Ricorre domenica 24 gennaio la “Domenica della Parola di Dio”, la giornata istituita lo scorso anno da Papa Francesco per ricordare, nella 3° Domenica del Tempo Ordinario, a tutti, clero e fedeli, l’importanza e il valore della Sacra Scrittura per la vita cristiana, come pure il rapporto tra Parola di Dio e liturgia. [Scarica qui il (pdf)]

NOTA SULLA DOMENICA DELLA PAROLA DI DIO

La Domenica della Parola di Dio, voluta da Papa Francesco ogni anno alla III Domenica del Tempo Ordinario,[1] rammenta a tutti, Pastori e fedeli, l’importanza e il valore della Sacra Scrittura per la vita cristiana, come pure il rapporto tra Parola di Dio e liturgia: «Come cristiani siamo un solo popolo che cammina nella storia, forte della presenza del Signore in mezzo a noi che ci parla e ci nutre. Il giorno dedicato alla Bibbia vuole essere non “una volta all’anno”, ma una volta per tutto l’anno, perché abbiamo urgente necessità di diventare familiari e intimi della Sacra Scrittura e del Risorto, che non cessa di spezzare la Parola e il Pane nella comunità dei credenti. Per questo abbiamo bisogno di entrare in confidenza costante con la Sacra Scrittura, altrimenti il cuore resta freddo e gli occhi rimangono chiusi, colpiti come siamo da innumerevoli forme di cecità».[2]

Questa Domenica costituisce pertanto una buona occasione per rileggere alcuni documenti ecclesiali[3] e soprattutto i Praenotanda dell’Ordo Lectionum Missae, che presentano una sintesi dei principi teologici, celebrativi e pastorali circa la Parola di Dio proclamata nella Messa, ma validi anche in ogni celebrazione liturgica (Sacramenti, Sacramentali, Liturgia delle Ore).

1. Per mezzo delle letture bibliche proclamate nella liturgia, Dio parla al suo popolo e Cristo stesso annunzia il suo Vangelo;[4] Cristo è il centro e la pienezza di tutta la Scrittura, l’Antico e il Nuovo Testamento. [5] L’ascolto del Vangelo, punto culminante della Liturgia della Parola,[6] è caratterizzato da una particolare venerazione,[7] espressa non solo dai gesti e dalle acclamazioni, ma dallo stesso libro dei Vangeli.[8] Una delle modalità rituali adatte a questa Domenica potrebbe essere la processione introitale con l’Evangeliario[9] oppure, in assenza di essa, la sua collocazione sull’altare.[10]

2. L’ordinamento delle letture bibliche disposto dalla Chiesa nel Lezionario apre alla conoscenza di tutta la Parola di Dio.[11] Perciò è necessario rispettare le letture indicate, senza sostituirle o sopprimerle, e utilizzando versioni della Bibbia approvate per l’uso liturgico.[12] La proclamazione dei testi del Lezionario costituisce un vincolo di unità tra tutti i fedeli che li ascoltano. La comprensione della struttura e dello scopo della Liturgia della Parola aiuta l’assemblea dei fedeli ad accogliere da Dio la parola che salva.[13]

3. È raccomandato il canto del Salmo responsoriale, risposta della Chiesa orante;[14] perciò è da incrementare il servizio del salmista in ogni comunità.[15]

4. Nell’omelia si espongono, lungo il corso dell’anno liturgico e partendo dalle letture bibliche, i misteri della fede e le norme della vita cristiana.[16] «I Pastori in primo luogo hanno la grande responsabilità di spiegare e permettere a tutti di comprendere la Sacra Scrittura. Poiché essa è il libro del popolo, quanti hanno la vocazione ad essere ministri della Parola di Dio devono sentire forte l’esigenza di renderla accessibile alla propria comunità».[17] I Vescovi, i presbiteri e i diaconi debbono sentire l’impegno a svolgere questo ministero con speciale dedizione, facendo tesoro dei mezzi proposti dalla Chiesa.[18]

5. Particolare importanza riveste il silenzio che, favorendo la meditazione, permette che la Parola di Dio sia accolta interiormente da chi l’ascolta.[19]

6. La Chiesa ha sempre manifestato particolare attenzione a coloro che proclamano la Parola di Dio nell’assemblea: sacerdoti, diaconi e lettori. Questo ministero richiede una specifica preparazione interiore ed esteriore, la familiarità con il testo da proclamare e la necessaria pratica nel modo di proclamarlo, evitando ogni improvvisazione.[20] C’è la possibilità di premettere alle letture delle brevi e opportune monizioni.[21]

