Giovedì 10 maggio 2018
Il nuovo documento della Commissione teologica internazionale sviluppa il tema «La sinodalità nella vita e nella missione della Chiesa». È un testo di ecclesiologia sistematica che riunisce vari contributi di esegesi biblica, storia della Chiesa, teologia dogmatica, teologia pastorale, diritto canonico, teologia spirituale, liturgia, ecumenismo, dottrina sociale. La sinodalità configura la Chiesa come popolo di Dio in cammino e come assemblea convocata dal Signore. L’«andare insieme lungo il camino» include lo «stare insieme in assemblea». La sinodalità nasce dalla comunione eucaristica e anima il pellegrinaggio missionario della Chiesa. Le assemblee, in particolare i concili ecumenici e i sinodi episcopali, sono momenti storici privilegiati di un discernimento guidato dallo Spirito al servizio dell’evangelizzazione.

Il carattere esemplare del concilio di Gerusalemme (Atti degli apostoli, 15, 4-29), manifesta la vita sinodale. Lì, di fronte a una sfida pastorale decisiva per le origini cristiane, si esercitò il metodo del discernimento comunitario e apostolico sotto la guida dello Spirito santo (Atti degli apostoli, 15, 28). A quella riunione parteciparono, in modo diverso, apostoli e presbiteri con tutta la Chiesa (Atti degli apostoli, 15, 4.6.22). La sinodalità non designa un procedimento operativo, ma un modus vivendi et operandi della Chiesa. Per questo Chiesa è nome di Sinodo e Sinodo è nome di Chiesa.

Il documento intende la sinodalità in chiave cristologico-trinitaria. Noi cristiani teniamo «fisso lo sguardo su Gesù» (Ebrei, 12, 2). Egli è pellegrino evangelizzatore che annuncia la buona novella del Regno di Dio (Luca, 9, 57). La Chiesa è la comunità di quanti seguono la «via del Signore» (Atti degli apostoli, 9, 2). Gesù è «la via» (Giovanni, 14, 6), da Dio all’uomo e da questo al Padre. Egli, viandante, via e patria, ci accompagna per percorrere la «via migliore di tutte» (1 Corinzi, 12, 31).

La costituzione dogmatica Lumen gentium offre i principi fondamentali per una comprensione della sinodalità nella comunione del popolo riunito dalla Trinità (n. 4). L’ordine dei suoi primi tre capitoli costituisce una novità nella storia del magistero e della teologia. La sequenza: Mistero della Chiesa (cap. 1), Popolo di Dio (cap. 2), Costituzione gerarchica (cap. 3) insegna che, nel disegno trinitario della salvezza, la gerarchia — il collegio episcopale presieduto dal Vescovo di Roma — è al servizio del popolo di Dio missionario.

La sinodalità esprime la condizione di soggetto che corrisponde a tutta la Chiesa e a tutti nella Chiesa. Tutti i battezzati sono sýnodoi, «compagni di cammino», chiamati a essere soggetti attivi nella santità e nella missione perché partecipano all’unico sacerdozio di Cristo e sono arricchiti dai carismi dello Spirito. In questa linea, Papa Francesco si riferisce alla Chiesa come al santo popolo fedele di Dio, completando una ricca espressione conciliare (Lumen gentium, n. 12).

Nel suo discorso per la commemorazione del cinquantesimo anniversario dell’istituzione del Sinodo dei vescovi da parte del beato Paolo VI, l’attuale Vescovo di Roma ha fatto riferimento alla sinodalità come a una dimensione costitutiva della Chiesa. Il suo insegnamento è convalidato dai processi di partecipazione e di consultazione che ha promosso nelle due assemblee sinodali dedicate all’amore nella famiglia. La sua esortazione Amoris laetitia è un frutto di questa pratica sinodale e collegiale.

Francesco supera la tradizionale figura piramidale che caratterizza ancora un certo immaginario collettivo. Propone una Chiesa sinodale utilizzando la suggestiva immagine di una piramide capovolta. Questo capovolgimento della figura è stato compiuto dal concilio e confermato dal Papa argentino. La teologia della sinodalità è uno sviluppo originale e omogeneo dell’evento conciliare e del suo magistero ecclesiologico. Seguendo la logica della Lumen gentium (n. 18), offre la cornice interpretativa per comprendere e vivere il ministero gerarchico — il vertice della piramide che si colloca alla base — come un umile servizio al Popolo di Dio, base che si situa al vertice.

