Il 1° Simposio, tenutosi tra il 10 e 13 luglio 2006, ebbe carattere introduttivo.Col 2°, nei giorni 9 e 12 luglio 2007, il Simposio di Limone ha trovato la sua strada.

Benito De Marchi
AREA RISERVATA-DOCUMENTI (Inserito il 11.08.08)

Memoria dei simposi precedenti e il cammino percorso

1. Il cammino percorso

1.1: “Rinnovare la missione – rivisitando il Comboni”: l`incontro tra due necessità all`origine dei “Simposi di Limone”.

Da un lato, c`è il bisogno di re-inventare la missione e di ri-creare tutto l`immaginario missionario in dialogo con la complessa e plurima realtà del mondo contemporaneo: una nuova immaginazione missionaria per un tempo nuovo.

D`altro lato, c`è il desiderio, particolarmente e comprensibilmente sentito dalla Provincia d`Italia, di liberare Limone, luogo-simbolo del nostro fondatore e delle nostre origini storiche e spirituali, da una collocazione pietistica ma tutto sommato periferica, per farne un centro propulsione della missione per l`intera famiglia comboniana.

Questi due filoni di interesse, originariamente indipendenti l`uno dall`altro e forse non così chiaramente (come dirò tra poco) omogenei, vengono avvicinati e tra loro rapportati soprattutto nel corso della riflessione che il GERT (gruppo europeo di riflessione teologica) fa circa il significato della presenza missionaria, specificamente comboniana, in Europa oggi, in un contesto sia di crescente interdipendenza a livello mondiale sia di un allargamento della finalità missionaria in rapporto ad una rinnovata coscienza del rapporto Chiesa-mondo-regno di Dio.

Perchè non rimangano semplicemente giustapposti ma diventino intreccio fecondo, è necessario che questi due diversi interessi siano visti e perseguiti in relazione ad un “fuoco” comune che li articoli tra loro e che può essere definito dalla seguente domanda: quale missione oggi, e in che modo un rinnovamento della missione oggi sfida e al tempo stesso può trovare una fonte d’ispirazione nel carisma e nell`eredità comboniana?

I simposi annuali di Limone, giunti alla loro terza edizione, vogliono contribuire a rispondere a questa duplice domanda.

1.2: I primi due simposi, 2006 e 2007: Una panoramica

Il primo simposio, tenutosi tra il 10 e 13 luglio 2006, ebbe un carattere introduttivo ed esplorativo: fu una specie di “brain storm”, con “in-puts” diversi e in qualche modo disparati, allo scopo di offrire stimoli e spunti e creare le condizioni per un laboratorio di ricerca ed approfondimento. Fu anche un simposio a partecipazione volutamente ristretta. Eppure già allora emersero tematiche ed indicazioni di grande interesse e significato, capaci di orientare il cammino della nostra riflessione. Ne ricordo quattro:

* L`attualità della percezione del Comboni circa l`ora dell`Africa. Una scelta prioritaria dell`Africa nell`attuale situazione infraumana di povertà e militarizzazione potrebbe assurgere a segno performativo della missione, vista come scelta degli ultimi e degli esclusi e come conseguente processo di liberazione dai demoni che tormentano la società attuale, di guarigione e di umanizzazione. Anzi, l`ora dell`Africa, sentita dal Comboni come un`attuazione dell´ora del mistero di Cristo compiutosi sulla croce – e cioè immersione salvifica di Dio nei drammi della storia umana, potrebbe indicare in una rinnovata teologia del Kairós la chiave ermeneutica di una missione che si ponga in dialogo le realtà di oggi.

* La necessità di una lettura più storica e critica sia del Comboni che del mondo Africano, al di là di approcci troppo idealizzanti e mistificatori, perchè appunto l’ora dell’Africa si trasformi in una rinascita dell’Africa stessa come la “nigrans margarita” sogno comboniano. Una lettura meno apologetica del fondatore farebbe tra l`altro riscoprire un aspetto non ancora pienamente realizzato dell’eredità del Comboni: che la missione è della Chiesa e non degli Istituti.

