EGYPT-SUDAN

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Sede: Comboni House - KHARTOUM (Sudan)

EGITTO

Per Comboni, l’Egitto è “la porta dell’Africa”. La varca per la prima volta nel 1857, con i compagni della spedizione missionaria di Don Mazza. Ci ripassa poi più volte, ma è solo nel 1867, come capo del nuovo istituto missionario da lui fondato, che stabilisce in Cairo Vecchio, presso il convento dei Maroniti, due istituti per africani, uno maschile e l’altro femminile. Sempre al Cairo, nel 1869, apre una terza casa, la “Sacra Famiglia”, la prima scuola con maestre nere. Il fatto è che nel “Piano per la rigenerazione dell’Africa”, l’Egitto gioca un ruolo essenziale, come prima tappa e centro di acclimatazione per i missionari e missionarie destinati all’Africa centrale, come pure per la formazione umana e cristiana degli africani che dovranno poi a loro volta addentrarsi nel continente ed essere gli evangelizzatori della propria gente. Per questo, nel 1879, quando giunge in Africa il secondo gruppo delle sue missionarie, Comboni costituisce in Cairo la prima comunità delle Pie Madri della Nigrizia. Oltre che per l’acclimatazione, il tempo passato in Egitto deve servire per l’apprendimento dell’arabo. Sempre al Cairo, nel 1880, Comboni assiste alla benedizione della prima pietra dell’attuale “santuario Cordi Jesu” , il primo dedicato al Cuore di Gesù in tutta l’Africa. E sempre in Egitto, nella chiesa di Assuan, verranno conservate per circa 60 anni, le poche ossa ritrovate nella tomba di Comboni dopo la bufera mahdista. È quindi dai tempi del fondatore che comboniani e comboniane prestano ininterrottamente il loro servizio missionario in Egitto. Molte case ed istituzioni sono state chiuse, come la famosa Colonia antischiavista Leone XIII di Ghesirah (Zamalek), fondata nel 1888 dal successore di Comboni, Mons. Sogaro per i profughi sudanesi. Attualmente, la presenza comboniana nel paese consta di 6 comunità maschili e ben 15 femminili che cercano di rispondere in vari modi alle diverse esigenze locali.

I comboniani sono ancora presenti in tre parrocchie del Cairo. Cordi Jesu, iniziata da Comboni, è anche centro di incontri e preghiera per vari movimenti ecclesiali. Intorno alla chiesa di Sakakini si radunano e vengono seguiti invece migliaia di profughi africani, specialmente sudanesi. I profughi etiopici hanno come punto di riferimento la parrocchia di Zamalek, una delle più attive di tutto il Cairo, frequentata da persone di 52 nazioni.

Missionari Comboniani, Cairo Cordi Jesu.

La scuola della parrocchia di Helouan, coi suoi 1.700 allievi in maggioranza musulmani, è da oltre 100 anni un luogo d’incontro e di dialogo con musulmani e copti ortodossi. Ad Assuan, la cattedrale fondata da Mons. Roveggio nel 1895 è ora parrocchia copta e latina, punto di riferimento anche ai numerosi turisti poiché è l’unica chiesa cattolica in città.

Nel 1935 venne offerta ai comboniani la Prefettura Apostolica di Gondar, che copriva un vasto territorio situato nel Nord-Ovest dell’Etiopia ed confinava con il Sudan per parecchi chilometri.La sede della Prefettura era la città di Gondar. Una città storica ed anche centro importante della cultura Etiopica e della Religione Ortodossa.

I primi Comboniani arrivarono nel 1936. Erano pieni di entusiasmo e si dedicarono subito al lavoro apostolico. In quattro anni di attività riuscirono ad aprire nove missioni. A Gondar s’incominciò la costruzione della Cattedrale, del seminario, della casa del vescovo e degli uffici della curia. La Prefettura era diventata veramente un cantiere pieno di iniziative e di attività. In pochi anni, circa 35 confratelli furono destinati a quella missione che era sotto la guida di Mons. Pietro Villa.

I Missionari erano entrati con i soldati italiani e quando questi furono sconfitti (nel 1941) dall’esercito Etiopico, con l’aiuto degli Inglesi, dovettero lasciare le missioni e le fiorenti comunità cristiane. Anche i Comboniani dovettero lasciare Gondar. Un gruppo di loro si ritirò in Eritrea dove subito si organizzarono e aprirono il Comboni College di Asmara (1947) con P. Gasparini e soprattutto, con P. Ceccarini, aprironoil seminario minore di Decamere (Ottobre 1963), cominciando così una attività di formazione Comboniana ben strutturata.