7. Per il valore che ha la Parola di Dio, la Chiesa invita a curare l’ambone dal quale viene proclamata;[22] non è un arredo funzionale, bensì il luogo consono alla dignità della Parola di Dio, in corrispondenza con l’altare: parliamo infatti della mensa della Parola di Dio e del Corpo di Cristo, in riferimento sia all’ambone sia soprattutto all’altare.[23] L’ambone è riservato alle letture, al canto del Salmo responsoriale e del preconio pasquale; da esso si possono proferire l’omelia e le intenzioni della preghiera universale, mentre è meno opportuno che vi si acceda per commenti, avvisi, direzione del canto.[24]

8. I libri che contengono i brani della Sacra Scrittura suscitano in coloro che li ascoltano la venerazione per il mistero di Dio che parla al suo popolo.[25] Per questo si chiede di curare il loro pregio materiale e il loro buon uso. È inadeguato ricorrere a foglietti, fotocopie, sussidi in sostituzione dei libri liturgici.[26]

9. In prossimità o nei giorni successivi alla Domenica della Parola di Dio è conveniente promuovere incontri formativi per evidenziare il valore della sacra Scrittura nelle celebrazioni liturgiche; può essere l’occasione per  conoscere meglio come la Chiesa in preghiera legge le sacre Scritture, con lettura continua, semicontinua e tipologica; quali sono i criteri di distribuzione liturgica dei vari libri biblici nel corso dell’anno e nei suoi tempi, la struttura dei cicli domenicali e feriali delle letture della Messa.[27]

10. La Domenica della Parola di Dio è anche un’occasione propizia per approfondire il nesso tra la Sacra Scrittura e la Liturgia delle Ore, la preghiera dei Salmi e Cantici dell’Ufficio, le letture bibliche, promovendo la celebrazione comunitaria di Lodi e Vespri.[28]

Tra i numerosi Santi e Sante, tutti testimoni del Vangelo di Gesù Cristo, può essere proposto come esempio san Girolamo per il grande amore che egli ha nutrito per la Parola di Dio. Come ha ricordato recentemente Papa Francesco, egli fu un «infaticabile studioso, traduttore, esegeta, profondo conoscitore e appassionato divulgatore della Sacra Scrittura. […] Mettendosi in ascolto, Girolamo trova se stesso, il volto di Dio e quello dei fratelli, e affina la sua predilezione per la vita comunitaria».[29]

Questa Nota intende contribuire a risvegliare, alla luce della Domenica della Parola di Dio, la consapevolezza dell’importanza della Sacra Scrittura per la nostra vita di credenti, a partire dal suo risuonare nella liturgia che ci pone in dialogo vivo e permanente con Dio. «La Parola di Dio ascoltata e celebrata, soprattutto nell’Eucaristia, alimenta e rafforza interiormente i cristiani e li rende capaci di un’autentica testimonianza evangelica nella vita quotidiana».[30]
Dalla Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti, il 17 dicembre 2020.

Un annuncio
sempre nuovo e sorprendente

Marco 1, 14-20

Gesù, inizia la sua missione con l’annuncio del Regno: «Il tempo è compiuto, il Regno di Dio è vicino, convertitevi e credete nel Vangelo» (Mc 1, 15). È conclusa la missione di Giovanni Battista, cioè il tempo dell’attesa e della preparazione ed è stato portato a compimento con Gesù Cristo. Ora è il tempo di “convertitevi” alla Buona Notizia. L’unica, perenne, buona notizia è quella dell’Amore. Ecco, perché, il primo annuncio è sempre nuovo e sorprendete; ogni istante della nostra vita è davvero il momento favorevole per convertirsi all’amore. Andare verso l’altro, uscire da sé stessi, uscire dal proprio egoismo per farsi dono, e dedicare la propria vita, agli altri.

Ognuno di noi può essere buona notizia, può essere vangelo per qualcun altro. Il Vangelo non è una notizia che si trasmette attraverso le parole, ma è una notizia buona che passa attraverso l’uomo, attraverso le relazioni quotidiane. Ringraziamo il Signore per tutte le persone che sono state per noi buona notizia, testimoni di vangelo, preziosi compagni di strada per un tratto di cammino. Ognuno custodisce nel cuore, nomi e volti di questi inviati del Signore. Nel Vangelo di Marco, subito dopo l’invito alla conversione, Gesù passa lungo il mare di Galilea e vede dei pescatori, Simone e Andrea e poi altri due, Giacomo e Giovanni.

