Riduzione dalla parte seconda del libro (capitoli quarto, quinto e sesto)
di Jonathan J. Bonk, Missions and Money – Affluence as a Western Missionary Problem
3. CONSEGUENZE DELLA RICCHEZZA DEL MISSIONARIO OCCIDENTALE
La giustificazione missionaria per mantenere ed eventualmente accrescere la disparità economica e materiale tra se stessi e coloro che vorrebbero come discepoli, ha avuto tendenza, non illogicamente, ad agire sui vantaggi positivi della salute, conforto, sicurezza ed efficienza personali. Questo era il soggetto della parte precedente. La prossima parte metterà a fuoco alcune conseguenze negative, che sembrano essere quasi una parte inevitabile del prezzo che i missionari occidentali devono pagare per i loro privilegi.
Costi di relazione della ricchezza missionaria
“Ho detto ai miei amici missionari, “Così nobili che siete, vi siete isolati dal popolo che volete servire.” (M. Gandhi)
Ricchezza e isolamento missionario (insulation)
La parola insulate si pensa derivi dall’antico latino insulatus, che significa “fatto dentro un’isola”. Il verbo insulate oggi generalmente significa “prevenire o ridurre la trasmissione dell’elettricità, del calore o suono da o a un corpo (strumento o regione) ricoprendolo con materiale non-conduttore. I missionari occidentali, a causa della loro ricchezza, abitano in un’isola in un mare di povertà. La ricchezza costituisce quasi letteralmente il “materiale non-conduttore” che li protegge dal “calore” o “suono” della povertà in cui la maggioranza degli abitanti del globo vive, si muove ed ha la propria esistenza. L’isolamento che i privilegiati accettano come loro dovuto si manifesta virtualmente in ogni sfaccettatura della vita del missionario occidentale. Residenze confortevoli, ben fornite; armadi con diversi cambi di vestiti; vasi con diverse varietà di cibo conservato; armadietti medici forniti di preventivi e medicine efficaci di vario genere; polizze assicurative che provvedono al benessere dei propri cari in caso di emergenze impreviste; piani di investimenti assicurativi per la pensione che, prendendo buona cura del domani, sono calcolati per assistere i missionari anziani nel transito finale tra questa e la prossima vita; una mobilità costosa – a mezzo di veicoli personali – di cui ogni Occidentale si sente in diritto; risorse sufficienti per i voli locali ed internazionali da permettersi di fuggire il pericolo; vacanze gioiose e care; un’abbondanza di aiuti tecnologici ingegnosi di ogni genere, ogni strumento con l’obiettivo, a volte realizzato, di raggiungere il proprio scopo personale e professionale.
Ricchezza e isolamento missionario (isolation)
L’indipendenza è lo stato di un essere libero dal controllo di un altro. La segregazione è la pratica di creare servizi separati all’interno della stessa società per l’uso di minoranze. L’isolamento (isolation) è la mancanza di contatto, comunicazione genuina, o iterazione tra persone o gruppi all’interno di una società.
Ecco un’alta considerazione per la privacy personale: Cerchiamo una casa privata, mezzi di trasporto privati, lavanderia privata, magazzini self-service, e capacità fai-date di ogni tipo. Questo fiero desiderio di indipendenza personale non è abbandonato quando i missionari americani viaggiano all’estero. Ma se l’indipendenza è costosa nel Nord America, è ancora più costosa da mantenere nelle altre parti del mondo. Solo una persona con mezzi considerevoli può sperare di permetterselo.
Ricchezza e un invalicabile fossato sociale
“Loro sono loro e noi siamo noi”. É umanamente quasi impossibile per una famiglia agiata condividere profondamente una relazione fraterna con una famiglia le cui risorse materiali ed economiche sono pateticamente una frazione delle loro. Tra famiglie di disparati mezzi e standard di vita, l’amicizia è estremamente improbabile. É difficile negare che la disparità economica, e non semplicemente differenza culturale, pone un grande ostacolo alla reciprocità sociale fraterna. Conseguentemente, molti missionari occidentali – più istintivamente che deliberatamente – si associano ai poveri solo nel contesto del loro lavoro missionario. Negli altri contesti, i tentativi dei poveri di partecipare alla vita sociale dei missionari può essere soltanto una intrusione mutuamente imbarazzante
La disparità sociale e l’illusione della superiorità
I missionari moderni, circondati da ogni parte dall’evidenza della loro ascendenza economica e sociale, devono spesso combattere una battaglia persa contro “il segreto” sentimento di superiorità su coloro che possono difficilmente sussistere. Trent’anni fa era comunemente osservato come il “complesso del grand’uomo” – una condizione sostenuta dalla dif-ferenza che ai missionari frequentemente era riconosciuta dai “nativi”.
