Il tema centrale dei cinque testi biblici odierni, compreso il Padre nostro, è il perdono. Pietro da buon ebreo, osservante della Legge, domanda a Gesù quante volte deve perdonare. E Gesù gli spiega la necessità di perdonare fino a “settanta volte sette”, cioè sempre, come insegna Gesù nel brano del Vangelo, che continua e conclude il discorso ecclesiale-comunitario (Mt 18) sui rapporti tra le persone.
Il perdono (= iper-dono)
che rigenera la persona e le comunità
Siracide 27,30 – 28,7; Salmo 102; Romani 14,7-9; Matteo 18,21-35
Riflessioni
Il tema centrale dei cinque testi biblici odierni, compreso il Padre nostro, è il perdono. Pietro da buon ebreo, osservante della Legge, domanda a Gesù quante volte deve perdonare. E Gesù gli spiega la necessità di perdonare fino a “settanta volte sette”, cioè sempre, come insegna Gesù nel brano del Vangelo, che continua e conclude il discorso ecclesiale-comunitario (Mt 18) sui rapporti tra le persone. Si tratta di un insegnamento insistente di Gesù, che va dal discorso della montagna (“beati i misericordiosi”), fino al Calvario (Mt 5,7; 6,14-15; 9,2-6; 12,31-32; 18,21-35; 26,28). Dopo la parola, Gesù ce ne dà l’esempio dalla croce: “Padre, perdonali, perché non sanno quello che fanno”; e ancora: “oggi sarai con me nel paradiso” (Lc 23,34.43). È il culmine dell’amore, l’amore senza misura: il perdono anche ai nemici! “Matteo vuole scuotere una comunità che rischia di sottovalutare l’impegno del perdono fraterno; il perdono è segno della autenticità della nostra preghiera… Per Matteo è specialmente nella prassi del perdono che la comunità si rivela come vera e autentica fraternità” (Corrado Ginami).
La Bibbia registra un progresso nella comprensione della legge e nella prassi del perdono. Nei tempi arcaici, il brutale Lamech, figlio di Caino, conosce solo la rappresaglia crudele, una vendetta senza limiti, fino a ‘settanta volte sette’ (cfr. Gen 4,23-24). In seguito, si introduce una reazione più equa con la primitiva legge del taglione: “occhio per occhio, dente per dente, mano per mano…” (Es 21,24). Che non va intesa come un incitamento a restituire il male ricevuto, ma come un limite da non oltrepassare nella risposta. Si arriva poi al punto più alto nell’Antico Testamento, con l’invito a rifiutare vendette e rancori, e ad amare il prossimo come se stessi (cfr. Lv 19,18); il testo odierno del Siracide (I lettura) rispecchia questa posizione. I rabbini del tempo di Gesù limitavano il perdono fino a tre volte. Pietro si spinge fino a sette (Mt 18,21), ma Gesù non ammette limiti: fino a settanta volte sette. Il perdono deve essere senza misura, così come senza misura e infinita è la misericordia del Padre (Lc 6,36). Davvero, il perdono è un “iper-dono”, un “super-dono”! Perché Dio è perdono! Il perdono va oltre la giustizia e il diritto umani. Perdonare ha qualcosa di straordinario, di “divino”; ci rende più simili a Dio.
Le letture presentano vari fondamenti del perdono. La parabola di Gesù (Vangelo) mette in evidenza l’immensa distanza tra il cuore di Dio, che perdona tutto e sempre (Salmo responsoriale), e il cuore dell’uomo, che spesso è gretto e meschino (Mt 18,33). Il Siracide (I lettura) ammonisce severamente: “Ricordati della fine… e della morte” (v. 6). L’aggressività vendicativa si diluisce riflettendo sulla limitatezza umana. “Può sembrare una massima banale, ma ha una sua profondità psicologica: il ripudio della morte è la radice della violenza… Ripudiare il senso della finitezza significa aver messo alle radici di noi stessi le premesse di tutti gli smarrimenti” (E. Balducci). L’apostolo Paolo (II lettura) esorta all’accettazione e comprensione reciproca, mettendo al centro della vita non l’io egoista ma Cristo, che è morto ed è risorto per tutti (v. 9), l’unico che dà senso e valore alla nostra vita e alla morte (v. 7). L’aver sperimentato la misericordia del Signore che perdona e rigenera, ci spinge a vivere per Lui. Sentirsi perdonati ci rende capaci di perdonare, di impegnarci nella missione, per invitare tutti a spalancare il cuore a Cristo.