Mi ha sempre colpito che i primi chiamati sono coppie di fratelli; il Signore cerca e chiama, dove le relazioni umane sono vere e vitali. Gesù non cerca leader solitari, oppure persone che vivono rapporti di convenienza, meschini gregari che si attaccano al carro vincente in quel momento, pronti a saltare su un altro carro appena cambia il vento. Si avvicina e dice loro una sola parola: «Seguitemi» (Mc 1, 16-20). Questo ci aiuta a riflettere sulla nostra vocazione. Facciamoci una domanda sempre importante. La nostra scelta di fede è una cosa che abbiamo fatto da soli, di nostra iniziativa o è la risposta a una chiamata?

Il vangelo ci aiuta a capire circa l’origine della nostra fede. Quando c’è una chiamata, ci deve essere sempre un distacco da qualche cosa. Nel caso di Simone e Andrea, Giacomo e Giovanni, Gesù li chiamò e loro lasciarono le reti, la barca, persino il padre, lasciarono i garzoni e lo seguirono. Anche noi dobbiamo sapere che cosa abbiamo lasciato nel momento in cui siamo diventati credenti, cosa è cambiato nella nostra vita; abitudini, relazioni, idee, progetti, perché se non abbiamo lasciato nulla, se non viviamo nessun cambiamento dalla condizione di prima, allora la nostra vocazione sarebbe ambigua. Un certo distacco da ciò che si lascia ci aiuta a gustare meglio il dono che si è ricevuto. A noi spetta di mettersi dietro di Lui, senza sapere in un certo senso dove andare; solo Lui lo sa, perché è Lui che ci ha chiamati. Camminiamo come i discepoli verso la Pasqua, verso Gerusalemme, la città che uccide i profeti, pronti cioè a pagare un prezzo personale senza facili illusioni. Collaboriamo per essere costruttori di pace e fraternità sulla pietra angolare Gesù Cristo. Facciamo del crocifisso il fondamento della nostra vita, non un distintivo da mettersi sul petto e neanche un aggressivo strumento da scagliare contro il mondo che avrebbe smarrito Dio, perché invece il regno di Dio è in mezzo a noi.
[Francesco Pesce – L’Osservatore Romano]

La vocazione degli apostoli

Verso un destino oscuro e glorioso

Gio 3,1-5.10; Salmo 25; 1Cor 7,29-31; Mc 1,14-20

La proclamazione della buona notizia del Regno di Dio in Galilea e l’appello alla conversione sono i due punti principali della parola di Dio di questa domenica. Poi, un modello di risposta all’appello di Gesù viene offerto dalla duplice chiamata dei suoi primi quattro discepoli. Anche il brano della prima lettura, dal libro di Giona, ci presenta un modello di predicazione efficace e di pronta conversione. Proprio, uno spunto per sviluppare questo tema della conversione è suggerito dal salmo responsoriale, che parla della via giusta da seguire grazie alla guida di Dio, di cui si celebra l’amore fedele, la misericordia e la bontà. Su quest’argomento, fa leva l’invocazione del ritornello: “Fammi conoscere, Signore, le tue vie”.

Invece il brano della seconda lettura segue un percorso autonomo. L’Apostolo Paolo ci invita a ridimensionare ciò che è soltanto materiale ed effimero, per dare spazio a ciò che dura in eterno; perciò, nessuna situazione, senza valore definitivo, deve diventare un ostacolo nel cammino verso Dio, l’unico Assoluto ed Eterno. Nel brano evangelico, la proclamazione inaugurale di Gesù sta sotto il segno del “vangelo di Dio”, cioè la “buona e gioiosa notizia” di cui si fa garante Dio stesso, un annuncio profetico di salvezza. Marco riassume il contenuto di quest’annuncio in questi termini: “Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino; convertitevi e credete al vangelo”. In queste quattro proposizioni, due riguardano la proposta del Signore (il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino), mentre le due altre concernano la risposta degli uomini (convertitevi e credete al vangelo).