È difficile comportarsi come un servo quando sei ricco e potente, mentre coloro che tu servi sono poveri e deboli. In queste situazioni, è comune ridefinire la parola “servizio” come qualunque cosa che siamo inclini a fare per qualcun altro.
Ricchezza e relazioni di sfiducia
Nell’Africa Centrale, i missionari hanno dato relazione della confusione nelle menti native delle “vere” ragioni del loro essere là. I missionari scoprirono in fretta che la loro presenza, mentre creava poca fame e sete di giustizia, solleticava gli appetiti nativi per i benefici materiali goduti dagli uomini bianchi. Un missionario, avendo parlato tutto il giorno alla gente della “via migliore”, confessò di essere confuso dalla loro alta indifferenza a quanto aveva detto, e della strana preoccupazione per quanto egli avesse. Concluse indignato: “il loro solo obiettivo evidentemente è quello che possono ricavare da noi”. Il suo collega era precedentemente stato frustrato dall’inabilità del capo locale di capire la spiegazione accurata sul suo ”unico obiettivo” di andare in Africa; infatti la sua esposizione guadagnò dal capo niente più che una richiesta di “cinque o sei vestiti di tipo diverso”. Il missionario concluse: è molto difficile far capire la vera natura del nostro lavoro.
Come appare da questi incidenti, l’equivocità tra nativi e missionari era reciproca. I missionari sembravano non coscienti del curioso doppio standard di vita che giudicavano per se stessi e per i nativi. Pur razionalizzando la necessità di un alto tenore di vita per se stessi, erano sospettosi degli Africani che tentavano di seguire il loro esempio, tacciandoli di egoisti, e corti di mente.
Con il sorgere di missionari del Terzo Mondo, aumentando il numero di coloro che si stanno schierando con quelli occidentali, i problemi relativi alla disuguaglianza tra le comunità missionarie sono anche più complicate. La distanza sociale che viene con la disparità economica costituisce un contesto in cui minacciano la sfiducia ed il sospetto, e questa è una parte del costo relazionale che deve essere pagato dai missionari che si attaccano alle loro prerogative materiali da ricchi occidentali in un mondo povero.
Ricchezza, invidia e relazioni ostili
Con la ricchezza viene il vantaggio sociale; con il vantaggio sociale viene la sicurezza personale ed il potere – potere su coloro che hanno meno, potere sul proprio destino, il potere della scelta.
L’alto prezzo relazionale che i missionari occidentali devono pagare per la loro ricchezza, dovrebbe essere evitato, almeno per gli effetti insidiosi che ha sul processo di comunicazione. Infatti il mezzo ed il messaggio sono significativamente influenzati dalle relazioni del missionario con il convertito o presunto convertito. Se il messaggio della croce consistesse semplicemente in una serie di proposizioni teologicamente corrette su Dio, gli esseri umani, e la salvezza, l’obbligo di predicare il vangelo potrebbe essere portato a termine a mezzo di una serie di annunci pubblici alla radio. Ma la Parola deve sempre farsi carne, ed abitare in mezzo agli uomini. E la Via è sempre stata mostrata meglio da coloro che possono essere accompagnati dai probabili pellegrini. Un missionario è innanzitutto un segnale della Via, la cui vita deve essere imitabile dai suoi convertiti. Il missionario non è semplicemente un registratore, ma un pellegrino che invita gli altri ad aggiungersi a lui sulla stretta via.
Conseguenze comunicative e strategiche della ricchezza missionaria
Come era stato notato precedentemente, ogni strumento che aumenti l’efficienza e la longevità del missionario o riduca il tedio del compito missionario non soltanto rende la vita più facile, ma diventa un buon servizio. Computers, motoscafi, aerei, auto, fuori strada, camion, vestiti durevoli e confortevoli, residenze ben equipaggiate, scuole per i bambini missionari, e innumerevoli altre amenità che soltanto il ricco si può permettere, non soltanto rende il lavoro missionario più piacevole, ma anche più efficace, e dunque giustificabile. La ricchezza sotto questo aspetto è uno strumento per un fine.
