Mercoledì 23 maggio 2018
Il Capitolo ha invitato l’Istituto a ricuperare la Regola di Vita (Atti Capitolari, 31). Il ricupero è possibile solo a una condizione: ritrovare e mettere in rilievo nella Regola di Vita l’esperienza del Comboni perché questa diventi veicolo di un vissuto qualificato nel modo di essere dei MCCJ. Nel ricupero dell’esperienza del Comboni bisognerà riferirsi a testi che dovranno essere capiti naturalmente nel contesto e attualizzati nella continuità dell’eredità comboniana. […] P. Danilo Castello.

Regola di Vita ed esperienza del Comboni (RV 10-19)
P. Danilo Castello

Il Capitolo ha invitato l’Istituto a ricuperare la Regola di Vita (Atti Capitolari, 31). Il ricupero è possibile solo a una condizione: ritrovare e mettere in rilievo nella Regola di Vita l’esperienza del Comboni perché questa diventi veicolo di un vissuto qualificato nel modo di essere dei MCCJ. Nel ricupero dell’esperienza del Comboni bisognerà riferirsi a testi che dovranno essere capiti naturalmente nel contesto e attualizzati nella continuità dell’eredità comboniana.

In particolare quando si parla di “Regole del Comboni” ci si riferisce a realtà diverse:

  • R. dell’istituto di Verona del 1871(S. 2640-2740).
  • R. dell’istituto di Verona del 1872 (S. 2798-2828)
  • R. delle Pie Madri della Nigrizia (S. 5725 – 6174 – 6473 – 6801 – 7194 – 7249)
  • R. degli Istituti del Cairo per la disciplina degli Istituti del Cairo (S 6020 – 21; 6665-73).
  • Regolamento per i missionari a Khartoum

Tutto questo materiale può essere considerato come la “preistoria” dell’attuale “Regola di Vita”.

Attitudine del Comboni verso le Regole: Un animo che voglia essere generoso col suo Dio, osserverà le Regole con molto amore, considerandole come la via a loro tracciata dalla Provvidenza, come manifestazione della volontà di Dio su di loro (S. 6999-7194).

Il Comboni ha visto le Regole del Lavigerie e quelle del PIME: queste ultime gli sono servite immensamente le sapeva quasi a memoria (S. 2620 – 2829). Dopo un lungo processo di revisione di Propaganda Fide, del Papa , di P. Sembiante. Comboni stesso riesaminerà la Regola tenendo presente l’esperienza dell’Africa e suggerisce modifiche lamentandosi della lentezza della stesura (S. 6999). Da tutto questo e soprattutto dalla spiritualità tipicamente comboniana è stato operato uno “stacco”.

Travaglio storico

La storia dei Comboniani è abbastanza drammatica specialmente agli inizi. Tre momenti segnano il ricostituirsi del gruppo dopo lo smarrimento di partenza.

La morte del Comboni è stato un grande shock per tutti e ha provocato un momento di panico e gravi incertezze sul modo di continuare la sua opera. Varie ipotesi si sono fatte: affidamento ai salesiani, assorbimento con le Stimmate o altro Istituto Religioso.

Invasione mahdista

La situazione diventa ancora più drammatica poco dopo la morte del Comboni quando l’invasione mahdhista ha fatto prigionieri i missionari in Sudan separati da Verona, spezzando i missionari di Comboni in due tronconi: il gruppo del Sudan isolati e in una situazione rischiosissima, e il gruppo di Verona dove si preparavano le nuove reclute per la missione.

Trasformazione in Congregazione Religiosa – La trasformazione non avvenne senza dolore e polemiche. L’istituto non fu assorbito da un altro come aveva preteso il Sogaro. Tra le varie opzioni che si presentavano per dare continuità all’opera del Comboni si è adottata quella di invitare i GESUITI A TRASFORMARE IL GRUPPO di Verona in Congregazione Religiosa con i voti e struttura religiosa secondo la concezione dei tempi, col titolo di “Figli del Sacro Cuore di Gesù”. Il nome esprime uno stile e una spiritualità. P. Asperti, il vero forgiatore del nuovo Istituto dice il Vianello “Il suo unico pensiero, il suo grande ideale durante tutto il tempo che si trovò tra i Figli del Sacro Cuore fu quello di formare nello spirito tentando di infondere in essi lo spirito della Compagnia”. Egli ha trasfuso nelle Regole la spiritualità gesuitica e ha dato alla nuova congregazione una struttura fatta di molte pratiche esteriori che rivelano una certa nostalgia monastica che si imprimerà nel gruppo comboniano come una seconda anima. Dato che Padre Asperti appartiene in pieno con gli altri gesuiti incaricati della formazione dei primi missionari comboniani, all’esperienza della seconda compagnia di Gesù restaurata dell’800, essi portarono nell’Istituto Comboniano anche i limiti e le ombre di tale restaurazione. Il Comboni veniva altamente ignorato.

1) Prima parte: per una attualizzazione del Comboni

Come primo approccio si dovrà tentare di dare maggiore visibilità alla prima parte della Regola di vita (qui prendiamo in considerazione soprattutto i nn. 10-19 ma non esclusivamente).

In secondo luogo si tenterà di offrire un commento comboniano, cercando un testo di confronto con gli Scritti di Comboni (particolarmente le Regole 1871). Inoltre ci si preoccuperà’ di rileggere la Regola di Vita con la sollecitudine di ricuperare un serio contatto con l’esperienza globale del Comboni soprattutto come innamorato di Cristo.

Germi dell’attuale “Regola di vita” sono presenti nelle Regole del 1871 dove viene indicato anche un importante principio metodologico “ Le Regole nascono dalla missione sperimentata sofferta e creduta. Le Regole di un Istituto che dee formare apostoli per nazioni barbare e infedeli, perché siano durevoli, devono basare sopra i principi generali” (CEA 250). La realtà della missione africana imprime il suo sigillo su tutti i livelli della formazione: carattere, pietà, studio, norme disciplinari. (Pierli).

È un problema di contatto diretto con il carisma del Fondatore senza di cui, dice la “Mutuae Relationes”, la nostra presenza nella Chiesa e nel mondo sarebbe ambigua e vaga (n. 11). LeMutuae Relationes dicono ancora: lo stesso carisma dei Fondatori si rivela come un’esperienza dello Spirito trasmessa ai propri discepoli per essere da questi vissuta, custodita approfondita e costantemente sviluppata in sintonia con il corpo di Cristo in perenne crescita (n. 11). Per capire meglio questa attualizzazione, bisogna rifarsi al concetto di memoria. La presenza dinamica e appassionata di Dio nella storia, i suoi sentimenti di misericordia e compassione, la sua stessa potenza, sono resi possibili attraverso delle persone chiave. Dio ha trovato i fondatori pienamente disponibili ad essere coinvolti. Attualizzare il Comboni quindi vuol dire che noi figli del Comboni ci rendiamo disponibili a lasciarci prendere da Dio come Comboni. Tale attualizzazione esige prima di tutto un contatto profondo con l’evento fondamentale del passato che in questo caso significa rivivere l’esperienza mistica del Comboni di sentirsi abitato da Cristo. Infine continua Pierli (Comboni nella Regola di vita, Bollettino n. 127, p. 96) per l’attualizzazione ci vuole una profonda immersione nell’oggi del mondo e della Chiesa che la Regola dovrebbe cercare di esprimere.