* Un primo tentativo per una nuova immaginazione missionaria: missione come la com-passione di Dio per il mondo. L’attuale situazione del mondo, caratterizzata da un lato da una pluralità culturale e religiosa sempre più cosciente di sé e dall’altro da una condizione da “campo di concentramento” dove i molti sono privati della loro identità giuridica e culturale e considerati degli esseri “superflui”, sposta il paradigma della missione dalle “genti” (ad gentes) agli “altri”, più specificamente a quegli altri che sono le “vittime”, considerati inoltre non già come semplici “destinatari” ed “uditori” della missione, bensì come i suoi “interlocutori” stessi della missione, e ripropone al centro della missione l’evento del Crocifisso. La missione appare come l’esplicarsi dell’evento, religioso e pubblico-politico al tempo stesso, del Dio nascosto che nella sua passione-amore per il mondo si fa ‘altro’ da sé ed entra nella passione-sofferenza delle vittime. Dentro il “campo di concentramento” cresce così la differenza divina del dono di sé, forza indicibile ma liberante di una “speranza al là della speranza”. L’“abbraccio dell’altro”, fin nella sua differenza più disturbante, diventa l’espressione ultima della missione come compassione di Dio. Una riconfigurazione dell’immaginario missionario in termini di com-passione di Dio per mondo evidenzia inoltre il carattere “globale” e “laicale” ad un tempo della missione: missione ovunque, nella reciprocità, interessata all’avvento del sogno divino di una umanità-fraternità libera in una creazione liberata.

* La decisività di una disseminazione di “piccole comunità cristiane” (comunità ecclesiali di base) dentro i diversi contesti socio-culturali e religiosi, come soggetti dialoganti e testimonianti, per l’attuazione della nuova missione: comunità percorse da una “molteplicità ministeriale” che uscendo dall’ambito più strettamente religioso viene ad innervare il più vasto ambito sociale della convivenza umana. In particolare, una tale molteplicità ministeriale costituirebbe una ripresa dell’intuizione del Piano del Comboni nel contesto dell’Africa del terzo millennio: perché la visione della “rigenerazione dell’Africa con l’Africa” possa trasformarsi in azione concreta, una varietà di ministeri diventa una necessità. Il discorso ministeriale era così al centro della visione ed azione missionaria del Comboni.


Col secondo simposio, tenutosi nei giorni 9 e 12 luglio 2007, il nostro cammino ha trovato per così dire la sua strada, ed ha incominciato a muoversi secondo tappe programmate attorno temi specifici di incontro e mutua fecondazione tra l’eredità comboniana con la realtà attuale. Così nel simposio del 2007 si è riflettuto sull’Europa d’oggi come spazio missionario, sulla scia di una rivisitazione critica del rapporto del Comboni con l’Europa del suo tempo: Comboni e l’Europa. Percorsi di ieri e prospettive di oggi. La riflessione si è sviluppata lungo due filoni rapportati tra loro: un’analisi approfondita dell’Europa di oggi e uno studio storico-critico dell’intreccio Comboni-Europa. Al primo aspetto si è dato, come logico, più spazio ed è stato trattato da tre contributi: 1. “A 50 anni dalla nascita della UE. L’Europa dei mercati o dei popoli? Quale missione oggi nei paesi UE?”; 2. “La realtà socio-politica-economica dell’Europa: Problematiche interne. Scacchiere del mondo”; 3. “Una lettura di taglio ecumenico e religioso dell’Europa oggi”. Al secondo aspetto è stata invece riservata una sola ma lunga e sostanziosa relazione, “Comboni e l’Europa del suo tempo” che terminava con una importante domanda per l’oggi: “Quale ‘cuore comboniano’ per la missione in Europa?”. Le provocazioni dei due filoni di riflessione venivano poi raccolte in un duplice tentativo di risposta missionaria. Innanzitutto, attraverso due contributi personali, 1. “Quale missione per l’Europa? Punti nodali e cambiamenti di prospettive”, 2. “Ipotesi per una configurazione comboniana in Europa”, il secondo come specificazione del primo; e poi nei lavori (laboratorio) di gruppo, dove si è cercato di mettere a fuoco “l’idea di missione, gli elementi per una re-interpretazione del carisma comboniano, le nuove ministerialità per l’Europa di oggi e le ricadute sulle strutture e cambiamenti richiesti” (Dalla Presentazione al Quaderno 1).