Di particolare importanza a Zamalek, in Cairo, il Centro di Studi Arabi, chiamato opportunamente Dar Comboni. Diretto dai comboniani, e aperto ad una sessantina di sacerdoti e religiosi/e di tutto il mondo, il centro collabora con il PISAI di Roma. È un’iniziativa in linea con le necessità intuite giá da Comboni, quando, scrivendo al fondatore dei Verbiti, Arnold Jansen (canonizzato con lui il 5 Ottobre 2003!), diceva che i suoi missionari “studieranno l’arabo in Egitto, che è per noi necessario come la teologia”. Dopo alterne vicende, dal 1 Gennaio 1996 il gruppo comboniano è tornato ad avere lo statuto giuridico di Delegazione.

Khartoum (SUDAN)

All’Africa, e in particolare al Sudan, Comboni dà tutta la sua vita. Quando Mutran es Sudan, il vescovo del Sudan, muore a 50 anni a Khartoum nel 1881, il Vicariato dell’Africa Centrale non esiste più solo sulle mappe ecclesiastiche, ma è una realtà che comincia a dare frutti. Asswan, Wadi Halpha, Berber, Swakin, Omdurman, El Obeid, Dilling, Malbes: dietro il nome di ogni “stazione” missionaria, ci sono i nomi e il sacrificio di tanti sacerdoti, fratelli, suore e laici, compagni di Comboni nella sua avventura. Nel corso degli anni, molti muoiono sul campo, alcuni si ritirano, gli altri continuano la sua opera. I loro nomi appartengono alla storia della Chiesa sudanese. Fra questi missionari “comboniani” un ruolo importante e precursore lo giocano gli africani. Sacerdoti come il benedettino Pio Hadrian, o come Antonio Dobale, riscattato a Aden e poi incaricato della colonia agricola di Malbes. E le istitutrici laiche africane (le “morette”) che Comboni porta con sé da Verona, dove da anni si stavano preparando alla missione nei loro stessi paesi. Fra le sudanesi, ricordiamo Caterina Zenab, denka, definita da Comboni “una gran missionaria abilissima” e Fortunata Quascé, nubana, che più tardi diventa la prima africana Pia Madre della Nigrizia. Sr Fortunata affronta con coraggio la prigionia del Mahdi e dopo la bufera rimane fedele alla missione fino alla morte. Anche Daniele Sorur, dopo la morte del Comboni che l’aveva riscattato dalla schiavitù, torna come sacerdote a lavorare nella missione di Swakin. In loro Comboni ha intravisto i primi frutti maturi e la realizzazione del sogno espresso nel suo Piano. Rigenerare l’Africa per mezzo degli Africani è davvero possibile!

La bufera della Mahdia sembra arrestare e cancellare tutta l’opera comboniana. Il 26 Gennaio 1885 anche Khartoum cade nelle mani dei Mahdisti.Ma cinque anni dopo, il 4 Gennaio 1890, Mons. Roveggio arriva di nuovo nella capitale per riprendere il lavoro. La missione continua. L’anno seguente, a bordo del Redemptor i comboniani sono gia nel sud, a Lul, seguiti poco dopo dalle suore (1903). Da allora, il Sudan è la missione per eccellenza o per antonomasia della famiglia comboniana. Il governo anglo-egiziano divide peró il sud del paese in zone di influenza religiosa. Ai cattolici viene riservata l’area ad ovest della Provincia del Nilo Superiore e il Bahr el Ghazal. Al Nord invece non è permessa alcuna attività di evangelizzazione diretta. La Chiesa può assistere pastoralmente solo chi è gia cristiano, ed aprire istituzioni di carattere educativo e sociale. Per decenni, padri, fratelli e suore aprono e gestiscono scuole e dispensari. L’impegno generoso e tribolato di generazioni di missionari non manca di ottenere frutti prestigiosi, come il Collegio Comboni, simbolo e sinonimo di una buona preparazione scolastica e morale, in cui hanno studiato generazioni di giovani, in maggioranza musulmani, diventati poi professionisti e protagonisti della storia e sviluppo del paese, indipendente dal 1956. Di fatto, attraverso tutta una catena di istituzioni scolastiche, sanitarie e sociali, la Chiesa acquista sempre più autorita morale, e la comunità cristiana cresce anche in numero, nonostante il sospetto e le restrizioni da parte del governo musulmano. Dopo l’indipendenza, migliaia di cristiani del Sud si spostano al Nord, in cerca di lavoro e formano il nucleo di nuove comunità in varie località.