Concretezza storica e dimensione contemplativa creano lo sfondo della Regola di Vita. Tratti significativi per ricuperare il vissuto comboniano si trovano nell’introduzione storica e nel preambolo dove si parla del carisma del Fondatore e nella sezione dedicata alla vita di preghiera e all’Evangelizzazione. Viene stigmatizzato un agire privo di riflessione e preghiera, come per esempio nella R. 21 dove si parla del momento decisivo della vita del Missionario che dipende dall’incontro personale con Cristo o dove si ricorda il principio basilare : tenere gli occhi fissi su Gesù Cristo amandolo teneramente. Sembra di risentire Comboni che dice: non fare la meditazione questo sì è peccato. Non si può quindi passar da un progetto ad un altro senza prima maturarlo ai piedi della croce nella preghiera. Tornare a questo spirito è tornare all’essenziale: una risposta concreta alla denuncia dell’attivismo. È comboniano tornare alle istanze di fondo presenti nella Regola di vita. Una intuizione felice della Regola di vita mutuata dal Comboni è di vedere il Cuore di Cristo sorgente della vocazione missionaria . Nel Piano della Rigenerazione dell’Africa leggiamo “ Allora, trasportato egli (il missionario) dall’impeto di quella carità accesa con divina vampa sulle pendici del Golgota e uscita dal costato di Cristo per abbracciare tutta l’umana famiglia, sentì battere più frequenti i battiti del suo cuore; e una virtù divina pare che lo sospingesse a quelle barbare terre, per stringere fra le sue braccia e dare il bacio di pace e di amore a quegli infelici suoi fratelli (CEA 216). In queste righe è contenuto il mistero della nostra vocazione missionaria spiegata dal Comboni. Egli invitava spesso i suoi missionari a ripetere l’offerta di se medesimi a Dio. Una rilettura “qualificata” della Regola di vita tale da familiarizzarci con essa sarà possibile solo nella misura in cui si riesce a ricuperare l’istanza comboniana di fondo. Il “bacio” di Dio nella vita del Comboni è la scoperta della dimensione mistica e contemplativa dell’esistenza. Apparsa a lui con evidenza durante il periodo troppo difficile della prima partenza. (Trovo molto illuminante a questo riguardo e per tutto quello che riguarda la “libertà interiore” al centro della spiritualità del Comboni, il contributo di Gonzalez Silva (pp.2-4) 1.4 : “Chiamati alla libertà”).

Ne è rimasta impregnata tutta la sua vita attraverso un rapporto personale ed esistenziale con Cristo Gesù. Tutto il resto è vissuto (anche le croci) come una continuazione di questo bacio trasformante. “Mi baci con i baci della sua bocca, poiché’ i tuoi amori sono migliori del vino” (Mistica della Croce). È così che all’inizio del Cantico di Cantici l’amante (1,2; cfr Stephanos Moses, L’Eros e la Legge, p. 67-78), esprime il desiderio che la trasporta verso il suo amico. Tutta questa passione rinnovata, sempre delusa e piena di speranza ogni volta rinnovata, illustrano la lunga storia della speranza messianica ebraica rivissuta nella Regola di vita se si ricupera in maniera chiara e precisa questa dimensione mistica . Solo a questa condizione si gusterà la gioia trasformante dell’amore di Dio che ci farà cogliere tutto il resto, inevitabilmente rivestito di giuridismo, come un’espressione del suo amore misericordioso che ci indica la via della salvezza. La legge viene vista come espressione di amore: l’origine della legge è un’esperienza amorosa. Io sono il Signore Dio tuo non avrai altro Dio fuori di me, che in Comboni si traduce: la missione è l’unica cosa essenziale della vita (o Africa o morte).

Infatti dicono i commentatori (cfr. S. Moses L’eros e la Legge, p.70) il versetto “Mi baci con i baci della sua bocca” significa: Ah trasmettici anche gli altri tuoi comandamenti come baci, come queste due parole “Io sono il Signore tuo Dio e “Tu non avrai altri dei”, che hai pronunciato tu stesso e che esprimono un grande amore, un amore insuperabile e un desiderio meraviglioso simile a quello di uno sposo che bacia colei che desidera.

C’è allora opposizione tra Eros e Legge? C’è una tesi paradossale: l’inizio della legge è una esperienza amorosa.Non sono forse due baci che formano uno solo? Come tra i primi comandamenti e gli otto seguenti nell’eredità comboniana della Regola è lecito riscoprire: il “bacio” (la dimensione mistica del vissuto del Comboni) che forma la sorgente di ispirazione di tutta la regola e il corpo voluminoso dei numerosi precetti e regole, necessarie conseguenze di una impostazione giuridica che la regola richiedeva. Come nella legge antica i due baci erano nascosti nel fondo di 613 precetti, così il volume di regole richiesto da un’esigenza giuridica (un minimo di strutturazione necessaria per portare ad unità di intenti una varietà di soggetti ) non dovrebbe soffocare il grido dell’amante Comboni “ mi baci con i baci della sua bocca”. Una mediazione che viene da fonti diverse di istituzioni parallele. Il prezzo da pagare per questa mediazione è il restringersi dell’esperienza mistica dei precetti. Il passaggio dalla libertà dell’Eros verso la disciplina della Legge. Di qui il grido che i commentatori mettono sul labbro della fidanzata del Cantico dei Cantici “ Ah trasmettici anche gli altri tuoi comandamenti come baci, come queste due parole che hai pronunciato tu stesso e che esprimono un grande amore, un amore insuperabile, e un desiderio meraviglioso, simile a quello di uno sposo che bacia colei che desidera. Questo processo di riavvicinamento degli opposti è urgente se si vuole che la Regola di Vita diventi strumento di crescita carismatica.

Le istanze comboniane (Pierli) e l’Istituto Comboniano (Reg 10-19).

L’istanza contemplativa di uno che agisce secondo una modalità specifica si esprime e trova la sua radice nel concetto di “consacrazione”.

“I Missionari comboniani del Cuore di Gesù sono una comunità di fratelli chiamati da Dio econsacrati a Lui mediante i consigli evangelici della castità povertà e obbedienza per il servizio missionario del mondo, secondo il carisma di Daniele Comboni” (Reg. 10). “Il comboniano si dedica al Servizio missionario per tutta la vita. La professione dei consigli evangelici gli offre uno stile di vita più stabile per crescere in questa consacrazione missionaria. (10.1). “ La sua vita diventa una concreta testimonianza dell’indistruttibile legame che unisce Cristo alla Chiesa e un’espressione di quell’amore che spinge la Chiesa a diffondere il Regno di Dio” (10.2). “I missionari sacerdoti sono consacrati per il ministero della Parola e la celebrazione dell’Eucarestia… (11.1)… i fratelli realizzano la loro consacrazione missionaria a Dio, partecipando attivamente alla edificazione e crescita della comunità cristiana” (11.2). Condizione essenziale : “L’Istituto accetta come membri solo quelle persone che intendono consacrarsi senza riserve fino alla morte al lavoro di evangelizzazione in conformità al fine dell’istituto”.

