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Nr pisma
Odbiorca
Znak (*)
Miejsce napisania
Data
11
Don Nicola Mazza
0
Verona
4. 9.1857
A DON NICOLA MAZZA

AMV, Cart. "Missione Africana"



Verona, 4 settembre 1857
[19]
Amat.mo Sig.r Superiore!Allo scopo di seguire la mia vocazione delle sante Missioni, essendomi necessari Nº. 75 settantacinque pezzi da 20 franchi pe' bisogni della mia famiglia, Ella si compiacque di supplirvi per titolo di dono gratuito, col darmi ora Nº. 50 cinquanta pezzi da venti franchi, riservandosi di far trasmettere gli altri venticinque pezzi a mio padre, od a mia madre in Limone pr.a Brescia entro un anno. Offrendole i più cordiali ringraziamenti, e pronto a farle una legal ricevuta qualora l'esigesse, mi protesto

di Lei ubbid.mo figlio

Daniele Comboni Sac.






12
Dott. Benedetto Patuzzi
0
Alessandria Egitto
20. 9.1857
AL DOTT. BENEDETTO PATUZZI

ACR, A, c.15/167



Alessandria d'Egitto, 20 sett.bre 1857
[20]
Mio cariss.mo Dottore!Quantunque fino ad ora non abbia raccolto veruna positiva notizia di quanto riguarda il Sig.r Gio. Batta Massimiliano Arvedi, nulladimeno godo molto d'approfittare della posta corrente per non render digiuno di mie novelle l'amatissimo mio compare ed amico, col quale, e colla cui famiglia, strinsi una sì affettuosa amistà e si intima fratellanza, che appena avrà suo fine temporale sull'orlo del sepolcro. Ecco impertanto le pratiche da me prese per riuscire a conoscere qualche cosa del defunto Arvedi.


[21]
Qui in Alessandria che conoscano gli affari del Conte Scopoli, credo che si contino sulle dita: egli è un fetido aristocratico, che non fa sapere i suoi interessi a nessuno; conversa sempre con persone di alto rango, ma nemmen queste san nulla: tale lo conobbi nel viaggio da Trieste ad Alessandria: egli è peraltro persona stimata per giusto e di grande consiglio; ed è appunto in questo esercizio, che in Alessandria egli guadagna più che un negoziante.


[22]
Ora le persone che circondano il Conte Scopoli, per quanto intesi, ed io credo, sono: il Sig.r Ferrighi Ingegnere, l'I. R. Console Generale Austriaco; Fran.co Gronchi lo conosce intimamente; il Conte Ignazio Frisch credo che lo conosca molto davvicino, perché è una cosa sola col Console; il P. Cipriano, che fu quegli che lo assistè continuamente nella sua malattia. Ve n'ha qualche altro; ma se vi fu qualche dolo, credo che sarà difficile a scoprirlo; due medici che assistettero più costantemente il defunto non possono che esagerare la loro assistenza fattagli; e quindi nulla per noi.


[23]
Ora dal Conte Scopoli non potei cavar nulla, quantunque ogni giorno sul piroscafo io parlassi molto con lui: dal Console Austriaco, a dire il vero, quando conobbi che era intrinseco del Conte, mi cadde l'animo di fargli veruna interrogazione: il Ferrighi poi, come colui che ebbe da Scopoli un orologio d'oro in dono, in premio della sua assistenza prestata al defunto, non può che tener protetto il Sig.r Conte Francesco Gronchi, con cui noi Missionari abbiamo tutta la confidenza, come quegli che tanto s'adopera per la nostra Missione, mi disse che sull'affare d'Arvedi, sui suoi accordi col conte Scopoli, non sa nulla. Col Conte Ignazio non potei ancora parlare su questo punto, perché fummo occupati molto con lui per la nostra Missione, essendo il nostro Procuratore in Egitto: domani parlerò molto con lui sull'Arvedi.


[24]
Coi medici poi non potei ancora abboccarmi, perché nei pochi momenti che ho in libertà, o non li trovo, od altro: il Padre Francescano che lo assistè mi assicurò che ebbe una malattia di più d'un mese, che ebbe una servitù, ed un'assistenza da non desiderarsi maggiore, che ricevè tutti i Sacramenti, e morì con una cristiana rassegnazione, veramente edificante; e che finalmente il Conte Scopoli gli fece fare un funerale suntuoso, a cui intervennero molti frati, e secolari. Ecco quello che io posso sapere dell'Arvedi: in Alessandria peraltro io resto tutto questo mese, ed avrò agio di prendere forse qualche più esatta informazione. Certo è che il Conte Scopoli mi fu detto essere una persona di grande stima, probità, e giustizia: non ho quindi argomenti troppo sicuri da credere che vi sia stato dolo in lui: certo che è Avvocato, od una specie di avvocato; e quindi se avrà speso od in un modo, o nell'altro un centesimo per Arvedi, l'avrà messo in conto a carico dei fratelli. Ma veniamo a noi.


[25]
Il mio viaggio da Trieste ad Alessandria fu felicissimo: solo da Trieste a Corfù avemmo un fortissimo vento contrario, che fece star male malissimo quasi tutti i forestieri a bordo. Il resto dopo le isole Ionie fu deliziosissimo. Io rimasi stupito nel vagheggiare la bellezza delle ridenti Isole della Grecia, Cefalonia, Zante, Itaca, Candia, e le mille dell'Arcipelago; e molto più riflettendo alle grandi memorie che rappresentano.


[26]
La mia meraviglia poi crebbe a dismisura quando giunsi nella portentosa città d'Alessandria, patria di tanti eroi, terra che ricorda tante vetuste memorie. Io avrei mille cose da dire sulla mia dimora in Alessandria; sul costume del musulmano, del Greco, del Beduino, del Copto, e di tante altre emigrazioni che popolano Alessandria e suoi dintorni etc. etc. Ma affari ed occupazioni mi chiamano all'opera: gli scriverò alcun che su' miei viaggi dal Gran Cairo, d'Assuan, da Khartun, dal Bahar-el-Abiad. Mi scriva, e mi consoli colle sue notizie: dia per me un bacio alla carissima mia comare Annetta, che ho sempre nel cuore, a Vittorio, a Gaetano, ed agli altri figli e figlie: mi riverisca D. Battistino, e D. Bortolo, e mi creda di tutto cuore



Affez.mo comp.o ed amico

Comb. Daniele

Io sono di perfetta salute; nel mare non ebbi il minimo incomodo; io mi trovo più sano che in Europa, quant.e caldo.






13
Suoi genitori
0
Gerusalemme
12.10.1857
AI SUOI GENITORI

ACR, A, c. 14/115 n. 1



Cariss.mi Genitori!

Gerusalemme, 12 ottobre 1857
[27]
Eccomi a darvi una breve relazione del mio viaggio nella Palestina, ove dimorai per due settimane incirca. Voi non eravate col corpo ad accompagnarmi in questi sacri luoghi; ma io era sempre con voi collo spirito, sicché non avanzai passo senza ch'io non m'immaginassi di trovarmi con voi in questa mia religiosa pellegrinazione. Come sapete, partiti da Alessandria d'Egitto il 29 p.p., attraversando il mare che separa l'Asia dall'Africa a settentrione dell'Egitto, e toccando Cesarea, giungemmo felicemente in Iaffa, che è porto importante dell'Asia, e il primo passo in Palestina, ov'è annessa indulgenza plenaria.


[28]
Ringraziato il Signore noi sedici religiosi nella Chiesa di S. Pietro col canto del Te Deum entrammo nel Convento dei Francescani, che ci diedero caritatevole ospitalità. Questa ospitalità si accorda indistintamente a tutti gli Europei sì cattolici come eterodossi, ed a tutti gli ortodossi orientali di qualunque rito: per cui in questi conventi fan capo i principi e poveri, e secolari e regolari, non essendovi in Terra Santa verun albergo e luogo sicuro, per ricoverare i viaggiatori: è tutto frutto delle pie oblazioni dei cattolici d'Europa che si raccolgono nella settimana santa.


[29]
Mentre i Padri Francescani erano occupati nel trovarci un mezzo di trasporto per la Santa città, io andava meditando fra me stesso gli eventi che rendono celebre questa città, che è l'antica Iobbe della Scrittura; poiché qui era dove Salomone facea sbarcare dalle zattere i cedri del Libano, che dovevano servire per la fabbrica del tempio: qui dove il profeta Iona s'imbarcò per Tarso invece di andare a Ninive a predicarvi la penitenza; qui S. Pietro ebbe la celebre misteriosa visione del lenzuolo; qui risuscitò la caritatevole Tabita; qui ricevette gli ambasciatori di Cornelio, che l'invitavano a Cesarea per battezzare lui e tutta la sua famiglia: qui s'imbarcò la Madonna con S. Giovanni, quando navigò in Efeso dopo la morte di G. C.; qui dimorò per qualche tempo S. Luigi Re di Francia: qui approdarono tante migliaia di Santi, che andavano a venerare i luoghi Santi.


[30]
Dopo il pranzo, dato un addio a quei Missionari che restavano in Iaffa, ad un principe polacco, che trovammo in vapore con cui pranzammo, noi in compagnia di un Missionario della Cina, un altro delle Indie orientali, due Missionari della Compagnia di Gesù, e Mons.r Ratisbonne di Parigi, che convertito per opera del sommo Pontefice in Roma dal giudaismo alla nostra fede si reca in Gerusalemme a fondarvi un istituto gratuito di educazione cristiana, alle due partimmo alla volta di Ramle coll'idea di recarci a cavallo per la sera del giorno dopo a Gerusalemme. Io fui maravigliato nel pensare che la prima volta ch'io viaggio a cavallo, mi tocca di scorrere i monti della Giudea; laonde come malpratico di cavalcare, domandai il cavallo più vecchio che corre meno, e subito fui esaudito.


[31]
All'uscire da Iaffa si cammina ora per istrade fiancheggiate qua e là da fitte siepi di fichi di Faraone, che racchiudono dei boschi di aranci, di limoni, di meligranati, di banani, di albicocchi ed altri alberi fruttiferi, ora per campagne senza alcuna vegetazione, ora sopra collinette che sono vestite di qualche ulivo mezzo abbruciato dal sole, sempre però sotto un cielo che, durante il giorno cuoce col suo calore il povero viandante. Traversati questi luoghi ci trovammo dinanzi alle sterminate lande dei Filistei, dalle quali avemmo agio di vagheggiare i monti della Giudea, che vanno a congiungersi a sinistra con quelli della Samaria, i quali offrono melanconico aspetto a chi si pensava di viaggiare nella terra Promessa che scorre latte e miele.


[32]
Avanti notte nel mezzo della pianura, fummo sopraffatti da due beduini a cavallo armati di lancia e di pistole: ma appena vedutici in numero maggiore, non fecero alcuna offesa; e interrogati da noi quali erano le loro intenzioni, risposero che stavano scortando la via per ordine del governo turco, affine di assicurare il passaggio ai pellegrini.


[33]
M.r Ratisbonne impaurito, procurò di raddolcirli con un generoso bacshiss (mancia) di 20 Piastre. A notte avanzata giungemmo in Ramle, secondo S. Girolamo, l'Arimatea del Vangelo, patria di Giuseppe d'Arimatea, cioè di quel decurione, che impetrò da Pilato il crocifisso corpo di G. C. e lo seppellì in un monumento nuovo incavato nel vivo masso, che avea preparato per se stesso in un orto che possedeva sul Golgota. Questa fu la prima città conquistata dai Crociati in Palestina; era fortissima: ora non si veggono che torri atterrate e avanzi d'antichità, fra le quali primeggia la torre dei 40 Martiri di Sebaste, e la casa di Nicodemo, nella quale conto di dir messa al mio ritorno da Gerusalemme.


[34]
Ricevuta generosa ospitalità, la mattina dopo alle 4´ circa partimmo da Rama, e traversata la bellissima e fertile pianura di Saron giungemmo alle falde delle montagne della Giudea, a traversare le quali impiegammo tutto il giorno sotto un sole cocentissimo. Questo viaggio è assai faticoso, sì perché quelle montagne erte e scoscese essendo sterili, il sole sferza continuamente senza potersi difendere sotto l'ombra di qualche albero, sì perché la strada è pessima, ed ingrombrata ogni momento di ciottoli, e sparsa qua e là di rocce.


[35]
Il pensiero però che andava a Gerusalemme m'apprestava le ali ai piedi ed al cuore, e non mi facea sentire lo strapazzo del viaggio. In mezzo al cammino s'incontrano il castello del buon ladrone, di colui cioè che meritò il paradiso quando ebbe compassione di G. C. in croce; il deserto di Abu-Gosci, cioè d'un assassino, che in questo luogo fè tante vittime, e finalmente venne ammazzato; la Chiesa di Geremia; la cima della valle di Terebinto; la città di Colonia, e gli avanzi di molti luoghi celebri nelle scritture. Finalmente sul far della sera traversate cinque catene di monti, giungemmo a vista di Gerusalemme. Allora M.r Ratisbonne ci fa tutti smontar da cavallo, e prostratisi a terra, adorammo il Signore, e venerammo quei santi luoghi tante volte calcati da G. C., e lasciati i cavalli in balia dei Miior, o conduttori, discendemmo alla santa città.


[36]
Oh la grande impressione, che mi fece Gerusalemme! il pensiero che ogni palmo di quel sacro terreno segna un mistero, mi facea tremare il piede, e mi metteva a mente questi sentimenti; qui forse sarà stato G. C.; qui Maria Vergine; di qui passarono gli apostoli etc. Dopo fatti i doveri col Reverend.mo di Terra Santa, col Console francese ed austriaco, ci ritirammo nel convento, ove prendemmo riposo. A dirvi la verità eravamo ammazzati tutti dal viaggio. Io mi faceva meraviglia degli altri Missionari, ch'erano avvezzi alla fatica: per me me l'aspettava perché non ho mai cavalcato; e la prima volta ch'io cavalcai m'è toccato di viaggiare un giorno e mezzo continuo per le pianure dei Filistei, e per le montagne di Giudea.


[37]
La mattina veniente, giorno 3 corr.te cominciai la visita dei santi luoghi; primo dei quali fu il tempio del Santo Sepolcro. Questo tempio, fabbricato da S. Elena, madre di Costantino, è il primo santuario del mondo, perché racchiude in se stesso, il S. Sepolcro di G. C. ed il monte Calvario, su cui morì: pieno di queste idee religiose restai meravigliato quando vidi l'atrio di questo tempio occupato dai turchi, che fanno mercato, la porta e il primo quadro custodito dai turchi che fumano, mangiano, e si strapazzano a vicenda, i greci scismatici, e gli armeni scismatici che gridano, si strapazzano, si battono, e vi fanno mille irriverenze.