* Lo studio del rapporto del Comboni con l’Europa del suo tempo metteva in evidenza alcuni elementi interessanti: innanzitutto, come il Comboni avesse interiorizzato la propria cultura d’origine, derivandone una saldezza di identità personale tale da garantirgli una crescita coerente e costruttiva anche nei non pochi momenti di collisione e da renderlo capace di un’apertura all’altro che non fosse solo proiezione di sé o mero spegnimento nell’altro; secondo, come il Comboni fosse attento alla realtà sociale, politica ed ecclesiale del suo tempo letta alla luce della sua esperienza di fede del Trafitto sulla croce; terzo, la sua capacità di dialogo interpersonale nelle più svariate circostanze; quarto, come egli coniugasse insieme profezia e dialogo nel modo con cui si riferiva alla realtà europea o trattava la questione delle relazioni degli stati europei con l’Africa e gli stessi modelli ecclesiali dominanti.

* L’analisi della situazione dell’ Europa d’oggi, focalizzata sul “Progetto Europa” e quindi sul cammino dell’Unione Europea, privilegiava l’aspetto economico-finanziario e socio-politico, mostrandone eventuali ricadute sulla missione. Pur riconoscendo la significatività del processo in atto come esperimento di governo transnazionale in un contesto di globalizzazione e come un’impresa di solidarietà e di pace, è stato tuttavia rilevata la crescente dominanza della matrice economica rispetto alla dimensione politica, e degli interessi del mercato a scapito delle politiche sociali ed ambientali, al punto da chiederci se il “progetto Europa” non stia diventando ostaggio delle varie “lobbies” legate alle oligarchie economiche, e una specie di “dittatura benevola” che riduce sempre più lo spazio della partecipazione democratica. Questa tendenza verso la formazione dell’Europa come potenza di mercato secondo un modello neoliberista avrebbe risvolti devastanti per i paesi poveri del mondo, in particolare per quei paesi Africani che si affacciano sul Mediterraneo e che verrebbero assorbiti in un unico spazio economico, commerciale e culturale ma non di partecipazione democratica. D’altra parte, seppure la nuova Europa riduce i muri interni senza peraltro eliminarli, le politiche sull’immigrazione degli Stati dell’Unione basate sul proprio vantaggio economico più che su principi di solidarietà ed accoglienza hanno innalzato un muro difensivo verso l’esterno, presentando un’immagine di una “Europa fortezza”. Tutto ciò chiama le comunità cristiane ad un coinvolgimento missionario, “per costruire un’Europa umana e socialmente consapevole, nella quale prevalgano i diritti umani e i valori fondamentali della pace, giustizia, libertà, tolleranza, partecipazione e solidarietà” (Charta Oecumenica, Graz 2001, art. 7), e per costruire un mondo senza frontiere-famiglia di Dio in cui tutti sono tra loro fratelli e sorelle. “Osare la missione in Europa”, nell’ambito di una unica missione globale: “la missione nel cuore dell’Europa è missione tanto quanto l’annuncio della Buona Novella ai poveri del sud del mondo”, né la seconda può veramente compiersi senza la prima.

* Questo quadro della situazione attuale dell’Europa veniva poi ulteriormente definito da quei contributi che hanno cercato di approfondire l’identità della missione in Europa e dalla susseguente discussione al riguardo nel lavoro dei gruppi. Altri importanti tratti venivano così sottolineati, riguardanti la visione (o le visioni) del mondo e della vita che caratterizzano la realtà europea: “a) L’affermazione del soggetto come referente determinante …; b) la scelta preferenziale della democrazia come stile di organizzazione della società…; c) la scoperta dell’alterità…, d) la presenza di una logica tecnocratica, come strategia di trasformazione della realtà e ottimizzazione della vita; e) il delinearsi di una religiosità attenta all’umano-troppo-umano bisogno di benessere e tranquillità” (dalla relazione di Carmelo Dotolo). Il clima culturale dell’Europa d’oggi è segnato da un lato dalla frammentarietà ‘post-moderna che soffre l’incompiutezza dei valori-promesse della tradizione cristiana come anche della modernità e mette in crisi modelli interpretativi e opzioni di vita, e dall’altro dalla nuova esperienza di multiculturalità come fatto destinato a rimanere. Si è sottolineato che l’Europa oggi vive una condizione paradossale: una tensione tra l’affermazione di laicità e la domanda di religiosità: “ Europa laica e puzzle religioso”. Ad un mondo che si spiega senza più ricorrere all’ipotesi di Dio e senza che questa mancanza di Dio crei disagio (indifferenza post-atea / agnosi) risponde il sorgere di una nuova religiosità caratterizzata da un bisogno di gratificazione spirituale nel mezzo delle contraddizioni e dissesti di cui si è partecipi.