Il nostro Fondatore disse che avere gli occhi fissi su Gesù è la “disposizione più essenziale” per dei missionari (S. 2892); la nostra Regola di Vita vede la contemplazione del Cuore trafitto di Cristo come la sorgente “per una liberazione umana totale” (RV 3/3). Emerge qui l’istanza fondamentale profondamente sentita e vissuta dal Comboni: la necessità di radicare la propria identità profonda basata sull’esperienza personale di sentirsi amati da Dio. Il Comboni non è molto loquace nel descrivere questa esperienza interiore, però è molto sintomatico che emerga con chiarezza nel momento in cui riassume la sua spiritualità e la colloca come condizione preliminare per le regole: tenere gli occhi fissi su Gesù Cristo… amandolo teneramente”. È questo IL “BACIO” DI Dio sulla vita del Comboni (eredità preziosa per i suoi seguaci) che con lui possono ripetere “baciami con i baci della tua bocca” (c. 1.2). Tutto il resto, croci, regole, strutture giuridiche è sperimentato come una continuazione del bacio di Dio che carica l’esistenza di energie nuove. È significativo che Comboni chiami la croce (“mia sposa”). In questo spirito “ogni disaffezione” per la Regola di vita scompare. Tutte le novità che si possono scrivere e tutti i documenti che vengono elaborati per il nostro aggiornamento ci interesseranno nella misura in cui sono impregnati di questa esperienza primordiale. In questo senso la Regola di vita è e rimane “un tesoro nascosto” che forse non abbiamo ancora saputo sfruttare. Il Capitolo ha preso coscienza di questa realtà e per questo ha invitato tutti a ricuperare la Regola di Vita. Per questo motivo, questo studio dà priorità assoluta alla Regola di vita come “strumento di crescita carismatica” evocata nel suo collegamento con il Vangelo e con la vita del Comboni. (Per questo qualcuno forse ha detto che abbiamo una regola che non ci meritiamo). È questo il filone mistico che si deve riscoprire. Più che la testimonianza degli esperti ha valore qui l’esperienza personale dell’umile ricercatore trasformato in amante che va alla ricerca della perla preziosa.

L’istanza comunitaria

“Il Comboni ha sofferto in modo tutto particolare per le tensioni, invidie, divisioni, contrasti tra i suoi missionari, sia sacerdoti secolari che religiosi, fratelli che laici. La sua stessa espulsione dall’Istituto Mazza doveva essere solo un preaccenno delle amarezze di poi, da vicario apostolico.” (Pierli). Ci sono stati momenti di fortissima tensione in cui le relazioni tra i suoi missionari venivano descritte come un “parapiglia” generale (Lozano). Tutto ciò “ in contrasto fragrante con la preghiera e le raccomandazioni di Gesù nell’ultima cena (cfr. Gv. 13-17), e con le indicazioni di metodologia missionaria degli Atti degli Apostoli” (ib.) E con gli stessi ideali del Comboni che sognava per i suoi uno stile di cenacolo “che consisteva nel vivere in comune con Gesù al centro, volti al servizio degli altri”. “Per questo, la vita in comune è un elemento essenziale e necessario nel nostro carisma comboniano” (10). “ A poco a poco possiamo imparare ad essere vicini, attenti e fraterni. Una comunità comboniana non dovrebbe essere solo “fabbrica” dell’attività frenetica, bensì una famiglia (unita per Gesù) dove è bello vivere, dove si diffonde calore e luce, dove si è buona novella in mezzo al mondo” (11).

La fedeltà all’istanza comunitaria è stata recepita potentemente nelle Regole introduttive. Comunità di fratelli “I Missionari Comboniani del Cuore di Gesù sono una comunità di fratelli chiamati da Dio e consacrati a Lui mediante i Consigli Evangelici della castità, povertà e obbedienza per il servizio missionario nel mondo secondo il carisma di Daniele Comboni. “ (Reg. 10). Vengono richiamate in nota le Regole del Comboni (1871). “I nostri missionari, siano sacerdoti o laici, vivono insieme da fratelli nella medesima vocazione sotto la direzione o dipendenza di colui che viene stabilito come superiore locale dell’Istituto… senza gare o pretensioni, pronti a tutto quello che viene loro ordinato di fare, disposti a compatirsi e aiutarsi vicendevolmente. Con la sua vita comunitaria (Reg. 10.3) il missionario testimonia la nuova fraternità nello spirito, che è mandato a proclamare e a rendere presente tra i popoli che evangelizza”.

Il Padre Generale in una delle sue prime lettere (Gennaio 2010) esprime la concretezza di questa fratellanza. “Sicuramente, riusciremo a costruire comunità cordiali, nelle quali saremo capaci di esprimere i nostri sentimenti e di riconoscere che sentiremo sempre, fino alla fine dei nostri giorni, la mancanza dell’affetto e dell’abbraccio, senza timore di dimostrare in questo modo la nostra vulnerabilità. Dire all’altro che gli vogliamo bene è più importante di molti progetti realizzati con efficienza”.

Valenza Missionaria

Siamo qui al cuore delle finalità operative del Comboni. Le Regole del ‘79 hanno dedicato il n. 13 a parlare del fine dell’istituto. Purtroppo gli estensori di questo testo non hanno rispettato le esigenze dellaspecificità. Quello che sembrava un finalità troppo ristretta o riduttiva che limitava l’azione evangelizzatrice dell’Istituto “ a quei popoli o gruppi umani non ancora evangelizzati – è stata allargata con un non ben precisato – non sufficientemente evangelizzati” (Reg. 13). Ci si domanda fino che punto sia stata rispettata qui la specifica scelta originaria del Fondatore. Le espressioni di volontà di ricupero dell’ispirazione originaria, non si sa fino a che punto riescano a dissipare quest’ombra gettata proprio sul punto centrale della nuova fondazione.

Promozione umana

Comboni ebbe fiducia negli Africani come missionari, apostoli, “promotori di civiltà” dei loro stessi conterranei. Tale fiducia era nel secolo passato condivisa da pochissimi. Nel Postulatum si trova un altro fecondo accenno. Comboni non solo sottolinea il dovere, la necessità morale per la Chiesa di dare, portare il messaggio di Cristo all’Africa, ma allude anche a ciò che la Chiesa potrà ricevere dall’Africa stessa. “Che nel diadema ornato di gemme celesti di cui è cinto il capo della vittoriosa Madre di Dio, risplenda il popolo dei Neri, ormai conquistato a Cristo come perla bruna”. Questa dialettica di dare e ricevere è essenziale ad ogni discorso di promozione umana perché sottintende che ogni popolo è necessario per la costruzione di una società mondiale, ed è ugualmente importante per la Chiesa di Cristo che vuole essere cattolica, cioè una e molteplice compatta e pluralistica. La regola di vita è piena di accenni espliciti o impliciti alla promozione sociale p. es. “Inoltre, in forza del loro carisma missionario sono disponibili per quei servizi richiesti dalla crescita della comunità ecclesiale e dalla promozione di condizioni più umane” (Reg. 11.1). “L’istituto ha una sua vocazione specifica che lo rende atto a prestare un servizio effettivo alla Chiesa locale, arricchendola senza perdere la propria identità” Reg. 17,2). “L’Istituto si sforza di facilitare lo scambio di idee esperienze e valori tra le chiese locali particolarmente con l’impiego di personale di differenti nazioni” (Reg. 8,2).

Il Capitolo e il P. Generale in particolare ha parlato esplicitamente di una perdita di specificità e di una caduta nel generico nel nostro modo di intendere la missione per cui si tira in barca un po’ tutto. (Mi si chiede – dice il P. Generale – di aiutare l’Istituto a tornare all’essenziale a ciò che ci è proprio, ai valori che giudichiamo irrinunciabili…Mi è stato detto che devo fare di tutto perché si torni alla missione).

“Capisaldi” di spiritualità comboniana nella Regola di Vita.

Entrare nella Missione di Colui che “annientò” se stesso, prendendo la natura di schiavo” (Fil. 2,7): “virtù distintiva del mistero di Cristo” (AG 24). Dicono i commentatori che nell’esperienza drammatica della prima partenza per la Missione dopo il suo incontro “personale” con Cristo, è incominciato il processo di emarginazione dell’io fino a sentirsi “abitato” da Cristo.