La presenza comboniana al nord continua così anche quando la politica persecutoria di Khartoum, che culmina con l’espulsione di massa del 1964, fa piazza pulita di tutti i missionari e le suore che lavorano nel sud del paese. Il conflitto armato che oppone il Sud Sudan al governo di Khartoum, rende ancora più difficile e delicato il lavoro missionario. La guerra provoca un grande flusso di sfollati, molti cristiani, che abbandonano il Sud e si rifugiano nelle periferie di Khartoum, Kosti, El Obeid ed altre città del Nord, in zone che prima non avevano mai visto cristiani. E la Chiesa li accoglie, li aiuta, istruisce ed evangelizza. Oltre alle periferie e zone urbane, negli ultimi anni è stata data un’attenzione particolare anche alle zone rurali più bisognose e di prima evangelizzazione del Darfur. La guerra genera odio e vendetta, semina miseria, ignoranza, malattie, disoccupazione, fame. Si tratta di aiutare gente sradicata, che rischia di perdere le proprie tradizioni. La disgregazione della struttura famigliare ha conseguenze pesanti soprattutto sui bambini e sulla donna, la cui identità e valore sono umiliati. Fra i cristiani, la discriminazione nelle scuole, negli ambienti di lavoro e la fame spingono i più deboli al compromesso con l’islam.

È questo il campo in cui oggi i figli e le figlie di Comboni sono chiamati a vivere la missione, incarnando il suo carisma. Prima evangelizzazione, pastorale catechetica, scolastica, sanitaria e sociale, con particolare attenzione alla formazione di leaders, alla famiglia e alla promozione delle donne, sono le priorità che sacerdoti, fratelli e suore comboniane, con il contributo della loro vocazione specifica, si trovano ad affrontare insieme oggi nel Nord Sudan. Non sono soli. Dopo essere stata a lungo protagonista della missione nel nord del paese, la famiglia comboniana è ora affiancata e collabora con altri 13 istituti religiosi maschili e 11 femminili. Ma soprattutto, lavora ormai integrata in una Chiesa locale sudanese.

La Provincia Comboniana d’Etiopia fu ufficialmente eretta il 20.01.1970. A quella data l’Etiopia includeva anche l’Eritrea. La divisione della Provincia in due circoscrizioni avverrà con l’erezione della Delegazione dell’Eritrea nell’ 01.01.2002. La divisione è dovuta a ragioni politiche (Indipendenza dell’Eritrea nel 1993 e guerra di confine con l’Etiopia nel 1998) che impedivano lo spostarsi dei confratelli da una nazione all’altra. Prima del 1970 le varie comunità Comboniane presenti in Etiopia erano legate, all’inizio, alla Provincia di Khartoum poi a quella del Cairo.

All’apertura del seminario minore di Decamere nel 1963, fecero seguito l’apertura delle varie fasi successive della formazione. Nel 1971 si aprì il Noviziato in Hawassa, mentre il Postulandato venne spostato dal Villaggio Genio (Asmara) alla casa provincializia nel 1985. Poi si costruì la nuova casa del Postulandato ad Asko, sempre in Addis Abeba, che venne inaugurata nel Settembre 2001. Oggi in Congregazione ci sono: Eritrea: 18 confratelli. Etiopia: 21 confratelli.

La presenza Comboniana in Etiopia incomincia subito dopo la morte del Comboni. Nel 1888 arriva a Massawa Il P. Luigi Bonomi che poi si sposta all’Asmara (1892), città che diventerà la capitale della Colonia Italiana dell’Eritrea nel 1897. P. Bonomi lavorerà in quella città fino alla sua morte nel 1927 dedicando le sue energie all’educazione di giovani Eritrei per i quali aprì una scuola ed un convitto.