La teologia della sinodalità si fonda su due pilastri: il sensus fidei di tutto il popolo di Dio — tema di un altro documento della Commissione teologica internazionale del 2014 — e la collegialità sacramentale dell’episcopato in comunione gerarchica con il Papa. Invita a dispiegare la comunione sinodale tra «tutti», «alcuni» e «uno», articolando i doni del popolo cristiano, la missione dell’episcopato e il servizio del Successore di Pietro. La circolarità virtuosa tra la profezia della universitas fidelium, il discernimento del collegio episcopale e la presidenza del ministero petrino arricchisce la Chiesa universale. Coniuga la dimensione comunitaria del popolo di Dio, la dimensione collegiale del ministero episcopale e il primato diaconale del Vescovo di Roma. Un processo analogo avviene nelle Chiese particolari e in raggruppamenti di Chiese. Il documento parte dalla vocazione sinodale del popolo di Dio e analizza poi l’attuazione concreta di soggetti, strutture, processi ed eventi sinodali che articolano l’autorità di alcuni e la partecipazione di tutti.

La sinodalità designa tre realtà della vita e della missione della Chiesa. Anzitutto lo stile peculiare che qualifica il suo modo ordinario di vivere e di operare. Segnala poi le strutture e i processi che esprimono la comunione sinodale a livello istituzionale. Include infine la realizzazione puntuale di quegli eventi — da un sinodo diocesano a un concilio ecumenico — nei quali la Chiesa è invitata ad agire sinodalmente a livello locale, regionale e universale.

Nel 1965 Karl Rahner sostenne che nel Vaticano II si era manifestato il principio sinodale e collegiale della Chiesa. Con Francesco entriamo in una nuova fase della recezione del concilio e della riforma della Chiesa. Per lui, il Vaticano II ha fatto una rilettura del Vangelo alla luce della cultura contemporanea e promosso un processo di rinnovamento assolutamente irreversibile. Nell’enciclica Laudato si’ afferma di aver rivolto la Evangelii gaudium «ai membri della Chiesa per mobilitare un processo di riforma missionaria ancora da compiere» (n. 3). La riforma è una conversione missionaria e sinodale di tutto il popolo di Dio e di tutti nel popolo di Dio.

Con Francesco la dinamica di conversione pastorale promossa dalla periferia latinoamericana contribuisce a un’ecclesiologia sinodale e a una riforma missionaria. Questa Chiesa regionale ha recepito il concilio Vaticano II a partire dalla conferenza di Medellín (1968), inaugurata da Paolo VI e proseguita dalle assemblee di Puebla (1979) e di Santo Domingo (1992). Cinquant’anni fa ha mostrato il volto latinoamericano di questa Chiesa, la dimensione profetica del Vangelo, l’impegno per una Chiesa povera e dei poveri, la gioia della fede pasquale.

Nel 2007, nella quinta conferenza generale dell’episcopato dell’America latina e dei Caraibi, tenutasi nel santuario di Aparecida in Brasile, il cardinale Jorge Mario Bergoglio ha presieduto la commissione di redazione del documento e ha svolto un ruolo significativo nella sua elaborazione collegiale. Il primo Papa del sud del mondo condivide la sua esperienza sinodale con la Chiesa che peregrina in tutto il mondo. Ciò conferma quanto espresso da Yves Congar nel 1950: molte riforme provengono dalle periferie.

La vita sinodale si riflette sul lavoro teologico. Lo testimonia il mezzo secolo della Commissione teologica internazionale, istituita da Paolo VI nel 1969, accogliendo una proposta del Sinodo dei vescovi del 1967. Il documento sulla sinodalità cita il testo precedente della commissione su La teologia oggi: «Come per qualsiasi altra vocazione cristiana, anche il ministero del teologo, oltre a essere personale, è anche comunitario e collegiale». Aggiunge che la sinodalità ecclesiale impegna anche i teologi a fare teologia in modo sinodale, promuovendo tra loro la capacità di ascoltare, dialogare, discernere e integrare la molteplicità e la varietà delle istanze e degli apporti. Lo Spirito anima la Chiesa e agisce nella storia. Oggi ci sfida a sviluppare una teologia della sinodalità e a immaginare nuovi cammini per fare teologia sinodalmente.
Carlos María Galli