Pagine di spiritualità comboniana da non dimenticare: “quello che io scrissi – dice l Comboni – nelle mie Regole del nascente Istituto africano di Verona, vi vuole una solida istituzione religiosa ed una scuola di abnegazione straordinaria secondo lo spirito di G. C. Crocifisso”.

La preghiera

In una delle sue prime lettere (Gennaio 2010), P. Generale scriveva “di sicuro continueremo a zoppicare nei nostri progetti personali e comuni se non cominciamo almeno a fare l’ora di preghiera quotidiana che abbiamo accettato di fare il giorno che abbiamo accettato la nostra Regola di Vita, al momento della professione religiosa come comboniani (non fare la meditazione, questo sì è peccato….diceva Comboni). Naturalmente questo è il minimo, perché sappiamo di avere in mano qualcosa che supera tutte le nostre forze e capacità. È inutile, continua ancora il Generale, illudersi che possa nascere un Istituto diverso se continuiamo a trascurare l’ascolto e lo studio della Parola di Dio che è l’unica che può illuminarci e guidarci. Come potremo acquisire i criteri di Dio per guidare la nostra vita e orientare gli altri se la Parola non ci accompagna come il pane quotidiano? E conclude dicendo :”Credo che oggi, una delle prime priorità debba essere la preghiera, il confronto con la Parola, la familiarità e l’amicizia profonda con il Signore. Non credo ci siano altre ricette.”

2) Seconda parte

“Commento Comboniano” con un testo del Comboni per ogni singolo numero dell’introduzione. Apparirà forse come un collage di testi, ma questo può servire per far emergere quei principi e linee ispiratrici e profetiche che abbiamo bisogno di ricuperare perché la Missione diventi di nuovo una “passione” come lo era per il Comboni.

Reg. 10 – Comunità di fratelli; Questa reg. n. 10 offre la chiave di lettura di tutta la sezione seconda del preambolo. In questo progetto di Comunità di fratelli il Silva nel suo contributo vede “ Un magnifico superamento della divisione canonica in Istituti clericali e laicali” . In fatti la regola dice: “ I Missionari Comboniani del Cuore di Gesù sono una comunità di fratelli chiamati da Dio e consacrati a Lui mediante i consigli evangelici della castità, povertà e obbedienza per il servizio missionario nel mondo, secondo il carisma di Daniele Comboni… 10.1 La professione dei consigli evangelici offre uno stile di vita più stabile per crescere in questa consacrazione missionaria 10.3 “Con la sua vita comunitaria il missionario testimonia la nuova comunità fraterna nello Spirito, che è mandato a proclamare e a rendere presente tra i popoli che evangelizza”. Le nostre comunità infatti hanno un valore sacramentale, cioè sono prima di tutto un’attualizzazione di quella salvezza – riunione – riconciliazione che splendono e riscaldano, necessariamente rivelano la natura del centro da cui emanano” (Com. Baritussio).

Dalle Regole 1871

“L’Istituto, ossia collegio per le missioni della Nigrizia è una riunione di ecclesiastici, di fratelli coadiutori, senza professione obbligatoria di regole speciali, ma sempre sotto la dipendenza assoluta dei legittimi superiori, si dedicano alla conversione dell’Africa e specialmente dei poveri negri, che giacciono ancora sepolti nelle tenebre. Questo Istituto perciò diventa un piccolo cenacolo di Apostoli per l’Africa, un punto luminoso che manda fino al centro della Nigrizia altrettanti raggi quanti sono i zelanti e virtuosi missionari che escono dal suo seno.

“ L’istanza comunitaria è senz’altro essenziale nell’esperienza apostolica del Comboni e del suo istituto. Le strutture giuridiche di tale comunione possono variare, come di fatto hanno variato nel corso degli anni; ma i comboniani devono considerare se stessi a livello di congregazione e di singole comunità come attuazione visibile della salvezza intesa come riunione in Cristo. Le nostre comunità infatti hanno un valore sacramentale cioè sono prima di tutto attuazione di quella salvezza- riunione- riconciliazione che proclamano e conseguentemente strumento della diffusione di tale logica di ricapitolazione in Cristo” (Pierli, in istanze comboniane nella Regola di Vita dei MCCJ). La scelta comunitaria della Regola di vita è stata quindi un atto di fedeltà alla istanza irrinunciabile del fondatore (ivi).

Reg. 11 – Pluralità di servizi

Il carattere ecclesiale dell’Istituto viene sottolineato anche “attraverso la varietà e complementarietà dei servizi”. “La varietà e la complementarietà dei servizi (cfr. 1 Cor 12,4-11), citazione carismatica (che) si pone in linea con il fine proprio dell’Istituto (Silva). Nella prospettiva della promozione umana si dice che i membri dell’istituto “sono disponibili per quei servizi concreti richiesti dalla crescita della comunità ecclesiale e dalla promozione di condizioni più umane” (11.1). I germi di questa regola erano già presenti in maniera ben chiara nella mente del Comboni.

Dalle Regole 1871: Cap. XI

“Di più l’esperienza avendo constatato, come la Provvidenza faccia servire alla conversione dei popoli anche la perizia dei missionari nelle scienze puramente umane, e nelle arti di utilità temporale, anzi di puro diletto, niente che si riferisca a questo punto, crederanno inutile, niente indegno della loro attenzione, e del loro impegno, che non trovino di poter dirigere alla gloria di Dio, ed al bene futuro delle anime”.

La promozione umana è vista come parte integrante della evangelizzazione . Dopo aver descritto l’attività dei “fratelli” la Regola afferma “In tal modo essi offrono un apporto particolare a quella promozione umana che è parte integrante dell’evangelizzazione”.

Il Comboni nasce in un periodo felice di rinascita missionaria. Ai suoi tempi l’Africa si presentava come un campo inedito di evangelizzazione e promozione umana. Dice A. Baritussio (D. Comboni , Regole del 1871) “L’ambiente così carico di fermenti missionari trova nell’Africa, un continente fino allora quasi sconosciuto e divenuto improvvisamente campo di esplorazione, di conquista, di spartizione fra le potenze occidentali, un nuovo terreno su cui cimentarsi per diffondere il Vangelo” (p. 9). Solo a partire dalla seconda metà del secolo si nota uno sforzo sistematico di evangelizzazione e promozione umana mentre nella prima metà del secolo si registra una serie di tentativi falliti. Nella seconda metà del secolo invece tra i tentativi dei Pp. Bianchi che si insediano nella regione dei grandi Laghi (1878-1899), si sviluppa un vasto panorama di iniziative pro-africane. Si deve accennare in particolare al movimento antischiavista. È interessante notare come in un’ampia gamma di iniziative sia nata anche l’idea, e poi il progetto di evangelizzazione africana con le forze africane (Liebermann). convogliata dal Comboni nel suo Pano di rigenerazione dell’Africa, “nella fondazione di un istituto e la redazione delle Regole” (o.c. p. 12).

Reg 12 – Legame con la Santa Sede

“La stretta collaborazione tra l’Istituto e la Sacra Congregazione per l’Evangelizzazione dei popoli è un segno di unità e corresponsabilità nella Missione di tutta la Chiesa”. In questo legame appare tutta la creatività e il valore teologico della Spiritualità del Comboni. L’obbedienza missionaria, da semplice elemento funzionale pedagogico, diventa anzituttomanifestazione della forma genetica del chiamato. Il missionario, in quanto discepolo di Colui che si immolò per la salvezza del mondo attraverso l’obbedienza incondizionata al Padre, ripropone la sua vita obbediente quale frutto dello scambio meraviglioso tra peccato e grazia, garanzia della ricercata coincidenza tra Piano di Dio e libertà umana. Qui c’è tutto il mistero dell’obbedienza simultaneamente come opera di assenso nella fede e fedeltà creativa alla storia. “Se il Papa, la Propaganda e tutti i vescovi del mondo mi fossero contrari, abbasserei la testa per un anno, e poi presenterei un nuovo piano, ma desistere dal pensare all’Africa mai , mai.” (Comboni a Don Francesco Bricolo da Londra (23 –4 –1865). L’elemento fondante dell’obbedienza del Comboni è la docilità allo Spirito, da cui deriva lalibertà interiore e il senso di profezia e creatività.

