Ethiopia

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Sede: Addis Ababa

La provincia comboniana dell’Etiopia fu ufficialmente eretta il 20 gennaio 1970. A quella data l’Etiopia includeva anche l’Eritrea. La divisione in due circoscrizioni avvenne con l’erezione della Delegazione dell’Eritrea il 1 gennaio 2002 per ragioni politiche (indipendenza dell’Eritrea nel 1993 e guerra di confine con l’Etiopia nel 1998) che impedivano ai confratelli di spostarsi da una nazione all’altra. Prima del 1970 le varie comunità comboniane presenti in Etiopia erano legate inizialmente alla provincia di Khartoum e poi a quella del Cairo.

La presenza comboniana in Etiopia era incominciata subito dopo la morte di Comboni. Nel 1888 arrivò a Massawa P. Luigi Bonomi che poi si spostò ad Asmara (1892), città che nel 1897 diventò la capitale della Colonia Italiana in Eritrea. P. Bonomi lavorò in quella città fino alla sua morte nel 1927, dedicando le sue energie all’educazione dei giovani eritrei per i quali aprì una scuola e un convitto.

P. Luigi Hanriot fu il secondo Comboniano ad arrivare in Eritrea da Tokar (Sudan) nel 1894 ma morì ad Asmara pochi mesi dopo. Il suo progetto era di aprire una missione fra le popolazioni Kunama, che abitavano il bassopiano orientale confinante con il Sudan. Il progetto, che P. Hanriot non riuscì a portare a termine, fu ripreso e realizzato nel 2002, quando i Comboniani aprirono fra i Kunama le missioni di Haikota e Delle. Questi due missionari pionieri che avevano lavorato con il Comboni per vari anni, rimasero fedeli alla missione. Entrambi, però, non erano favorevoli al progetto di trasformare l’Istituto Comboniano in una famiglia religiosa, quindi rimasero in missione senza diventare religiosi.

Nel 1935 fu offerta ai Comboniani la Prefettura Apostolica di Gondar, che copriva un vasto territorio situato nel Nord-Ovest dell’Etiopia e confinante con il Sudan per parecchi chilometri. La sede della Prefettura era la città di Gondar. Una città storica e anche un centro importante della cultura etiopica e della religione ortodossa.

Senza metterci piede, Comboni conosce l’Abissinia da un testimone d’eccezione, il suo amico Mons. Massaia, “compagno indivisibile” per alcuni mesi a Parigi nel 1865, con il quale conserva un rapporto di amicizia e venerazione per tutta la vita. Massaia dimostra una sincera ammirazione per la passione missionaria e il Piano di Comboni. Dal canto suo, questi considera l’anziano e famoso “apostolo dei Galla”, “un santo”. Al punto che gli ruba e tiene come reliquia i sandali con cui ha percorso a piedi in lungo e in largo l’Abissinia, andando tra l’altro a consacrare vescovo di nascosto Mons. De Jacobis.

È proprio da questa terra che il Signore chiama due giovani, venduti come schiavi e poi riscattati, che diventano i primi sacerdoti africani “comboniani”, cioè compagni di Comboni nella missione dell’Africa Centrale: Antonio Dobale e Pio Hadrian.

Pio Giuseppe Hadrian, è “nativo di Abissinia, nella penisola del Sennar, presso il Nilo Azzurro”. Riscattato da D. Olivieri, diventa monaco benedettino a Subiaco. Di salute cagionevole, una volta ordinato sacerdote torna in Africa come missionario del Comboni. Purtroppo muore a El Obeid nell’agosto del 1873, dopo neppure un anno dalla sua partenza per l’Africa. Ha circa 26 anni. Antonio Dobale invece è il ragazzino “galla”, cioè dell’etnia oromo, riscattato personalmente da Comboni a Aden nel 1861. Educato a Verona, passa poi al Collegio Urbano di Roma, dove è consacrato sacerdote nel 1877. Entra nell’istituto comboniano e parte per l’Africa. Lavora a Khartoum, poi Comboni lo mette a capo della colonia di Malbes, la minuscola comunità che realizza in piccolo il suo sogno di una società cristiana secondo le intuizioni del Piano. Purtroppo, anche Don Antonio muore prematuramente a El Obeid nel 1881, un mese prima di Comboni. Si consuma così il sacrificio dei primi missionari comboniani etiopici in Sudan.

Mezzo secolo più tardi, altri comboniani arrivano nella patria di Dobale e Hadrian.

