P. Teresino Serra: “Un Dio in mezzo a noi: in cammino verso il Natale”

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Dicembre 2020
Per vivere bene il natale dobbiamo fissare il nostro sguardo verso Betlemme, verso quel Dio nato in una mangiatoia. È il Dio mandato per annunziare ai poveri un lieto messaggio, per proclamare ai prigionieri la liberazione e ai ciechi la vista; per rimettere in libertà gli oppressi, e predicare un anno di grazia del Signore (Lc 4,18-19). È il Dio che ha disperso i superbi nei pensieri del loro cuore; ha rovesciato i potenti dai troni, ha innalzato gli umili;  ha ricolmato di beni gli affamati, ha rimandato a mani vuote i ricchi (Lc 1,52-53). Quel Bambino è il Dio della croce e della Pasqua. È il Dio vincitore del male e della morte. È il Dio della nostra fede. È il Dio che ci ha ricordato di tenerci lontani dalla tentazione di servire a due padroni.

Un Dio in mezzo a noi:
in cammino verso il Natale

Era lì. Maria lo guardava e cercava di capire. Era quello il bambino annunciato dall’angelo e che da secoli era atteso dal suo popolo? Era quello il bambino che doveva salvare il mondo? Maria non capiva, ma credeva. Era Dio in persona, un Dio “nostro”.

Gli uomini, sempre con aria uggiosa e pedante, avevano immaginato l’annunziato messia sotto tutte le forme tranne quelle di un neonato. Se forse apparso con le vesti sontuose dei sommi sacerdoti o dei re probabilmente tutti avrebbero creduto in lui. Ma…un bimbo? Un bimbo nato in un rifugio per animali? Tutto questo aveva più che altro l’aria di follia, di scherzo e scherno che scandalizzava “gli intelligenti”!

Già nei primi secoli l’eretico Marcione si scandalizzò di questo Dio senza dignità: “Allontanate da me queste fasce vergognose – scrisse – e questa mangiatoia: sono oggetti indegni del Dio che io adoro”. Almeno Marcione lo diceva con chiarezza. Peggiori sono quelli che si dicono cristiani e in realtà sono marcioniti e si mettono alla ricerca di un Dio decoroso, un dio che non è Dio.

Ma il Dio vero è questo bimbo indifeso, avvolto nelle più umili fasce, nato nella più totale povertà. Perché mai la ricchezza dovrebbe essere più degna di Dio di quanto non lo sia l’umile semplicità dei poveri?

UN DIO CON CUORE DI UOMO

Cristo fu figlio della sua terra. Non giunse alla terra con la sua umanità già perfetta. Fu bambino, ragazzo, adolescente, giovane, uomo. Cresceva, maturava. Cresceva nella conoscenza del mondo e della realtà. Era figlio del suo popolo con i suoi problemi, le sue lotte e sofferenze. Era uomo del popolo e della campagna. Sapeva descrivere il colore dell’aurora e il riverbero del crepuscolo. Poteva prevedere le burrasche e il tempo buono. Si intendeva di alberi e di uccelli. Conosceva il colore e il processo di crescita del grano, il pericolo della zizzania, la tenerezza del germoglio del fico. Era esperto delle abitudini degli uccelli, come vivono e pascolano i greggi. Poteva descrivere la stanchezza e il sudore dei seminatori. Conosceva tutto ciò perché lo aveva vissuto personalmente. Cristo non era assolutamente un extraterrestre: conosceva i movimenti del mercato, le leggi del contratto, i tranelli e gli imbrogli dei mercanti. Aveva  notato la differenza tra ricchi e poveri, il banchettare degli opulenti e la miseria degli accattoni. Cristo capiva bene gli uomini. Conosceva la loro terribile sete di essere amati e non ignorava quanto fossero attanagliati dal male. Nessuno comprese quanto lui i dolori, le speranze e la solitudine degli uomini. Era figlio del suo popolo.