Dalle Regole 1871 – Cap. III – Organizzazione dell’Istituto

“L’Istituto di sua natura dipende in primo luogo, ed è interamente e assolutamente subordinato al Sommo Pontefice, ed alla S.C. di Propaganda Fide. Alla suprema autorità della S. Sede spetta unicamente il modificare sostanzialmente, o mutare in omnibus, et quo ad omnia l’organizzazione e le Regole dell’Istituto”.

Reg. 13 – Fine dell’Istituto

“L’istituto ha come fine di attuare la missione evangelizzatrice della Chiesa fra quei popoli o gruppi umani non ancora o non sufficientemente evangelizzati.” La finalità specifica qui è parecchio sfumata. Le Regole del 1871 sono inequivocabili nell’indicare l’Africa come unica finalità specifica.

Dalle Regole 1871 – Cap. I : Natura e scopo dell’Istituto

“L’Istituto, ossia Collegio delle Missioni Africane per la Nigrizia è una riunione di ecclesiastici, e di fratelli Coadiutori, i quali senza vincolo di voti, senza rinunzia ai propri averi, senza professione obbligatoria di regole speciali, ma sempre sotto la dipendenza assoluta dei legittimi Superiori, si dedicano alla conversione dell’Africa e specialmente dei poveri Negri, che giacciono ancora sepolti nelle tenebre, e nell’ombra di morte.

”Comboni nelle sue Regole (1871) parla di consacrazione alla Nigrizia (R. 15). Siccome l’Istituto “ è consacrato al Santissimo Cuore di Gesù ne consegue che tutta la sua attività sarà “consacrazione”: “si consacra a coltivarne le disposizioni per l’apostolato della Nigrizia”. La missione africana acquista nelle Regole una unicità e specificità di rilievo che ne determinano una priorità assoluta, senza sbavature e generiche indicazioni. Purtroppo questa lucidità e caratteristica distintiva non è stata preservata nella Regola del 79 (nella nostra Regola). È pur vero tuttavia che i richiami all’unicità del fine sono importanti sia per numero che per varietà di significati: “ Missione dell’Africa (R. 4.5.68.9.16): “missione africana” (R 6.8.9.24.26); “missionari dell’Africa Centrale/ della Nigrizia” (R 16.17.18); “missioni per la Nigrizia (R 1.3.11); L’istituto delle Missioni africane” (26); Apostoli per l’Africa (R 3); Missionari d’Africa (R. 6.8); missionario dell’Africa Centrale della Nigrizia (R 16.17.18); “candidati per la Nigrizia/ per le Missioni dell’Africa Centrale/ delle missioni dell’Africa Centrale/ delle missioni africane (R 10.16.24); l’apostolato africano” (R 9); ministero apostolico della Nigrizia” (R 16); “ Rigenerazione della Nigrizia (R 4-5) “conversione degli Infedeli nell’Africa (R 5); “Opere in Africa (R 6).

Reg. 14 – Attuazione del Fine

“Nell’impianto apostolico si presenta come criterio dirimente l’attività missionaria (cfr. AG 27) conforme al carisma del Fondatore. Non vale tutto e qualsiasi cosa. La citazione del decreto missionario puntualizza in maniera esigente il ruolo di avanguardia strategica” ( vedi contributo di Silva).

14.1 “L’istituto rinnova il suo impegno tra i popoli dell’Africa e dell’America, e rimane aperto ad altri campi purché si tratti di lavoro veramente missionario” – Questa regola esprime due valori comboniani fortemente radicati: Dimensione ecclesiale; Attenzione alle situazione storiche evangelicamente più carenti.

Dalle Regole 1871 – Cap I: natura e scopo dell’Istituto

“Questo Istituto perciò diventa come un piccolo Cenacolo di Apostoli per l’Africa, un punto luminoso che manda fino al centro della Nigrizia altrettanti raggi quanti sono i zelanti e virtuosi Missionari che escono dal suo seno: e questi raggi che splendono insieme e riscaldano, necessariamente rivelano la natura del centro da cui emanano”.

È chiara in Comboni la finalità specifica dell’Istituto, quanto alla sua attuazione la vede centrata nel voto di obbedienza. Infatti, nel Capitolo II della regola del 1871 parlandodell’organizzazione dell’istituto dice “siccome è realmente consacrato alla rigenerazione della Nigrizia tanto quegli che lavora come maestro di pietà, od istitutore delle materie teologiche o scientifiche del collegio di Verona, o coadiuva in qualsiasi modo all’istituto destinate a formare elementi per la missione dell’Africa, quanto quegli che è consacrato immediatamente alla conversione degli infedeli nell’Africa stessa”.

Reg. 15.1 – Disponibilità

“Ogni missionario che assolve qualsiasi compito assegnatogli dalla competente autorità, in conformità ai fini dell’Istituto, partecipa al carattere missionario dell’Istituto stesso. Reg. 15.2 “I comboniani malati o anziani offrono il loro contributo al servizio missionario mediante la testimonianza della loro vita, le loro preghiere e sofferenze, come pure condividendo le responsabilità nei vari ministeri a loro affidati secondo le loro possibilità.

Da questa regola risulta che l’obbedienza è una virtù peculiare per il missionario

Dalle Regole (1871) appare che l’obbedienza “usque ad mortem” è la qualifica fondamentale l’atteggiamento del missionario. Una ulteriore conferma che questo sia un dato imprescindibile nell’intento del Comboni è la presenza dello stesso elemento tra le qualità richieste ai futuri aspiranti delle Regole del 1872 “una volontà ferma di consacrarsi a Dio per la rigenerazione della Nigrizia, nei ministeri che gli verranno assegnati dall’obbedienza, e ciò fino alla morte”. (Regole ed organizzazione dell’istituto per la Missione della Nigrizia in Verona ( vol. 999, fol 115). L’espressione suonò eccessiva al consultore di Propaganda Fide, fra Isidoro da Boscomare, che nelle sue animadversiones del 15-8-1872, suggerì di mitigarne la radicalità. Eppure questa obbedienza così concepita, segue la logica dei presupposti teologici dei missionari dell’Istituto . Se questi che si configurano con la risposta ad “un mistero di tanto amore “ (Reg. 22) . Si è decisamente su un piano in cui la struttura diventa segno sacramentale e perciò stesso rimanda al di là di se stessa dove nasce la vincolazione assoluta a Cristo e da Lui a Dio e al suo piano inserito nella storia. Nulla di più né di meno si può chiedere in questa visione di fede: obbedire come obbedì il Figlio di Dio.

L’obbedienza diventa allora sia per l’Istituto che per l’individuo, condizione ed espressione di fedeltà al piano di Dio.

Nella prefazione, quasi ad introdurre tutto il progetto costituzionale si dice che:

“Benché le Regole per se non obblighino all’obbedienza sotto peccato neppure veniale, tuttavia egli è certo che uno spirito umile, che ami sinceramente la sua vocazione e voglia essere generoso con il suo Dio, le osserverà con molto amore” (Reg. 21).