2. Una problematica di fondo: la questione ermeneutica-metodologica

All’origine dell’esperienza dei simposi di Limone sta la convergenza tra due urgenze: la necessità di ripensare il concetto e la prassi di missione nel contesto della realtà d’oggi, da un lato, e la necessità di riqualificare la casa-Comboni di Limone nel quadro di un ritorno all’esperienza fontale del Fondatore. Due esigenze diversamente sentite e non necessariamente omogenee. La prima urgenza traduce la preoccupazione di intendere e fare missione dentro i contesti del mondo di oggi, a partire da una loro lettura critica. La seconda urgenza si colloca nella scia di quella riscoperta e sublimazione del Fondatore che ha portato alla sua canonizzazione e vede la missione e il suo rinnovamento a partire dal Comboni: una prospettiva questa che ha dominato i nostri capitoli generali che pure si sono interrogati sulla missione oggi, senza peraltro molta incisività innovativa.

Questo coefficiente di eterogeneità è emerso nel cammino dei primi due simposi nella forma di una domanda ricorrente: “Rinnovare la missione – rivisitando il Comboni”, ma da dove partire? Quale metodo da seguire? Più precisamente, quale “ermeneutica” per ridefinire la missione nella sua comprensione e nella sua prassi?

Deve essere data priorità ad una lettura critica del mondo in cui viviamo, anche se tale lettura sarà pur sempre una interpretazione condizionata da quel che noi siamo, compreso il nostro essere Comboniani e l’eredità comboniana che incarniamo, per riscoprire dal di dentro di questa lettura il Vangelo di Gesù che annunciamo e per verificare – ‘testare’, per usare questo inglesismo – l’attualità del carisma comboniano ed eventualmente re-inventarlo? Oppure bisogna partire dallo studio del Comboni per tirarne delle conseguenze per l’oggi? In altre parole, per usare il linguaggio di Francesco Pierli, si deve assumere un approccio “dinamico-induttivo”, secondo cui l’avvenimento sfida il testo della tradizione liberandone il potenziale missionario, o piuttosto “statico-deduttivo”, in cui il testo ‘mette ordine’, nell’avvenimento? Cosa intendiamo quando diciamo di “guardare la realtà con gli occhi del Comboni”?

A questa prima serie di domande se ne aggiunge una seconda: Che cosa è un “carisma” ecclesiale? Che cosa significa “carisma comboniano”? semplicemente il carisma personale di Comboni o piuttosto quel movimento dello Spirito che partendo dall’esperienza personale del Comboni si è manifestato ed è venuto variamente articolandosi nella vita ed azione dei missionari e missionarie comboniane entro i diversi contesti storico-ambientali? In quale maniera il carisma missionario comboniano si rapporta al carisma missionario di altri movimenti nati magari da una matrice simile e con un simile DNA spirituale o che comunque sono chiamati oggi ad operare nello stesso contesto globale? Sarebbe fedeltà al Comboni un’eccessiva focalizzazione sull’identità comboniana o piuttosto una ricaduta in quelle “fraterie” che egli deplorava come dannose alla missione ‘cattolica’ della Chiesa?

Una terza serie di domande riguarda il modo stesso in cui si studia la figura del Comboni: un approccio apologetico o storico-critico? Diceva Gianpaolo Pezzi nel primo simposio che è necessario “distinguere il Comboni della nostra tradizione dal Comboni storico…e purificare l’immagine che ci facciamo e proiettiamo di Comboni da clichè e toni da vangeli apocrifi”. D’altra parte, ricollegandoci a quanto detto appena più sopra, lo stesso approccio storico agli scritti del Comboni è sufficiente o altri tagli – teologico, antropologico, spirituale, pastorale – sono necessari?