Costi comunicativi della ricchezza missionaria
Comunicare significa dare o scambiare pensieri, sentimenti, valori e idee a mezzo di parole, gesti e stile di vita. La vera essenza della missione è la comunicazione – verbale e non-verbale. I Missionari sono coloro che, come l’apostolo Paolo, sono stati inviati con un messaggio di riconciliazione. Conoscendo “che cosa significa temere il Signore”, essi, soprattutto, “cercano di persuadere gli uomini” (2 Cor. 5, 11-21). È ironico, perciò, che uno stile di vita costoso ed i mezzi tecnologici usati dai missionari occidentali per facilitare la realizzazione di questo mandato comunicativo assicuri che né il missionario, né il vangelo del missionario siano capiti.
La comprensione del ricettore del messaggero e del messaggio è potentemente – anche se indirettamente – influenzata dalla ricchezza relativa del missionario. Lo strumento ed il messaggio, le parole ed i fatti, la teoria e la pratica, la fede e le opere, non possono essere separati nella vita di chi vorrebbe rimanere un cristiano credibile. Il messaggio della Croce non è mai stato inteso consistere esclusivamente o anche primariamente in una serie di proposizioni teologicamente corrette su Dio Trino ed Uno, l’uomo, il peccato, la salvezza, la Chiesa e la vita dopo la morte.
Coloro che vogliono essere araldi della buona notizia devono praticare una fede che sia capita ed imitata. Uno dei più grandi impedimenti ad una comunicazione credibile a cui devono far fronte i missionari occidentali è la loro relativa ricchezza; a causa di essa, la loro pratica personale della fede che proclamano può essere imitata solo da coloro i cui mezzi rendono il loro stile di vita una possibilità realistica.
Ci sono numerose vie in cui la ricchezza relativa dei missionari tende a storcere o in altro modo impedire la loro comu-nicazione effettiva del vangelo.
1. I missionari ricchi non possono identificarsi con le situazioni di vita del povero a cui il loro messaggio è indirizzato.
2. Non sembra esserci corrispondenza tra quanto un ricco missionario predica e quanto egli stesso pratica. Uno dei più grandi aggiustamenti che devono fare i missionari occidentali verso le nazioni povere comprende l’ironia della loro metamorfosi in ricchi signori – nello stesso momento in cui loro sono acutamente coscienti del proprio sacrificio. Alla fine del suo primo anno in Zaire, uno dei giovani medici missionari raccontò la battaglia della sua famiglia con l’ironia di essere considerati ricchi. In confronto, egli scrisse, “ sembriamo dei Rockfellers a molti zairesi. … spesso ci sentiamo frustrati perché siamo visti come dei ricchi oggetti, ed alcuni vengono da noi regolarmente solo per le cose che vogliono ricevere da noi”.
3. Il vangelo dell’abbondanza, predicato così eloquentemente e persuasivamente nel linguaggio silenzioso dello stile di vita missionario, frequentemente trasborda o si distorce per la comprensione del vangelo cristiano da parte dei poveri. Predicando il Vangelo della salvezza spirituale con le loro labbra, ed il vangelo dell’abbondanza con le loro vite, i missionari occidentali hanno frequentemente espresso la loro difficoltà con il fatto che la loro presenza, mentre creava una piccola sete e fame di giustizia, ha stimolato negli indigeni profondi appetiti per la cultura materiale occidentale.
È sorprendente che i cristiani provenienti dalle parti più povere del mondo – in risposta all’attirante vangelo di abbondanza che vedono così chiaramente espresso dagli emissari delle chiese occidentali – rispondano all’implicito invito dicendo “Si!” al materialismo? È soltanto recentemente che i missionari occidentali hanno scoperto, con dispiacere, che il movimento di cui fanno parte è stato accreditato come le più grandi agenzie di secolarizzazione degli ultimi due secoli.
Chiaramente i guadagni associati alla ricchezza (come quelli discussi nel capitolo terzo) devono essere confrontati con la difficoltà di misurare le perdite che i missionari devono essere preparati a soffrire nella loro efficacia come comunicatori del Vangelo.
Costi strategici della ricchezza missionaria
La strategia è l’arte o la scienza di pianificare e condurre la missione cristiana.Veramente pochi missionari occidentali non hanno niente da dire in materia di strategia. Antropologi, sociologi, economisti dello sviluppo, esperti di comunicazioni, teologi, giornalisti, specialisti di gestione, programmatori di computer, educatori, storici ed anche consulenti di marketing – ciascuno pensando che il suo particolare approccio provvede una chiave indispensabile ad una strategia piu` efficace – si inoltra in ciò che è conosciuto come missiologia. Nonostante ciò la strategia missionaria occidentale riflette un numero crescente di inadeguatezze significative, che sono, ad un grado elevato, conducibili alla ricchezza della chiesa occidentale.