[38]
Il tempio del santo Sepolcro comprende: 1º. il Santo sepolcro. 2º. La colonna della flagellazione, che dalla casa di Pilato fu qui trasportata 3º. La cappella di S. Elena. 4º. La cappella dell'invenzion della Croce, ove, cioè, fu trovata la Croce, e trascelta fra quelle dei due ladri crocifissi con G. C. mediante il miracolo della risurrezione d'un morto. 5º. La pietra dell'Unzione, ove cioè da Giuseppe e Nicodemo fu unto e imbalsamato il corpo di G. C. prima di metterlo nel S. Sepolcro. 6º. La cappella ove fu crocifisso G. C. 7º. Il luogo ove fu innalzata la croce, nel quale v'è ancora la buca, che ricevette la S. Croce, a baciare la quale, come tutti questi luoghi, che furono eretti in cappelle v'è indulgenza plenaria. 8º. Il luogo, o cappella, ove stava M. Vergine quando G. C. stette in Croce, e ricevette fra le sue braccia il morto suo divin figlio. 9º. La cappella ove stava M. V. quando G. C. fu inchiodato in Croce; 10º. la carcere, ove stette G. C. la notte antecedente alla sua morte. 11º. La cappella della division delle vesti. 12ª. La colonna degli improperi, ove G. C. fu sputacchiato, percosso etc. prima d'essere condannato a morte, ch'era nel palazzo di Caifasso e poscia fu trasportata qui 13ª. La cappella dell'apparizione a S. Maria Maddalena. 14ª. La cappella ov'è tradizione che G. C. risorto sia apparso a Maria Vergine, come dice S. Girolamo. In questi luoghi v'è indulgenza plenaria ogni volta che si visitano.


[39]
Questo magnifico tempio abbraccia tutto il monte Calvario, a cui v'è annesso il sepolcro di S. Nicodemo, che si fece incavare, dopo aver ceduto il suo a G. C. Io non posso a parole esprimere la grande impressione, i sentimenti che mi destarono tutti questi preziosi santuari che ricordano la Passione e la morte di G. C. Il Santo sepolcro, mi fece rimanere estatico, e diceva fra me stesso: qui dunque stette 40 ore Gesù Cristo? questa dunque è la sacra tomba che ebbe la sorte di chiudere in se stessa il creatore del cielo e della terra, il redentore del mondo? questa è quella tomba, che baciarono tanti santi, innanzi alla quale si prostrarono tanti Monarchi, tanti Principi e vescovi in tutti i secoli dopo la morte di G. C.?


[40]
Io baciai e ribaciai più volte quella sacra tomba, mi prostrai più volte ad adorarla, e su quella tomba pregai, indegnamente sì, per voi, e pei nostri amati parenti, ed amici, ed ebbi la consolazione di celebrarvi due messe, l'una per me, per voi, e per la mia missione; l'altra per voi due, carissimi genitori.


[41]
Dopo questa visita che fu breve la prima volta, perché fui cacciato fuori da un greco scismatico, ascesi sul monte Calvario 30 passi più sopra dal S. Sepolcro: baciai quella terra sulla quale si posò la croce, sopra cui venne disteso ed inchiodato G.C.: mi richiamai alla mente il momento doloroso, in cui in questo luogo, segnato da una lastra di marmo a mosaico, a G.C. vennero tirate le braccia e slogate perché le mani giungessero al foro dei chiodi, in cui qui fu crocifisso, e rimasi tocco nel cuore da molti sentimenti di compassione e di affetto etc.


[42]
Ad un passo e mezzo dal luogo della crocifissione a sinistra, v'è il luogo ove stette M. Vergine, quando G. C. gemeva in Croce: anche questo mi fece grande impressione: quando poi a due passi di distanza da questo luogo fui sopra il luogo ove fu inalberata la croce, e che dal Superiore dei Francescani del S. Sepolcro mi fu detto questa è la buca in cui fu piantata la croce, mi gettai in un dirotto pianto, e per un poco m'allontanai: poscia, dopo che baciarono gli altri, m'accostai io pure, e la baciai più volte quella buca benedetta; e mi si risvegliarono questi pensieri: Questo è dunque il Calvario?


[43]
Ah ecco il monte della mirra, ecco l'altare della Croce ove si consumò il gran sacrificio. Io mi trovo sulla cima del Golgota nel luogo stesso dove fu crocifisso l'Unigenito Figliuolo di Dio: qui fu compito l'umano riscatto; qui fu soggiogata la morte, qui fu vinto l'inferno, qui io sono stato redento. Questo monte, questo luogo rosseggiò del sangue di G. C.: queste rupi udirono le sue estreme parole: quest'aura accolse il suo ultimo fiato: alla sua morte si dischiusero i sepolcri, si spezzarono i monti: e distante pochi passi dal luogo ove fu inalberata la Croce si mostra un'enorme spaccatura d'una profondità incalcolabile, la quale è costante tradizione che sia avvenuta alla morte di G. C.


[44]
Venerai parimenti la colonna della flagellazione; la Pietra dell'unzione; la Carcere di G. C.; la Colonna degli Improperi; la cappella dell'invenzion della Croce etc. E per dirvi qualche cosa del tempio del Santo Sepolcro, esso è in mano dei Turchi, dei Greci Scismatici, degli Armeni Scismatici, e dei Padri Osservanti Francescani.


[45]
I Turchi hanno le chiavi del tempio, che aprono dietro richiesta del dragomanno europeo in servizio dei Cattolici e Scismatici due volte al giorno, cioè alle 6 di mattina, e resta aperto fino alle 11, e alle 3, e resta aperto fino alle 6; e per farlo aprire bisogna ogni volta sborsare al portiere turco per ordine del governo turco, due piastre che corrispondono a 60 centesimi. Il Turco non ha altra ispezione che la guardia e le chiavi del tempio. Il santo Sepolcro è in mano dei greci scismatici, e degli armeni acismatici; i Cattolici non vi possono dire che tre messe, una delle quali è cantata; e queste dalle 4 alle 6. Se entro le 6 non è finita la messa cantata entrano nel Sepolcro i greci, e con pugni e con bastoni cacciano via il Sacerdote celebrante, abbia finita, o no, la messa, ragione per cui tante volte sul Santo Sepolcro vennero feriti ed anche uccisi i Preti Cattolici.


[46]
Sul Calvario, la cappella ove fu inalberata la Croce è in mano esclusiva dei Greci Scismatici, e là nessun Cattolico vi può celebrar messa pena la morte; il Luogo, ove stette Maria Vergine che è due passi a sinistra della buca, e il luogo della Crocifissione che è un passo e mezzo istante dalla cap.a della Madonna, a tre passi e mezzo dalla S.a buca, sono in mano esclusiva dei Cattolici, e qui celebrai due messe; la 1ª. al luogo dove la Madonna stette nelle tre ore dell'agonia, celebrai per voi, mamma cariss.ma; la 2ª. al luogo della Crocifissione, celebrai per voi, papà carissimo.


[47]
Alla cappella, ove Maria stette quando G. C. veniva disteso ed inchiodato in Croce, che è 5 passi a sinistra della buca della croce, celebrai pell'Eustachio, zio Giuseppe, Cesare, Pietro e tutta la loro famiglia, specialmente per l'Eugenio, perché M. S.ma lo protegga nella sua perigliosa educazione. Tutti gli altri luoghi sono in mano dei cattolici. Tutti però sono aperti alla venerazione e dei Greci, e dei Cattolici; perciò i PP.dri Francescani ogni sera alle 4 fanno processione, recitano preghiere pubbliche e incensano nel Santo Sepolcro, sul Calvario, ed in tutti i luoghi sovraccennati; ed a questa processione intervenni io pure, e come sacerdote mi si porse la candela del Santo Sepolcro; la quale io vi mando divisa in tre parti, come vi dirò più sopra.


[48]
Per celebrar messa nel S. Sepolcro restai chiuso entro il tempio due notti intere, per essere pronto alle 4 ad andar fuori colla Messa; ed in queste due notti godetti molto, perché ebbi agio di venerare tutti i Santuari di questo Santo tempio, e di effondere preghiere, indegne assai, ma ferventi per la mia missione per voi e per tutti quelli che per qualche titolo mi sono congiunti.

Egli è vero che si va soggetti a qualche insulto specialmente per parte dei Greci, che a noi son più nemici dei Turchi; ma che è mai qualunque insulto in questo luogo, ove G. C. ne ricevè tanti e fu crocifisso? Dico però che il tempio del S. Sepolcro, che è il primo Santuario del mondo, è il tempio più profanato del mondo; qui ogni anno succedono ferite ed uccisioni; ogni giorno si grida si chiassa e si percuote, e fin anche dai Greci, i cui preti sono maritati, consumano vicino al Sepolcro e Calvario il matrimonio, e commettono le più enormi irriverenze, che io taccio per pudore, e che non posso esprimere a parole, di cui nessuno può avere idea senza aver veduto coi propri occhi. Ma basta.


[49]
Visitato il S. Sepolcro e Calvario, mio primo pensiero fu di percorrere e visitare la Via dolorosa che comincia dal Pretorio di Pilato e finisce al Calvario: questa è quella via che fece G. C. dopo che fu condannato a morte e portò la Croce sul Golgota; in questa feci la Via Crucis, fermandomi a recitare le stazioni, come sono in quella che comincia colla parola Crucifigatur, nei luoghi appunto ove si adempirono i 14 misteri che si contemplano nella Via Crucis: essa è lunga 820 passi circa. Il Pretorio di Pilato, che è posto sul monte Acra, fu convertito in una Chiesa dapprima poscia in un quartiere di soldati, al cui oggetto serve anche adesso; mediante una mancia alla guardia si può visitare: in questo Pretorio io vidi il luogo ove G. C. fu condannato a morte; il luogo ove G. C. fu flagellato; e qui celebrai messa per la mia Missione, per me, per voi, e pei nostri parenti, al quale scopo applicai tutte le altre messe celebrate in Terra Santa.


[50]
Vidi il Lithostrotos, e tutti quei luoghi che in questo palazzo soffrì G. C. Esso è ora diviso nelle seguenti parti: 1º. nel luogo ove fu sentenziato a morte G. C. 2º. Nella Sala degli Improperi, nella quale G. C. venne accusato come bestemmiatore, facinoroso, ribelle a Cesare, usurpatore del nome di Dio: quante accuse, ignominie, calunnie, umiliazioni, vituperi, insulti e tormenti non sostenne qui G. C.! qui gli fu imbrattato il volto di sputi, spogliato delle proprie vesti, rivestito di un lacero cencio di porpora; qui fu condannato ai più aspri flagelli, fu coronato di pungentissime spine, gli fu posta fra le mani una canna palustre in luogo d'uno scettro reale, fu salutato come Re di burla, e fu posposto a Barabba. 3º. Il palazzo di Pilato comprende la Chiesa della Flagellazione, cioè il luogo ove il Signore fu legato ad una colonna e vi fu crudelmente flagellato. 4º. Il Lithostrotos, cioè la loggia, dalla quale Pilato presentò al Popolo Gesù coronato di spine, e coperto di un lacero cencio di porpora, proferendo le parole: Ecce homo: questa loggia ora traversa la via dolorosa a guisa di ponte, ed è ridotta ad un quartier di soldati. Da questo palazzo io partii per fare la via Crucis: si discende da qui nella strada, ove si fa la 2ª. stazione, cioè quando G. C. ricevette la Croce sulle spalle: la scala che dal Pretorio di Pilato mette nella strada venne trasportata a Roma.


[51]
Continuando la via dolorosa si arriva al luogo della 1.a caduta, che è segnata da due colonne distese in terra: più avanti due passi v'è la Chiesa dello Spasimo, la quale è fabbricata in quel punto dove la B. V. incontrò il suo divin Figliuolo colla Croce sulle spalle. I Turchi l'hanno convertita in un bagno. Fino a qui la strada è piana: comincia poi ad essere erta nel luogo ove G. C. fu aiutato dal Cireneo a portar la Croce.


[52]
La casa della Veronica è indicata per una porta, che mette in una stalla. Dicesi che è il luogo della sua abitazione: ma i più critici scrittori dicono che è il luogo, ove la Veronica rasciugò il volto a Gesù: andando un po' avanti si giunge alla porta giudiciaria che mette al monte Calvario, il quale a' tempi di Xto era 400 passi circa fuori di Gerusalemme, mentre ora è dentro. Per questa porta passò G. C. quando andò a morire per noi; e si dice appunto giudiciaria, perché per questa passavano i giustiziati a morte; a questa medesima porta fu affissa la sentenza di morte emanata contro di lui da Ponzio Pilato: è stata più volta abbattuta; nulladimeno è qui ancora conservata una colonna, che è ritta in piedi due braccia a fianco della porta, alla quale è tradizione che sia affissa l'iniqua sentenza.


[53]
Il luogo della 2ª. caduta non si sa precisamente: perciò si fa questa stazione della via crucis fra la porta giudiciaria, ed il luogo, ove incontrò le donne di Gerusalemme che è 100 passi lontano dalla porta giudiciaria; la 3ª. caduta successe 10 passi prima del luogo della Crocifissione, ed è segnato da un masso della roccia del Calvario, il quale è sputacchiato per disprezzo dei cristiani dai musulmani.

Le altre stazioni si fanno entro il tempio sul Calvario, come potete arguire da ciò che vi dissi del Calvario. Questa via Crucis, mi fu detto in Gerusalemme dai P.i Francescani, la fece l'Arciduca Massimiliano, Governatore del Regno Lombardo-Veneto; e la fece in ginocchio versando lagrime di tenerezza con edificazione di tutta Gerusalemme.


[54]
Visitata la Via dolorosa andammo a visitare il monte di Sion, sul quale si trova il santo Cenacolo. Quanto non è mai sublime il monte di Sion! sublime per la sua eccelsa posizione; sublime pei suoi profondi misteri: è posto al sud-ovest di Gerusalemme, e domina la Valle Gehenna, l'Aceldama, e la valle dei Giganti. Fu sopra il monte di Sion che Davidde trasportò l'Arca del Testamento dalla casa di Obededon: qui fu sepolto il medesimo Davidde; qui G. C. celebrò la sua ultima Pasqua, lavò i piedi ai suoi apostoli, istituì il Santissimo sacramento dell'Eucarestia; qui ordinò i primi sacerdoti e i primi vescovi della sua Chiesa.


