Martedì 1 novembre 2022
Queste celebrazioni ci offrono una finestra, dalla quale possiamo avvistare orizzonti più ampi, o un abbaino, per ammirare il cielo stellato. Meglio ancora, si apre una PORTA: “Poi vidi: ecco, una porta era aperta nel cielo. La voce, che prima avevo udito parlarmi come una tromba, diceva: «Sali quassù, ti mostrerò le cose che devono accadere in seguito»” (Apocalisse 4,1). Entriamo da tale porta. Il Paradiso apre le sue porte permettendo una visita! Un'occasione da non perdere! Consentitemi di condividere con voi la mia “visita”!

Le quattro sorprese del paradiso

Queste celebrazioni ci offrono una finestra, dalla quale possiamo avvistare orizzonti più ampi, o un abbaino, per ammirare il cielo stellato. Meglio ancora, si apre una PORTA: “Poi vidi: ecco, una porta era aperta nel cielo. La voce, che prima avevo udito parlarmi come una tromba, diceva: «Sali quassù, ti mostrerò le cose che devono accadere in seguito»” (Apocalisse 4,1). Entriamo da tale porta. Il Paradiso apre le sue porte permettendo una visita! Un'occasione da non perdere! Consentitemi di condividere con voi la mia “visita”!

TUTTI UGUALI O TUTTI DIFFERENTI?

Prima sorpresa: Il cielo è un meraviglioso e immenso mosaico di diversità

“Dopo queste cose vidi: ecco, una moltitudine immensa, che nessuno poteva contare, di ogni nazione, tribù, popolo e lingua.” (Apocalisse 7, 9).

Non ci sono “cieli” differenti capaci di separare ed evitare il “diverso” ... in una eterna e monotona uniformità! Ma un unico cielo in grado di ospitare e integrare la diversità. Tutte le differenze: geografiche, temporali, razziali, culturali, come quelle religiose, convivono felicemente, grati per il panorama variegato, che offre una continua e perenne novità!

Ulteriore sorpresa: la ricchezza dei temperamenti e delle sensibilità! Tutte loro rispettate. Tutte quante purificate. “Una stilla di divino c'è in ogni uomo. Siamo le foglie dissimili di un unico albero”(Cardinale Martini).

Finalmente “Il lupo abiterà con l'agnello, e il leopardo si sdraierà accanto al capretto; il vitello, il leoncello e il bestiame ingrassato staranno assieme, e un bambino li condurrà” (Isaia 11,6).

RIPOSO ETERNO?

Una seconda sorpresa: in cielo si lavora!...

Il cielo non è luogo di ozio! Tutta la gente lavora! Il Padre è il primo a dare l'esempio: “Il Padre mio agisce anche ora e anch'io agisco”, dice Gesù (Giovanni 5,17). E non è un lavoro “divino” fatto “dall'alto”; al contrario, molto umano, servizio umile, fatto in ginocchio: “Chi ha visto me ha visto il Padre”, dice Gesù, dopo aver lavato i piedi ai suoi discepoli.

Abbandoniamo, dunque, la convinzione di quelli che pensano che il “riposo eterno” sia una giustificazione per l'ozio. E si rilassino coloro che non sopportano di stare oziosi! Così come va il mondo, come potremmo andare avanti senza l'aiuto del Cielo?

GIOIA PIENA?

Una terza sorpresa: La gioia del cielo non è una felicità rilassata!

E come potrebbe esserlo se è il luogo di perfetta carità? Come potrebbero i nostri fratelli e sorelle estraniarsi dalla nostra sofferenza e dalle nostre pene? E Dio, soprattutto, come potrebbe farlo?! La solidarietà di Cristo, la sua compassione, le sue lacrime (Giovanni 11,42) sono emblematiche. La Scrittura non evita di parlare della profonda tristezza di Dio (Genesi 6,6). E San Paolo ci chiede di “non rattristare lo Spirito Santo di Dio” (Efesini 4,30). Non c'è da stupirsi, quindi, che alcuni veggenti abbiano sentito Nostra Signora parlare di “tristezza” di Dio e di suo Figlio, e che l’abbiano vista “piangere”! ...

PREMIO CONQUISTATO PER I NOSTRI MERITI?

Quarta sorpresa: Il cielo non è esclusivamente dei “giusti”!

Il cielo non è il “salario” concesso unicamente alle persone rette che lo avrebbero meritato con le loro buone opere. Saremo forse stupiti di incontrare là “certe” persone e saremo imbarazzati nel trovarci ad abbracciare qualche nostro “nemico”! Perché Dio è Colui che mangia e beve con i peccatori e siede a mensa con loro (Marco 2,15-16). “La bontà infinita ha sì gran braccia, che prende ciò che si rivolge a lei” (Dante). Quindi, per andare in Paradiso “basta chiederlo”, dice San Tommaso.

Là comprenderemo bene la sconcertante parabola di Gesù, degli operai invitati a lavorare nella Vigna che ricevono tutti la paga per intero. Parabola che ha avuto un'applicazione eloquente nel caso del “buon ladrone”, “assunto” all'ultimo momento...

