Padre Saverio Paolillo: “Abito in Brasile. Qui la pandemia è devastante”

Immagine

Venerdì 16 aprile 2021
Un boss della mafia ce l’ha fatta ed io no. Lui è riuscito ad arrivare in Italia dal Brasile e io no. Avrei voluto anch'io celebrare la Pasqua con la mia famiglia, ma questo diritto mi è stato negato. Sono lontano dall'Italia già da alcuni anni. Avevo il biglietto aereo prenotato sin dall'anno scorso per il 30 marzo, ma mi hanno detto che non potevo partire. [Nella foto: Nave Ospedale “Papa Francisco” e “João Paulo II” a Faro per la cura dei pazienti con covid e senza ossigeno nel Pará in Brasile
(Vaticannews.va)]

Le frontiere sono chiuse per causa della pandemia. Comprendo le ragioni e me ne faccio pace. Aspetto giorni migliori. In fin dei conti abito in Brasile. Qui la pandemia è devastante. Sono oltre 12 milioni le persone infettate con un saldo di 335.500 morti. E le previsioni per il prossimo futuro sono terribili. Un'università americana prevede altri cento mila morti solo in aprile. È un genocidio che rischia di fare impallidire quello commesso contro le popolazioni indigene durante i primi anni della colonizzazione e contro il popolo africano condotto a forza durante la tratta degli schiavi. Capisco che devo starmene al posto mio in queste condizioni. Non voglio mettere in rischio la vita di nessuno, ma mi indigna vedere che un boss mafioso sia riuscito a forare il blocco e ad entrare facilmente nel mio Paese. La criminalità trova strade libere e frontiere aperte più delle ragioni umanitarie, soprattutto quando compra l'anima delle persone attraverso la corruzione.

Al rivendicare i miei diritti come cittadino italiano mi hanno detto che io sono cittadino italiano residente all'estero. Sono inchiodato alla croce dell'AIRE (Associazione degli Italiani Residenti All'Estero), per cui non rientro nella lista dei cittadini che tornano a casa, ma di quelli che vanno a visitare la famiglia. Insomma devo attenermi alle regole della zona rossa. Niente visite ai familiari, anche se manco da tre anni. Insistono che ora la mia residenza è in Brasile. Ma io ho ancora una casa in Italia dove ho vissuto una buona parte della mia vita, in un quartiere e in una città che amo. Questa non è la mia seconda casa o solo la casa della mia famiglia, è ancora la mia casa. Ricordo quando feci la tessera di identità al mio paese. Riportarono l'indirizzo del Brasile. Uscii dall'anagrafe con la sensazione di essere un cittadino straniero residente provvisoriamente in Italia. Non ci volle molto per constatare che questa impressione non era solo mia. Pochi giorni dopo, fermato da una pattuglia della stradale, i poliziotti vedendo l'indirizzo sulla tessera di identità, mi domandarono se avevo il permesso di soggiorno. Mi sembrava di essere diventato un forestiero nella mia propria terra. Non sono venuto in Brasile come latitante, né come uomo d'affari. Sono arrivato come missionario. Non ho fatto questa scelta per guadagnarmi la vita con i soldi, ma per perderla e ritrovarla nell'amore. Ci ho guadagnato in umanità. Ci resto volentieri, ma non posso farci niente se sento nostalgia della mia terra.

Ho imparato dai missionari che sono in Africa a coniugare il verbo restare anche quando le condizioni ostili ti chiedono di scappare. Accetto di sacrificare i miei affetti cari per stare con la gente in questo momento. Faccio di tutto per evitare la pandemia perché non esistono ancora mezzi sufficienti per debellarla, ma posso fare qualcosa per debellare la fame, per consolare i sofferenti, per proteggere i bambini dalle situazioni di vulnerabilità e, soprattutto, per lottare ed esigere vaccini per tutti. So che è poco quello che posso fare, ma è sufficiente per riempire di senso la mia vita. Come se non bastasse il covid, è riesplosa la miseria. Oltre 115 milioni di brasiliani, cioè metà della popolazione, non riesce ad alimentarsi sufficientemente in questi ultimi mesi. Cresce il numero di quelli che perdono il lavoro e finiscono sulla strada perché non riescono a pagare l'affitto. Il governo federale, dopo tre mesi senza dar risposte, ha deciso di dare un aiuto mensile di 40 euro al mese per nucleo familiare. Con questo valore, a stento si fa la spesa di una settimana. Mangiare la carne in Brasile durante la quaresima non è stato un peccato, ma un miracolo. So che molte di queste realtà le state vivendo anche voi.