[55]
Era su questo monte che si trovava il palazzo di Caifas, dove fu condotto Gesù nella notte della sua cattura; qui Pietro rinnegò tre volte il suo divino Maestro, si riscosse al canto del gallo, pianse amaramente il suo fallo; qui il Signore passò la sua ultima notte nel fondo d'una prigione; qui fu accusato da' falsi testimoni, tacciato da bestemmiatore, sputacchiato in volto, e schiaffeggiato, e giudicato reo di morte; ed essendo stato quindi crocifisso, qui apparve per la prima volta dopo la sua Risurrezione agli Apostoli congregati nel Cenacolo, e conferì loro la potestà di rimettere i peccati, istituendo il Sacr.to della Penitenza; qui riapparve loro a porte chiuse dopo otto giorni, e fè toccare le sue sacratissime piaghe all'incredulo Tommaso; qui fece la sua ultima apparizione sulla terra prima di salire al cielo nel dì dell'Ascensione.


[56]
Fu sul monte di Sion che ritornarono i discepoli dopo che lo aveano accompagnato in quel suo glorioso viaggio fino alla cima dell'Oliveto; qui perseverarono di concordia nell'orazione per ben dieci giorni per prepararsi degnamente a ricevere il Divin Paracleto, lo Sp. Santo; qui fu aggregato Mattia al collegio ap.lico in luogo di Giuda traditore; qui sul finire dei giorni della Pentecoste discese sopra di loro lo Spirito Santo in forma di lingue di fuoco; qui furono eletti i primi sette diaconi; qui si tenne il primo Concilio della Chiesa presieduto da S. Pietro; qui fu nominato S. Giacomo minore primo Vescovo di Gerusalemme; qui gli Apostoli si divisero fra loro il mondo, che doveano evangelizzare; qui, secondo la più accreditata opinione, ebbe luogo il transito della Madonna da questa all'altra vita; qui riposarono per lungo tempo le ossa del Protomartire S. Stefano; qui dormono finalmente il sonno di morte tanti Cristiani di Gerusalemme, e tanti martiri della Chiesa, che in questo luogo testimoniarono col loro sangue la divinità di nostra Religione.


[57]
Visitai quasi tutti i luoghi rimarchevoli che sono sul monte di Sion, e primo di tutti fu il Sacrosanto Cenacolo, ove instituì G. C. il Sacramento dell'Eucarestia: esso è vicino alla tomba di Davidde la quale colla sua sommità riferisce nel Cenacolo; questo sublime Santuario è ora da tre secoli in potere dei Musulmani, che vi tengono il dormitorio pei soldati: non si può entrarvi, ma noi colla bella maniera, e con generoso bacsish vi entrammo con un Missionario di Terra santa; ed io potei adorare quel sacro avanzo dell'antichità, senza però calare sotto del medesimo a vedere la tomba di Davidde, perché v'è pena la morte a chi v'entra: non potei però celebrarvi la messa, per non correre il pericolo di ricevere il grazioso bacio di qualche pistolettata musulmana, che mi sarebbe stata tanto grata. V'è indulgenza plenaria nel Cenacolo.


[58]
Altre indulgenze si acquistano in altri luoghi del medesimo Cenacolo e fuori; cioè dove fu preparato l'agnello pasquale per la Cena del Signore; dove G. C. lavò i piedi ai suoi Apostoli; dove scese lo Spirito santo sovra gli ap.li; nella sommità del Sepolcro di Davidde che risponde nel Cenacolo; nel luogo dove cadde la sorte sopra S. Mattia; dove S. Giacomo Ap.lo fu eletto vescovo di Gerusalemme; dove successe la divisione degli Apostoli per predicar l'Evangelo per tutto il mondo. Tutto questo si acquista nel Cenacolo.


[59]
Visitai pure il palazzo di Caifasso quasi affatto diroccato, e, rifatto dai Turchi; e qui sonvi quattro indulgenze, cioè; nel luogo dove il Signore passò in carcere la sua ultima notte, dove Pietro lo rinnegò, dove il medesimo Ap.lo udì il canto del gallo, e dove si trattenne la Madonna dopo che intese la cattura del suo divin Figliuolo. Oh quanti insulti ed ignominie non sostenne G. C. in questo palazzo! oltre all'essere stato negato da Pietro, sputacchiato, bendato negli occhi etc.; qui quelli che lo aveano percosso lo eccitavano ad indovinare chi di loro fosse stato chi lo avesse percosso etc. etc.

Dal palazzo di Caifas si va al luogo ove fu trasferito il corpo di S. Stefano, al luogo ove è tradizione che S. Giovanni Ev.a celebrasse il sacrifizio della Messa alla presenza della Vergine, al luogo ove abitò la Madonna per qualche tempo dopo la Ascensione di G. C. al cielo, v'è indulgenza plenaria, ed ove ritornata da Efeso con S. Giovanni, e qui morta, gli Ebrei tentarono di prenderne il corpo mentre si andava a seppellire. Dopo pochi passi viene il palazzo di Anna, ove G. C. ricevette quel terribile schiaffo da una mano armata di ferro.


[60]
Quali sentimenti m'abbian destato questi sacri luoghi, ed ora cotanto profanati, Dio solo e coloro che visitano Gerusalemme ponno comprenderlo. Trovasi ancora in Gerusalemme la chiesa di S. Salvatore ove abitano i PP. Francescani, la quale comprende tre antichissime pale che dal Cenacolo furono qui trasportate dopo che il santo cenacolo diventò caserma dei turchi.


[61]
Il palazzo di Erode è sul monte Abisade; quantunque quasi distrutto lo vidi volentieri perché ricorda la Passione di nostro Signore. Oltre a questi luoghi in Gerusalemme visitai la prigione ove fu posto S. Paolo, quando s'appellò a Cesare; la Chiesa di S. Giacomo che è una delle più magnifiche di Gerusalemme: è in potere degli Armeni Scismatici, ed in essa mi fu mostrato il luogo ove l'Apostolo fu decollato per ordine del Re Agrippa. Così pure la casa di Maria madre di Giovanni Marco, che è in potere dei Soriani Scismatici, la quale è celebre perché si venera il luogo in essa, ove S. Pietro andò a bussare quando fu liberato dalla prigione dall'Angelo.


[62]
Entrai ancora nella carcere, ove S. Pietro venne rinchiuso per ordine del re Agrippa; e fu appunto qui che nel profondo silenzio della notte venne liberato dall'Angelo. I Cristiani dei primi secoli l'aveano eretta in una chiesa. Ora vi si vedono considerabili avanzi, che servono di laboratorio ad alcuni conciatori di pelli, e manda un fetore, che non vi vuole che lo spirito della religione per entrarvi. La casa del Fariseo è posta sul monte Abisade: consiste nelle mura di una Chiesa dedicata a S. Maria Maddalena in memoria della sua conversione, che ebbe luogo in questa casa: ora sta in potere dei turchi.


[63]
Il tempio della Presentazione della Madonna era stato fabbricato in memoria di questo mistero nel luogo dove Salomone avea fatto fabbricare il palazzo delle foreste del Libano: ora è ridotto in moschea. Ma che dirò del tempio del Signore? Esso fu fabbricato nel luogo medesimo del tempio di Salomone, e di questo non rimane nemmeno un sassolino: si addita peraltro il luogo medesimo ov'era, e v'è indulgenza plenaria. Sopra quello fu fabbricato un magnifico tempio dal Califfo Omar, secondo successore di Maometto, dopo la conquista di Gerusalemme. I Crociati nel secolo 11º lo convertirono in una chiesa; ma Saladino lo dichiarò di nuovo Moschea (tempio di Maometto); e tale è ancora oggidì. E' il più maestoso edifizio che si trovi in Gerusalemme, ed è di stile moresco. E' proibito l'entrarvi sotto pena di morte, perché oltre di essere tempio di Maometto, racchiude ancora il serraglio delle concubine del Pascià di Gerusalemme.


[64]
A me però riuscì di passar tutto l'atrio con due Padri Missionari della Compagnia di Gesù; ma ci demmo subito alla fuga quando vedemmo i soldati armati, non ostante un potente musulmano che fiancheggiava i nostri passi. Sotto al luogo del tempio di Salomone v'è la probatica piscina che è uno degli avanzi più antichi che esistano in Gerusalemme: data nientemeno che dai tempi di Salomone: è in uno stato assai cattivo, ma basta il suo semplice nome per ricordare la prodigiosa guarigione di quel Paralitico, che giaceva già da 38 anni infermo, e che quivi fu sanato dal Redentore.


[65]
Anticamente serviva per lavarvi le vittime, che si doveano offerire nel tempio. Al presente vi crescono alti i fichi di Faraone, ed altri arbusti. Essa comunica col tempio della Presentazione della Madonna, che vi citai di sopra; nel quale sonvi delle pietre di smisurata dimensione che servirono certamente, secondo eruditi scrittori della Terra Santa, per le mura dell'antica Gerusalemme. Attorno a queste pietre gli Ebrei vanno a piangere ogni venerdì verso il tramonto del sole; il che è uno spettacolo degno a vedersi.

Questi sono i luoghi rimarchevoli da me visitati in Gerusalemme, ve ne sono molti altri: ma ad alcuni molti reverendi devotuli [bigotti ?] vi vogliono applicare celebrità, ma siccome non ci credo, perché non conobbi troppo fondamento, così li passo sotto silenzio: a quelli che vi descrissi, e che vi descriverò, presto tutta la fede, perché constatati dalla più antica tradizione riconosciuta dai più grandi scrittori e dall'oracolo della Chiesa che vi appone indulgenza plenaria ogni volta che si visitano.


[66]
Ora usciamo di Gerusalemme, e contemplate meco i luoghi degni della considerazione di un Cristiano. E prima uscendo da porta di S. Stefano all'oriente di Gerusalemme, si lascia 40 passi a destra la porta Aurea, che è chiusa con muro. Si chiama la porta Aurea per eccellenza in memoria del solenne ingresso che fece per essa G. C. nel dì delle Palme.


[67]
Anche Eraclio dopo vinto Cosroe Re di Persia entrò col conquistato legno della Croce per questa porta: è la più bella ed architettonica che esista in Gerusalemme; né io giammai ne vidi una migliore: ma i Turchi l'hanno chiusa e murata, perché esiste fra loro un'antica tradizione che i Franchi (così si chiamano in Oriente gli Europei) conquisterebbero Gerusalemme ed entrerebbero trionfanti per questa porta. Poi scendendo nella valle (di Iosafat) per la china del monte Moria, prima di giungere al termine della discesa v'è una roccia assai informe, ove fu lapidato S. Stefano: più sopra tredici passi v'è il luogo ove stava Saulo (che poscia fu l'Ap.lo S. Paolo) a custodia delle vesti dei lapidatori; ed a mano manca si mostra il luogo, ove l'Imperatrice Eudocia fece edificare un tempio al glorioso Protomartire. Giunto in fondo alla valle si passa il torrente di Cedron che divide la valle di Iosafat e si entra nel Getsemani.


[68]
Io diedi uno sguardo a questa valle, la passai pel lungo e pel largo più volte; e sarà egli qui, dicea fra me stesso, ove sarò giudicato un dì dall'eterno Giudice? qui si congregheranno tutti i popoli della terra nel giorno finale? qui si emanerà l'inappellabile sentenza di eterna vita, o di eterna morte per tutti quelli che furono, sono, e saranno! qui la terra spalancherà le sue profonde voragini per ingoiarvi i reprobi nell'inferno, da qui voleranno gli eletti al cielo?


[69]
Oh valle! terribilissima valle! Essa scorre fra l'Oliveto ed il Moria, e non ha neppure un quarto d'ora di lunghezza: essa comincia dal Sepolcro della Madonna, e va a terminare alla tomba di Iosafat Re di Giuda, che si conserva intatto perché incavato nel vivo masso: la valle di Iosafat è intersecata dal torrente ora asciutto di Cedron, ed è tutta piena delle rovine di Gerusalemme. La sua larghezza maggiore è pressappoco un tiro di schioppo a palla.


[70]
A settentrione di questa valle v'è il sepolcro della Madonna che fa parte del Getsemani, il qual sepolcro è un tempio quasi tutto sotto terra, in cui si discende per un maestoso scalone di 47 gradini. In questo sepolcro stette Maria Vergine tre giorni, prima che col corpo fosse assunta in cielo: sapete il fatto degli Apostoli e di Tommaso, che non ebbe la grazia di veder morta Maria: esso sepolcro è come quello di G. C. presso a poco, ed è posseduto dai Greci Scismatici, che vi fanno ogni giorno lunghe funzioni. In questo medesimo tempio sotterraneo vi sono ancora i sepolcri di S. Giuseppe, di S. Anna, e di S. Gioachino, a' quali è apposta indulgenza parziale a chi li bacia, mentre a quello della Madonna v'è indulgenza plenaria.


[71]
Passato questo, ed addentrandosi nel Getsemani, trovasi la grotta dell'agonia, così detta, perché ivi si ritirò il Signore a pregare l'Eterno Padre nella notte che precedette la sua morte, e si sentì oppresso da sì mortale tristezza, che entrò in agonia e sudò sangue vivo. Distante un tiro di sasso da questa grotta evvi l'Orto di Getsemani propriamente detto: tanto la grotta dell'Agonia come il Sepolcro della Madonna, ed altro luogo che vi dirò, è tutto Getsemani; ma i frati hanno chiuso con muro parte del Getsemani, che essi chiamano l'orto di Getsemani, per difendervi 8 ulivi antichissimi, i cui tronchi è tradizione che esistessero ai tempi di G. C. Io non so se ciò sia vero: certo è che hanno una zocca più [......] volte maggiore dei nostri olivi.


[72]
Il luogo dove il Signore si separò da' suoi Apostoli viene indicato fuori della cerchia del Getsemani propriamente detto; così pure a sette passi distante v'è il luogo ove G. C. fu tradito da Giuda con un bacio. Ritornando poscia nella valle, quasi in fondo, e camminando sulle sponde del disseccato torrente di Cedron v'è un'orma di un ginocchio impressa sopra un duro macigno nel mezzo del letto del torrente. Quest'orma vuolsi che l'imprimesse G. C. nella notte della sua cattura, quando preso nell'orto di Getsemani, e spinto dagli urti dei soldati cadde in detto luogo: a chi bacia quest'orma del ginocchio di G. C. v'è indulgenza plenaria, come pure è plenaria all'Orto di Getsemani ed alla Grotta dell'Agonia, ove io celebrai Messa nel luogo veramente ove G. C. sudò Sangue, ov'è un bellissimo altare, ed è in mano dei Cattolici.