Il missionario si lascia guidare da una razionalità superiore nel vedere in esse “la via a lui tracciata dalla Provvidenza” (Reg 2), e la manifestazione della volontà di Dio su di lui. (Reg. 2).

Obbedienza è qui affermazione del primato del piano di Dio, svelato nel Cristo, sul pensiero dell’uomo; è proclamazione della preminenza dello spirito sulla gloria della carne. Per questo Comboni esige in colui che vuole far parte dell’Istituto: “animo fermo e risoluto di morire alla propria volontà e di professare una perfetta obbedienza ai legittimi superiori (Reg. 4). Nei postulanti, la lucida consapevolezza che la disposizione fondamentale per la loro “Carriera apostolica” (R. 11) è morire assolutamente alla propria volontà e sacrificare interamente se stessi fino alla morte per mezzo di una perfetta obbedienza ai legittimi superiori “ (R. 11).

In questa luce, l’obbedienza implica un’ascesi della volontà che è simultaneamente ascesi di fede ed equilibrio umano raggiunto, capace di esprimersi nel saper rinunciare a disporre completamente di se stessi integrando il personale nel comunitario, l’individuale nelle strutture, privilegiando, alla luce della fede, il più nascosto lento ed oscuro, sull’immediato sull’utile. Nella logica di queste riflessioni si capisce perché Comboni si discosti dalla proposta di determinare le priorità per un esercizio ascetico. Al capitolo XII (Reg 26-27) in fatti stabilisce il seguente ordine: accettazione delle norme dell’’Istituto, adattamento all’altro, buone maniere. Nella Proposta l’ordine è invertito.

Da quanto detto, l’obbedienza diventa dunque l’atteggiamento peculiare di colui che è chiamato alla Missione, costituendo lo spazio spirituale proprio in cui l’istituzione ha il diritto di intervenire a causa della comune consacrazione alla Missione. L’Istituto per il principio sacramentale di cui sta vivendo, dà garanzia ecclesiale alla scelta personale e lo può fare essendo lui stesso previamente vincolato alla Missione. Solo, in forza di questa stessa consacrazione comune alla causa, può penetrare nel sacrario più intimo del candidato con forza vincolante.

L’obbedienza missionaria, da semplice strumento funzionale pedagogico, diventa anzitutto manifestazione della forma genetica del chiamato. Il missionario, in quanto discepolo di colui che si immolò per la salvezza del mondo attraverso l’obbedienza incondizionata al Padre, ripropone la sua vita obbediente quale frutto dello scambio meraviglioso tra peccato e grazia, garanzia della ricercata coincidenza tra piano di Dio e libertà umana. Qui c’è tutto il mistero dell’obbedienza simultaneamente come opera di assenso della fede e fedeltà creativa nella storia.

“Se il Papa, la Propaganda e tutti i vescovi del mondo mi fossero contrari, abbasserei la testa per un anno, e poi presenterei un nuovo piano, ma desistere dal pensare all’Africa, mai, mai”.

Reg. 16 – Segni dei tempi

“L’Istituto nel suo cammino di fede nel mondo e per il mondo è intimamente legato all’umanità e alla sua storia.

Quasi in continuità con quanto è avvenuto nella storia del Comboni. Egli è vissuto in un momento di rinascita missionaria. La crisi aperta “nel secolo xviii non fu veramente scongiurata che verso la metà del sec. XIX, recando i suoi frutti decisivi di evangelizzazione nelle varie parti del globo a partire dai tre decenni 1850 – 1880” (Baritussio o.c. p.12).

Questo è precisamente lo spazio di tempo che vide nascere e prendere consistenza la intrapresa missionaria di Daniele Comboni. Tutte le componenti significative del risveglio missionario trovano una eco nella sua anima e nella sua opera ricevendone a loro volta un’impronta peculiare. L’amore appassionato per l’Africa, l’opera di evangelizzazione intesa come opera di Chiesa, la strategia ideata nel piano, l’intensa attività nell’animare il popolo di Dio, la fondazione infine, di un suo istituto e la redazione delle Regole, nè costituiscono la più probante testimonianza. L’uomo Daniele Comboni nato in un’epoca favorevole per la missione, ne fa urgenza per un servizio totale.

La ricostruzione del movimento missionario del secolo obbedisce ad un criterio preciso: introdurre più elementi per poter comprendere la radicalità con cui Comboni proporrà insistentemente la missione quale valore centrale del suo progetto di fondazione.

La sua biografia costituisce perciò un’ulteriore dimostrazione della forza genetica di tale valore, che sfocerà tra l’altro nell’impegnativa fondazione di due istituti con relativo progetto costituzionale. I dati cronologici pur nella loro aridità rivelano una somma di esperienze importanti ai fini del presente commento perché saranno queste ad influire nel testo delle Regole più che elaborazioni di carattere strettamente intellettuale.

Reg 17 – Servizio Inter-ecclesiale

“Il mistero della Chiesa è vissuto nel pluralismo e nella comunione delle Chiese Locali”

“Questo spirito inter-ecclesiale che caratterizza la Regola lo si ritrova negli atti di fondazione. Molte delle fonti esaminate dagli studiosi non hanno un riscontro nel testo delle Regole. Sembra tuttavia che il Comboni per i frequenti contatti avuti con istituzioni e persone da cui esse dipendono, le abbia almeno consultate.

Non è da escludere che Comboni, il cui nome figura nella lista dei promotori benemeriti del Pontificio Seminario dei Ss. Apostoli Pietro e Paolo fondato nel 1867 in Roma, abbia preso conoscenza delle prime semplici regole di detto Istituto, trasformate in progetto di nuovo Regolamento solo nel marzo del 1874.

Un altro testo che presumibilmente lesse sono le Regole dello SMA (Societas Missionum Africanarum) di Lione, datate nel dicembre del 1864. I ripetuti contatti con Mons. Planque, superiore di tale Istituto e redattore delle Regole, inducono a ritenere questa ipotesi anche se Comboni non ne parla espressamente.

Infine quale ultimo documento, presumibilmente consultato, possono essere menzionate le Regole dei Padri di Mill Hill fondati da Vaughan amico personale di Comboni (Baritussio, o.c. p.80).

Considerando il numero delle fonti consultate appare pienamente significativa l’affermazione del Comboni circa il proprio lavoro redazionale frutto di “autorevoli consultazioni” (Comboni al Barnabò 27-12-1871).

Reg. 18 – Internazionalità

L’Istituto composto di membri provenienti da diversi paesi e culture è espressione di amicizia e solidarietà fraterna e segno della cattolicità della Chiesa: dà testimonianza concreta di quella comunione nello Spirito che caratterizza il popolo di Dio e che non abolisce le diversità ma le rende fattori di unità.

L’internazionalità nel cuore e all’origine dell’ispirazione comboniana:

Il Piano è nato con un respiro europeo

Subito dopo averlo concepito il 9 Novembre 1864 scrivendo da Bressanone a Don Francesco Noecker così si esprime: “ l’opera dev’essere cattolica, non già spagnola o francese o tedesca o italiana. Tutti i cattolici devono aiutare i poveri neri, perché una nazione sola non riesce a soccorrere la stirpe nera. Le iniziative cattoliche, come quella del venerato Olivieri, dell’istituto Mazza, del Padre Ludovico, della società di Lione ecc. senza dubbio hanno fatto molto bene ai singoli neri ma fino ad ora non si è ancora incominciato a piantare in Africa il cattolicesimo ed ad assicurarvelo per sempre. All’incontro, con il nostro piano noi aspiriamo ad aprire la via all’entrata della fede Cattolica in tutte le tribù in tutto il territorio abitato dai Neri. E per questo mi pare, si dovranno unire insieme tutte le iniziative finora esistenti, le quali, tenendo disinteressatamente di fronte agli occhi il nobile scopo, dovranno lasciare andare i loro interessi particolari”.