Ma qui c'è un fattore crudele che rende più grave la situazione: la politica della morte. Nonostante i numeri spaventosi, c'è chi ancora non ci crede o minimizza la gravità della situazione. C'è chi si protegge e chi non prende nessuna precauzione. C'è chi segue gli orientamenti dell'Organizzazione Mondiale della Sanità e c'è chi li disprezza. C'è chi ordina misure restrittive e chi le contesta. C'è chi propone di chiudere tutto per salvare vite e chi preferisce pagare il duro prezzo di perdita di vite umane pur di salvare l'economia. C'è chi si preoccupa di informare la gente e chi confonde le idee attraverso un bombardamento di bugie. Tutte queste contraddizioni esistono anche da voi. Ma qui la morte sembra essere diventata un’opzione politica, una scelta del governo. Persone elette per prendersi cura del Paese e della sua gente, in nome di ideologie perverse, stanno imponendo scelte che favoriscono il covid e il suo potere mortale. Pur essendo un paese in prima linea nelle campagne di vaccinazione in massa, questa volta il Brasile ha lasciato a desiderare non perché non avesse le opportunità di immunizzare la gente e di restituirle il diritto di vivere, ma perché c'è chi scelto di dar ascolto a teorie cospiratorie e visioni deliranti piuttosto che al clamore della gente. Cominciata in notevole ritardo, fino ad oggi solo il 10% della popolazione ha ricevuto la prima dose del vaccino.

Davanti a questo quadro capisco che devo restare qui in paziente attesa di poter rientrare in Italia. Aspetto con ansia questa opportunità di passare alcuni mesi con la mia famiglia. Noi missionari non cerchiamo un trattamento speciale, ma continuate a farci sentire a casa in Italia anche se continuiamo ad essere all'estero. In fin dei conti, siamo esportatori della solidarietà italiana e importatori di una ricchezza umana che rende ancora più bello il nostro Paese.
P. Saverio Paolillo, missionario comboniano in Brasile

I vescovi brasiliani

Per cure più eque

Costruire un mondo più giusto e sano significa includere e distribuire, in modo equo e solidale, le risorse della salute: cure, medicine, vaccini e vita sana». Tutto ciò comporta «l’accesso all’acqua potabile, ai servizi igienici di base, all’alimentazione e alla nutrizione equilibrata, all’agricoltura biologica, all’alloggio e al lavoro dignitoso». Un fermo richiamo quello del vescovo di Campos, Roberto Francisco Ferrería Paz, responsabile della pastorale della salute all’interno della Conferenza episcopale brasiliana, in occasione della Giornata mondiale della salute celebrata ieri 7 aprile.

Un evento che vede il Paese combattere contro una pandemia che non dà tregua: lo scorso martedì per la prima volta, sono stati superati i quattromila morti in 24 ore. Per questo, ha sottolineato il presule, è fondamentale il ruolo degli operatori sanitari, «farli partecipare ed includerli nella pianificazione sanitaria, che in tempo di pandemia è stata inesistente e spesso bloccata da misure contraddittorie e inefficaci». Di qui il richiamo a tutelare il sistema sanitario e a promuovere una campagna di vaccinazione universale e immediata. [L’Osservatore Romano, giovedì 8 aprile 2021]

ALLA GIOIA DELLA RESURREZIONE
SI ARRIVA IMBOCCANDO LA STRADA DELL’AMORE.

LA TESTIMONIANZA DI MARIA MADDALENA
(Gv 20,1-9)

È toccato proprio a te, Maria Maddalena. Sei stata tu la prima a ricevere la grazia di aprire la strada all’annuncio della Resurrezione e di inaugurare i nuovi tempi. Non poteva essere differente. La passione per il Maestro ti ha mantenuta sveglia e vigilante durante tutta la notte. Non ha permesso che la pigrizia ti facesse addormentare e i tragici avvenimenti vissuti in quei giorni collocassero in rischio la tua fede.