[73]
Pochi passi distante dall'orma del Ginocchio di Gesù Cristo v'è l'antro vastissimo, ove si ritirò S. Giacomo Apostolo dopo la morte del divino maestro col fermo proposito di non più mangiare né bere fino a tanto che non lo avesse veduto risorto. Prima di giungere a quest'antro v'è il sepolcro di Giosafat re che è di un sol pezzo, ed è come la chiesa di S. Rocco in Limone: parimenti il monumento del ribelle Assalonne che si fece fare mentr'era in vita, colla speranza di entrarvi morto; ma si ingannò: è una maraviglia: io v'entrai nel mezzo: viene poi l'urna di Zaccaria, e mille lapidi sepolcrali, che racchiudono le ceneri di quegli infelici Giudei, che da tutte le parti del mondo vennero a chiudere i loro giorni in Gerosolima, affinché le loro ossa riposassero all'ombra di quel tempio che non è, né sarà mai più se non nella loro immaginazione.


[74]
Tutte queste cose sono nella valle di Giosafat, che è alle falde del monte Oliveto. Oh il caro monte che è mai l'Oliveto! quanto non è vaga la veduta da quella eccelsa vetta si gode! quanto sono consolanti i misteri ond'è tutto contrassegnato! questo monte fu l'oratorio del Signore, la cattedra de' suoi divini insegnamenti, il testimonio de' suoi oracoli sopra Gerusalemme; e gli servì di scala per salire al cielo. Ora io vi condurrò quasi per mano a vagheggiarlo colla vostra immaginazione, che è degno della contemplazione di un fervente Cristiano.


[75]
Sorge l'Oliveto all'oriente di Gerusalemme dirimpetto al Moria, da cui il divide la valle di Giosafat. Valicato adunque il torrente di Cedron presso il Sepolcro della Madonna, e rasentato a settentrione l'orto di Getsemani, s'incontra al principio della salita un masso durissimo, il quale rammenta il luogo dove sedea cogitabondo e mesto l'inconsolabile Tommaso, quando la divina madre già assunta in cielo gli mise giù il suo cingolo, come narrano, fra gli altri, Niceforo, e Giovenale Vescovo di Gerusalemme.

Giunto alla metà del monte e volto a man destra un tiro di fucile si arriva sopra il luogo ove G. C. pianse sopra Gerusalemme, che è contrassegnato da una torre diroccata ch'era un tempo il campanile d'un gran tempio qui fabbricato in memoria del pianto che qui versò G. C. sopra la prevaricatrice città. Da questo luogo si vede tutta Gerusalemme: io la mirai; oh come mi parve desolata, e spirante melanconia questa città ch'era la più celebre del mondo! Oh come questa figlia di Sion perdè la sua beltà! ella è caduta in tanta desolazione che muove alle lagrime i cuori più duri, pensando a quel che era ai tempi della Redenzione.


[76]
Poco in su vi è una caverna praticata nel masso entro le viscere dell'Oliveto, che serve come di vestibolo ad una fuga di sotterranei sepolcri che si chiamano dei profeti. Sopra questi sepolcri vi è il luogo, ove stava a sedere G. C. quando predisse a' suoi discepoli le molte tribolazioni, le sanguinose guerre, le persecuzioni d'ogni maniera, e l'abbominazione e la desolazione, che avrebbe preceduto l'estremo dì del Giudizio Universale. Qui m'arrestai per un istante, e all'aspetto della sottoposta valle di Giosafat, mi immaginai l'imponente spettacolo che presenterà tutto il genere mano in uno raccolto in quella valle per riceverne la finale sentenza. Cinquanta passi circa prima di giungere sulla cima v'è il luogo, ove si ritirarono gli Apostoli per comporre il Credo prima di spargersi pel mondo: questo luogo è contrassegnato da una cisterna, entro cui erano incavate 12 nicchie, in memoria dei 12 Apostoli congregati.


[77]
Poco distante trovasi il luogo ove G. C. insegnò il Pater noster ai 12 Apostoli, nel qual luogo eravi un tempo una chiesa. Finalmente eccomi sulla cima dell'Oliveto: ma ov'è il luogo, da cui G. C. salì al cielo? sonvi qui molti poveri casolari ed in mezzo un tempio abbastanza ben conservato. In mezzo a questo tempio è il luogo dell'Ascensione.

Un santone turco, mediante generosa mancia ci aprì la porta di un cortile, nel cui mezzo v'è questo tempio senza porte. Sul pavimento vidi un piccolo quadrato formato di pietra, che racchiude un duro macigno, su cui trovasi impressa la pianta sinistra del piede di un uomo che guarda l'occidente: quest'orma ove la piantò G. C. quando salì al cielo. Io baciai e ribaciai riverentemente quest'ultima vestigia che impresse sulla terra il divin Redentore, per acquistare l'indulgenza plenaria che v'è annessa. A 70 passi da questo luogo, camminando per la cima dell'Oliveto visitai il luogo detto Viri Galilei, che segna quel luogo ove stavano gli Apostoli quando ritornando dall'Oliveto e stando estatici a guardare in cielo, apparve loro un Angelo.


[78]
Dall'altra parte a dritta v'è Betfage villaggio diroccato, che sorge in quel luogo, donde il Signore mandò i suoi discepoli a sciogliere il puledro che stava legato vicino ad un castello vicino per fare il suo trionfale ingresso in Gerosolima nel dì delle Palme. Da qui si vagheggia benissimo il monte ove G. C. digiunò 40 giorni, la pianura vastissima di Galgala, il fiume Giordano, il mar morto, ove sorgea la Pentapoli, il monte dei Franchi, le alture di Ramatzaim Sophim (Gerico), e molti altri luoghi celebri nella Scrittura, che poi visitai più davvicino.


[79]
Volea mandarvi una bottiglia di acqua del Giordano colle corone, ma siccome non vi arrivano queste che un mese dopo Pasqua, come vi dirò più sopra, e si marcirebbe, così tralascio, e la porto invece in Alessandria ad uno, che me ne raccomandò una piccola bottiglia.

Prendendo ora il cammino del sepolcro di Giosafat verso il sud di Gerusalemme si va alla Natatoria di Siloe, celebre perché G. C. guarì in questa il cieco nato: io bevvi di quell'acqua, e ammirai il flusso e riflusso delle sue acque senza punto saper ispiegarne il perché. Non molto distante dalla Natatoria di Siloe montai le falde di un antichissimo gelso in mezzo alla via, che indica il luogo dove fu segato per mezzo il profeta Isaia con una sega di legno d'ordine del Re Manasse.


[80]
Sotto a questo 20 passi, v'è il pozzo di Neemia fondo più di 300 piedi, che contiene acqua freschissima, così detto da ciò che Neemia dopo la schiavitù di Babilonia fece estrarre da questo pozzo dell'acqua densa, con cui ne asperse le legna e le vittime già poste sull'altare pel Sacrifizio, le quali si accesero prodigiosamente all'apparire del sole, come dice la Scrittura.


[81]
In questo pozzo era stato nascosto dai Sacerdoti il fuoco sacro nella distruzione della Santa Città sotto Nabucodonosor. A questo luogo la Valle di Siloe si unisce colla valle di Ennon, che è la Geenna del Vangelo: essa è cupa, profonda, solitaria, triste melanconica, spaventevole, che Gesù Cristo la fè simbolo dell'Inferno, io la percorsi tutta, e vidi il luogo ove fu eretto quell'idolo Moloc di bronzo che sulla cima aveva un buco, da dove si gettavano i fanciulli vivi per essere abbruciati in onore di Moloc. In questa valle sonvi delle celle incavate nel vivo masso, ove si nascosero gli Apostoli, dopo che videro il loro divino Maestro fatto prigioniero nell'orto di Getsemani.


[82]
Più sopra andai nell'Aceldama, che è quel campo che fu comperato col prezzo del sangue di G. C. Esso comprende lo spazio in cui possono stare 2 olivi. Uscendo dalla porta di Efraim si trova la grotta di Geremia, ove si ritirò l'addolorato Profeta dopo la distruzione di Gerusalemme fatta da Nabucodonosor a piangere sulle palpitanti ceneri della sua prediletta città, e piangendo compose quei patetici treni e Profezie che si leggono nella settimana Santa.


[83]
Sotto a questa v'è il carcere del medesimo Geremia, che è una cisterna, dove è tradizione che fosse gettato il Profeta per ordine del Re Sedecia in pena di aver parlato liberamente al popolo d'Israele da parte di Dio. Volgendo ad occidente salii il monte Gion, memorabile perché sovra di esso fu unto e consacrato Re Salomone. Discendendo poi dietro le mura di Gerusalemme si vede una grandissima e magnifica vasca di 240 passi di lunghezza, 105 di larghezza, 50 di profondità tutta incavata nel vivo masso: essa si chiama ancora Piscina di Bersabea, perché Salomone la costrusse per servizio ed in onore di essa.


[84]
Molte altre cose io vi potrei dire di Gerusalemme e suoi contorni, ma basta, perché sono stanco di scrivere; v'ho citate solo alcune memorie religiose autenticate e confermate dalla Chiesa, che vi appose in tutte quelle che vi descrissi, indulgenze le più ampie. Gerusalemme ora non è che della grandezza di due volte Brescia; le sue strade sono strette, erte sudice, che fanno pietà; essa è sede di molti Vescovi Scismatici, di un Pascià turco, e del Patriarca, che ci accolse assai gentilmente; essa è fortificata più che Verona, e presenta una grande idea di quella che un tempo fu.


[85]
Vi sono 80 Missionari cattolici, e più di 100 fra greci ed armeni scismatici. Ora i russi protestanti, e gli ebrei si sono introdotti, anzi i primi hanno un vescovo. In mezzo a questa confusione di culti non si può far nulla per la conversione, perché pe' Turchi v'è pena la morte a chi tratta di convertirsi; e gli altri eretici colla profusione del denaro impediscono che i loro seguaci si facciano cattolici; per cui succede che alcuni tristi cattolici, quando on possono avere dai Missionari quel denaro o mantenimento che vogliono, trattano di farsi protestanti, come successe quest'anno.

Tutti i Cattolici della Palestina sono poveri; e la maggior parte vengono mantenuti dai Conventi dei Francescani. Vi dirò poi di alcuni altri luoghi da me visitati nella Palestina, che meritano la vostra attenzione, e considerazione.



(D. Daniele Comboni)






14
Eustachio Comboni
0
Gerusalemme
21.10.1857

A EUSTACHIO COMBONI

AFC

Gerusalemme, 12/10 = 57

[86]
Mio caro cugino! Oh parmi mill'anni, che non parlo, non ragiono con voi, di voi, d'Eugenio, e de' miei carissimi cugini! quante volte fra il fremere dei venti, ed il fluttuar dell'onde, non mi batte al cuore il peso di tanta separazione che ho fatta anche di voi: quante volte mentre ascendeva le scoscese e ripide montagne della Giudea, mi correva il pensiero quando con voi, col carissimo Eugenio ed Erminio etc. ascendevamo per le salite di Dalco, e per le amene rocce di Prealzo! Ora mi trovo nella santa città; ma dico fra me stesso! O avessi qui quei cari che stretti mi sono coi vincoli più sacri del sangue! Ad Eugenio però, quanto scrivete, non dimenticatevi di raccomandargli quel che gli dissi prima della mia partenza; se mi rimane il tempo, voglio scrivergli.


[87]
Sappiate ora che sul monte Calvario ho applicato messa per voi, per Eugenio, pello Zio e per tutta la famiglia che s'intitola: Fratelli Comboni, e la dissi in quel luogo ove stava Maria Vergine quando il suo divin Figlio veniva disteso, ed inchiodato in Croce; così pure mi fu dolce il fare il Memento per voi tutti, e specialmente pell'Eugenio in tutti i Santuari di Gerusalemme e di Betlemme, ed in ogni luogo della Terra Santa, per cui non posso più dimenticarmi in avvenire ogni giorno quando celebro: questo vel dico non già perché voi dobbiate far tanto conto delle mie preghiere, perché sapete ch'io son povero poverissimo al cospetto del Signore; ma vel dico per obbligarvi a dirmi qualche Ave Maria, e specialmente pel buon esito della mia Missione. Riceverete dopo Pasqua da Gerusalemme qualche ricordo che destinai per voi per l'Erminia e per tutti voi.


[88]
Ora che dovrò io dirvi? E' mio gran desiderio, o carissimo ed amabile mio Eustachio, che voi, e tutti i miei cugini etc. v'abbiate a salvar l'anima. Dio vi largì la sua benedizione col prosperare le vostre faccende domestiche; Dio v'ha posto nelle mani altresì un buon numero di figli da educare, e mettere sul sentiero della virtù; Dio parimenti vi diede una madre, la mia carissima defunta Zia Paola, che fin dalla nascita v'instillò buoni principi religiosi, per cui fra i negozianti, vi distinguete nell'onestà e nella giustizia e rettitudine.


[89]
Ma lasciate che ve lo dica, da vero fratello; lodo la vostra sollecitudine per acquistare ed assicurare sempre più il miglioramento della vostra condizione, perché si tratta di numerosa famiglia; ma parmi questa sollecitudine troppo eccessiva: avete prima un'anima ancora da assicurare, la quale perde molto nella soverchia agitazione pel secolo; avete una salute corporale da conservare, la quale è ancora troppo preziosa pel bene dei vostri figli; dunque moderazione nel vostro traffico, e non altro domando da voi: sì, che desidererei che aveste tutti e tre sempre scolpito nella memoria che se salvate l'anima, avete salvato tutto, e se la perdete, avete perduto tutto, che fra poco ci troveremo davanti al tribunale di Dio, al più tardi entro il breve momento di cinquant'anni; ma son certo che lo farete.


