega. “Avevo fame, avevo sete, ero forestiero...”. Il giudizio finale sarà su questo».

Porte aperte, anzi porti, alle Ong?
«Salvano vite. Bloccarle è da criminali. L’Italia è sotto accusa davanti alla Corte penale internazionale dell’Aia per la violazione dei diritti dei migranti. Come si fa ad abbandonarli in Libia? I libici non si sentono africani. I neri li considerano abids, schiavi. Li massacrano».

Però nella prefazione del libro «L’industria della carità» lei scrisse di avere l’impressione che le Ong servissero «più a noi che non agli impoveriti».
«Confermo. Le organizzazioni umanitarie dell’Onu bruciano l’80 per cento delle risorse per il loro mantenimento. Il personale dell’Alto commissariato per i rifugiati sverna in hotel di lusso accanto ai campi profughi. Gli otto uomini più ricchi del pianeta, con in testa Jeff Bezos di Amazon, posseggono quanto 3,6 miliardi di poveri e fanno tanta carità, a condizione che non si tocchi il sistema».

So di un privato che intasca 3,5 milioni l’anno, netti ed esentasse, ospitando i richiedenti asilo in edifici fatiscenti.
«Contesto questo tipo di accoglienza. È un business. Come quello degli hotel decrepiti riaperti per loro a Napoli».

Chi le tolse la direzione di «Nigrizia»?
«Il Vaticano, dietro pressioni di Andreotti, Craxi e soprattutto Spadolini, ministro della Difesa. Il motivo scatenante fu lo scandalo sulla cooperazione italiana in Africa. Flaminio Piccoli, presidente della Dc, mi ricoprì d’insulti al telefono: “Mai avrei pensato d’essere pugnalato alle spalle da un mio conterraneo”».

L’hanno definita manicheo, antiamericano, diffidente, pauperista e semplicistico, che è sempre meglio di semplicione. Si riconosce?
«Manicheo neanche nei tacchi. Anti Usa lo accetto: ho visto che cosa ha fatto in Africa il sogno americano. Pauperista e semplice sì, me lo chiede il Vangelo».

«Il Foglio» l’ha anche qualificata come «missionario presbiteriano»?
«La prima che sento. Che significa? Non seguo molto i giornali. Verso sera ascolto solo Radio 24, l’emittente del nemico».

«La Zanzara» di Giuseppe Cruciani?
«No, per carità. M’interessano i focus sulle dinamiche della finanza».

Quanto spende per campare?
«La mia pensione di anzianità va ai comboniani. Vivo di offerte».

Vota?
«Sì, e non mi chieda per chi. Ogni volta è una sofferenza indicibile».

Che cosa pensa del M5S?
«È un grande guazzabuglio. Deve decidere da che parte stare. Tra Roberto Fico e Luigi Di Maio c’è un abisso. Il primo è cresciuto con noi».

Beppe Grillo ha detto che Walter Veltroni ha capito che cos’è l’Africa dopo essere venuto a trovarla a Korogocho.
«Veltroni è un uomo onesto, a volte ingenuo come politico. Nella baraccopoli pianse».

Però quando lei lo supplicò di cancellare la Coca-Cola dagli sponsor del Comune di Roma, non la accontentò.
«È vero. Queste sono le scelte concrete. In Campania stiamo lottando per l’acqua pubblica. Ho incontrato Luca Lanzalone, il manager messo dai 5 Stelle alla presidenza dell’Acea, partner della Gori, che gestisce gli acquedotti vesuviani. Mamma mia! Un uomo così sprezzante... Mi rivolgerò a Virginia Raggi, gli ho detto. E lui: “Il sindaco non conta nulla, decido io”».

Adesso mi parli di Dio, padre Alex.
«Karl Marx si sbagliava, la religione non è l’oppio dei popoli. Senza spiritualità, non resta nulla. Dio è profondamente radicato nei poveri. Ma non è il Dio tappabuchi di noi occidentali. È il Dio di Florence».

Chi è Florence?
«Una ragazza bellissima di Korogocho, prostituta a 11 anni, morta di Aids a 17, abbandonata anche dalla madre. Era in agonia. Accorsi di notte nella sua baracca. Non c’era la luce, non la vedevo. Pregava così: “Mungu mi mama”, Dio è mamma. Allora le chiesi che volto avesse l’Altissimo. Restò in silenzio per cinque minuti. Alla fine esalò: “Alex, sono io il volto di Dio”».
[Stefano Lorenzetto – Corriere della Sera]