Nel 1937 Roma istituisce la Prefettura Apostolica di Gondar, affidandola al comboniano Mons. Villa. Le truppe italiane in Etiopia chiedono l’assistenza di alcuni cappellani. I comboniani chiedono di poter occuparsi anche della gente, e dal 1937 al 1941 aprono nove missioni ed un seminario minore. Anche le suore comboniane vengono a dare una mano, con cinque comunità, di cui una nella Prefettura del Tigrai. La sconfitta italiana blocca tutto, compresi i missionari, prigionieri di guerra o rimpatriati, meno un gruppo che ottiene di fermarsi in Eritrea.

A Gondar i comboniani ci tornano solo dopo 25 anni. Due anni prima, però, alla fine del 1964, inizia la missione tra i Sidamo, ad Awassa, nel sud dell’Etiopia. Nel 1965 arrivano anche le suore. Comincia un lavoro intenso di evangelizzazione e sviluppo. Dal 1970 al ’74 le suore aprono ben 12 comunità, di cui 6 fra i Sidamo. Awassa diviene prima Prefettura e poi Vicariato Apostolico, con a capo Mons. Gasparini, consacrato vescovo nel 1979. Nel 1994 gli succede Mons. Ceresoli.

Missionari Comboniani Awasa.

Con l’erezione della provincia dell’Etiopia bisognava anche pensare a una casa provinciale. La scelta cadde su Addis Ababa, la capitale, e centro delle nostre attività presenti a quella data sia in Eritrea (Nord), che a Gondar (Centro) e nel Sidamo (Sud). Questa casa per alcuni anni ha ospitato anche i postulanti.

All’apertura del seminario minore di Decameré nel 1963, seguirono l’apertura delle varie fasi successive della formazione. Nel 1971 fu aperto il Noviziato di Hawassa, mentre il Postulato venne spostato dal Villaggio Genio (Asmara) alla casa provincializia nel 1985. Poi fu costruita la nuova casa del Postulato ad Asko, sempre ad Addis Ababa, inaugurata nel settembre 2001. Oggi l’Istituto conta 19 confratelli eritrei e 22 confratelli etiopici.

Hawassa è la missione per eccellenza dei Comboniani in Etiopia, iniziata nel dicembre 1964 da P. Bruno Maccani e P. Bruno Lonfernini. In pochi anni furono aperte una quindicina di missioni con un totale di circa 50 confratelli in attività. P. Ceccarini fu il primo superiore ecclesiastico, seguito poi da Mons. Armido Gasparini (1973), primo Vicario Apostolico e vescovo. Seguirono Mons. Lorenzo Ceresoli e Mons. Giovanni Migliorati, morto nel maggio del 2016.

I Comboniani iniziarono una presenza tra i Gumuz, una popolazione socialmente emarginata che segue ancora la religione tradizionale, con due missioni: Gilgel Beles, la prima, aperta nel 2003, e Gublak, la seconda, aperta nel 2011. I confratelli che vi lavorano sono sette e questa missione tra i Gumuz sta riqualificando la nostra presenza missionaria in Etiopia.

Attualmente, dopo aver sviluppato e consegnato al clero locale o ad altri religiosi alcune parrocchie, i comboniani sono impegnati in 7 comunità di prima evangelizzazione nel vicariato di Awassa. Ogni comunità porta avanti anche iniziative di promozione sociale, fra cui 13 scuole con circa 8.000 studenti, 6 centri sanitari affidati a vari gruppi di suore, e 1 programma di sviluppo agricolo. A tali impegni vanno aggiunti la direzione del Centro Catechistico Pastorale, del Seminario Maggiore e dell’ufficio per lo sviluppo del Vicariato. Nell’arcidiocesi di Addis Ababa invece, oltre alla comunità provinciale, ha sede il postulato, che è anche centro di animazione missionaria e promozione vocazionale per tutto il paese. Da poco è stata aperta una missione per la prima evangelizzazione a Gelgel Beles, nello Stato di Benishangul, fra i Gumuz. Dal 2002, il gruppo comboniano in Eritrea si è costituito in Delegazione autonoma. I comboniani etiopici sono 22 (9 Padri, 2 Fratelli, 11 Scolastici).

La recente apertura di una comunità di suore e una di missionari fra i Gumuz nel Benishangul, una popolazione abbandonata finora da tutti, sottolinea l’impegno della famiglia comboniana per la prima evangelizzazione.

Oltre che a questa priorità, la presenza comboniana in Etiopia deve far fronte alla crescita dell’Islam e delle sette, alla necessità di un vero dialogo interreligioso e fra le Chiese, come pure ai problemi sempre più gravi della povertà e della giustizia sociale, e al bisogno di ricostruire e rafforzare un clima di democrazia e pace. Il tutto, lavorando accanto e con la gente, perché gli etiopici divengano sempre più protagonisti del loro sviluppo e futuro.