[90]
Un'altra cosa vi raccomando; ed è i miei poveri genitori: voi avete sempre beneficato la mia povera famiglia; e di ciò vi sarò grato fino alla morte, e non vorrei rammemorarvi ciò che siete sempre disposto a fare senza bisogno delle mie raccomandazioni; ma è l'espressione dell'affetto, che mi mette in bocca questa raccomandazione; e voi che siete figlio e padre, me la perdonerete: dunque grazie di tutto; vi raccomando i miei genitori. Dio farà sì che partecipiate voi pure del bene che Egli si degnerà di far provenire dalla nostra grande Missione. Vi prego ancora di scrivermi, e spesso, come farò io pure; e ragguagliarmi de' miei genitori, dell'Eugenio, dell'Erminia, del buon Enrico, del Cesare, Pietro, Zio e tutti voi, come vanno i vostri negozi etc. etc.

Salutatemeli tutti quei cari oggetti del mio affetto, e mentre vi dono il mio affett.so bacio mi dichiaro di tutto cuore



Vostro affez.mo cugino

Daniele C.






15
Don Pietro Grana
0
Gerusalemme
12.10.1857
A DON PIETRO GRANA

ACR, A, c. 15/37



Cariss.mo ed amabile mio D. Pietro!

Gerusalemme lì 12/10 = 57
[91]
Non voglio partire dalla santa città, senza farle conoscere che io serbo dolce e cara memoria di chi pasce con tanta industria le multiformi pecorelle di Limone, e m'ha tanto beneficato. Forse giunto in Cairo non avrò tempo di scrivere. Deve dunque sapere che tre di noi siamo qui venuti a baciare prostrati a terra la tomba del Salvatore e venerare i luoghi della sua nascita, della sua vita e della sua morte, mentre D. Beltrame e D. Oliboni sono andati al Cairo a preparare le molte cose che non acquistammo in Alessandria.


[92]
D'Alessandria partimmo alla volta di Iaffa, fra cui v'ha il tratto di 42 ore di piroscafo. Dalle rovine dell'Antica Ioppe partimmo alla volta di Gerusalemme, impiegando una giornata e mezza di cavallo, e passando per montagne che niente hanno a che fare colle nostre di Limone, mentre in alcuni luoghi sono più ripide e scoscese, e bisogna passarci a cavallo. Qui poi in Gerusalemme, a dirle il vero, se vi entra collo spirito di vedere l'antica Gerusalemme, con animo di ammirarvi i monumenti profani, certo rimane uccellato: chi v'entra poi coll'animo di venerare i più preziosi monumenti e luoghi in cui si compirono i più grandi avvenimenti della Redenzione, allora l'assicuro che vi trova la sua soddisfazione, e tale che nessuno può immaginare, perché ogni passo segna un mistero.


[93]
Fra le altre cose osservai in questa santa e maledetta città complice anzi autrice del più grande dei delitti, una mestizia, una taciturnità; avvilisce l'animo quando si entra: il turco, il greco, l'armeno, il copto mentre nell'altre città, ed in Egitto specialmente, mena grande rumore, grida, schiamazza, qui invece ognuno tende a sé, lavora, vende, fa tutto senza quasi parlare; insomma questa città pare che ancora senta il grande rimorso di aver condannato e messo a morte un Dio.


[94]
Non così però Betlemme, la quale spira una indicibile gioia a chi v'entra. Si può dire che ancora si conservino quasi tutti i monumenti di nostra religione, e que' che più non vi sono, si conoscono assai bene i luoghi, sì perché in tutti questi fino dalla predicazione degli Ap.li furono innalzate chiese, santuari, monumenti; e questi distrutti, furon di bel nuovo riedificati; e sì perché qui è grande argomento la tradizione dei Maomettani, degli Ebrei, dei Greci, e degli indigeni, i quali si può dire che sieno le prime cose che imparano, per mostrarle poi ed informarne i pellegrini e viaggiatori, che qui affluiscono a migliaia ch'è una cosa incredibile.


[95]
Avrei voluto farle una piccola descrizione di ciò che vidi ed osservai; ma gliene farò cenno dall'Egitto, quando sarò più in libertà. Come sta frattanto il mio carissimo Rettore? Spero di trovare in Cairo qualche sua desiderata letterina. S'intende che io come lei dobbiamo star puntuali a quanto reciprocamente ci promettemmo. Le desidero ogni felicità; le raccomando i miei poveri vecchi, a' quali nessun argomento fa eco fuorché la Religione. Qui in Gerusalemme lasciai una piccola memorietta per lei, per sua mamma, sua sorella, pel Sig.r Pietro e suo zio Sig.r B.o Carboni, consistente in una corona di Gerusalemme, benedetta sulla tomba di N. S. e sul Calvario, a cui v'è annessa indulgenza plenaria ogni volta che si recita, ed al rispettivo crocifissetto indulgenza plen.a ogni volta che si bacia.


[96]
Intanto io la saluto di cuore; offra i miei saluti più sinceri, all'amabile Sig.r Pierino, al Sig.r Giuseppe e Giulia Carettoni, al vecchio D. Ognibene, alla fam.a del Sig.r L. Patuzzi, e molto al Sig.r Arciprete pel quale pure v'è la medesima corona.

Accetti i saluti ed i sentimenti più vivi d'affetto



dal suo aff. D. Daniele

La salutano tutti i miei compagni.






16
Dott. Benedetto Patuzzi
0
Gerusalemme
12.10.1857
AL DOTT. BENEDETTO PATUZZI

ACR, A, c. 15/168



Mio cariss.mo ed amabile Dottore!

Gerusalemme, 12/10 = 57
[97]
E ch'io lasci Gerusalemme, senza scrivere una linea, e far conoscere i sentimenti della mia affezione verso la diletta sua famiglia? Non sarà mai vero. Ma prima facciamo una digressione.

Del def.o G. B. Massim.o Arvedi le scrissi qualche cosa da Alessandria; or ecco che le manifesto quello che ancora raccolsi. La sua malattia fu di più di un mese; e prima di questa, che fu l'ultima, ne avea fatta un'altra che l'avea portato sull'orlo della tomba: in ambe queste malattie, fu assistito con una premura e sollecitudine direi quasi eroica; tanto che il P. Cipriano, che lo assistè per lungo tempo fino alla morte, mi assicurò d'essere stato meravigliato, e mi disse: allora conobbi che i veri italiani, sono veri fratelli. La rassegnazione poi nel ricevere da Dio la morte, fu ammirabile; perché mi dice il medesimo P. Cipriano, che in tanti anni che è Missionario in Egitto, non mai provò tanta consolazione, come in assistere costui, che prima credeva un po' fuori di strada.


[98]
Le condizioni dell'accordo fatto col Conte Scopoli, sono ignote; so che era semplice agente di casa, non di commercio, perché il C.e Scopoli non fa il negoziante, ma piuttosto esercita il legale solo sulla buona fede che tutta Alessandria ha di lui.

Sono peraltro nella ferma opinione che tutte quelle spese che il C.e Scopoli ha presentato in Verona al fratello del defunto, sieno vere; anzi secondo quel che posso arguire, sono di meno ancora di quelle che ha sborsate; perché in più di due mesi di malattia, ci ha fatto il C.te Scopoli un'assistenza più che da fratello, e non pensò a qualunque spesa. In Alessandria costa una medicina quattro volte di più di quello che sia in Europa: il ghiaccio solo, che vien portato in bastimenti dalla Grecia e dall'Inghilterra costa tre franchi ogni oca, che è poco più di tre libbre; e di quello ve ne volevano molte oche ogni giorno; ebbe a consulto molti medici, insomma nessuno può calcolare quanto costa una malattia in Alessandria, ove tutti corrono per far fortuna, e quindi tutto adoperano per far danaro.


[99]
Quindi io sarei per consigliare il fratello del def.o Arvedi a vivere in pace senz'altro indagare, che possa accorgersi lo Scopoli della sua segreta diffidenza; perché se trattasse o per via di ufficio, o peraltro mezzo governativo di farsi render conto d'ogni cosa, la sgarra certo, perché il governo non può usare verun mezzo che il Console Generale, il quale ha per primo Consigliere il Conte Scopoli; ché non si raduna sessione, senza che vi sia il C.te Scopoli, come vidi nei 15 giorni che fui in Alessandria. Anche un suo amico, che ogni giorno visitava l'Arvedi, e che è piuttosto contrario al C.e Scopoli, perché il Console si serve più del Conte che di lui, mi assicurò che in tanti anni che lo conosce ha i più solidi argomenti per provare la sua onestà e giustizia; anzi molte cose, come la visita frequente a quell'ammalato, le facea per sentimento di religione, e per far piacere al Cont.e Scopoli, il quale fece veramente da padre. Su ciò altro non gli dico, perché quando fui assicurato su quello che gli esposi, io non mi diedi tanto pensiero di indagare le altre cose che sono espresse nella carta che mi consegnò l'Arvedi, cose difficili a sapersi senza parlare in termini tecnici.


[100]
Ma basta veniamo a noi. Avrei voluto farle una piccola descrizione del mio viaggio in Palestina; ma ora non ho tempo. Qui in Gerusalemme ho lasciato qualche piccola memoria per la sua famiglia e pei suoi zii Preti, e Luigi, e per la Sig.ra Faccioli, Salvotti etc.; ma glieli indicherò in altra mia dalle sponde del Nilo: già fin dopo Pasqua non arrivano queste piccole memorie consistenti in qualche corona e crocifisso benedetto sul Santo Sepolcro. Mi saluti tanto la dilettissima mia Sig.ra Annetta, Vittoria, Gaetano, D. Battistino, D. Bortolo, Sig.r Luigi e famiglia, mentre con tutto l'affetto mi segno



D. Daniele
17
Suoi genitori
0
bor.Marsey
16.10.1857
AI SUOI GENITORI

ACR, A, c. 14/115 n. 2



Carissimi Genitori!

A bordo del Marsey, vapore francese, che mi

traghetta da Iaffa ad Alessandria d'Egitto

lì 16 Ott.e 1857

[101]
In Gerusalemme io rimasi sette giorni circa; gli altri impiegai nel viaggiare per diverse parti della Giudea sempre a cavallo, generalmente sotto un sole cocente, per cui riuscì un viaggio faticosissimo. Visitai molti luoghi: ma i più importanti e di edificazione son questi. Intanto di Emmaus non esiste che il luogo, senza però il castello, in cui entrò G. C. dopo la risurrezione, e si fè conoscere a' due discepoli sotto la frazione del Pane.


[102]
Una gita feci in Betania, per andare alla quale andammo fuori da porta S. Stefano; e traversata la Valle di Giosafat al sud, andammo al monte dello scandalo, ove si appiccò lo sciagurato Giuda dopo che ebbe venduto il suo divino Maestro. Dicesi monte dello scandalo dai gravissimi scandali che diede sopra di esso Salomone al suo popolo, erigendovi degli altari a tutti gli idoli delle sue mogli straniere: questo monte che ricorda l'apostasia del più sapiente degli uomini sorge dirimpetto al tempio di Gerusalemme; e Salomone scelse questo monte appunto rimpetto al tempio quasi per paragonare la sua adorazione verso gli idoli a quella che prestava al Dio venerato nel tempio.


[103]
Poco dopo in un piccolo campicello si trova il luogo della ficaia che G. C. maledisse, perché non avea frutti, ma sole foglie. In questi contorni, come in quei di Betlemme non vi sono che fichi, la metà grandi de' nostri. Ma eccoci finalmente in Betania. Della casa di Marta, di Maria Maddalena e di Simone il lebbroso non esistono nemmen le rovine; solo v'è l'avanzo d'un magnifico monastero di Benedettine che qui vissero molto tempo in onore di S. Maria Maddalena.


[104]
Il sepolcro di Lazzaro risuscitato consiste in una profonda caverna, nella quale discendemmo per mezzo di 28 gradini: è divisa in due cellette nella prima delle quali si fermò G. C. quando disse: Lazare veni foras; l'altra poi è il sepolcro propriamente detto. Noi vi entrammo tutti al lume della candela; leggemmo il Vangelo di S. Giovanni, che parla della risurrezione di Lazzaro, e lo trovammo tanto identico, che se non fossimo stati sicuri dalla tradizione di tutti i secoli e dagli scrittori, e dalla Chiesa che largisce indulgenza plenaria a chi lo visita, noi avremmo scorto la verità del fatto dall'averlo veduto. Di questo sepolcro riceverete un sasso, come pure un pezzo di quella pietra, discosta dal sepolcro di Lazzaro circa 200 passi, ove si fermò G. C. prima di entrare in Betania, e dove furono ad incontrarlo Marta e S. Maria Maddalena, quando andava a risuscitare Lazzaro. Betania ora non conta che 200 abitanti.


[105]
Da Betania scendemmo a vedere il Giordano ed il Mar Morto: ma a quest'ultimo non siamo pervenuti perché pieno di arabi Beduini, che spogliano ed uccidono quasi sempre, e fra gli altri poco tempo fa hanno spogliato una carovana francese ed inglese, e v'hanno ucciso fra gli altri due missionari francesi, e ad un inglese, dopo averlo spogliato, avendo conosciuto un beduino che aveva due denti posticci d'oro, lo distese per terra, ed avendogli aperta la bocca glieli cavò, pregiudicando ancora gli altri, per vedere se ne trovassero degli altri. Ho parlato in Gerusalemme col capo dei Beduini; e si esibì per 100 piastre (30 svanziche) a testa di condurci al Mar morto, senza pericolo, ma aveva un paio d'occhi, che mi piacevano poco, e gli rispondemmo che ritornasse dopo quindici giorni, che forse forse faremmo qualche cosa; ma dopo 15 giorni io sarò al Gran Cairo.


[106]
Un'altra gita feci a Betlemme, nella quale impiegai 2 giorni. Uscendo da Gerusalemme per la porta di Betlemme giungemmo nella valle della voragine, celebre perché quivi furono uccisi dall'Angelo 185000 soldati di Senaccheribbo. In cima a questa valle, prima di discendervi v'è il monte del mal consiglio, così detto, perché ivi congregaronsi i principi dei sacerdoti coi seniori del popolo, e vi decretarono la morte di Gesù. Dalle falde di questo monticello comincia una spaziosa pianura detta nelle sacre pagine la valle di Rafaim, o dei Giganti. Fu in questa valle, che si accamparono due volte i Filistei provocando a battaglia Davidde, il quale, consultato il Signore li sconfisse. A un miglio di distanza v'è un albero di terebinto, che segna il luogo, ove riposò la Sacra Famiglia andando a Gerusalemme: ma qui non v'è annessa indulgenza.