1. La strategia missionaia occidentale è caratterizzata dalla dipendenza da una tecnologia molto cara. Senza battelli, aerei, auto a doppia trazione, moto, computers, radio, televisione, frigoriferi, elettricità, ed a volte aria condizionata, il lavoro missionario non può, apparentemente, essere realizzato – almeno dai missionari occidentali.
Quando camminiamo (a quattro km. all’ora) vediamo molte cose, osserviamo molte cose, possiamo incontrare amici e parenti. Sentiamo i bambini ridere e gridare, e li vediamo giocare. Quando camminiamo vediamo, sentiamo, odoriamo ed ascoltiamo tante cose interessanti. Non siamo sbalzati via. Non stiamo correndo a settanta km. orari.
2. Le strategie dipendenti dalla ricchezza non possono, e non dovrebbero essere imitate, da coloro che i missionari occidentali pensano di istruire. Le strategie missionarie impostate dalle agenzie occidentali e create dai missionari occidentali sono troppo care, e troppo dipendenti dalla tecnologia per poter essere copiate se non dalle piu` ricche chiese del mondo non occidentale. Ironicamente, la comprensione occidentale della missione è così strettamente associata con il benessere e la tecnologia che non riconosciamo l’attività missionaria delle chiese più povere per quel che è.
Si dimentica il fatto che i primi missionari furono originari di un territorio oscuro, povero, dominato ed occupato da stranieri, una retrovia del vasto impero romano. È profondamente radicata nella psiche cristiana occidentale la nozione che le missioni procedano naturalmente da potenti centri politici, militari ed economici verso quelli dominati o impoveriti. Le strutture delle agenzie missionarie occidentali riflettono talmente questo modello di operazione, che proposte che questo modus operandi possa essere rovesciato sono giudicate irrealistiche. Semplicemente non ci sono le risorse economiche. Le missioni dai poveri ai ricchi sono considerate logisticamente impossibili, ed in ogni caso inagibili.
Bisogna sollevare altre questioni riguardo alle strategie occidentali basate sulla ricchezza. Possono i missionari ricchi modellare propriamente il modo in cui le chiese locali possono e devono relazionarsi alla società indigena?
3. Strategie genuinamente fraterne in collaborazione con le chiese più povere sono normalmente frustrate e spes-so impraticabili dal punto di vista di ambedue: agenzie missionarie (istituti) e chiese locali. Il denaro dà potere, il potere risulta nel dominio. Vera collaborazione tra parti ineguali, se non impossibile, è estremamente improbabile.
4. La ricchezza occidentale si manifesta in strategie che non possono effettivamente raggiungere i poveri. Il fatto è che la nostra ricchezza ci rende inadeguati nel contesto della povertà senza soluzioni (periferie delle città).
Una seconda conseguenza strategicamente fatale della ricchezza occidentale può essere osservata nella nostra incapacità, o non volontà, di vedere l’Occidente come un campo di missione disperatamente bisognoso. Contrariamente al pensiero popolare occidentale, le scritture dicono che la missione è il mondo. Cioè, ogni persona nata è nata in un campo di missione.
C’è una terza conseguenza della ricchezza missionaria. Accettando come leggittimo il diritto alla ricchezza che è loro come cristiani occidentali, i missionari e le società missionarie mancano il diritto di predicare una parola profetica ad una chiesa soddisfatta di se stessa che è grassa, ma mingherlina di anima, riempita ma decadente, piena di discorsi su Dio ma spiritualmente vuota. Pochi sono in così buona posizione di vedere la decandenza spirituale della chiesa occidentale come lo sono i missionari. Ma condividendo la sua ricchezza, essi mancano il diritto di presentare il giudizio di Dio. E una delle più potenti voci, che chiami la chiesa di Laodicea in Occidente al pentimento, è soffocata, avendo scambiato il dovere di predicare con il diritto al conforto.
Non è una coincidenza che la chiesa tra i poveri stia espandendosi sia quantitativamente che qualitativamente nel mondo, mentre la chiesa in occidente continua il suo confortevole declino. Laodicea era, senza dubbio, una chiesa missionaria. Ma Cristo era dal cattivo lato della porta della chiesa. Filadelfia era, d’altro lato, senza prospettive economicamente parlando, ma Cristo era dentro, ed una grande porta di opportunità era aperta davanti ad essa. Ciò era (Ap. 3,7-21), e ciò è. Dio ha sempre preferito la debolezza umana come veicolo per la manifestazione della sua potenza.
