Sabato 24 marzo 2018
Il giorno 22 marzo, presso la sede della Curia Generalizia dei Missionari Comboniani a Roma, si è tenuta la terza conferenza dal titolo ‘Il giovane e la religione. Sfide educative. Valori e coscienza’. Il relatore di questa conferenza era p. Giulio Parnofiello [nella foto], gesuita, dottore in teologia  morale e cappellano all’università La Sapienza di Roma.  Questa conferenza chiudeva il ciclo di tre conferenze il cui titolo generale era ‘I giovani e la ricerca della felicità’.

 

P. Giulio Parnofiello
e P. Mariano Tibaldo.

Il punto centrale della terza conferenza era il seguente: come annunciare la fede oggi, considerando la situazione dei giovani italiani ed europei in genere? P. Parnofiello partiva dalla presentazione di un questionario indirizzato agli universitari dell’Università La Sapienza, e da una ricerca promossa dall’Istituto Toniolo e condensata in un titolo suggestivo ‘Dio a modo mio’.

Queste due ricerche volevano rispondere alle domande su come i giovani vivessero la fede e quale fosse la loro relazione con l’istituzione Chiesa. Le ricerche rilevavano alcune tendenze di fondo: una fede privata, senza comunità, senza appartenenza, nomadica, quasi una fede del ‘fai da te’. Se l’appartenenza dei giovani alla Chiesa come istituzione è debole, come anche in calo la loro adesione ai movimenti, la domanda fondamentale a cui p. Giulio cercava di rispondere era, allora, come elaborare nuove  modalità e nuovi percorsi educativi per ‘dire Dio’ ai giovani.

Il relatore proponeva un percorso educativo con i giovani che si basava su tre aspetti: il primo era quello di attivare processi di coscienza, cioè far scoprire al giovane che nell’intimo del suo cuore esiste una legge scritta da Dio la quale, come dice la Gaudium et Spes, «chiama [l’uomo] sempre ad amare, a fare il bene e a fuggire il male, [e] al momento opportuno risuona nell'intimità del cuore». Il secondo aspetto era di maturare un cammino di libertà in quanto responsabilità della relazione con gli altri. L’ultimo riguardava il discernimento come disponibilità a farsi aiutare da un altro per saper ‘distinguere’ e scegliere ciò che è bene e importante nella vita. Questo percorso pedagogico, riconosceva il relatore, era certamente una delle possibili proposte educative. L’importante, però, era la ricerca di modalità nuove di ‘dire la fede’ tenendo ben presente il contesto attuale del mondo giovanile, superando resistenze nostalgiche e paradigmi pastorali ormai obsoleti. Questa sarà la vera sfida del prossimo Sinodo dei Vescovi sui giovani.

È ormai tradizione dal 2014 ritrovarsi ogni Quaresima per riflettere su alcuni temi di attualità sociali ed ecclesiali. Il tema è molto vasto e, senza dubbio, non si risolverà nel giro di tre conferenze. La ‘pretesa’ è di indagare l’animo dei giovani, i loro sogni e le loro speranze, le paure, i loro punti di riferimento ma anche le domande che rivolgono al mondo degli adulti. Secondo un recente rapporto sulla condizione giovanile in Italia, pubblicato dall’Istituto Toniolo, il sistema di valori proposto da varie agenzie, in particolar modo dalla Chiesa, non intercetta la domanda di vita e la sensibilità dei giovani. La Chiesa trova difficile entrare in questo ‘universo’, comprenderne l’animo, le aspirazioni, i sogni, e formulare delle proposte effettive che incontrino desideri profondi del mondo giovanile.

La scelta del tema è stata occasionata dalla scelta dell’argomento del prossimo Sinodo dei Vescovi il cui titolo è ‘I giovani, la fede e il discernimento vocazionale’. L’Instrumentum Laboris che prepara i lavori del Sinodo, chiarifica chi siano i giovani di cui si parla: sono “le persone di età compresa all’incirca tra 16 e 29 anni, nella consapevolezza che anche questo elemento richiede di essere adattato alle circostanze locali”. Il mondo giovanile è una realtà complessa che sfugge ad ogni tentativo di semplificazione.