Sperando contro ogni speranza: una campagna di preghiera a sostegno della conversione ecologica

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Martedì 28 novembre 2023
L’esortazione Laudate Deum è un invito concreto a promuovere il multilateralismo come forma di governo in grado di stabilire e attuare regole globali ed efficaci per la "salvaguardia globale" del pianeta. Si tratta di uno spazio democratico e inclusivo dove le voci della società civile possano essere ascoltate, dove tutti i Paesi abbiano un ruolo da svolgere, dove la bussola sia il bene comune e non una “autorità mondiale concentrata in una sola persona o in un’élite con eccessivo potere” (LD 35). [Photo: © FAO/Giulio Napolitano]

Papa Francesco esprime la preoccupazione che “il mondo si sta sgretolando e forse si sta avvicinando a un punto di rottura” (LD 2), ma non stiamo facendo abbastanza per la cura della nostra casa comune. Abbiamo bisogno di piani concreti, molto ambiziosi e attuabili per raggiungere gli obiettivi dell'Accordo di Parigi alla COP28.

La COP28 si propone di affrontare tre sfide decisive che sono anche opportunità per scelte condivise coraggiose, all’altezza della responsabilità affidata ai leader e ai negoziatori dei Paesi che si riuniranno a Dubai dal 30 novembre 2023. Si tratta della transizione energetica, della giustizia climatica e della voce degli ultimi nei negoziati. In riferimento a tale impegno, la Piattaforma di iniziative Laudato si’ prende posizione a partire dalle riflessioni espresse nella Laudate Deum. In particolare, sottolinea la necessità di:

a. Accelerare la transizione energetica e di ridurre drasticamente le emissioni climalteranti entro il 2030, sulla base delle evidenze riscontrate dall’IPCC (cf. Assessment Report 6, 2023). Riconosce la complessità di arrivare ad un accordo veramente efficace in questo ambito, ma non si può perdere altro tempo. È ancora possibile evitare le peggiori conseguenze del riscaldamento globale e bisogna valorizzare al massimo questa opportunità.

La Laudate Deum ci ricorda che “la necessaria transizione verso energie pulite (…), abbandonando i combustibili fossili, non sta procedendo abbastanza velocemente. (…) Dobbiamo superare la logica dell’apparire sensibili al problema e allo stesso tempo non avere il coraggio di effettuare cambiamenti sostanziali” (LD 55-56).

Come risulta dalle conclusioni del dialogo tecnico del primo “Global Stocktake”[1], è necessaria molta più ambizione nella definizione di obiettivi nazionali di riduzione delle emissioni, al fine di ridurre le emissioni globali di gas serra del 43% entro il 2030 e ulteriormente del 60% entro il 2035 rispetto ai livelli del 2019 e di raggiungere emissioni nette di CO2 pari a zero entro il 2050 a livello globale.

Inoltre, i Paesi dovrebbero concordare un quadro di transizione equo con un obiettivo globale stabilito per le energie rinnovabili: triplicare la capacità globale delle rinnovabili fino a 11.000 GW entro il 2030, realizzando almeno 1.500 GW all'anno.

In sintesi, “se c’è un sincero interesse a far sì che la COP28 diventi storica, che ci onori e ci nobiliti come esseri umani, allora possiamo solo aspettarci delle forme vincolanti di transizione energetica che abbiano tre caratteristiche: che siano efficienti, che siano vincolanti e facilmente monitorabili. Questo al fine di avviare un nuovo processo che sia drastico, intenso e possa contare sull’impegno di tutti” (LD 59).

b. Giustizia climatica e impegno finanziario: nella consapevolezza che tutto è connesso e che o ci salviamo insieme, o non si salva nessuno, ci troviamo di fronte alla sfida di una transizione ecologica che deve essere inclusiva. Poiché i cambiamenti climatici minacciano tutti i Paesi, le comunità e le persone in tutto il mondo, è necessario intensificare le azioni di adattamento e gli sforzi per prevenire, minimizzare e affrontare le perdite e i danni per ridurre e rispondere ai crescenti impatti, in particolare per coloro che sono meno preparati ai cambiamenti e meno in grado di riprendersi dai disastri.

Secondo il principio di responsabilità condivisa ma differenziata e quello di giustizia climatica, i paesi sviluppati hanno il dovere di fare di più e di aiutare quelli in via di sviluppo finanziariamente. Le promesse fatte in passato in relazione ai finanziamenti per il clima sono state disattese (100 miliardi di dollari all’anno). La COP28 è chiamata ad un deciso cambio di passo, non solo per garantire gli impegni non pienamente mantenuti del passato, ma anche per definire nuovi obiettivi di impegni finanziari (GGA[2], NCQG[3], ecc.) adeguati ai bisogni reali dei territori e comunità locali, che sono stimati ad oltre 2,400 miliardi di dollari annui fino al 2030. Di cruciale importanza sarà la definizione del fondo per perdite e danni dovuti ai cambiamenti climatici, la cui efficacia dipenderà dalla facilità di accesso, dalla possibilità di impiego del fondo sia per perdite economiche che non-economiche, dal carattere riparativo – quindi in forma di donazioni e non di prestiti – dall’essere fondato sui diritti umani e sul principio di sussidiarietà; e governato da una autorità equa che agisce per il bene comune.