L’amore di quel giorno in cui hai incontrato Gesù e hai deciso de seguirlo non poteva avere i giorni contati. Sapevi che era per sempre, più forte della morte. Niente e nessuno avrebbe potuto separarti dal suo calore. Nel momento più buio della tua vita è stata l’unica cosa che ti ha consolato. Neanche la crudeltà di chi ti ha portato via il Tuo Maestro è riuscita ad uccidere dentro di te la tenerezza con cui sei stata accolta e amata dal Tuo Signore.

L’amore ricevuto in dono ti ha scaraventata giù dal letto della rassegnazione e ti ha rimesso in piedi. Non ha permesso che il dolore ti schiacciasse sotto il suo peso insopportabile e ti strappasse la voglia di vivere. Ti ha dato la forza di affrontarlo con dignità. Sei risorta dalla disperazione nello stesso instante in cui il Tuo Signore risorgeva dalla morte. Ci hai insegnato che “la risurrezione riguarda più i vivi che i morti” (Paolo De Martino). Sapevi che per vivere da risorti non bisognava aspettare di morire. L’amore ricevuto per grazia di Dio e accolto attraverso la tua conversione ti aveva già introdotto nella vita dell’Eterno che non conosce tramonto.

L’ amore non solo ti ha restituito la voglia di camminare, ma ti ha dato anche il fiato per correre. Hai corso da casa tua al sepolcro, dal sepolcro al cenacolo dove erano rinchiusi gli apostoli per paura di fare la stessa fine del Maestro. Hai corso come Maria che, subito dopo l’annuncio dell’Angelo si diresse in fretta alla casa di Elisabetta. Tutte e due avevate una notizia che non poteva aspettare, una gioia che non poteva essere contenuta, ma travasata. Maria corse, nonostante le pietre e la salita ripida della strada e tu malgrado fosse ancora notte. L’amore contiene una energia incontrollabile. È eccentrico, eccedente. Aumenta donandosi, cresce smisuratamente quanto più si condivide. Non si ferma davanti a nessuno ostacolo, non cede a nessuna pressione, resiste nel dolore e al dolore, non fugge davanti alle delusioni, non si arrende neanche alla violenza e resiste alla morte. È così l’amore che ha la qualità divina. Viene in dono dal Padre. Sgorga dal cuore trafitto del Crocifisso.

Arrivata al sepolcro hai visto soltanto la pietra ritirata dal tumulo e ti è bastato per correre ancora di più. Non potevi non raccontare quello che avevi visto. Il tuo silenzio sarebbe stato tragico. Il mondo sarebbe rimasto nelle mani della morte per sempre e gli aguzzini avrebbero continuato a dormire sonni tranquilli. Ma tu non hai voluto tacere. Hai deciso di correre per raccontare. Non avresti mai immaginato che il tuo racconto avrebbe cambiato il mondo. Il tuo coraggio denuncia la nostra omertà. Quante vite sarebbero ancora in vita se noi, come te, risorgessimo dalla nostra omissione

Il tuo amore ha scosso anche la comunità degli apostoli. Li hai risvegliati dalla loro sonnolenza e li hai costretti a venire fuori dalla tana delle loro paure. Li hai rimessi in strada. Li hai diretti sulla via giusta, non quella della fuga. Insomma, li hai fatti smettere di piagnucolare. Li hai costretti ad affrontare la realtà e a interpretarla alla luce della Parola del Maestro che avevano ascoltato tante volte, ma che non avevano capito. Era arrivato il momento di verificare l’intensità della fede. Questo vale anche per noi. La croce c’è e si vede. La si sente oggi più che mai. Sta sotto gli occhi di tutti. Svetta sulle nostre vite che si snodano alla sua ombra. Annunciatori e promotori di morte ce ne sono a bizzeffe. Il mondo ha bisogno di fede nella Resurrezione, di “risorti” che testimoniano la vita nuova che sgorga dal Risorto. C’è solo dolore e morte per chi vede con gli occhi della carne e segue soltanto ragionamenti umani. Ma non è così per chi vede la storia alla luce dell’Alto e la interpreta con l’intelligenza del cuore plasmato dalle mani di Dio. C’è una vita che non muore mai, resiste a tutto perché contiene lo Spirito dell’Eterno che è l’Amore trinitario. Gesù è questa Vita. Una vita così non poteva morire e finire nel nulla. La resurrezione è la conseguenza naturale di una esistenza obbediente al Padre e donata fino alle ultime conseguenze per la salvezza dell’umanità. Scegliere questo modo di vivere è l’unica alternativa per rimanere vivi in questi tempi tristi.