UN UOMO CON CUORE DI DIO

Gesù cresceva e vedeva il terribile male morale che corrodeva tutti i cuori. Vide con i suoi occhi l’ingiustizia e la soffrì nella propria carne. Quando aveva creato il mondo, dove erano i ricchi e i poveri? Adesso si trovava in un mondo diviso, fatto di barriere e di odio. Dio e uomo, cominciò a toccare con mano la sciocca vanità dei potenti, l’amarezza risentita degli umiliati, l’odio di quelli che non avevano avuto sufficiente coraggio per amare e la stanchezza dei poveri. Stando con gli uomini si era reso conto dell’urgenza della sua missione. Il peccato e il male non erano idee astratte ed era urgente far ardere il cuore degli uomini con il fuoco del suo amore. Si era fatto uomo per amarci e la redenzione era una missione di amore. E nel mondo che si perdeva nella mediocrità e nel male, il cuore di Gesù di Nazaret aveva fretta di cominciare a sanguinare con il sacrificio personale ed il servizio dell’amore totale. Fino alla morte.

UN DIO-UOMO CON CUORE DI POVERO

L’Emanuele venne sulla terra in silenzio e di nascosto. I grandi non erano stati avvertiti. I potenti e i sacerdoti non erano stati informati. Eppure gli stava a cuore che qualcuno lo sapesse. Qualcuno aveva diritto di apprendere per primo la notizia.

C’erano  in quella regione alcuni pastori che vegliavano di notte facendo la guardia al loro gregge (Lc 2,8). I pastori vivevano ai margini della società, ai margini della religione. Le persone devote, gli scribi e i farisei li guardavano di sbieco perché erano incolti e non potevano conoscere la legge, e perciò erano fuori dalla religione, e perciò erano destinati alla dannazione. Diceva un proverbio dell’epoca: Non permettere che tuo figlio sia guardiano d’asini, né cammelliere, né venditore ambulante, né pastore, perché sono tutti mestieri da ladri. I pastori erano spregevoli. Nei loro confronti c’era una diffidenza generale. E sono proprio questi esclusi gli uomini scelti da Cristo quali testimoni della sua nascita. Il Dio-uomo capovolge tutto: i grandi, ai suoi occhi, sono piccoli. Gli ultimi, i primi. Gli esclusi sono invitati a contemplare e conoscere per primi il Dio fatto carne.

IL NOSTRO CUORE

Chi occupa il nostro cuore? Per vivere bene il Natale dobbiamo comprendere che per l’incarnazione del figlio di Dio tutti gli uomini sono sacri; che il bacio di venerazione, la notte di Natale, non si da a un bambinello di gesso, ma a quei figli di Dio abbandonati e dimenticati da tutti, agli oppressi, ai poveri. Da che parte staremo in queste feste natalizie? Con chi compra e vende? Con chi mangia, beve e si diverte in nome del bambino Gesù? O con gli esiliati, i poveri,  i dimenticati in un paese straniero o nel proprio paese? O con quelli che passeranno il Natale nella disperazione del covid e della fame, della violenza e dell’ingiustizia?

Per vivere bene il natale dobbiamo fissare il nostro sguardo verso Betlemme, verso quel Dio nato in una mangiatoia. È il Dio mandato per annunziare ai poveri un lieto messaggio, per proclamare ai prigionieri la liberazione e ai ciechi la vista; per rimettere in libertà gli oppressi, e predicare un anno di grazia del Signore (Lc 4,18-19). È il Dio che ha disperso i superbi nei pensieri del loro cuore; ha rovesciato i potenti dai troni, ha innalzato gli umili;  ha ricolmato di beni gli affamati, ha rimandato a mani vuote i ricchi (Lc 1,52-53). Quel Bambino è il Dio della croce e della Pasqua. È il Dio vincitore del male e della morte. È il Dio della nostra fede. È il Dio che ci ha ricordato di tenerci lontani dalla tentazione di servire a due padroni.

P. Teresino Serra
Missionario comboniano