[107]
Dopo altri 100 passi trovasi la cisterna dei Tre Magi, in memoria di quei tre Re che furono i primi fra i gentili che andarono ad adorare il Bambino Gesù; i quali giunti in questo luogo, videro comparire sopra di essi quella fulgida stella, che avea loro servito di guida nel loro viaggio fino a Gerusalemme ed era scomparsa. In questa cisterna come in tutti i luoghi che son per dirvi, v'è indulgenza quasi sempre plenaria. Dopo 4 miglia v'è il monastero dedicato a S. Elia Profeta: è in mano dei greci.


[108]
A destra di questa circa mezzo miglia v'è la rovina di un'antica chiesa, che fu fabbricata nel luogo, dove si trovava il Profeta Abacuc, quando un Angelo lo prese pei capelli, e lo trasportò in Babilonia sopra la fossa dei leoni, entro cui stava rinchiuso Daniele, e quindi lo riportò in questo medesimo luogo. Più avanti una mezz'ora trovansi le ruine di un'antica torre, chiamata di Giacobbe, dove attendossi questo Patriarca reduce dalla Mesopotamia.


[109]
Ivi pure stette Abramo ed Isacco; anzi mi dimenticai di dirvi che sul Moria si mostra il luogo ove Abramo ebbe ordine da Dio di sacrificare il suo figlio Isacco. A un'ora prima andare a Betlemme vidi il sepolcro di Rachele, nel quale si tengono ora i buoi dai paesani. Visitai poi vicino a Betlemme la cisterna di Davidde, delle cui acque ebbe sete quel Re, quando confinato nella spelonca di Odolla desiderava un bicchier di quella cisterna che stava sulle porte di Betlemme; ed avutala, veggendo assetati i suoi soldati volle gettarla via per essere a parte della loro penuria; qui vidi pure i fondamenti della casa di Iesse padre di Davidde, e i luoghi, ove Davidde menò la sua gioventù facendo il pastore.


[110]
Prima di andare a Betlemme andammo pure nella città di Betgialla per far visita al Patriarca di Gerusalemme, che sta qui nel suo Seminario a passarvi un po' d'Autunno. Ci accolse graziosamente, e voleva trattenerci con lui per qualche giorno: ma noi essendo in 8 rifiutammo. Fra le altre cose mi disse di conoscere molto il Vescovo di Brescia, insieme col quale venne ordinato Vescovo a Roma nel 50.


[111]
Finalmente giungemmo alla sera tardi in Betlemme. Mio Dio! ove mai volle nascere G. C.? Ancora quella sera volli discendere alla Grotta fortunata, che vide nascere il Creatore del mondo. Vi entrai, e quantunque la nascita sia più gioconda della morte, nulladimeno restai più commosso che sul Calvario, nel pensare alla degnazione di un Dio che si esinanì fino a nascere in quella stalla. La grotta di Betlemme, ove nacque G. C. è lunga circa 10 passi, e metà è larga come il corridoio, ove voi abitate; l'altra metà e come la vostra cucina. Vi sono tre altari: l'uno ove Maria Vergine partorì il divino Infante, e questo è in mano degli Armeni e Greci Scismatici; l'altro due passi più sotto è il luogo del S. Presepio, ove Maria Vergine reclinò il bambino, e questo è in man dei Cattolici; l'altro a un passo di distanza è il luogo ove stavano inginocchiati ad adorarlo i tre Re Magi, e questo è pure in mano dei Frati.


[112]
Io vi celebrai Messa la notte seguente; e mi fu caro di trattenermi fino alla mattina in questa beata grotta, che forma la delizia del cielo. Oh in questa grotta nel silenzio della notte godetti di ripetere più volte quell'orazione, che compose S. Girolamo, e qui recitava sovente: "O anima mia, ecco che in questa piccola buca della terra nacque colui che fabbricò il cielo; qui fu involto in poveri panni; qui fu adagiato sopra un po' di paglia in una mangiatoia d'animali; qui vagì Bambinello nel rigore dell'invernale stagione: qui fu riscaldato dal bue e dell'asinello: qui fu trovato dai vigilanti pastori; qui fu indicato dalla stella; qui fu adorato dai Magi; qui cantarono primieramente gli Angeli: Gloria in excelsis Deo, et in terra pax hominibus bonae voluntatis.


[113]
O mille volte beata te, che quantunque miserabile peccatore, sei stato fatto degno di vedere ciò che desiderarono ardentemente e non videro i Patriarchi e Profeti, e contempli cogli occhi tuoi questo ineffabile luogo, che non è concesso di vedere a tante anime giuste, che si trovano ora nel mondo etc.". Così S. Girolamo. Tra il luogo dei Magi, e il luogo del Presepio (che è a Roma) v'è il luogo ove sedeva Maria Vergine dopo che adagiò il Bambino nel presepio. Io mi sedetti pure, e poi baciai mille volte quel luogo. Baciai quasi tutta la grotta; né sapea distaccarmi, perché veramente faceami risvegliare quel beato momento in cui ebbero luogo in questa grotta i misteri della natività di N. S. G. C.


[114]
La Grotta di Betlemme, per mezzo di un piccolo pertugio continua in altra lunghissima grotta, in fondo alla quale termina colla grotta di S. Girolamo, che si dice Oratorio di S. Girolamo, che è il luogo ove spiegava la Scrittura e facea penitenza battendosi il petto con un sasso: in essa io dissi messa, e recitai l'ufficio di notte. Fra la grotta di S. Girolamo, e quella di G. C. lungo una specie di corridoio v'è l'altare di S. Giuseppe, ove stava il santo, mentre M. V. partoriva G. C.; il sepolcro degli innocenti; ove stanno le ossa di que' bambini che furono fatti morire in Betlemme per ordine di Erode; il sepolcro di S. Eusebio; quello di S. Paola e di S. Eustochio, il sepolcro di S. Girolamo.


[115]
Sonvi altre due Chiese grandissime vicino alla grotta, ma in mano degli Scismatici: poi v'è la scuola di S. Girolamo 20 passi lungi dalla grotta, nella quale stanno i cavalli dei Turchi. La città di Betlemme non fa che 4000 anime, 2000 sono cattolici; è la cristianità più numerosa della Palestina. Gerusalemme in 50000 abitanti circa, vi sono circa 1000 cattolici soltanto. Betlemme è sempre tempestata da beduini, i quali vogliono, pena la morte, quelle provvigioni che esigono: succedono sempre ammazzamenti. Non rispettano che i frati, uno dei quali è loro giudice: guai se si parla loro di obbedienza al Sultano, od al Pascià; muoiono piuttosto di rispettare nemmeno il portinaio. La notte, in cui noi arrivammo in Betlemme fu ucciso un greco da un beduino.


[116]
Il giorno dopo visitammo i luoghi rimarchevoli fuori della mura, cioè 1º. la grotta del latte, ridotta in una chiesa, nella qual grotta stette ed allattò il Bambino fuggendo in Egitto: qui aggiungono ancora che M. V. mentre allattava il Bambino Gesù in questa grotta, le cadde in terra una goccia di latte; e quella terra serve assai bene ai circonvicini per far venir latte a quelle donne, che ne son senza. 2º. la casa di S. Giuseppe, di cui non si veggono che le fondamenta. 3º. distante una mezz'ora il villaggio dei pastori, che adorarono il neonato Redentore. 4º. Il vasto campo di Booz, dove la Moabitide Ruth andava dietro le pedate dei mietitori di quel ricco proprietario raccogliendo le spighe: in questo campo, v'era anticamente la torre del gregge, dove Giacobbe figlio d'Isacco adescato dall'abbondanza del pascolo piantò i suoi padiglioni dopo la morte della bella Rachele.


[117]
In mezzo a questo campo v'è la grotta, ove si trovavano quei vigilanti pastori, che stavan di notte facendo la ronda al loro gregge, quando apparve loro l'Angelo del Signore, ed abbagliandoli di celeste splendore, annunziò loro la lieta notizia, che era nato il sospirato Messia. Io baciai il luogo ov'apparve l'Angelo, e il luogo ove erano i Pastori, a cui v'è annessa ind.a plen.a: in questi luoghi sonvi due altari, e questi, come la chiave della Grotta è in mano dei Greci scismatici. Sotto alla Grotta dei Pastori evvi la spelonca di Engaddi che ricorda il fatto ivi accaduto fra Davidde e Saulle.


[118]
A destra 1 ora di cammino a cavallo v'è il monte dei Franchi, su cui sorgeva il castello Erodion fabbricatovi da Erode il grande, che servì poi di luogo di sua sepoltura, e dove nel 1200 si trovarono 400 Crociati, e si mantennero per 40 anni inespugnabili contro tutti gli sforzi dei Saraceni per farneli snidare.


[119]
Alla sera tornammo affaticati a Betlemme, ove progettammo il viaggio del giorno seguente. Ribaciata e venerata la santa Grotta, partimmo all'alba del 10 alla volta di Ain-el-Qarem, che è S. Giovanni in Montana, per visitarvi i santuari del Precursore, nel qual viaggio col ritorno a Gerusalemme impiegammo due giorni.


[120]
Il primo luogo rimarchevole che incontrammo e percorremmo tutto, fu l'Orto rinchiuso, di cui si parla nel Cantico dei Cantici, e dove si educavano i giovani arboscelli per esser quindi trapiantati in altri luoghi: orto veramente rinchiuso dalla natura fra due monti, e simbolo e figura della gran Vergine Madre, cui è dalla Chiesa appropriato. È una meraviglia di vegetazione; è lungo due miglia; l'ha comperato un protestante. Vengono appresso le famose Vasche di Salomone, che sono in capo all'Orto Rinchiuso e sono 570 passi di lunghezza e d'un enorme profondità. Più sopra v'è il Fonte Sigillato, il fons signatus della Cantica, simbolo e figura della Madonna, come vuole la Chiesa, le cui acque si versano nelle Vasche sopraddette fabbricate da Salomone; e queste acque s'incanalano in un acquedotto, che le conduceva anticamente fino al tempio di Salomone in Gerusalemme, cioè a distanza di 50 miglia. Dicesi fonte sigillato da ciò che si suggellava col sigillo del Re.


[121]
Poi dopo traversate tre montagne, giungemmo alle 2 pom.e al fonte di S. Filippo, dove il diacono S. Filippo battezzò l'Eunuco della Regina Candace. A questa fonte ci fermammo a prendervi ristoro consistente in pane e frutta, con acqua. Seduti su questo celebre fonte evangelico cominciammo a parlare di Dio, e di G. C. ad una turba di musulmani che ci circondava: ascoltavano con avidità, ma favellato ad uno di bere un po' di vino che avevamo in una bottiglia, rispose di non volerne bere perché temeva di Maometto; gli altri ne avrebbero bevuto un barile, quantunque dalla loro Religione proibito.


[122]
Alla sera giungemmo alla patria di S. Gio. Battista, detta dai Turchi Ain-Qarem. Alla mattina celebrai Messa alla camera sotterranea ove nacque, la quale è una meraviglia pe' tesori che contiene, offerti in tutti i secoli dai regnanti e ricchi che frequentarono la Palestina. Dieci minuti distante dal luogo della nascita v'è la Casa di S. Elisabetta e S. Zaccaria, genitori del Precursore, nella quale ricevettero Maria Vergine, quando andò a visitarli, e stette con essi tre mesi. Fu qui appunto, ove fu composto il Magnificat, ed il Benedictus; e qui sul luogo medesimo ove fu composto, lo recitammo.


[123]
Dopo la messa poi andammo al deserto di S. Giovanni; dista dalla città tre ore di cavallo: dopo un'ora di cammino trovasi una rupe lungo la via, sulla quale saliva il Battista a pregare il regno dei cieli, e il battesimo di penitenza alle turbe che si affollavano intorno a lui: baciai questa rupe, la quale da nessuno fu mai potuto rompere. Per disprezzo un turco essendo riuscito a batterne fuori un pezzo, gittollo in una calchiera per fare calcina, ma esso rimase sempre intatto, e si conserva vicino al tempio della nascita, ch'io parimenti baciai.


[124]
Poi scendendo attraverso dei monti giungemmo al fondo di una valle intersecata di erbe aromatiche e bronchi. Nel fondo di quel deserto tutto spira silenzio, raccoglimento, penitenza. Un antro irregolarmente incavato in una durissima rupe, cui si ha accesso per mezzo di una piccola scala praticata nello stesso masso, ed una limpida sorgente che scaturisce dalle spaccature di una scogliera, e si versa entro una piccola vaschetta formata di terra ai piedi di quel solitario recesso, ci annunziava di esser giunti sul limitare della porta dell'abitato di colui che fu Precursore di Cristo. Noi vi entrammo arrampicandoci e che vi trovammo?


[125]
Un nudo banco di pietra, che serviva di letto al penitente abitatore dei deserti, ed un piccolo foro, che veglia nella sottoposta valle di Terebinto, ecco tutto ciò che trovammo in quella spelonca. Ma quelle spine, quelle acque, quelle rupi, quell'orrore, oh! quante sublimi idee non mi risvegliarono alla mente! Pareami proprio di vedere S. Gio. Battista vestito di pelo di cammello con una cinta di cuoio ai lombi, che si pascesse di miele e di locuste; e mi sembrava di udire la sua voce, che predicava nel deserto, ed esclamasse "preparate la via del Signore, raddrizzate i suoi sentieri". Più in su vidi i sepolcri di S. Elisabetta e S. Zaccaria; parimenti vidi gli avanzi del castello di Modin che fu patria dei valorosi Maccabei.

Poi ritornammo per la valle di Terebinto, celebre perché in essa fu ucciso dal pastorello Davidde l'orgoglioso gigante Golia; vidi ov'era accampato Saule, ed i filistei, la valle dove Davidde prese le sette pietre; e c'immaginammo, passo più passo meno, il luogo, ove cadde Golia.


[126]
Alla sera tornammo a Gerusalemme per S. Croce che è una chiesa fabbricata in quel luogo, ove fu tagliato l'albero della Croce per farvi morir G. C. V'è un magnifico Monastero e Noviziato dei Greci Scismatici, che visitammo tutto: è come tre volte il palazzo Bettoni: vi sono tutti i comodi possibili, per facilitare il cammino a casa del diavolo a quegli empi sciagurati. Ed eccoci per l'ultima volta a Gerusalemme. Quivi assettati tutti i nostri affari, dato l'ultimo saluto ai sacri luoghi, agli amici, ai Superiori, e a tutti coloro che ci hanno in qualche modo beneficato partimmo ai 13 da Gerusalemme e sotto pizzicanti sferzate del sole potemmo a mezzanotte trovarci più morti che vivi a Rama. La mattina per tempissimo detta la messa nella camera di S. Nicodemo, partimmo attraverso la pianura di Saron e giungemmo a Iaffa prima ancor del mezzogiorno, nel qual viaggio m'addestrai sufficientemente a cavalcare; mentre toccatomi accidentalmente un cavallo che aveva del matto, mi apprese a mie spese a ben cavalcarlo, sì che con D. Dalbosco, bravo cavalcatore, giungemmo a Iaffa un'ora prima degli altri.