In cielo si entra solo per amore. Così la mistica sufi musulmana Rabia di Bassora († 801) diceva che, se avesse potuto, avrebbe spento l'inferno e bruciato il paradiso perché tutti amassero Dio disinteressatamente, non per paura dell'inferno o speranza del cielo!

CONCLUSIONE?

Perdonate la mia audacia. Questa mia “interpretazione" è certamente distorta dal mio occhio miope e offuscato. Una misera e rabbuiata ombra distorce la realtà, giacché il Cielo è la Grande Sorpresa che Dio ci riserva!
P. Manuel João
[comboni2000]

La via della santità non conosce confini

Apocalisse 7,2-4.9-14; Salmo 23; 1Giovanni 3,13; Matteo 5,1-12

La solennità di tutti i santi celebra quei numerosi santi, non compresi nel calendario ufficiale della Chiesa. Siamo quindi invitati a far festa con questa moltitudine di uomini, donne, bambini, adulti e anziani, che vivono nella gioia e nella gloria del paradiso. In loro l’evento della salvezza è divenuto storia personale e il mistero pasquale si è reso quotidianità. Facendo memoria di loro, viene anzitutto celebrato l’amore misericordioso di Dio che li accoglie e poi è una festa di speranza per noi nella Chiesa pellegrinante e sofferente.

I santi sono stati in mezzo a noi, si sono dedicati alle nostre stesse occupazioni ordinarie, e hanno avuto i nostri stessi problemi. Solo che hanno privilegiato la fede, il timore e l’amore di Dio, la carità e la preghiera. Essi hanno risposto all’amore di Dio facendosi imitatori di Cristo. La solennità di tutti i santi appare allora come una sfida, perché la santità è un affare che ci riguarda da vicino. Purtroppo le nostre strategie di base sono spesso la mediocrità, l’indifferenza e l’allontanamento. Immaginiamo la santità per gli altri, per alcuni privilegiati o predestinati; l’osserviamo da lontano come inarrivabile, inavvicinabile, in una dimensione che non è quasi del nostro mondo. La solennità di tutti i santi ci invita a fare l’operazione inversa, di avvicinare la santità come vocazione e condizione normale del cristiano, a nostra portata.

La santità è quindi l’affare di tutti e fa parte delle nostre possibilità. Queste affermazioni danno ragione a quell’autore che diceva che: “C’è una sola tristezza nel mondo, quella di non essere santi”. Ed un altro lodò il Signore perché aveva reso la santità così semplice, gioconda e bella. Infatti, il vangelo di questa solennità ci presenta una serie di beatitudini in quel senso, come percorso ideale per i chiamati al regno di Dio. Questo brano evangelico presenta l’orizzonte in cui si dispiega la regalità di Dio, fonte e garanzia di felicità per tutti noi. A questo annuncio gioioso fa eco il brano della prima lettera di Giovanni, nella seconda lettura, che risale alla fonte di quel processo di assimilazione tra Dio e i suoi figli che si concluderà con una piena comunione finale, e noi lo vedremo così come egli è. Lo stesso tema appare nella prima lettura con un linguaggio apocalittico.

L’identificazione dei servi di Dio contrassegnati dal suo sigillo è data mediante una simbologia numerica:”144 mila da ogni tribù d’Israele” e “una moltitudine immensa, che nessuno poteva contare, di ogni nazione, razza, popolo e lingua”. Il loro statuto di salvati viene espresso con la scena simbolica della liturgia celeste attorno al trono di Dio e dell’Agnello. Indossano vesti candide, segno di festa, con le palme in mano, simbolo della vittoria che hanno riportato sul male e sulla morte.

L’espressione “Beati”, che appare otto volte nel vangelo, è fin dall’Antico Testamento, una formula di congratulazioni, di felicitazione. Ma è anche l’annuncio di una gioia a venire. Le qualità celebrate qui non sembrano troppo diverse, e potrebbero essere ricondotte in due beatitudini: (il primo) “Beati i poveri in spirito” e (il secondo) “Beati i perseguitati per causa della giustizia”. Così gli altri sarebbero rispettivamente solo il loro sviluppo. “Beati i poveri in spirito” (espressione usata soltanto da Matteo) riguarderebbe allora i miti, i misericordiosi, i puri di cuore, gli operatori di pace e quelli che hanno fame e sete di giustizia. L’espressione di Matteo “poveri in spirito” sarebbe allora comprensiva di tutte queste categorie o attitudini spirituali. L’ottava o meglio la seconda importante beatitudine concerne “i perseguitati per causa della giustizia”. La giustizia è il termine evangelico più generico per designare la virtù, il bene, la religione. La ricompensa della prima beatitudine, “di essi è il regno dei cieli”, riappare solo all’ottava (seconda importante beatitudine), nello stesso tempo indicativo, formando così un’inclusione poetica e una distinzione netta con le altre beatitudini intermediarie che sono nel futuro. L’apparente nona beatitudine è uno sviluppo dell’”ottava” per un’applicazione diretta sugli apostoli e auditori presenti. A chi segue fedelmente Gesù sulla strada delle beatitudini, Gesù assicura felicità piena e duratura.
Don Joseph Ndoum