“Il tempo è compiuto”. Di fatto con la venuta di Gesù si è chiusa nella storia umana l’epoca dell’attesa, e se n’è aperta una nuova, più favorevole per la nostra salvezza: l’epoca della grazia, l’epoca del Dio con noi e l’epoca del Dio come noi. E’ come un segnale di emergenza per non vivere più in modo superficiale, ma far ben attenzione per vivere con maggior responsabilità. In altre parole, si tratta di una condanna dell’uso leggero del tempo, e simultaneamente un invito ad usarlo bene. Il tempo è un dono di Dio, e quindi è tempo di Dio. Mentre abbiamo tempo, facciamo il bene, perché il tempo sfugge e non si arresta mai, e la vita è breve. Ogni occasione per il bene è una fortuna, forse unica ed irrepetibile, al nostro vantaggio. Se udiamo la voce del Signore, come dice il salmo 94, non induriamo i nostri cuori. “Il Regno di Dio è vicino”. E’ un immagine della tradizione biblica che serve a trascrivere l’intervento decisivo di Dio per liberare gli oppressi e per stabilire la giustizia e la pace. Con la sua parola efficace, Gesù rende ora presente ed attiva quest’azione sovrana di Dio. Egli proclama soprattutto la prossimità di Dio all’uomo, un avvicinarsi di Dio per salvare e divinizzare l’uomo.

“Convertitevi”. Gesù ci sollecita a cambiare radicalmente rotta, a rivolgere l’attenzione verso il Regno di Dio che irrompe ora nella storia umana. Quest’appello al cambiamento radicale si fonda sull’adesione incondizionata al vangelo che Gesù proclama, e che è orientato verso il prossimo ad amare. “Credete al vangelo”. Cioè accogliete la buona notizia del regno, fatela vostra, con impegno e con la gioia che essa suscita, e vivetela con devozione. Marco presenta anche la scena della prima chiamata dei quattro primi discepoli. Si tratta di pescatori che stanno facendo il loro mestiere. Lo schema è semplice. Appello- risposta. In questa scena esemplare ci sono due comportamenti molto suggestivo: lo sguardo di Dio e la sua iniziativa divina.

Il “vide” di cui parla il vangelo non è una notazione banale. Qui si tratta di uno sguardo che elegge, che sceglie, e che è proposta di comunione. Sarà così anche per la chiamata di Levi (Mc 2,4); e nell’episodio dell’uomo ricco (Mc2,21) lo sguardo di Gesù si rivela particolarmente come un modo per dire la sua attenzione amorosa. quanto riguarda l’iniziativa divina, di solito sono i discepoli che scelgono il maestro; Cristo invece assume l’iniziativa. La chiamata viene da lui. Infatti la vita cristiana è una risposta al manifestarsi della grazia. Non siamo noi che partiamo alla ricerca di Dio, è Dio che si pone sempre alla ricerca dell’uomo, alla nostra ricerca, nonostante le nostre debolezze ed infermità.

Inoltre, da parte dei primi discepoli, nella loro risposta all’iniziativa divina, possiamo rilevare anche per noi alcuni elementi fondamentali: la fede, il distacco, la sequela e il lasciarsi fare. Il discepolo si caratterizza normalmente per la sua fede che è un affidamento ad una Persona, Gesù Cristo, un’adesione ed un abbandono fiducioso alle sue proposte. E’ un accettare, alla maniera di Abramo, di vivere un avventura di cui non si valutano con precisione le dimensioni. Si tratta di una fiducia assoluta nel Dio vivente e vero. E la risposta di fede si traduce con un distacco, da una rinuncia, da un sacrificio di qualcosa, ma per un guadagno superiore e maggiore. Infatti, il discepolo che ha trovato Cristo non abbandona quasi nulla; la così detta “perdita” viene abbondantemente assorbita dal guadagno. Dopo viene la sequela, che stabilisce una comunione di vita con Cristo. Essa si capisce anche come una imitazione. Si tratta di fare le stesse scelte di Cristo e di assumere i suoi insegnamenti. E l’ultimo tratto che caratterizza il discepolo di Cristo è il “lasciarsi fare” dal Maestro: “Vi farò pescatori di uomini”.

La risposta immediata dei primi discepoli (subito lo seguirono) rimane esemplare per noi. Si tratta di un invito ad una conversione che prende tutto l’essere, e che fa di noi dei segni credibili per i tempi nuovi preparati dal Signore. E’ difficile trovare un discepolo completo, “arrivato”: il discepolo o il cristiano è, semplicemente, uno che lo sta diventando giorno dopo giorno. Si tratta di un cammino e non di una fine.
Don Joseph Ndoum