Il brano evangelico, che riporta il dialogo di Gesù con una donna pagana, Cananea, sembra all’inizio contraddire l’apertura universalistica dei testi precedenti. Ma la dichiarazione finale di Gesù: “Donna, davvero grande è la tua fede”, riprende il tema della salvezza offerta ai pagani, e la fede risulta l’unica porta di ingresso per accedere al banchetto, dove tutti sono figli di Dio.
Nutrite la vostra fede e le vostre paure moriranno di fame
Isaia 56,1.6-7; Salmo 66/67; Romani 11,13-15.29-32; Matteo15,21-28
Il testo della prima lettura, dalla terza parte del libro di Isaia che raccoglie gli oracoli maturati al tempo del ritorno degli Ebrei dalla deportazione e nel clima di ricostruzione della comunità post esilica, dà l’intonazione alla liturgia della parola di questa domenica. Questo brano annuncia l’accoglienza degli stranieri nella comunità santa dell’alleanza e il loro ingresso nel tempio ormai aperto a tutti. C’è una parola certa espressa da Dio stesso: “Gli stranieri, che hanno aderito al Signore per servirlo… li colmerò di gioia nella mia casa di preghiera. I loro olocausti e i loro sacrifici saranno graditi sul mio altare, perché la mia casa si chiamerà casa di preghiera per tutti i popoli”.
Dio è il Dio di tutti, la sua casa è casa di tutti i popoli, la sua salvezza è offerta a ogni persona. Quindi il suo disegno di redenzione ha un’estensione universale. Il salmo responsoriale riprende in forma di preghiera e meditazione questo tema con l’invito del ritornello: “Popoli tutti, lodate il Signore”. In questo salmo 66 si coglie veramente l’aspirazione ad una salvezza che abbraccia tutti i popoli della terra. Gli fa eco la lettura, dove viene annunciato il criterio della salvezza offerta a tutti in forza della misericordia divina. Dio salva tutti, Ebrei e pagani, grazie alla sua misericordia.
Il brano evangelico, che riporta il dialogo di Gesù con una donna pagana, Cananea, sembra all’inizio contraddire l’apertura universalistica dei testi precedenti. Ma la dichiarazione finale di Gesù: “Donna, davvero grande è la tua fede”, riprende il tema della salvezza offerta ai pagani, e la fede risulta l’unica porta di ingresso per accedere al banchetto, dove tutti sono figli di Dio.
Nella prima scena si presenta a Gesù questa straniera pagana; spunta dal suo bisogno ed istinto materno di cercare a tutti i costi la guarigione per la sua figlia tormentata da un demonio. Il cammino di fede può iniziare anche da un bisogno umano di salute o sicurezza. Ma Gesù non le rivolse neppure una parola. Al silenzio insopportabile di Gesù di fronte alla sofferenza e alle torture che subisce una innocente, ella persiste e insiste nel suo grido, al punto di disturbare visibilmente i discepoli: “Abbi pietà di me, Signore, figlio di Davide”. Questo grido incessante, che è entrato nella liturgia (Kirye eleison), sembra essere l’atteggiamento ideale di fronte alla non risposta di Dio.
“Esaudiscila, vedi come ci grida dietro”, dicono i discepoli. Non si capisce bene il loro intervento, proviene dall’interessamento per la situazione umana della povera donna, oppure è determinato dal desiderio di essere lasciati in pace. Gesù allora spiega il suo comportamento con una parola programmatica della sua missione: “Non sono stato inviato che alle pecore perdute della casa di Israele. “Cioè Gesù colloca la sua missione nella fedeltà al disegno di Dio: infatti, il popolo Israele è stato eletto da Dio per essere il suo testimone in mezzo alle nazioni. È a questo popolo che il Messia deve per prima manifestarsi. Non si tratta di escludere definitivamente i pagani dalla salvezza, ma di rispettare una priorità o precedenza fissata da Dio stesso.
Al silenzio di Gesù e poi al suo rifiuto esplicito di intervenire a favore di una donna che non appartiene al popolo ebraico, la Cananea risponde prostrandosi dinnanzi a Gesù dicendo: “Signore, aiutami”. Gesù le risponde ribadendo quasi il suo rifiuto precedente: “Non è bene prendere il pane dei figli per gettarlo ai cagnolini”. I cani nella mentalità ebraica dell’epoca, sono i pagani, mentre i figli sono gli Ebrei, quelli che vivono nell’alleanza e ai quali sono riservate le benedizioni di Dio. Gesù sembra dire che i doni di Dio sono riservati ai suoi fedeli.