Questi in conclusione, sono alcuni dei costi strategici e di comunicazione che i missionari occidentali hanno pagato e devono continuamente pagare per il loro benessere. Combinati con i costi di relazione sottolineati sopra, sono sufficienti per fare della ricchezza un brutto affare dal punto di vista missionario. Ma c’è una ulteriore dimensione integrale di vita missionaria sulla quale si vedrà la ricchezza prendere un terribile pedaggio; una sfera che è veramente al centro dell’impresa missionaria – la sfera teologica ed etica. Le scritture costituiscono il ruolo supremo per la vita e la fede proclamata dal missionario cristiano. Il missionario che sottomette la teoria e la pratica personali all’autorità della Bibbia si riserva un ascolto curato. Contrariamente, chi dà prova di una mancanza di fiducia nella fede proclamata non deve essere sorpreso o deluso se sono pochi i convertiti.
Considerazioni teologiche, etiche e bibliche sulla ricchezza missionaria.
Si deve prendere in considerazione quanto è stato detto sin qui, a proposito delle dimensioni contestuali e consequenziali della ricchezza missionaria in un mondo popolato da una maggioranza crescente di gente impoverita. Le Scritture però non possono essere negate. I missionari, incaricati, come sono, di insegnare agli altri i precetti rivelati da Dio, devono avere una cura particolare per l’armonia tra quanto dicono e quanto vivono. Come aveva ammonito i suoi pari il fratello del nostro Salvatore due mila anni fa, “noi che insegniamo, saremo giudicati più strettamente” (Gc. 3,1).
Considerazioni teologiche ed etiche
Ognuna delle conseguenze relazionali, comunicative e strategiche discusse precedentemente hanno dimensioni etiche e teologiche. È chiaro dalla rivelazione cristiana che mentre essere umani significa essere creature sociali, comunicative e pensanti, alla radice siamo esseri profondamente teologici, creati ad immagine di Dio. Di conseguenza, non c’è nessun lato della vita o pensiero che in qualche modo non rifletta o affetti la teologia.
Quindi l’isolamento, l’indipendenza e la segregazione sociale dai poveri che sembrano essere inevitabili con-seguenze di relazione della ricchezza missionaria, diventa profondamente turbante, quando sono osservate nella vita di coloro che rappresentano Colui che non soltanto negò se stesso in modo da identificarsi con l’uomo caduto – “annullandosi, prendendo la natura di un servo” – ma che diede istruzioni a tutti i possibili discepoli di fare lo stesso (Fil. 2,1-11)
Innanzitutto, la ricchezza personale nel contesto della povertà solleva dubbi legittimi sulla volontà del missionario di obbedire e la capacità di insegnare il consiglio completo di Dio a proposito di mammona. L’argomento merita attente considerazioni.
1. La preoccupazione del missionario occidentale per le cose materiali – con un continuo desiderio di averne di più – è realmente nient’altro che un tratto culturale acquisito innocentemente? L’inculturazione in una società strutturata intorno alla proposta che la vita consista nell’abbondanza del possesso, ha un peso significativo sull’orientamento della vita del missionario. Il missionario occidentale è il prodotto di una società che dedica le sue risorse collettive più alla sicurezza che ad ogni altro bisogno. Uno dei più grandi ostacoli al progresso spirituale delle nostre missioni sta nelle domande fatte dal missionario per pure cose materiali. Si è così occupati e costantemente preoccupati di accudire alla casa ed al giardino, e dirigere i lavori di persone ignoranti e incompetenti… che la mente diventa preoccupata; l’attenzione ai doveri spirituali è insoddisfacente, ed anche il tempo per il progresso spirituale personale è interamente assorbito.
Più serio del problema del tempo sprecato, però, sono i dati che toccano l’integrità teologica del missionario. Come può un missionario economicamente sicuro e materialmente nell’abbondanza insegnare al povero – con qualche grado di credibilità – sulla semplicità, generosità, contentezza, o il sacrificio che costa inseriti in ogni genuino discepolato? È possibile mantenere sia la credibilità che uno stile di vita benestante quando si insegna ai poveri ciò che Dio ha detto sul servizio dei beni? Le risposte bibliche a questioni simili a queste suggeriscono che gli emissari di ricche chiese occidentali non osano scusare le loro preoccupazioni materialiste biasimando la loro cultura.
