Questa domenica si chiama “seconda di Pasqua”. Per gustare in profondità la gioia della risurrezione, la celebrazione pasquale fin dal II secolo si è prolungata per cinquanta giorni. Quindi, i cinquanta giorni che si succedono dalla domenica di risurrezione alla domenica di Pentecoste, si celebrano nell’esultanza e nella gioia come un solo giorno di festa, anzi come la “grande domenica”.

Attorno al Risorto si costituisce la Chiesa

At 5,12-16; Salmo 117; Ap 1,9-11.12-13.17.19; Gv 20,19-31

Questa domenica si chiama “seconda di Pasqua”. Per gustare in profondità la gioia della risurrezione, la celebrazione pasquale fin dal II secolo si è prolungata per cinquanta giorni. Quindi, i cinquanta giorni che si succedono dalla domenica di risurrezione alla domenica di Pentecoste, si celebrano nell’esultanza e nella gioia come un solo giorno di festa, anzi come la “grande domenica”. Le dominiche di questo tempo vengono considerate come domeniche di Pasqua e, dopo la domenica di risurrezione, si chiamano domeniche II, III, IV, V, VI, VII di Pasqua. Questo sacro tempo dei cinquanta giorni si conclude con la domenica di Pentecoste.

Così, siamo invitati dalla Chiesa a meditare sul grande avvenimento che sta alla base della nostra fede, e sulle conseguenze che esso ha per la nostra vita. E la liturgia della Parola ci è un aiuto importantissimo per arrivarci convenientemente. La prima lettura descrive la Chiesa nel suo costruirsi attorno agli apostoli: essa risulta una comunità che si raduna per la preghiera, vive nella carità, e si merita l’ammirazione e la stima della gente. Così, in effetti, dovrebbe essere di ogni comunità cristiana nel mondo.

Nella seconda lettura, dal libro dell’Apocalisse, nella visione dell’apostolo Giovanni, Gesù si presenta con parole molto suggestive: “Io sono il Primo e l’Ultimo, e il Vivente. Io ero morto, ma ora vivo per sempre e ho potere sopra la morte e sopra gli inferi”. Nel linguaggio biblico, le due prime qualifiche (Primo e Ultimo) sono attribuite a Dio in quanto creatore dell’universo e Signore della storia. Ad esse si aggiunge il titolo di “Vivente”, riservato anche a Dio in opposizione alle divinità morte degli idolatri. Egli “vive per sempre” perché ha attraversato il regno della morte prendendone pieno possesso, e “ha potere sopra la morte e sopra gli inferi”. In forza di questa assoluta Signoria, siamo chiamati anche noi a un destino di risurrezione. Il Vangelo ci parla di Gesù risorto, che si presenta due volte agli apostoli: una prima volta la sera della domenica di risurrezione, con grande gioia degli apostoli, e con il conferimento a loro del potere di rimettere i peccati; una seconda volta, otto giorni dopo, la domenica successiva, con l’episodio di Tommaso incredulo.

Il protagonista del secondo incontro di Gesù risorto con i discepoli è, quindi, Tommaso. Egli non era presente al primo incontro del Signore alla sera di Pasqua, ed esprime allora la sua legittima esigenza di “vedere” Gesù risorto per essere un “testimone”. Otto giorni dopo la Pasqua, il Signore si fa di nuovo presente in mezzo ai suoi e invita Tommaso a verificare i segni della passione e del suo amore portato fino all’estremo. Tommaso risponde all’invito di Gesù con la più alta ed esplicita professione di fede di tutti i tempi: “Mio Signore e mio Dio”.

Gesù traccia allora l’itinerario dei futuri credenti che non possono più incontrarlo personalmente come i primi discepoli storici: “Perché mi hai veduto, hai creduto: beati quelli che pur non avendo visto crederanno”. E’ une frase programmatica per tutti quelli che non possono più fare un’esperienza diretta di Gesù risorto. Essi sono dichiarati “beati” non perché non “vedono”, ma perché “credono”. Credendo in Gesù, hanno la vita nel suo nome. Infatti, la fede in Gesù Cristo, riconosciuto come il Figlio di Dio e il Signore, è una scelta che cambia il proprio modo di pensare e di vivere.

In senso cristiano, “credere” vuol dire fidarsi di Gesù Cristo che ha parlato e agito in nome di Dio, ed accogliere quanto egli propone a nome di Dio stesso. Le fede, quindi, assume sempre la fisionomia dell’apertura, dell’accoglienza, del consenso e della consegna sempre più libera e responsabile della nostra libertà al Risorto. Questo rapporto col Dio vivente ci consente un “nuovo agire”, cioè un agire da redenti.
Don Joseph Ndoum

Domenica delle Divina Misericordia

Foto Siciliani-Gennari/SIR

In questa domenica, dedicata alla Divina Misericordia, il Cuore di Cristo è oggetto della nostra attenzione, poiché esso ha dato tutto: la redenzione, la salvezza, la santificazione. Da questo Cuore sovrabbondante di tenerezza Santa Faustina Kowalska vide sprigionare due fasci di luce che illuminavano il mondo. “I due raggi – secondo quanto lo stesso Gesù ebbe a confidarle – rappresentano il sangue e l’acqua” (Diario pag.132). Il sangue richiama il sacrificio del Golgota e il mistero dell’Eucaristia, l’acqua, secondo la ricca simbologia dell’evangelista Giovanni, fa pensare al battesimo e al dono dello Spirito Santo. Attraverso il mistero di questo cuore ferito, non cessa di spandersi anche sugli uomini e sulle donne della nostra epoca il flusso ristoratore dell’amore misericordioso di Dio.

C’è una grande sete di felicità negli uomini di oggi, che viene ricercata in molti luoghi e in molti modi, ma chi anela ad una felicità autentica e duratura solo qui può trovarne il segreto. “Gesù, confido in Te” è la preghiera cara ai devoti di Gesù Divina Misericordia ed esprime l’atteggiamento con cui ci si può abbandonare fiduciosi nelle mani del nostro unico Salvatore. Il culto della Divina Misericordia ha due aspetti: FIDUCIA e MISERICORDIA. Più un’anima ha fiducia e più ottiene, perché sa di potere contare sulla bontà del Signore, come un bambino sa di contare sui propri genitori e si affida totalmente a loro. La Misericordia è il secondo aspetto: essa è data a noi dal Signore perché anche noi la possiamo donare agli altri. Tutti abbiamo in mente la beatitudine evangelica: “Siate misericordiosi come è misericordioso il Padre vostro che è nei cieli” (Mt 5). Gesù chiede così, anche a noi di partecipare della sua opera di misericordia per offrire agli uomini del nostro tempo quella pace che molti attendono e quel cuore rinnovato che solo dal suo Cuore misericordioso possiamo ottenere.
(Comboninsieme)