L’angelo del consiglio.

Quando Comboni stava cercando un sostituto al defunto don Dal Bosco, il rettore del seminario, mons. Dorigotti, fece il nome di don Antonio Squaranti che era stato curato al suo paese e ora lo era nella parrocchia di San Paolo in Campo Marzio. Il Vescovo di Verona, mons. di Canossa approvò: “Ho preposto all’Istituto l’ottimo mio sacerdote don Antonio Squaranti, il quale coadiuvato da un distinto maestro dei novizi, formerà certo dei buoni candidati per la missione”.
Don Antonio era nato il 14 marzo del 1837 a Chiesanuova, Verona. Da ragazzo pare sia stato nel Collegio Accoliti di Verona, frequentando i corsi nel semianrio vescovile. Le poche note del ginnasio lo dicono: “Ottimo ed eminente; in liceo distinto in ogni materia per chiarezzza d’idee, facilità di interpretazione ed esposizione, memoria sicura, buon criterio, assai notevole e buonissimo in scienze naturali. In teologia: valde bonus, eminentia, disciplina maxima laudabilis, spes optima”. Non era un colosso di salute, anzi era piuttosto gracile, ma come sacerdote era molto apprezzato.


Missionario del Comboni

Entrò nell’Istituto comboniano il 1° luglio 1872. Era un anno straordinario quel 1872: Comboni aveva appena fondato l’Istituto femminile, quello cioè delle suore Pie Madri della Nigrizia, aveva iniziato la stampa degli Annali dell’Associazione del Buon Pastore ed era stato eletto Provicario apostolico dell’Africa centrale. In settembre sarebbe partito per l’Africa alla guida di una sua spedizione missionaria. Con tutta questa carne al fuoco urgeva la presenza di un buon rettore che guidasse l’istituto maschile e anche quello femminile.
Come primo gesto, il nuovo rettore, cioè don Squaranti, scrisse di suo pugno lo “stato del personale” dell’Istituto, annotando i dati personali di Comboni e suoi, oltre che degli altri missionari. Ma altri grossi problemi lo attendevano: trovare una superiora che fosse una vera formatrice delle Suore missionarie, consigliare Comboni nel trovare un’adeguata sistemazione ai missioanri Camilliani che lavoravano nell’Africa centrale alle dipendenze di Comboni e che reclamavano una loro missione (e fu loro assegnata quella di Berber); c’era anche da studiare la situazione delle Suore francesi dell’Apparizione che avevano lavorato con Combooni prima ancora che fondasse l’Istituto delle Pie Madri. Inoltre c’era da provvedere al mantenimento dei missionari e delle suore. Don Squaranti, infatti, era anche amministratore dei due Istituti.

L’angelo del consiglio

Dobbiamo dire che, nonostante la sua giovane età si comportò meravigliosamente bene. Don Rolleri scrisse di lui: “Porre a finco di mons. Comboni il più capace soggetto che si trovi tra noi… per quanto io conosca le cose ed i soggetti, oso affermare che l’unico soggetto all’uopo è il solo nostro carissimo don Antonio Squaranti”. Lo stesso Comboni scriveva al Mitterrutzner nel 1878: “Sono molto contento di aver meco don Squaranti che oltre ad essere buon amministratore economicissimo, è un angelo di consiglio”. Nelle sue relazioni mons. Comboni non manca di mettere in evidenza il contributo dato dallo Squaranti per l’inizio e lo sviluppo dell’Istituto delle Pie Madri.
Nel 1876 Comboni deve difendersi presso Propaganda Fide da una nuova campagna di calunnie mossegli contro da alcuni collaboratori. Ma non ci sono solo amarezze: il 15 ottobre 1876, a Verona, le prime Pie Madri della Nigrizia emettono la loro professione religiosa. Don Squaranti ha preparato quel momento con tanta preghiera e saggi suggerimenti.
Intanto Roma riconosce la piena innocenza di Comboni e lo nomina Vescovo dell’Africa centrale. I denigratori sono obbligati a lasciare la missione. Sembra che sui nuovi Istitutoi comboniani sia tornato a splendere il sole. Anche don Squaranti, dopo sei anni di fedele lavoro nelle retrovie, riceve il via per l’Africa.
Il 3 dicembre 1877 mons. Comboni parte per il Cairo con una nuova spedizione missionaria, comprendente pure le prime cinque Pie Madri della Nigrizia. Dieci giorni dopo, il 13 dicembre, anche don Squaranti s’imbarca. “È partito solo e ultimo della caraovana – scrisse don Rolleri - come il soldato che, finita la battaglia, lascia il campo trafelato e stanco”. Il 1° febbraio 1878 è partito per Khartoum insieme a Comboni.

Morire per amore

Il Sudan intanto viene colpito da una lunghissima siccità che provoca fame e morte. Seguono tremende inondazioni che distruggono capanne e villaggi, quindi arriva la pestilenza. I missionari danno fondo a tutte le loro risorse e si coprono di debiti per venire incontro a tante necessità. Ma intanto la malaria e il tifo mietono vittime anche tra le loro file.
Comboni teme in particolare per don Squaranti che non è abituato al clima africano e che designa come suo Vicario generale. Allora lo manda a Berber, lontano dal contagio e dall’epidemia. Ma don Squaranti non se la sente di lasciare Comboni da solo e lo raggiunge…
Scrive Comboni: “Il pio e bravo don Squaranti… lo avevo mandato a Berber soprattutto per sottrarlo alla minacciante epidemia, appena mi accorsi che s’appressava dopo le piogge, essendo il primo anno che si trovava in Africa centrale; ma quando seppe, dopo 40 giorni dacché si trovava in Berber, che a Khartoum tutti i sacerdoti erano ammalati di febbre, e che molti soggetti della missione erano morti, e che io di preti mi trovavo solo in piedi, sicché mi convenne per oltre un mese di fare da vescovo, parroco, amministratore, superiore, infermiere ecc. ecc. per venire in mio aiuto, parte da Berber sopra una barca, e dopo 15 giorni giunse a Khartoum più morto che vivo perché la febbre e l’epidemia l’avevano colpito negli ultimi quattro giorni di viaggio. Furono vane le nostre cure di ben 12 giorni: tutto fuoco di carità e pienamente rassegnato, volò agli eterni riposi, lasciandomi in una grande desolazione”.
Don Antonio Squaranti, il fedele rettore e amministratore, è morto per un atto di amore verso il suo Vescovo che, da solo, lottava contro la malattia e la morte che aleggiava sulla missione di Khartoum. “La sua perdita non è mai stata abbastanza pianta dalla nostra missione”, ha scritto don matteo Kirchner.

(P. Lorenzo Gaiga)

(1837 - 1878)