3. Risultati raggiunti

Il cammino continua come anche la ricerca. Siamo solo all’apertura del terzo simposio. Tuttavia alcuni punti fermi sono stati individuati, sia pure in modo parziale e provvisorio, nel senso che abbisognano di un ulteriore approfondimento e precisazione. A questi risultati positivi si accenna sia nel rapporto del gruppo delle “antenne” e sia nel sussidio-sintesi a conclusione del simposio dell’anno scorso.

3.1: Chiarificazione della meta del cammino

Si tratta di ripensare il nostro essere missionari nel contesto –plurale e globale, al tempo stesso – di oggi: elaborare una nuova immaginazione missionaria che si traduca in azione e significhi una nuova operatività missionaria . E’ venuta maturando la consapevolezza che non si può più continuare ad essere missionari secondo il modello della propagazione del cristianesimo e della “plantatio eccclesiae”. Ciò implica anche un nuovo “linguaggio”, a partire dalla revisione del linguaggio “ad gentes”, quasi ci fossero “quelli che sono senza Dio”, e della distinzione tra “animazione missionaria” ed “evangelizzazione”.

3.2: Un avvio di chiarificazione ermeneutico-metodologica

Soprattutto si è incominciato a dare una risposta alle domande riguardanti la questione ermeneutica. I primi due simposi sono serviti ad individuare a grandi linee la strada da seguire, che comprende tre momenti:

* Una lettura “impegnata”, a sfondo profetico-sapienziale, della realtà di oggi: partire da una conoscenza della realtà in cui viviamo, raggiunta attraverso un coinvolgimento empatico e attivo, evitando di cadere in tentazioni ‘demonizzanti’ e privilegiando un linguaggio di analisi storica e socio-culturale (fenomenologica) più che di valutazione apocalittica. Ascolto partecipativo del mondo nei suoi drammi e nelle sue speranze – in un dialogo di vita, lasciandoci istruire dagli altri e rispettando le loro competenze.

* Una rilettura e riscoperta del Vangelo dal di dentro di questa immersione critico-partecipativa nella realtà attuale, per una ri-appropriazione della missione di Dio nel mondo quale appare nella storia di Gesù.

* Una rilettura pluralistica dell’eredità comboniana – Comboni e famiglia comboniana nel suo insieme – a partire dalle situazioni missionarie di oggi.



3.3: Una prima identificazione della nuova immaginazione-prassi missionaria.

Nel corso dei due primi simposi sono emersi anche alcuni contenuti fondamentali di una comprensione della missione e della sua prassi.

* La missione va vista innanzitutto in relazione al grande sogno-passione di Dio in Gesù Cristo per il mondo, “là dove ogni uomo e donna lotta per il senso della vita”: che tutti abbiano la vita in pienezza. Nella dinamica messianica di Gesù, umanizzazione e liberazione, giustizia e pace rappresentano gli orizzonti ispirativi della missione.

* Al cuore stesso di questa visione di missione sta la kenosis di Dio nel Crocifisso, attraverso cui Dio fa dono di se stesso. Alla volontà di potere e ricerca del profitto risponde il dono di divino di sè per un mondo nuovo fondato nella gratuità.

* In una simile lettura, la missione non può che essere “globale”, e non solo per il fatto che viviamo in un mondo globalizzato che pure determina interdipendenza a livello mondiale nella missione.

* La “laicità”, rivendicata dal mondo di oggi, va ricuperata per la missione stessa. La missione “è chiamata a far emergere i valori del Regno” presenti negli attuali processi storici, attraverso il dialogo con le varie componenti delle nostre società pluraliste.

* La prassi missionaria deve privilegiare l’accoglienza dell’altro, l’attenzione al dialogo interculturale e interreligioso e il ministero di “advocacy” in favore delle vittime, dei pù deboli e degli ultimi, e curare la comunicazione con una presenza qualificata nel mondo dei mass media.

* Il servizio della Parola di Dio rimane ancora decisivo come proclamazione del mistero della com-passione di Dio e come fattore interpretativo dei processi storici.

3.4: Missione in Europa

La questione della ‘missione in Europa’ ha costituito in qualche modo il fuoco attorno a cui si sviluppata la riflessione sulla missione dei primi due simposi.