Perché perdonare? Che cosa vuol? Con la parabola odierna Gesù ci dice che perdonare significa prendere coscienza che tutti sbagliamo, commettiamo errori, siamo tutti debitori, bisognosi di essere perdonati. Soltanto il perdono riesce a spezzare la catena della vendetta e della violenza. Ma perdonare non vuol dire essere ingenui, lasciar correre; è ben compatibile con l’esigenza di un compenso adeguato. Inoltre, perdonare non significa dimenticare il passato, cosa psicologicamente impossibile, spesso. Perdonare è una scelta cristiana difficile e sofferta, che produce frutti preziosi: libera il cuore da sentimenti di odio e vendetta; apre a un futuro di libertà e di pace; dà fiducia a chi ha sbagliato, perché possa ravvedersi. Insomma, il perdono è una terapia benefica per chi lo offre, per chi lo riceve e per la comunità umana.
Il perdono rigenera interiormente la persona e le comunità, ad ogni livello; le rende simili a Dio, a sua immagine e somiglianza; libera da tensioni e aggressività che spesso inquinano i rapporti interpersonali e sociali; interrompe la catena di vendette; rivela la grandezza d’animo di una persona e di un’istituzione. Il perdono è creativo, perché è capace di aprire strade che parevano sbarrate. Oltre all’ambito interpersonale e domestico, il perdono cristiano ha dimensioni e applicazioni soprattutto a livello di gruppi, società e nazioni; diventa spesso un criterio e un cammino di soluzione delle tensioni fra i popoli. (*) “Il perdono ha anche un valore civile e politico. Finché non si arriva a rinunciare a qualcosa a cui si avrebbe teoricamente diritto, finché si vuole a tutti i costi ciò che compete, ciò che è di proprio diritto, e si fa semplicemente l’elenco delle proprie ragioni, non si arriva alla pace, perché non si vuole pagare niente. La pace invece ha un costo… La pace suppone costante volontà di perdono: nelle famiglie, all’interno delle comunità, delle Chiese tra loro, e poi ancora più nel contesto civile” (Carlo M. Martini). Il perdono e la pace sono messaggi prioritari nella missione: perdonare di cuore (Mt 18,35) e amare i propri nemici (Mt 5,44) sono Vangelo puro, la grande novità cristiana!
La letteratura mondiale offre un florilegio di espressioni sul tema del perdono sia di Dio che dell’uomo. Eccone alcune. “Dio perdona tante cose per un’opera di misericordia!” (A. Manzoni). - “Il perdono non cambia il passato, ma dilata il futuro” (Boros S.). - “Solo chi è forte è capace di perdonare” (Gandhi). - “Perdonate subito: risparmierete del tempo prezioso, e farete meglio la vostra digestione” (Card. O’Connell).
Parola del Papa: Messaggi per le Giornate Mondiali della Pace
(*) “La riconciliazione, via della pace” (1975).
“Offri il perdono, ricevi la pace” (1997).
“Non c’è pace senza giustizia; non c’è giustizia senza perdono” (2002).
“Non lasciarti vincere dal male, ma vinci con il bene il male” (2005).
Sui passi dei Missionari
13 S. Giovanni Crisostomo (c. 349-407), vescovo di Costantinopoli, dottore della Chiesa, definito “bocca d’oro” per la sua eloquenza e gli scritti. Fu zelante pastore nell’evangelizzare le campagne, creare ospedali, e fustigare vizi. Soffrì persecuzioni e morì in esilio a Comana, sul Mar Nero.
14 Festa della Esaltazione della santa Croce, icona del Crocifisso-Risorto, simbolo del mistero pasquale per la salvezza di tutti i popoli (cfr. Fil 2,8-9).