L’anno successivo passando alla prima realizzazione del piano nel tracciarne la Road Map.

Comboni così scrive da Parigi al Card. Barnabò il 9 Maggio 1865 “ “E.mo Principe, mi permetto di comunicare all’Ecc vostra R.ma alcune cose, che certo le faranno piacere. Nella scorsa quindena pasquale fui nella Prussia Renana, a fine di vedere qual parte attiva può prendere la Germania Cattolica a favore dell’Africa Nera. Spero di non illudermi: in questa colta parte dell’Europa vi è un tenue principio, che sviluppandosi col tempo, dietro una costante industria, produrrà copiosi frutti a vantaggio della razza etiope. In Colonia, che è la Roma della Germania, esiste una piccola società. Di cui da tre anni io sono membro corrispondente, informata da uno spirito veramente cattolico, la quale, atteso l’interesse da cui è animata, ha tutta la disposizione di svilupparsi mirabilmente”.

Appello al concilio per la salvezza della Nigrizia

Il 15 Febbraio 1870 dal Cairo così scrive al card. Di Canossa “spero che partirò da Alessandria il primo di Marzo e all’8 sarò a Roma. Ora che si sta discutendo sugli affari del rito orientale e quindi delle missioni cattoliche, non sarebbe la circostanza opportuna perché ella si mettesse d’accordo con il card. Barnabò e Mons. Delegato per alzare la voce in Concilio in favore dell’Africa Centrale, di 100 milioni de Negri che giacciono sepolti nelle tenebre di morte? Non sarebbe un affare di grande rilevanza il proporre e discutere sul modo di conquistare alla Chiesa la decima parte dell’umanità che tanti sforzi di 18 secoli non hanno potuto guadagnare a Cristo? Non sarebbe questo il momento di fare un colpo di stato, e d’invocare i lumi della Chiesa e l’appoggio di tutti i cattolici del mondo rappresentati dai Vescovi del Concilio per avere in poco tempo e uomini e denaro da stringere d’assedio la Nigrizia? Ah Monsignore e Padre mio! Mi sembra che sarebbe questo un argomento degno del Concilio” (Scritti 2184).

Nella relazione alla Società di Colonia

Colonia 6 Giugno 1871 “ Così parla del compito di organizzare membri di diversa provenienza e nazionalità “non trascurai neppure di ben ponderare la mia difficile posizione nei confronti dei membri dell’Istituto. Dei quali mi vidi a testa. Essi constavano di religiosi la cui forma di istituzione era diversa da quella dei sacerdoti secolari poi di suore francesi, italiane e orientali, di morette riscattate dai diversi benefattori ed educate nei diversi istituti con norme differenti. Questi erano tutti elementi eterogenei che per prima cosa io dovevo mettere in perfetta armonia, ridurre ad unità di intenti e di bandiera. Con la massima accuratezza ed esattezza studiai il carattere, le doti e le abitudini di ciascuno affine di ben regolare di servirmene a beneficio della crescita e prosperitàdella nostra grande impresa” (Scritti 2507-2508).

Reg.19 – Cooperazione

Comboni si sentiva al centro di un vasto movimento di collaborazione che egli cercava di allargare in tutti i modi fino a comprendere non solo gli Istituti ma la Chiesa universale con i suoi dicasteri. Questo spirito di apertura e collaborazione è rimasto nelle Regole.: “Nella linea del suo Fondatore. L’Istituto collabora con gli altri agenti e organismi dell’evangelizzazione per assicurare un più effettivo servizio missionario ed evitare duplicati di sforzi e di personale.”( Reg 19).

Conclusione

Quale teologia è sottesa alle Regole? È giusto porsi questa domanda per ritrovare la corrente di ispirazione perché il contatto con la Regola possa mettere in movimento il processo di crescita carismatica. Si dice che uno dei motivi della mancanza di sensibilità per la Regola è la diversa sensibilità teologica-spirituale dei tempi moderni a confronto con documenti che ci riportano al passato e alla tradizione.

Per superare questa contrapposizione bisognerà notareche una delle caratteristiche di fondo della teologia moderna è “Il ritorno all’esperienza”. Se ci mettiamo nella prospettiva di ritrovare nella RdV il “vissuto del Comboni” ci troviamo sulla giusta strada per sentirci in sintonia con la sensibilità teologica e spirituale della riflessione moderna.

Dal duplice modo di porsi di Dio “in sé e come rivelatosi nel mondo” corrisponde una duplice teologia: l’una per via di dimostrazione l’altra per via simbolica. La via simbolica è superiore (cfr. Dionigi Areopagita). In che cosa si dimostra superiore alla dialettica concettuale: là dove l’intelligenza si arresta, la volontà prosegue nell’ordine dell’adesione e dell’amore. I simboli hanno una forza sconosciuta ai concetti. La teologia nel primo millennio è stata coltivata nei monasteri. La “contemplazione” non era una aggiunta di carattere spirituale ma parte essenziale della struttura della teologia che trova il suo fondamento nella Scrittura dove il mistero non viene razionalizzato ma “narrato” attraverso simboli.

Il passaggio di Tommaso da Montecassino a Napoli viene considerato nella storia della Teologia , di carattereemblematico. A Napoli (siamo al nascere delle università) ha promosso il metodo aristotelico con l’accentuazione razionale della fede. Gradualmente la dimensione contemplativa della teologia è stata sostituita dalla disputa teologica (quaestiones disputatae). Nonostante la reazione violenta di Lutero (all’eccessivo intellettualismo) “Sola experientia facit theologum”, l’intellettualismo della teologia ha continuato a trionfare nella Scolastica. La “teologia simbolica” è rimasta presente solo nella teologia mistica dove la categoria dell’esperienza preme alle porte della riflessione e chiede un linguaggio proprio che è quello della Teologia narrativa . È vero che il genere narrativo non sembra ancora godere di grande considerazione nell’ambito del così detto sapere speculativo, eppure è un aiuto prezioso per decifrare i problemi fondamentali della vita, perché a differenza del ragionamento muove i sentimenti e risulta dunque più efficace nei confronti delle decisioni e delle valutazioni .

I contenuti teologici della Regola di Vita reperibili nei due filoni ispiratori della dimensione mistica e relazionaledell’esistenza sono riconosciuti come tipicamente comboniani . L’origine di queste fonti di ispirazione che anima la RdV è ritrovabile in prima istanza nel vissuto del Comboni. Mi soffermo qui sull’istanza comunitaria di cui abbiamo già parlato e che è presente prevalentemente nella seconda parte del Preambolo, intitolata: L’Istituto Comboniano.

Semplificando ci soffermiamo su tre esperienze primordiali nel vissuto comboniano. Lavorando su questo terreno è possibile forgiare una spiritualità della comunione, della dimensione relazionale dell’esistenza, della ecclesialità del vivere cristiano. Cerchiamo di collocare il tutto entro i parametri del tempo e dello spazio, contenitori di quel mistero di ineffabilità e irrepetibilità che si pone all’interno di un lungo processo di gestazione e di progettualità.