2. Il peccato di avarizia è meno mortale per i missionari occidentali che non per i poveri tra i quali vivono? Credo che la risposta debba essere negativa. È toccato ad un teologo, non più lontano del 1956 di discernere che in Occidente tutti i sette peccati mortali, eccetto uno, la pigrizia, sono stati trasformati in virtù positive. L’avarizia, l’invidia, la ghiottoneria,la lussuria, e l’orgoglio sono stati le forze conduttrici della nuova economia. È di interesse vitale per i missionari occidentali saper come ed in che grado essi riflettono inconsciamente questa inversione dei valori biblici.
Se l’avarizia è definita come il desiderio di più del necessario in un contesto sociale nel quale alcuni hanno meno del necessario, la maggior parte di quelli che viaggiano dalle sponde nord americane deve accettare il fatto che la maggior parte del mondo li considera tali (avari). Tra le sfide più dure a cui devono far fronte i missionari occidentali all’estero è la necessità di spiegare a chi è veramente bisognoso, perché gli occidentali hanno bisogno di una salute superiore agli standards, ma anche probabilmente ne avranno maggiormente bisogno l’anno prossimo.
3. Può il missionario sicuro, indipendente, in situazione confortevole avere una qualche idea della sua genuina dipendenza da Dio? “Quando hai mangiato e sei soddisfatto… stai attento di non dimenticare Dio, tuo Signore.” (Dt. 6,11-12).
Una manifestazione ovvia di questa indipendenza nelle ricche chiese occidentali sono i dubbi “segreti” che le nostre menti soddisfatte, secolarizzate hanno a proposito del valore della preghiera. Sono evidentemente dei cliché, ma può il missionario, sicuro ed indipendente, pregare realmente? Ne ha veramente bisogno? L’agnosticismo riguardante la preghiera deriva dalla pienezza. La fiducia nel denaro diventa evidentemente imbarazzante quando – come succede di frequente – lettere di preghiera diventano velatamente appelli per sostegni finanziari per un progetto o l’altro.
In sintesi, la ricchezza missionaria è la dimensione culturale umana in cui si sviluppano profondamente tre gravi problemi teologici e morali: la preoccupazione del possesso; una dipendenza esclusiva e strategie basate sullo stato di potere; e doppi standard etici.
Profilo dell’insegnamento biblico sulla ricchezza e la povertà
Passando sulle sintesi dell’insegnamento biblico che segue, è importante tenere in mente alcuni punti stabiliti precedentemente nel libro:
a) L’occidente è ricco; b) la Chiesa in occidente è ricca; c) i missionari inviati dalla chiesa occidentale sono ricchi; d) la maggior parte delle persone a cui i missionari occidentali si rivolgono sono poveri; ciò che la Bibbia insegna a proposito di ricchi e poveri ha un’intenzione diretta sulla chiesa occidentale generalmente parlando, e sui missionari occidentali in particolare.
Insegnamento del Vecchio Testamento che il Ricco trova rassicurante.
i- la proprietà privata non è sbagliata: Es.20,15
ii- la ricchezza può dare la felicità: Qo.5,19-20
iii- il giusto prospererà: S.128,1-2
iv- la gente è a volte da biasimare per la loro stessa povertà:Prov.6,6-11
v- la povertà ed i poveri non devono essere romanticizzati: Prov.13,23
Non è senza significato che le parti della Scrittura che il ricco trova più rassicuranti fossero, soprattutto, scritte da Salomone, un uomo che era personalmente ricco oltre ogni immaginazione ai suoi tempi. (2Cr. 9,13-28). Ma era un uomo la cui preoccupazione ossessiva di se stesso lo manifestava in un’oppressione tirannica con il suo stesso popolo, contrariamente alle regole del Pentateuco sulla regalità. (Dt. 17,14-20). Salomone ignorava gli insegnamenti dell’Antico Te-stamento riguardante la ricchezza – compresi quelli suoi. Come esempio di una ricca persona pia, che non praticò ciò che predicava, Salomone è uno dei più grandi esempi.