[127]
Quivi visitata la Chiesa, ov'ebbe S. Pietro la visione del lenzuolo, salimmo il Marsey il quale ci porta ora in Alessandria e già vi siamo dirimpetto. Il mare che avemmo, quantunque non fosse burrascoso, nulladimeno è stato tristissimo, specialmente in faccia alle bocche del Nilo.


[128]
Ma prima di lasciare il pensiero della Palestina che ho visitata, voglio dirvi che questa era la terra promessa come sapete dalla Scrittura, e certo anticamente era la più fertile parte dell'Asia; ora, eccettuato l'Orto Concluso, la Valle di Terebinto, e la vasta pianura di Saron, la Palestina è ridotta la terra della desolazione, tutto sassi, cenere e spine, e non dico uno sproposito se affermo essere ora la parte più sterile dell'Asia, dopo la Siberia.


[129]
Voglio dirvi ancora la cara amicizia che strinsi con Monsignor Ratisbonne: quest'anima veramente angelica fu convertito alla fede dalla Religione giudaica dal S. Padre; e siccome è uomo facoltoso perché milionario e più, diede ora fondamento ad un istituto di Monache in Gerusalemme, che le chiamò le Suore del Monte Sion, su cui trovasi l'istituto.

Il suo scopo è la conversione degli ebrei, dei greci protestanti, armeni scismatici e tutti gli acattolici dell'Oriente: egli riceve queste da ragazze, le mantiene e le fa istruire gratuitamente, e s'adopera d'istallar loro i sentimenti di religione per tempo. Ora ha già sessanta soggetti bene avviati: egli è tanto innamorato della nostra Missione dell'Africa Centrale che volle stabilire con noi perpetua relazione reciproca, e dal punto della nostra partenza da Gerusalemme ci assicurò che fervide preghiere sarebbero state innalzate dal monte Sion a Dio per noi e per la nostra Missione dalle sue Monache, alle quali l'avrebbe imposto come regola ed a tre di noi lasciò per memoria un raro crocifisso, di squisito lavoro, che benedetto sopra il Santo Sepolcro l'ho stabilito il mio crocifisso da Missionario. Pregate per la sua opera che è di gran gloria di Dio. Stabilì qual protettrice della sua opera la principessa Dalla Torre, colla quale abbiamo pranzato insieme a Iaffa.


[130]
Or eccomi arrivato al Cairo. Partii ieri mattina da Alessandria, ed a mezzogiorno giungemmo al Nilo colla strada di ferro che va velocissima: passammo il Nilo col piroscafo, e montammo di nuovo la strada di ferro, e ier sera ben abbrustoliti giungemmo in Cairo; ivi abbracciammo felicemente i nostri cari compagni D. Oliboni e D. Beltrame, che per non perdere tempo hanno sacrificato il viaggio di Gerusalemme; e siamo andati invece noi tre, cioè D. Dalbosco, D. Angelo, ed io.


[131]
Frattanto addio, miei carissimi genitori: questo è l'essenziale pressappoco del mio viaggio in Terra Santa. Esso è una confusione, ed è scritto assai male: ma immaginate la fretta con cui è scritto, sempre di notte, quando avea bisogno di riposo, ed in mare in mezzo al fremere dell'onde: nulladimeno spero che cogli occhiali ce ne andrete fuori. È troppo lungo, ma è appunto quando si ha fretta, che non riesce che brodo lungo. Ad eccezione dei santuari del S. Sepolcro e Calvario, Betlemme e S. Giovanni in Montana di cui v'ho fatto qualche cenno, non vi ho detto quasi niente del resto per cui dopo che avete letto questo viaggio, dite che ho veduto 10 volte di più di quel che vi scrissi, e più ancora.

Accettate il più affettuoso bacio dal



Vostro affz.mo figlio

Daniele Sac. Comboni

N.B. Non ho più tempo di rivederla e rileggerla questa lettera: sarà piena di spropositi; ma scusatemeli; sono in troppo urgenza.



Daniele"






18
Suo padre
0
Cairo
19.10.1857
A SUO PADRE

AFC



Cariss.mo Padre!

Cairo, 19/10 = 57
[132]
In Alessandria ho trovato una vostra lettera con inclusavi una della mamma, le quali mi hanno discretamente consolato: dico discretamente perché trovo che voi siete molto addolorati per la mia separazione. E non sapete che non faccio passo senza ch'io v'abbia nel cuore? Se scrivo, se cammino, se passeggio, se mangio, parmi sempre di essere al vostro fianco; e mi ci vuole una riflessione per credere ch'io sono materialmente separato da voi. Oh dunque coraggio! il gran colpo è passato; ora non avete che a dire al Sig.re: ho fatto il gran sacrifizio, e voi dovete sempre mantenermi con quei sentimenti con cui era in quel momento in cui vi consegnai mio figlio. Siate forte adunque: sul Calvario ho celebrato per voi, come in tanti altri luoghi. Mi dispiace della morte della Marietta: [........]


[133]
In Cairo poi ho trovate quelle in data 23 sett.e le quali sonmi più consolanti. Aspetto notizie del prodotto di quest'anno.

Posdomani partiamo da Cairo alla volta di Korosco. In questo viaggio impiegheremo un mese sul Nilo. A Korosco comincia il gran Deserto di Nubia che passeremo in 16 giorni; poi in 13 giorni arriveremo a Khartum: in questo viaggio io coglierò ogni occasione di scrivervi, ma sappiate che generalmente è difficile: dunque non temete di noi. Se non v'arrivano lettere entro questo tempo, non dubitate, perché la causa è che mancano occasioni.


[134]
Noi siamo tutti di perfetta salute; i disagi sofferti per terra nel mio viaggio in Terra Santa, che non furono pochi, m'hanno grandemente fortificato. Speriamo sempre nel Signore: se Ei vuole che io muoia, fiat voluntas Dei. In ogni evento diciamo sempre: sia benedetto il Signore. Ed allora che cosa è il mondo per l'uomo giusto?


[135]
Frattanto in Gerusalemme ho consegnato ad un Frate i seguenti oggetti da spedirvi. Essi non vi capiteranno che un mese dopo Pasqua, perché vengono per mezzo del conduttore Francescano di Venezia, che porta ogni anno le elemosine in Gerusalemme, e questo Padre le consegnerà a D. Mazza, il quale poi le manderà a Voi. Ecco gli oggetti

1º. Due corone grandi incatenate per voi due;

2º. Due Crocifissi di legno del Getsemani, i quali di dietro hanno le 14 stazioni per la Via Crucis, della medesima materia di luoghi delle stazioni: p.e. la stazione, in cui G. C. fu aiutato dal Cireneo, e contrassegnata da un pezzo di terra del luogo, ove il Cireneo aiutò G. C. a portar la Croce. Gli altri due li darete 1 a M.r Tiboni, l'altro allo Zio Giuseppe.

3º. Due Crocifissi di metallo per voi due, benedetti in Articulo mortis, coi quali potete far la Via Crucis ed acquistate ogni volta indulgenza plenaria: così pure ogni volta che si baciano v'è indulgenza plenaria.

N.B. A tutte le corone che vi mando anche per gli altri, v'è annessa indulgenza plenaria ogni volta che si dicono; così pure ai Crocifissi di madreperla ed a quei di metallo, v'è indulgenza plenaria: ditelo a tutti coloro a cui ne mando qualcheduna.


[136]
Ad eccezione delle vostre due corone, le altre son tutte da incatenare, ed alcune senza medaglia. Prima di consegnarle avrei piacere che le faceste incatenare, che si spende una miseria, perché allora il ricordo è più compito.

4º Una corona ad Eugenio, 1 allo zio Giuseppe (nelle quali è notato il nome nel fardello, come in tanti altri) 8 a ciascuno de' nostri Parenti Comboni, 1 grande al Sig.r Rettore, 1 all'Arciprete di Tremosine 2 al Sig.r Giacomo e Teresa Ferrari ex-nostri padroni, 4 a Teresa maggiordonna del Sig.r Giac. Ferrari, alla Meneghina serva dei nostri, al Minico e Maria a Riva. 2 al Sig.r Pietro Ragusini e Sig.r Bortolo Carboni (siamo intesi di farle incatenare) (Siccome vi sono pochi crocifissi, così fate che prima sieno attaccati alle corone dei nostri parenti Comboni, poi a chi è più conveniente come Rag. etc. 3 a D. Giordani, D. Fogolari, e Luigi Prati inglese (queste tre si sped.o a D. Giordani). 7 fra Biset e sua moglie Nina, suo Padre e sua Madre, Martino Fedrici e sua moglie, e il Battista da Odol. 1.a al Caporale: 1.a alla Sig.ra Minica 1.a a Virginia, l'altra a sua sorella Moneghina bresciana, 1.a a D. Rovetta: 2.e allo zio Luigi e Pietro; Ve ne sono alcune altre, che potrete disporre a vostro piacere, p.e. a' parenti di Bogliaco, e qualche altro ch'io non mi ricordo....


[137]
Ne ho spedito parecchie al D.r Benedetto insieme colle vostre, il quale le spedirà poi, dopo averle incatenate ai Preti Patuzzi, al Sig.r Luigi G. Carettoni etc. A tutte queste corone è annessa indulgenza Plenaria ogni volta che si recitano: furono tutte benedette, come i Crocifissi sopra il S. Sepolcro, sono state calate nella buca, ove fu inalberata la Croce sul Calvario etc. etc. Le corone poi che mando per voi, quella dello Zio Giuseppe, i Crocifissi, e quel fazzoletto bianco che involge tutto ciò che mando a voi, il quale è ben cucito, (e di ciò mi risponderete) hanno toccato oltre il S. Sepolcro il Calvario, la buca, tutti gli altri Santuari e luoghi di venerazione della Terra Santa che furono visitati da me; così pure la corona del Sig.r Rettore e quella dell'Eugenio.


[138]
Le candeline che son tre pezzi, le quali provengono da Betlemme, mi furono date per la processione, che ogni giorno si fa al Presepio etc. hanno toccato tutti i luoghi di Betlemme, e benedette nel luogo ove fu partorito G. C. Queste le mando ai nostri cugini, affinché le accendano quando le loro mogli mie cugine partoriscono. Le altre tre poi del S. Sepolcro, hanno toccato il S. Sepolcro, il Calvario l'Oliveto, il Getsemani etc. io le mando a voi, una alla mamma, e l'altra allo zio Giuseppe, affinché quando siete in agonia sul letto di morte, e quando morirà lo zio Giuseppe (il che succederà prima di 100 anni) le abbiate ad accendere. S'io muoio, niente di nuovo, ma se torno in Europa dopo qualche anno, e che Dio vi mantenga tutti e tre in vita, ve ne porterò io stesso delle altre da Gerusalemme.


[139]
Una corona poi grande la darete ad uno dei nostri padroni. Forse non si farà loro piacere.... di quella fate quel che volete, regolatevi come vi piace. Vi sono poi alcuni sassolini della Valle di Iosafat, del sepolcro di Lazzaro, della grotta degli Ap.li etc. Delle medaglie di madreperla fate quel che volete.

Qui c'è una vera confusione: vi scriverò più chiaro da Khartum, perché già prima ch'io arrivi a Khartum, non le ricevete le corone. Scusate, non ho tempo.

Scrivetemi, ma lungo; quantunque non vi sarebbe che un volume per esprimere i sentimenti del vostro cuore verso di me. Caro padre, vi comprendo; non temete di me; io v'amo in modo indicibile; fate lo stesso voi verso il vostro aff. f.



D. Daniele






19
Eugenio Comboni
0
Cairo
22.10.1857
A EUGENIO COMBONI

AFC



Cariss.mo mio Eugenio!

Gran Cairo, 22 8bre 1857
[140]
Tu sarai ora in Innsbruck, ed avrai già dato principio all'anno scolastico. Oh la importante impresa incominciasti! L'impresa di farti uomo. Forse non comprenderai nella sua estensione questa gran cosa; ma il tuo sviluppo te n'avrà fatto conoscere gran parte. Se tu ti diporti bene, e corrispondi alle speranze che tutti hanno di te, devi fare un'ottima riuscita, ma se ti lasci avviluppare dall'andazzo della moderna gioventù, che cosa sarà di te? La carriera degli studi è una grande avventura per chi sa bene approfittarne, ma per chi è negli studi, e tende solo al piacere al divertimento senza punto o poco attendere ai propri doveri, lo studio è di rovina.


[141]
Io penso sovente a te; e mi compiaccio d'aver in un mio caro cugino un soggetto che promette molto, ma mi fai timore d'altra parte veggendoti gittato quasi in braccio a te medesimo senza la scorta incessante d'una cristiana sorveglianza e temo non che tu medesimo corri incontro alla sfrenatezza e corruzione della moderna gioventù, ma che questa a poco a poco ti trascini miseramente ne' suoi lacci.


[142]
Or dunque che dovrai fare, o mio Eugenio, per difenderti e rimanere illeso da tanto male? Ti devi ricordare gli avvertimenti che due giorni prima della mia partenza da Limone ti diedi. Tu dei trascegliere il Professor S. Pider a tuo spirituale Direttore, il quale son certo ti farà da padre, da consigliere, da tutto: basta che diffidi di te stesso, e non ti permetta di nulla intraprendere senza il suo consiglio od assenso. Salutalo da mia parte, e digli che anch'io ti raccomando; io non lo conosco, ma basta per me che sia amico del venerando Mitterrutzner per averne tutta la stima. Ricordati di frequentare i sacramenti; che sono il più gran mezzo per serbarti illeso dalla moderna corruzione; fuggi i cattivi compagni, che sono la peste dei buoni, e ricordati anche di me d'una qualche Ave Maria, ch'io feci altrettanto per te specialmente nel mio viaggio in Palestina, Gerusalemme etc.