c. Mettere la natura, le persone, le condizioni di vita e i mezzi di sussistenza al centro dell’azione per il clima: Paesi, organizzazioni della società civile e popoli indigeni hanno inequivocabilmente espresso l’urgenza di proteggere, promuovere e integrare le popolazioni e la natura nell’azione per rispondere agli impatti dei cambiamenti climatici. È importante che la loro visione, le loro priorità e valori siano presi in considerazione nei negoziati. Come afferma l’esortazione Querida Amazonia (2020), gli ultimi “non sono interlocutori qualsiasi, che bisogna convincere, e nemmeno un convitato in più ad una tavola di pari. Essi sono i principali interlocutori, dai quali anzitutto dobbiamo imparare, che dobbiamo ascoltare per un dovere di giustizia e ai quali dobbiamo chiedere permesso per presentare le nostre proposte. La loro parola, le loro speranze, i loro timori dovrebbero essere la voce più potente in qualsiasi tavolo di dialogo” (QAm 26).

Papa Francesco si aggiunge alla moltitudine di voci della società civile e dei popoli indigeni, sottolineando che “cercare solamente un rimedio tecnico per ogni problema ambientale che si presenta, significa isolare cose che in realtà sono connesse, e nascondere i veri e più profondi problemi del sistema mondiale. (…) Supporre che ogni problema futuro possa essere risolto con nuovi interventi tecnici è un pragmatismo fatale, destinato a provocare un effetto-valanga” (LD 57). In linea con questa convinzione, ci sentiamo in dovere di sottolineare il pericolo delle “false soluzioni”, come ad esempio la cattura e lo stoccaggio del carbonio (CCS) o il mercato dei crediti di carbonio, che hanno come funzione principale quella di distrarre dalla necessità di eliminare gradualmente i combustibili fossili.

Tuttavia, non possiamo ignorare quanto pessimismo ci sia al momento sulla effettiva capacità della COP28 di raggiungere risultati all’altezza delle aspettative. È comprensibile, considerate le deludenti COP del passato e i nuovi progetti di espansione della estrazione e commercializzazione di combustibili fossili. Tuttavia, come ci ricorda papa Francesco,

Dire che non bisogna aspettarsi nulla sarebbe autolesionistico, perché significherebbe esporre tutta l’umanità, specialmente i più poveri, ai peggiori impatti del cambiamento climatico. Se abbiamo fiducia nella capacità dell’essere umano di trascendere i suoi piccoli interessi e di pensare in grande, non possiamo rinunciare che la COP28 porti a una decisa accelerazione della transizione energetica, con impegni efficaci che possano essere monitorati in modo permanente. (LD 53-54)

La crisi ecologica ci chiama ad essere per una volta capaci di non sprecare un’opportunità storica di trasformazione globale, come invece è avvenuto nella crisi finanziaria del 2007-2008 e che si è ripetuto nella crisi del Covid-19 (LD 36).

Speriamo che quanti interverranno alla COP28 siano strateghi capaci di pensare al bene comune e al futuro dei loro figli, piuttosto che agli interessi di qualche Paese, grande azienda, o gruppo economico. Come si augura papa Francesco, “possano così dimostrare la nobiltà della politica e non la sua vergogna. Ai potenti oso ripetere questa domanda: «Perché si vuole mantenere oggi un potere che sarà ricordato per la sua incapacità di intervenire quando era urgente e necessario farlo?» (LD 60).

In conclusione, siamo consapevoli dell’enormità di queste sfide, ma anche della necessità che la COP28 faccia dei progressi decisivi per mantenere l’aumento di temperatura media globale entro 1,5°C. Per questo lanciamo un appello ai negoziatori ed ai leader politici perché tutti i Paesi contribuiscano significativamente al successo della COP28. Sappiamo che se si rimane nella logica della ricerca di soluzioni “attraverso il miserabile prisma degli umani interessi” (Comboni, Scritti 2742, 1871), non ci sarà alcun autentico progresso. Ma confidiamo nella presenza del Risorto nella storia, nell’opera del suo Spirito che trasforma i cuori e le situazioni, anche quando tutto sembra perduto. Per questo ci impegniamo in una campagna di preghiera, durante tutto lo svolgimento della COP28, certi della sua forza ed efficacia. Che lo Spirito Santo accompagni negoziatori e leader politici, li illumini, li ispiri e li sostenga nel delicato e decisivo servizio ai loro Paesi ed all’umanità intera.

Fr. Alberto Parise, MCCJ
Segretariato Generale della Missione

 

[1] È la valutazione dell’implementazione dell’Accordo di Parigi del 2015, che costituisce il Piano globale per il contrasto ai cambiamenti climatici.
[2] L’obiettivo globale per l’adattamento: si tratta della somma annuale da mettere a disposizione globalmente per finanziare gli interventi di adattamento ai cambiamenti climatici.
[3] Il nuovo obiettivo collettivo quantificato sui finanziamenti per il clima: si tratta dei fondi da mobilitare per la crisi climatica (quindi non solo per l’adattamento, ma anche per interventi diretti alla mitigazione delle emissioni climalteranti e per risarcimento di perdite e danni dovuti ai cambiamenti climatici).