La donna pagana non si rassegna a restare esclusa dall’azione benefica di Dio. Con abilità ella dà ragione a Gesù, però riesce a volgere l’argomento in proprio favore: “E’ vero, Signore, ma anche i cagnolini si cibano delle briciole che cadono dalla tavola dei loro padroni”. Non si sente offesa per l’accostamento e non desidera cambiare il suo stato di donna pagana, ma vuole partecipare, pur nella sua condizione di esclusa, ai benefici dei figli. In altre parole, questa donna vuole dire a Gesù: “Certo! Non pretendo il pane dei figli. Mi accontento degli avanzi o delle briciole che toccano ai cagnolini, i quali stanno anche sotto la protezione del Padrone. Se è vero che Gesù è stato mandato solo alle pecore perdute della casa di Israele, tuttavia egli non è insensibile alla fede di questa donna cananea. Egli esclama: “Donna, davvero grande, è la tua fede. Ti sia fatto come desideri”. La grande fede della donna straniera fa superare a Gesù i confini della sua missione storica. E da quell’istante sua figlia fu guarita a distanza.
Forse questa pagana ha qualcosa da insegnare a tutti noi: cioè Gesù si lascia vincere dalla grande fede e dalla preghiera insistente. D’altra parte, la salvezza non è soltanto per i membri del popolo eletto, anzi ci sono i pagani che superano nella fede i membri stessi di questa stirpe santa. La grande fede della donna, attestata da Gesù stesso, consiste quindi nel riconoscere che il disegno salvifico di Dio non può essere determinato dalle stupide barriere che dividono gli uomini. Si tratta di aprire sempre i nostri cuori e le nostre menti alle dimensioni del mondo, cioè di avere un cuore universale (cattolico) e anche missionario. Inoltre impariamo da questa donna che la fede può tutto.
Le parole di Gesù “Ti sia fatto come desideri”, risuonano come se le dicesse: “Donna, grande è la tua fede. Sia fatta la tua volontà, anche se, almeno per il momento, non era quella di Dio. Questo modo di anticipare l’azione divina ci ricorda l’intervento di Maria alle nozze di Cana, quando l’ora di Gesù non era ancora arrivata. Egli aveva potuto agire, perché la madre credeva in Lui. Anche noi, con una grande fede come quella della Cananea pagana o come quella di Maria, possiamo fare agire il Signore a nostro favore, poiché grazie alla fede egli accorda sempre e gratuitamente la sua grazia a tutti, anche ai pagani.
Don Joseph Ndoum
Un rifiuto
che apre all’accoglienza
Quando si accolgono dei candidati adulti al Battesimo è buona norma che partecipino alla prima parte della santa messa fino all’omelia e che, dopo una parola di benedizione, vengano congedati dall’assemblea, prima del Credo e della preghiera dei fedeli. Non per caso tutto quel che precede si chiama Messa dei catecumeni.
Quindi i candidati debbono uscire per essere istruiti in altro luogo dai didascali, mentre i fedeli si inoltrano nella liturgia eucaristica.
Vedere uscire delle persone fa impressione, e vari sacerdoti non praticano questo atto, credendo che sia un rifiuto o un’esclusione negativa e scoraggiante per i catecumeni. Questa è ignoranza della logica educativa, che la santa Chiesa, madre e maestra, possiede nelle sue fibre più antiche!
Proprio il Vangelo di questa domenica ci fa contemplare un diniego di Cristo, che a una povera donna cananea angosciata per una figlia indemoniata oppone un rifiuto netto, cosa che porta i discepoli a sembrare più buoni di Gesù.
Ma il Vangelo si risolve nella manifestazione della grande fede di questa donna: deve venire il sospetto che il testo nasconda una pedagogia.
Tornando al congedo dei catecumeni, l’esperienza insegna che la gradualità nell’introduzione alla vita liturgica non fa che aumentare intensità e consapevolezza. Desiderare a lungo di arrivare ai sacramenti verifica e purifica le intenzioni.
Crediamo in un solo Battesimo per la remissione dei peccati, non professiamo una misericordia da condono edilizio. La salvezza è un’opera dello Spirito Santo che produce nell’uomo conversione, pentimento, distacco dalla vita vecchia e inizio della nuova, e tale purificazione richiede gradualità.
Ma chi ha detto che fede speranza e amore si possano comunicare istantaneamente come fossero solo dei concetti? Ci sono i “sì” e i “no” educativi, ci sono le consegne a tempo debito. Questa è l’arte dell’accoglienza, che implica senso di opportunità e cura graduale; altrimenti non stiamo condividendo la salvezza, ma la stiamo banalizzando.
[Fabio Rosini – L'Osservatore Romano]