L’insegnamento dell’Antico Testamento che il Ricco trova scomodo.
i- Il possesso materiale e conseguenti conforto e sicurezza non devono essere scopi primari della vita: Dt.8. 3-5
ii- Per il popolo di Dio, i diritti associati alla prosperità personale ed al possesso non sono assoluti per le ragioni seguenti:
a) Dio è Signore di tutta la creazione e tutte le creature: Gen.1-3
b) Per il popolo di Dio, ogni diritto associato all’acquisizione, all’uso o al disporre della ricchezza personale sono in principio subordinati all’obbligo della cura per i più poveri, i membri più deboli della società: Giubileo (Lv. 25,8-43), la legge sabbatica (Es.23,10-11), interessi e prestiti (Es.22,25-27), spigolare (Dt.24,19-20), restituzione del debito (Dt.15,1-11), trattamento dei dipendenti (Dt.24,14-15), limiti alla ricchezza del Re (1R.6-7).
iii- La ricchezza e la prosperità sono intrinsecamente pericolose per lo spirito.
a. La ricchezza e la sicurezza rendono Dio non necessario (Dt.8,1-20)
b. La ricchezza e la sicurezza nutrono un falso senso di sicurezza (Ger.49,4-5)
c. La ricchezza e la sicurezza rendono preda di una immaginaria autosufficienza (Ez.28,4-5)
d. L’indipendenza, la sicurezza immaginaria, l’orgoglio che normalmente accompagna la ricchezza, danno una profonda autoillusione e falsificano pericolosamente il giudizio (Ger. 8,10-11)
e. il pentimento è deviato o distorto dalla ricchezza (Is.22,12-13)
f. il ricco è particolarmente sensibile a certi peccati:
- autoindulgenza – ghiottoneria – avarizia insaziabile (Qo.5,8-15)
- rudezza nel loro trattare con coloro sui quali hanno potere, che sono i poveri ed i deboli (1R.10,14-29)
- abuso del potere personale (Is.30,10-21)
- disprezzo per i poveri (Gb.12,5)
- ricchezza e pregiudizio verso i poveri spesso vanno assieme (Is.5,22-23)
- priorità rovesciate (S.119,36-37)
iv- Ricchezza e prosperità non sono un segno di giustizia (Gb.21,7-16)
v- Dio si identifica con i poveri, i bisognosi e gli oppressi. (Es.22,21-27):
a. il Messia si identificherà con i poveri, i bisognosi, gli oppressi, venendo non soltanto per essi, ma anche uno di essi (S.22)
b. I veri figli di Dio si identificano sempre con i poveri ed oppressi (S.41,1-3; Ger.22,3)
c. Il ricco secondo Dio si relaziona con i poveri ed i loro beni secondo i principi delle Scritture. (Gb. 30,24-25); S.41,1-3)
d. Dio va incontro ai bisogni del povero attraverso le azioni e gli interventi del suo popolo obbediente. (Ne, 5,1-13)
e. Dare ciò di cui realmente abbiamo bisogno – che nella Bibbia è chiamato sacrificio – è il dare che piace a Dio. (Lv. 1,3;10; Dt. 17,1; Ml. 1,6-14)
vi- La vera conversione spirituale comprende una riforma economica e la giustizia. (Nee. 5,1-12; Ger. 7,3-7; Zac. 7,8-10)
vii- Il pentimento economico è costoso e molto raro. (Nm. 5,1-12).
Insegnamento del Nuovo Testamento che il ricco trova rassicurante.
1. La proprietà privata è legittimata. (Mt. 5,42; Lc. 6,30; Lc. 18,22)
2. Alcuni dei seguaci di Gesù erano ricchi. (Mt. 2,1-12; 27,57-60)
3. Parecchie parabole di Gesù presentano astuti uomini d’affari che sono complimentati per il loro profitto.
Insegnamento del Nuovo Testamento che il ricco trova disturbante.
1. Nel Nuovo Testamento, come nel Vecchio, ricchezza e possesso sono scopi subordinati nella vita. (2Cor. 4,7-18)
2. I possedimenti personali dei seguaci di Cristo sono visti come un affidamento da usare per il bene degli altri. (Mt. 5,42; Lc. 14,12-14; At. 4,32-35)
3. Ricchezza e prosperità nel Nuovo Testamento non sono segni di giustizia. (At. 20,22-24; Lc. 19,2; 2Cor. 8,9)
a) Cristo ha reso chiaro che è quasi impossibile per un ricco ereditare la vita eterna. (Mt. 19,16-24; Lc. 14,25-33; Eb. 13,6)
b) I peccati a cui il ricco è particolarmente propenso sono assimilati all’idolatria, all’impurità ed all’immoralità. (Lc. 12,13-21; 1Cor. 5,9-11; Ef. 5,3-7)
c) Dove c’è il tuo tesoro, ci sarà anche il tuo cuore. (Lc. 12,32-34)
d) I discepoli di Cristo devono essere nel mondo, ma non del mondo. (Gv. 17,16-19)
e) La preoccupazione per se stessi, il denaro ed il piacere è l’indicazione di uno stile di vita che porta alla distruzione. (2Tm. 3,1-5)