1) Limone – Verona – Partenza

Un arco di tempo di 26 anni in cui il vissuto di Daniele per il particolare aspetto che ci riguarda viene plasmato e caratterizzato da queste esperienze fondamentali:

In famiglia, da quanto ci dicono le biografie, ha fatto l’esperienza di sentirsi profondamente amato. Se è vero che solo chi si sente amato è capace di generare amore la risposta di Daniele coinvolge in maniera totale la sua realtà e la sua esperienza umana tanto che quando si tratterà di scegliere tra un amore più grande e quello racchiuso nei confini della famiglia entrerà in una profonda crisi (vedi Lettera a Don Pietro Grana parroco di Limone, 4 Luglio 1857). Comboni dirà poi di sé: la croce più grande che il Signore mi ha messo sulle spalle è un amore smisurato verso i genitori (comprensibile anche per il fatto che era rimasto solo.) Supererà questa crisi nell’incontro personale con Cristo (esercizi spirituali) da cui incomincia a sentirsi amato in maniera incondizionata e risponderà a questo amore con una dedizione totale seguendo le indicazioni del suo direttore spirituale: “fidati di Cristo”. (Lettera a D. Pietro Grana 13 Agosto 1857). Il lasso ti tempo tra queste due lettere rappresenta lo “spartiacque” nella spiritualità del Comboni : il passaggio da una relazione “formale” a un rapporto “personale” con Cristo. L’io viene emarginato e sostituito da Cristo . Da questo momento incomincia un decisivo processo di “emarginazione dell’io”. Non per niente la “Positio” chiama questo anno (1857) “l’anno della fede”. Tutto quello che è prima di questa data è preistoria. Quello che viene dopo è la storia della salvezza. È sintomatico che prima di questa data Comboni non ha niente da dire. Dopo di questa data non smette più di “raccontare” quello che Dio opera nella sua vita. Nessuna rottura però con il passato ma continuità nellasublimazione dell’amore filiale in un amore più grande tanto che in qualche modo i genitori lo seguono nella sua chiamata a formare una nuova famiglia.

Durante gli anni di formazione a Verona al Collegio Mazza nei suoi studi di teologia si appassionerà soprattutto della Storia della Chiesa. La sua personalità religiosa sarà permeata da un profondo senso della Chiesa le cui tracce sono ben visibili anche nella seconda parte del preambolo dedicata all’Istituto comboniano. Un altro elemento che assorbirà nel suo vissuto è l’uso della “direzione spirituale” che lo salverà nel momento della crisi e svilupperà il senso relazionale della sua spiritualità.

Sia nell’infanzia come soprattutto nella prima esperienza pastorale a Buttapietra appare evidente nella sua spiritualità il senso della compassione che lo porterà a scegliere come suo campo di azione i “più bisognosi e abbandonati” e a stabilire con loro un rapporto profondo fino a fare “causa comune” con loro. Nelle Regole si nota la preoccupazione di restare sempre fedeli all’ispirazione del Fondatore.

2. Trieste – S. Croce – Verona

Un arco di tempo non molto lungo dal 1857 al 1864 che racchiude una grande varietà di esperienze che lo porteranno a progettare un Piano nuovo. In linea con quello che abbiamo chiamato “categoria interpretativa “ (la comunione) di questa seconda parte del preambolo, che cosa è diventato sempre più parte del vissuto di Daniele?

L’esperienza di vivere gomito a gomito nello spazio ristretto della nave o del vaporetto, con i 5 compagni di viaggio sviluppa un senso di intimità che a mio parere ci porta vicino a quella realtà che poi definirà come “ cenacolo di apostoli”. La morte del primo di loro D. Oliboni viene vissuta dal Comboni come un’eredità a cui si impegna a restare fedele. Senza diluire questa intensità di vissuto con parole nostre, il Comboni la riassume nella lunga lettera che scriverà al Padre il 5 Marzo 1858 da S. Croce appena arrivati a destinazione del loro lungo viaggio. Parlando del metodo adottato per superare le difficoltà, usa tre verbi che Mario Trebeschi indica come il vademecum della solidarietà (La missione come pellegrinaggio, p.48) . “Venuta la sera, e la notte, noi teniamo consiglio…si propone, si discute, si prega”.La missione è vissuta al plurale e in un atteggiamento di preghiera.

La prima esperienza di missione (1857-59) è stata intrisa di sofferenza. Ma le febbri, le malattie e tutte gli altri disagi non lo piegarono. “Il suo animo, come quello dei compagni, rimaneva fermamente deciso a impegnarsi nell’evangelizzazione degli uomini e delle donne dell’Africa Nera. Parlando a nome di tutti, Daniele scriveva al dott. Benedetto Patuzzi – Lungi dal perdere il coraggio, non risparmieremo fatiche e sudori per cooperare alla conversione dell’Africa “ (Lozano, Vostro per sempre, p. 171.

Da Verona a Roma – Dal ritorno alla stesura del “Piano” (‘59-64) viene definito da Lozano come “Intervallo: in attesa di Dio”. Comboni si è sempre rifiutato di considerare la prima missione come un fallimento. Però non ne nascose mai gli errori che erano stati in sostanza quattro “l’improvvisazione di tutta l’impresa; l’impreparazione culturale dei missionari; il regime di vita sbagliato; l’ignoranza del territorio sul quale si era operato” (Romanato, p. 295). È questo il periodo della gestazione da cui nascerà una realtà nuova.

3) Piano – Fondazioni – Vescovo

Sono gli anni in cui la Missione come gli era nata nell’anima nel grande momento della intuizione incomincia a prendere forma prima nel tentativo non molto riuscito di “ecclesializzazione” del progetto, poi nella forma di fondazioni proprie e autonome e poi con il riconoscimento della Chiesa nella sua consacrazione a Vescovo dell’Africa Centrale.

Il Piano – Qui il “vissuto” vissuto comboniano raggiunge la sua maturità e la sua pienezza di espressione. Prima di tutto la dimensione mistica e profetica. Il Piano nasce in un clima di preghiera che raggiunge livelli di intuizione carismatica. È animato da un profondo senso ecclesiale e la missione è vista come una intensa comunione di istituzioni e organismi.

Le fondazioni – Risultando difficile l’attuazione di un piano di così vaste proporzioni si concentra nel condensare il meglio del suo “vissuto” spirituale nelle Regole per il suo Istituto “Il Missionario, che non avesse un forte sentimento di Dio ed un interesse vivo della sua gloria e al bene delle anime, mancherebbe di attitudine ai suoi ministeri, e finirebbe per trovarsi in una specie di vuoto e d’intollerabile isolamento” ( Cap. X – Norme e discipline ordinate a coltivare lo spirito e le virtù degli alunni dell’Istituto).

Dopo la fiducia della Chiesa che lo nomina Vicario Apostolico dell’Africa Centrale nell’Omelia di Khartoum (11-5-1873) sintetizza il “vissuto” spirituale che lo ha sostenuto e lo sosterrà fino alla fine. L’amore per la Nigrizia viene narrato come “amore sponsale” conseguenza ed espressione del suo rapporto con Cristo. “Il primo amore della mia giovinezza fu per l’infelice Nigrizia”. Dopo la prima esperienza “Partii per obbedire: ma tra voi lasciai il mio cuore” – Dopo aver espresso la confidenza in Dio, non manca di raccontare anche la solidarietà e collaborazione verso i suoi sacerdoti. “Ed in voi eziandio confido o stimabili sacerdoti miei fratelli e figliuoli in questo apostolato, mentre voi sarete le mie braccia di azione per dirigere nelle vie del Signore il suo popolo, ed insieme i miei angeli del consiglio”(ivi).

Il suo profondo senso di fiducia in Cristo non lo abbandonerà mai e così pure il senso di solidarietà con i suoi collaboratori nonostante la solitudine e le tentazioni di abbandono che si faranno sempre più dolorosi verso la fine.

P. Danilo Castello
Limone 30.7.2012