Rinnovandoti le mie raccomandazioni, mi dichiaro



Tutto tuo cug.

D.n Daniele Comboni

Missionario Apostolico dell'Africa Centrale






20
Suoi genitori
0
Siut
30.10.1857
AI SUOI GENITORI

AFC



Carissimi Genitori!

Siut, 30 8bre 1857
[143]
Come già vi scrissi partimmo dal gran Cairo la sera del 22; e dopo felicissima navigazione giungemmo stasera alla capitale dell'Alto Egitto, ove contiamo di fermarci mezza giornata per poscia ripartire alla volta d'Assuan. Ma prima di lasciare questa amenissima città, voglio citarvi una scena ch'ebbe luogo nella gigantesca capitale di tutto l'Egitto, il Cairo.


[144]
Ogni anno i gran ministri della religion musulmana a nome del governo d'Egitto, sogliono mandare alla Mecca un gran velo del più fino damasco ricamato in oro e gemme, affinché tocchi la santa tomba di Maometto. Questo velo rimane alla Mecca per un anno, finché l'anno veniente si manda colà da Cairo un altro velo per ritirarvi quello, che venne toccato dalla sacra tomba, la quale, come sapete, dicono i musulmani che è sospesa in aria nel gran tempio della Mecca, nel quale v'è pena la morte a chi v'entra che non sia musulmano.

Chi conduce il velo santificato, generalmente è un distinto personaggio. In quest'anno toccò alla sorella del Re d'Egitto, la quale tornava in gran treno il giorno dopo appunto ch'io arrivava al Cairo. Or ecco la scena che ebbe luogo nei tre giorni posteriori al mio arrivo, e ch'io fui testimonio.


[145]
Questo velo vien portato da un cammello, il quale diventa subito santo, e santo in modo che diventano felici coloro che lo toccano. Il primo giorno dell'arrivo il velo viene esposto nel tempio, che è il più grande e devoto del Cairo, nel quale io entrai con D. Angelo ed Alessandro, ma dopo esserci fatti legare i piedi con sandali di tela bianchissima, previo il generoso bachsis a chi presiede alle porte; questo velo vien baciato e toccato dai grandi prima, e poi dal popolo; il terzo giorno poi il cammello santificato per aver portato dalla Mecca il velo, vien condotto in bardatura d'oro nella gran piazza del Cairo, detta Esbichièh, e coloro che vogliono diventar santi sapete che fanno? Si distendono nudi in mezzo alla piazza bocconi o supini per terra, ed il cammello per tre ore continue passeggia sopra questi corpi vivi e nudi, e a chi rompe un braccio, a chi un occhio, chi rimane schiacciato, chi una gamba etc. ed è una meraviglia vedere le bastonate e percosse che si danno, e le risse che succedono, perché tutti vorrebbero essere ammessi al grande onore di essere calpestati dal cammello santificato.


[146]
Dopo questa scena di tre ore, i poveri feriti, che diventano santi, vengono condotti in processione al Qalaa che è la Moschea del re, e qui vengono ricolmi di onori da un popolo esultante, e questi poi sono come oracoli presso il popolo.. (A qual segno arriva il fanatismo!!)

Il cammello poi vien nutrito e conservato con tutta sollecitudine; e v'è pena la morte a chi l'adopera a qualche uso, per quanto nobile sia. Per sette giorni durò la festa del Ritorno della sorella del gran Pascià dalla Mecca. Solo di polvere, e lavori, fuochi, artificiali etc. si calcola un milione di franchi di spese, senza computare la lautezza dei conviti, che abbracciano spese considerabili, perché presso gli orientali non v'ha limite. Nei cinque giorni che rimasi in Cairo, visitai il palazzo del Gran Pascià, ed il tempio del Qalaa edificato da Mahhamed-Aly, di cui non posso esprimere lo sfarzo e la ricchezza: è tutto di alabastro: le perle sono innumerevoli, gli ori, le gemme: è un vaso di moschea grande come due volte sole il duomo di Brescia: ma la sua preziosità, la sua forma, che è una sola cupola ed una sola rotonda m'ha fatto impressione maggiore che i templi di Firenze, Venezia, e Gerusalemme.


[147]
Il Cairo, secondo la statistica dell'anno scorso, comprende 1 milione e più d'anime: ha quattrocento e cinquanta superbe moschee (templi maomettani) con altrettanti elegantissimi minareti (specie di torri) molti dei quali superano in altezza la torre di Verona; e fra queste soltanto sonvi (mi duole il dirlo) circa 4000 cattolici, e tre chiese cristiane, nelle quali fanno le loro funzioni i maroniti, i copti, i greci, gli armeni, sicché in due specialmente di queste nasce una vera Babilonia.


[148]
Visitammo più volte il Vescovo del Cairo, il quale abita nel Convento dei Francescani, ove noi alloggiammo, e fu grazioso nel darci un bravissimo giovane nato da una concubina mora e da un adultero bianco toscano. Questo giovane lo conduciamo con noi nelle regioni incognite, e promette grande riuscita malgrado la malizia in cui nacque e venne educato. Non vi parlo degli scandali che nascono sulle pubbliche piazza, lungo le vie, negli stessi bazàr (mercati) perché non voglio insozzare la penna in descrivere tante pubbliche offese di Dio. Ma voglio lasciare questa malaugurata città, che secondo il detto d'uno scrittore, è la vera Babilonia moderna: essa ha 27 miglia di circonferenza; ed eccomi sulle nostre dahhabie (barche).


[149]
I cinque artieri sono sopra la prima e più grande e la più ricca di pidocchi. I cinque Missionari, il bravo giovanetto, ed il nostro servo nativo della Nubia, sono sulla più piccola, più elegante della prima, meno ricca di pidocchi, ma zeppa di sorci e cimici e mosche pungentissime, le quali ed i quali ci fanno allegra e talvolta triste compagnia. Il nostro viaggio sul Nilo è deliziosissimo; le sue sponde sono ricche di palme di zucchero, di dattili, banani etc. e le sue campagne circonvicine sono fertili di durah e granaglie. Ad ogni tratto sonvi paesi e villaggi, tutti alti meno di un uomo, fatti di terra cotta al sole, che con un pugno si atterrano. I fanciulli i giovani, e la maggior parte degli uomini sono nudi, e lavorano nudi sotto il sole. Ogni giorno per qualche quarto d'ora smontiamo a terra per provvedere colla caccia tortore, colombi, piccioni, e pitti [= tacchini], che vi sono a migliaia.


[150]
Sapete che cacciatore sia io; eppure io fo trista caccia, quando arrivo ad uccidere un solo piccione o tortorella con una schioppettata. Quante volte, a stare in barca atterriamo dei dindi e pitti ed anitre del peso di 16 ed anche 20 libbre l'una, le quali sono squisite al pari di quelle d'Europa; queste si cacciano a dieci a cento sopra la nuda sabbia di qualche isolotto; e al suono d'una schioppettata, molte di quelle che non cadono, restano là ferme, sicché si giunge a termine di caricare lo schioppo, e ucciderne delle altre. Vienmi in mente quando coll'Eustachio eravamo felici a Dalco quando potevamo mangiare quattro o cinque tordi uccisi collo schioppo (da lui, non da me!!).


[151]
Ma basta: qual'è la vita che noi conduciamo in barca?? Prima di tutto dovete sapere che ora noi navighiamo contro il Nilo, è il Nilo parte dal centro dell'Africa e si scarica vicino ad Alessandria nel Mediterraneo; eppure andiamo a gonfie vele colla velocità, con cui corrono le nostre barche sul Garda quando vanno a vela che appena può sostenersi intera. Il Nilo è largo come due volte il Po, e talvolta come da Reamolo a Navene, ed è profondissimo in certi luoghi, in altri assai basso da arenare la barca; noi ci arenammo tre volte, ed una ier sera che a mala pena dopo due ore di fatica ci riuscì d'uscirne.


[152]
[........] ma ecco la nostra vita: a mattina all'alba ci leviamo; non già da letto, che il nostro letto consiste nel mettersi sotto alla testa un fardello di robe da lavarsi o un vestito e coricarsi sopra le asse della barca! Quante volte mi vengono in mente le sollecitudini della mamma nel voler farmi un letto molle; io acconsentiva per non esserle dispiacente, e per apprezzare la sua illimitata premura, ma lo desiderava duro per avvezzarmi. Ora sono avvezzato, ma siccome ogni mattina ci leviamo colle coste come peste dal bastone, D. Giovanni pensò di munirci di un cuscino per coricare il capo, affine di sottoporre alla vita quello che prima si sottoponeva alla testa; ed ecco infatti, che arrivati in Minieh città commerciante, a' 28 comprammo della tela, e giunti in barca ci siamo tutti cinque tagliati fuori la nostra parte di tela, e ci siamo fatti un cuscino. Ho lavorato mezzo giorno a cucire ed oh le risa che facemmo. Dicevamo a D. Checco che era Professore al Liceo di Verona: se vi vedessero i vostri scolari a far da sartore?


[153]
A me veniva in mente la mia buona mamma, che in un'ora avrebbe fatto chetamente quel che io feci a grande fatica in mezza giornata. Fra il giorno poi, dopo eseguiti i nostri doveri di religione in comune, cioè la meditazione, l'ufficio, l'orazione vocale, la lezione spirituale, l'esame di coscienza, il rosario, ci mettiamo a discorrere delle cose d'Europa, e scrivere memorie sul proprio giornale, ad osservare la sempre crescente bellezza delle sponde del Nilo, a schioppettare qualche piccione etc. Ci occorre alle volte che ci compariscono a bordo nuotando degli uomini ignudi i quali hanno raso il capo, fuorché una gran coda nel mezzo, i quali con un piagnisteo che muove a compassione ed a schifo, ci domandano del pane, e denaro, che poscia mettono in bocca, e tanto insistono anche dopo ricevuta l'elemosina, che bisogna cacciarli spesso col bastone: sapete chi sono? Son monaci e sacerdoti cristiani-copti scismatici, che abitano le vicine montagne e vivono d'elemosina: e quando passiamo vicino a qualche grotta, essi si spiccano dalla cima alta come la chiesa di Limone, e più e saltano in barca nudi affatto, e si dipartono poi saltando nel fiume e nuotando.


[154]
La sera poi fino alle 11 circa la passiamo nel cantare discorrere specialmente della nostra Missione, e sul modo d'introdurci la prima volta nelle Regioni Incognite dell'Africa Centrale. A dirvi la verità si soffre ma si gode altresì, pensando che andiamo a propagare il Regno di Xto. Io son più sano e robusto di quando era in Europa. Noi siamo allegri e tranquilli e qualche volta ridiamo a spalle vostre rammentando aneddoti che toccaronmi con voi: coraggio dunque, o carissimi; orazione, e rassegnazione alla volontà di Dio.


[155]
Scusate se non vi posso dir tutto quel che passo, che veggo etc. A scrivere è un'impresa qui sulla barca che vacilla; e se vedete tristo carattere, rammentatevi che non vi son più i tavolini di S. Carlo, o Limone; si tratta di scrivere o sulla valigia, o sul ginocchio, o sdraiato per terra, e poi a scrivervi tutto ci vorrebbe un libro ogni volta. Ora specialmente, che siamo per entrare nel porto di Siut, le onde sono fortissime.

Il Nilo è zeppo di barche più che il mare nella sua proporzione; ogni giorno s'incontrano più di 120 barche senza vela e tante volte quelle che vanno in su come la nostra s'uniscono e si squarcian la vela, come pochi giorni sono successe alla nostra grande, che si fermò mezzo giorno per aggiustare la vela minore.


[156]
Addio miei cari genitori; vi ringrazio vivamente d'avermi dato il generoso assenso di percorrere la carriera della Missione; godete, state tranquilli, che i travagli della vita son sempre brevi e piccoli, quando si tratta di evitare le pene dell'inferno, e guadagnare il Paradiso.


[157]
Addio caro padre, cara mamma; voi siete e vivete sempre nel mio cuore. Io v'amo e vi stimo poi gran cosa, perché sapeste fare un'opera eroica, che i grandi del secolo, e gli eroi del mondo non sanno fare. Cianci il mondo a sua posta, vi abbia a vile, vi dica che siete imbecilli: voi avete riportato una vittoria che vi assicurò la vostra eterna felicità.


[158]
Dopo la pioggia che ho preso con voi a Verona, non ho veduto cader nemmeno un goccio d'acqua. Il cielo d'Egitto è sempre brillante. Salutatemi i parenti tutti di Limone e di Riva; mi dispiace tanto della Marietta. Riveritemi il Sig.r padrone, la signora padrona,

il Sig.r Giacomo e Teresa Ferrari, il Sig.r Rettore, i Parroci di Tremosine, i giardinieri di Supino e Tesolo, il Sig.r Giuseppe, e Giulia Carettoni, Sig.r Luigi Prudenza, D. Ben, Ragusini, Vincenzo Carettoni, Minica, Virginia, etc. etc. Caporale, Rambottini etc. mentre mi dichiaro di cuore



Vostro aff. figlio

D. Daniele Comboni

Miss.o Apostolico




[159]
NB. Lasciava fuori la circostanza più critica del nostro viaggio. Il Nilo al Monte Abu-Feda trovasi fiancheggiato da due alte montagne che non gli lasciano altra uscita per lo spazio di tre miglia; questo passo è pericolosissimo, ed ogni poco succedono naufragi per la forza e l'irregolarità dei venti. Appena entrati colle nostre due barche in questo labirinto, un veementissimo vento squarciò la vela maggiore, ruppe in molti pezzi le sponde ella barca, e i sei marinai della nostra piccola barca non sapevano più che fare, perché ad uno cadde sulla testa una trave, mentre le due barche si cozzavano insieme. In questo frangente D. Giovanni ed io ci cavammo le scarpe ed i vestiti ad eccezione della camicia e pantaloni pronti per gettarci nel fiume zeppo in questo tratto di vortici. D. Francesco s'attaccò ad una trave, D. Alessandro ad un asse, e D. Angelo senza far né bene né male abbracciò il crocifisso: mentre dicevamo l'Ave Maria e ci apparecchiavamo a darci reciprocamente l'assoluzione, il vento ci gettò in un banco di sabbia e fummo salvi. Uscimmo a terra e cantammo due allegre canzoni sacre ed ora ci troviamo lieti a Siut, ove domattina speriano di celebrar messa. Benedetto il Signore e benedetta Maria che è sempre con noi. Da questo luogo sono passati altri, noi pure!






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