4. La ricchezza e la prosperità sono spiritualmente pericolose.
a. La ricchezza è la cultura naturale in cui l’orgoglio ed il senso di sicurezza sembrano inevitabilmente fiorire. (1Tm. 6,6-19)
b. La ricchezza delude sia l’uomo stesso che coloro che lo circondano. (Mt. 18,1-9; Fil. 2,1-4; Gc. 2,1-7)
c. La ricchezza svia la persona dal suo bisogno spirituale, e tende a produrre una preoccupazione per il mondo. (Mt. 22.5; 2Tm. 6,6-19; Ap. 3,14-21)
d. La ricchezza rende difficile una genuina preghiera.
e. La ricchezza entra in conflitto con le richieste del Regno di Dio. (Mt. 19,16-24; Lc. 18,18-30; 1Gv. 2,15-17)
f. La ricchezza tende a produrre alienazione dagli altri esseri umani. (1Cor. 11.17-34; Gc. 2,1-13)
g. La ricchezza tende a diventare un dio personale. (Mt. 6,19-24; Lc. 16,13)
h. La ricchezza non soddisfa mai. (Lc. 21,34-36; Ef. 4,19)
i. La ricchezza manca di frutti spirituali. (Mc. 4,18-19)
j. L’amore per il denaro può causarci di tradire Gesù. (Mt. 26,14-16; At. 5,1-10)
5. Cristo si identificò con i poveri, è venuto per i poveri e come uno dei poveri. (Mt. 15,31-46)
a- I seguaci di Cristo si identificano con i poveri in un modo pratico e costoso. (Lc. 11,37-42; At. 4,32-37; Ap. 3,14-21)
b- Dio ha scelto di lavorare attraverso i poveri ed i deboli piuttosto che con i ricchi ed i forti. (Mt. 1,18-21; 1Cor, 1,16-31; Ap. 3,7-13)
c- Non la nostra ortodossia religiosa, ma la nostra relazione con i bisognosi, è il vero indicatore del nostro essere con Dio. (Mt. 25,31-46; Lc. 10,25-37)
d- L’identificazione con i poveri nel Nuovo Testamento comprende una relazione con delle persone specifiche, più che con un’astratta classe sociale. (Lc. 10,25-37)
6. Un pentimento genuino comprende un dare genuino, che è sempre sacrificale.
a) I seguaci di Cristo non sono chiamati alla realizzazione di se stessi, ma alla negazione di se stessi. (Mc. 8,31-38; At. 14,22)
b) I seguaci di Cristo non sono chiamati ad essere i primi, ma gli ultimi. (Mc. 9,33-37; Lc. 13,22-29)
c) L’amore è il segno distintivo del discepolo di Cristo. (Gv. 13,34-35; Eb. 13,15-16)
d) La generosità dei seguaci di Cristo deve essere senza misura. (Mt. 5,38-48; Rm. 12,17-21)
e) Un pentimento genuino comprende sempre una dimensione pratica, economica. (Lc. 3,7-14; At. 19,23-41)
7. Il pentimento per il ricco è raro, ma possibile. (Lc. 19,1-9; 1Tm. 6,17-19)
a. Ai ricchi che sono nella chiesa è richiesto di “non essere arroganti, né di mettere la loro speranza nella ricchezza.” (1Tm. 6,17-19)
8. Molti leader religiosi e missionari del Nuovo Testamento amano il denaro. (Mt. 23,23-26; 2Cor. 2,17; Gd. 3,16)
a- Chi si reclama di seguire Cristo fa bene facendo il bene. (Gv. 12,1-8)
9. L’obbedienza distingue i veri discepoli dai falsi. (At. 6,7; Eb. 10.30)
Conclusione
È chiaro che la cristianità non è mai stata indicata per mettere la gente a suo agio con la ricchezza ed il potere. E neppure ha avuto un seguito largamente popolare tra i ricchi. La ricchezza in larga scala non è mai stata l’esperienza umana normale. La sussistenza, piuttosto che l’abbondanza, è stata il segno distintivo di molte società. Il moderno movimento missionario dall’Occidente, coincidendo con la ricchezza relativamente distribuita a molti nelle nazioni che inviano tradizionalmente i missionari, è ora confrontata con dilemmi teologici ed etici generati dalla sua stessa abbondanza.
Anche le persone che si esaminano di meno non possono che sentirsi a disagio quando sono confrontate con l’insegnamento delle scritture in questa materia.
da Jonathan J. Bonk