15 B. V. Maria Addolorata, associata intimamente alla passione redentrice di Cristo.
· Nel 1864 Daniele Comboni, giovane missionario di 33 anni, elaborò a Roma il Piano per la Rigenerazione dell’Africa per mezzo degli africani, che poi presentò a Propaganda Fide e al Papa Pio IX.
· B. Paolo Manna (1872-1952), sacerdote italiano del Pime, missionario in Birmania (oggi Myanmar). Fu un grande promotore della Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani. Nel 1916 fondò la Pontificia Unione Missionaria (Pum), per la formazione missionaria dei sacerdoti e religiosi, e per la diffusione dello spirito missionario nelle comunità cristiane.
· SdD. Joseph Kentenich (1885-1968), sacerdote tedesco dei Pallottini, fondatore del Movimento di Schönstatt, di ispirazione mariana, per la formazione dei laici. Le lezioni e i valori proposti dal movimento ostacolavano il lavoro di propaganda nazista. Nel 1941, padre Joseph fu imprigionato a Coblenza e, l’anno successivo, fu mandato al campo di concentramento di Dachau fino alla fine della guerra. Dovvete poi trascorrere 14 anni di esilio negli Usa per incomprensioni sul suo carisma, riconosciuto finalmente da Paolo VI. Sulla sua tomba è scritto: «Dilexit Ecclesiam» (amò la Chiesa).
16 S. Cipriano (c. 200-258), martire, vescovo di Cartagine (Tunisia), teologo e apologeta. Promosse l’accoglienza misericordiosa anche degli apostati (lapsi), come pure l’unità della Chiesa in comunione con il Papa Cornelio.
· S. Giovanni Macías (1585-1645), laico spagnolo. A 28 anni andò in Perù e fu accolto come fratello coadiutore presso i Domenicani. Fu modello di umiltà e di carità. Visse e morì a Lima, dedito ai poveri e ai malati. Era amico di san Martín de Porres e di santa Rosa da Lima.
· Ven. François Xavier Nguyen Van Thuan (1928-2002), arcivescovo coadiutore di Saigòn (oggi Ho Chi Minh City), Vietman. Fu imprigionato per 13 anni (1975-1988). Visse gli ultimi anni a Roma come presidente del Pontificio consiglio per la giustizia e la pace. Fu creato cardinale nel 2001. Ci ha lasciato preziose testimonianze in Cinque pani e due pesci, e in altri libri.
17 B. Leonella Sgorbati (1940-2006), martire, suora italiana delle Missionarie della Consolata, lavorò 36 anni in Kenya e Somalia come infermiera e ostetrica. Fu uccisa da estremisti islamici a Mogadiscio (Somalia). Morì dicendo: «Io perdono, perdono, perdono».
18 Bb. Giovanni Battista e Giacinto de los Ángeles, laici indios messicani, sposati, catechisti, martirizzati nella Sierra Nord di Oaxaca-Messico nel 1700.
· Ricordo di Dag Hammarskjöld (1905-1961), diplomatico svedese, economista, segretario generale dell’Onu dal 1953 fino alla morte, avvenuta in Zambia per un incidente aereo (mai chiarito), durante una missione umanitaria per la pace nell’ex Congo Belga. Nell’anno stesso della morte, gli fu conferito il Premio Nobel per la Pace ‘alla memoria’ per la sua attività umanitaria. Nelle sue annotazioni private, una specie di diario, pubblicate dopo la sua morte con il titolo Tracce di cammino – I miei negoziati con me stesso e con Dio, appare un silenzioso testimone del Vangelo.
19 Ricordo di Ruggero Ruvoletto (1957-2009), sacerdote di Padova, direttore del Centro missionario diocesano, poi missionario ‘fidei donum’ in Brasile. Uomo di comunione, accoglienza e dialogo, fu ucciso nella sua stanza nella periferia di Manaus «per aver denunciato il traffico di droga e la mancanza di pubblica sicurezza».
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A cura di: P. Romeo Ballan – Missionari Comboniani (Verona)
Sito Web: www.comboni.org “Parola per la Missione”
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