* Osare la missione in Europa: nel contesto di una missione globale ed olistica , l’Europa stessa costituisce un vero spazio missionario. Il mito dell’Europa come ‘società cristiana’ si è frantumato. La missione tra i poveri del Sud del mondo domanda che si faccia missione anche nel Nord ricco, dove tanti mali oggi nel mondo affondano le loro radici .

* L’Europa rappresenta una realtà complessa che richiede un’analisi e un discernimento accurati. In particolare, sia la secolarizzazione che la postmodernità sono fenomeni ambivalenti, con un loro significato positivo, alcuni valori propri e specifici segnali di speranza.

* L’Europa, che pure nel passato si è formata nel crogiuolo di culture e religioni diverse, vive oggi una nuova stagione di pluralismo culturale e religioso e pone il problema drammatico dell’incontro con l’altro. A questo riguardo è importante saper cogliere il momento di paura che attanaglia persone ed istituzioni in Europa e che rischia di chiuderle in se stesse per garantire sicurezza.
Ciò sollecita la missione in Europa ad un’attenzione particolare al ‘progetto Europa’ come espresso nel cammino dell’Unione Europea e a tradursi in un ‘vivere (ne)i confini’ perchè si cammini verso una “casa comune delle differenze”.

3.5: Strategie missionarie e comboniane

Cercando di ridisegnare la prassi missionaria, ci si è pure riferiti ad alcune specifiche istanze strategiche.

* La missione da attività specifica di alcuni gruppi ed istituzioni ritorni ad essere “movimento “ dentro la chiesa e il mondo. Per questo è necessario lavorare in rete.

* La nuova missione trova la sua forma concreta nelle comunità cristiane di base come centri di testimonianza evangelica e di operatività missionaria...comunità strutturate nella pluralità e reciprocità ministeriale: promozione di nuovi ministeri secondo una triplice referenza di servizio religioso, sociale e culturale. Ciò ha una ricaduta per le stesse comunità missionarie comboniane: è necessario agire come “famiglia comboniana” (Padri, Fratelli, Suore e Volontari Laici) che in cerchi concentrici e onde allarganti coinvolga il popolo cristiano, fino magari a ri-progettarsi come “comunità miste”

* E’ urgente che la prassi missionaria si basi su una strutturazione essenziale, agile ed aperta. Dal punto di vista comboniano, ciò domanda che si giunga a cambiare strutture fisiche e giuriche. Così per quanto concerne la presenza comboniana in Europa, ‘iniziative traversali’ tra le varie provincie potrebbero costituire un “preludio ad un cambiamento di struttura di governo e diminuzione di organi e provincie” stesse.

4. Temi da approfondire

Infine, nel discorso quale è venuto sviluppandosi nei primi due simposi sono affiorate problematiche missionarie che sono da approfondire. Ne indico alcune.

* E’ tempo di missione globale e l’Europa costituisce uno spazio missionario, eppure è l’ora dell’Africa: come si possono articolare tra loro questri tre imperativi missionari? Quale reciprocità missionaria esiste o si può stabilre tra l’Europa e l’Africa? Come può essere riletto il Piano del Comboni in questo particolare contesto del terzo millennio? Questo è appunto il tema del presente simposio.

* “Come liberare il carisma”: si è avviata, come detto, una chiarificazione della questione ermeneutica nel nostro discorso missionario. Ma essa non può dirsi del tutto risolta finchè non si scioglie il nodo del carisma dell’Istituto in modo che non rimanga focalizzato sul passato e diventi una remora nel rinnovamento della missione.

* Nel contesto della missione globale e della Chiesa come soggetto della missione, dove si collocano gli “Istituti missionari”? Quale reciprocità nella missione tra le Chiese locali e gli Istituti missionari tradizionali? Quale riconversione è richiesta a questi ultimi e in quale misura è possibile?

* La missione e gli “altri”, nel nuovo contesto del pluralismo culturale e religioso e della nuova sensibilità verso la “differenza”.

* Missione, identità culturale, sicurezza, rispetto dei diritti umani e multiculturalismo.
* Missione, carattere pubblico e politico della fede e la laicità della società.

Queste ed altre ancora sono le problematiche connesse col discorso che siamo venuti facendo in questi ultimi anni; tematiche che hanno bisogno di essere riprese ed approfondite, perchè una nuova prassi missionaria sia veramente viabile.

p. Benito De Marchi

Memoria dei simposi precedenti