P. Luigi Hanriot fu il secondo Comboniano ad arrivare in Eritrea. È arrivato da Tokar (Sudan) nel 1894 e morì all’Asmara pochi mesi dopo. Il suo progetto era di aprire una missione fra le popolazioni Cunama, che abitavano il bassopiano orientale confinante con il Sudan. Il progetto che P. Hanriot non riuscì a portare a termine, verrà ripreso e realizzato nel 2002, quando i Comboniani apriranno fra i Cunama le missione di Haikota e di Delle. Questi due missionari hanno lavorato con il Comboni per vari anni e sono rimasti fedeli alla missione. Però, entrambi non sono stati favorevoli al progetto di trasformare l’Istituto Comboniano in una famiglia religiosa e rimasero in missione senza diventare religiosi.

Dopo Mons. Francesco Sogaro, immediato successore di Comboni, cinque vescovi comboniani – Antonio Roveggio, Franz Zavier Geyer, Paolo T. Silvestri, Francesco Saverio Bini, e Agostino Baroni – hanno guidato il cammino della Chiesa di Khartoum. Dal 1981, un vescovo sudanese, Mons. Gabriel Zubeir Wako, creato cardinale nel 2003, è a capo della Chiesa sbocciata sulla tomba di Comboni e dei suoi. Oggi, l’arcidiocesi conta 35 sacerdoti diocesani, mentre quella di El Obeid, retta da Mons. A. Menegazzo, ne ha una quindicina. Senza contare i numerosi catechisti e laici responsabili delle varie cappelle, parrocchie e comunità cristiane. È con loro che le missionarie e i missionari comboniani continuano la missione iniziata da Comboni e dai suoi primi compagni e compagne.

Nella speranza che la pace, che sembra più vicina e che tutti i sudanesi di buona volontà desiderano, porti davvero la possibilità di un futuro diverso, più giusto e fraterno per tutto il paese e la sua gente, senza discriminazioni di razza, ceto sociale e religione. È il sogno di tutti, ma specialmente delle suore e dei comboniani sudanesi (2 vescovi, 16 sacerdoti e 7 religiosi in formazione) che in patria, al Nord o al Sud, e in vari paesi del mondo continuano la missione iniziata dal “vescovo del Sudan”, San Daniele Comboni.

A causa della situazione politica, dal 1997 le comunità di Juba, Wau e Malakal sono temporaneamente aggregate alla Provincia di Khartoum dei comboniani,e ad essa rimangono aggregate fino al referendum del 2011.

Recentemente i Comboniani hanno dato avvio alla creazione di una Universita’ Cattolica a Khartoum: sotto l’ombrello del Comboni College for Science and Technology (CCST) operano gia’ cinque programmi, l’ultimo dei quali (Educational and Religious Sciences. ERS) approvato definitivamente il 2 Dicembre 2008. I Comboniani hanno dato l’avvio, c’e’ la speranza che la Conferenza Episcopale Sudanese faccia proprio il progetto per potergli garantire continuita’ ed espansione.

La provincia oggi ha sviluppato un’istituzione per l’apprendimento della lingua araba e lo studio dell’islam – il Dar Comboni – unica nel contesto ecclesiale africano e mediorientale. Inoltre si dedica alla cura e allo sviluppo delle comunità cristiane locali, molte delle quali sono formate oggi da rifugiati dal Sud Sudan, Eritrea e altri paesi africani. Mentre in Sudan siamo i fondatori della giovane Chiesa locale, con cui continuiamo una stretta collaborazione al fine di renderla sempre più solida e autosufficiente, in Egitto il nostro ruolo è principalmente di animazione missionaria della Chiesa copto-cattolica perché possa aprirsi agli orizzonti della missione universale. Infine, attraverso le sue numerose istituzioni educative, che vanno dalle scuole primarie fino a un College universitario e che accolgono sia cristiani che musulmani, sia residenti che rifugiati, la provincia continua a promuovere lo sviluppo umano e la convivialità delle differenze. La concreta esperienza di mettere fianco a fianco persone di culture, etnie, tribù e religioni diverse, sia come compagni di banco a scuola che come educatori, rompe barriere e costruisce relazioni capaci di tessere assieme il bene comune.

È attraverso questa multiforme attività e la testimonianza della vita consacrata, che, con un gruppo di circa 50 missionari provenienti dai 4 continenti e in particolare da 11 paesi africani, continuiamo a realizzare il sogno di san Daniele Comboni: la rigenerazione e la salvezza dell’Africa con l’Africa.