Beata te, Maria Maddalena, che sei riuscita a stanare la comunità degli apostoli ancora scossi dalla via dolorosa per mostrare loro la via della Resurrezione. Sei stata capace di unire anziani e giovani, di far correre insieme il vecchio Pietro e il discepolo che Gesù amava. Sei diventata icone del coraggio profetico di tante persone che, come te, riescono ancora a mettere in discussione le strutture ecclesiastiche che cedono alla tentazione della burocratizzazione e dimenticano l’agilità e la freschezza del Vangelo.

Tu sei riuscita a mettere in pedi Pietro, accasciato dal suo tradimento. Solo alcune ore prima, davanti alla donna che lo aveva denunciato di essere discepolo di Gesù, aveva dichiarato di non conoscerlo. In fondo in fondo aveva detto la verità. Non lo conosceva affatto. Faceva fatica a capirlo nonostante la sua convivenza con Lui. Così come non Lo comprendiamo noi nonostante le nostre pratiche religiose. Spesso, come Pietro, abbiamo l’ardire di insegnargli come fare il Suo ”mestiere” o addirittura di fare i giudici al posto Suo. Petro dovrà aspettare l’incontro con il Risorto per sottomettersi all’unico esame che valuta il nostro grado di comprensione. Per tre volte, tante quante volte lo rinnegò, sarà invitato a dichiarare il suo amore a Gesù. È da questa dichiarazione d’amore, e non da un burocratico atto istituzionale, che è nata la chiesa per essere nel mondo il sacramento dell’amore di Dio.

Ti immagino correndo come una pazza, aprendo la strada a Pietro e al discepolo amato che ti rincorrono. Il discepolo più giovane arriva prima di Pietro ma lo fa entrare per primo. La tua testimonianza ci regala al mattino di Pasqua una bellissima immagine della Chiesa: “siamo quelli che sanno aspettarsi, perché abbiamo ritmi diversi. La fede nel Risorto è un’esperienza che si consuma insieme, mai da soli. È una corsa dove qualcuno arriva prima ma ha la pazienza di aspettare l’altro. Il cuore del discepolo amato arriva sempre prima dell’autorità di Petro ma sa rispettarla e attenderla” (Paolo De Martino). Come sarebbe bello riscattare questa dimensione comunitaria, nonostante il distanziamento fisico. Come sarebbe bello assaporare di nuovo il gusto dello stare insieme, accogliendoci vicendevolmente, integrando le differenze, rispettandoci reciprocamente, trattandoci tutti come fratelli e sorelle, membri di un’unica famiglia, a cominciare dalle nostre comunità.

Petro entra e vede, ma non si dice che crede. Ancora una volta la testimonianza della fede spetta a chi si sente amato e ama a sua volta. Il discepolo amato e amante entra, vede e crede. Insomma, succede come è avvenuto con te. Alla fede nella Resurrezione si arriva soltanto per la strada dell’amore. Come dice un antico proverbio: “i sapienti camminano, i giusti corrono, solo gli innamorati volano”. Il discepolo amato vede le stesse cose che tutti vedono, ma le vede in maniera diversa. Vede con l’intelligenza del cuore, alla luce di Dio. È come la mamma che, pur vedendo un tossicodipendente, riconosce ancora un figlio da amare. O come quelli che riescono ancora a intravedere fratelli e sorelle in coloro che gli hanno fatto del male.

Grazie, Maddalena, perché con la tua corsa folle di amore, ci hai portati dal Calvario della crocifissione alla tomba vuota della Resurrezione. Ti siamo grati perché ci hai fatto capire che il Golgota è una postazione provvisoria (don Tonino) e la croce una tappa di passaggio, ma che il nostro destino finale è la Vita in pienezza che viene dalla Resurrezione. Con il tuo ardire ci hai trasportato dalla via buia del dolore al cammino luminoso della gioia e ci hai indicato l’amore come mezzo per arrivarci il più resto possibile. Aiutaci perché anche noi possiamo in questi giorni di passione indicare, attraverso il nostro amore e la nostra solidarietà, il cammino della gioia della resurrezione a chi si sente abbandonato da tutti, a chi è disperato e non riesce a reagire, a chi fa fatica a liberarsi dalla depressione, a chi vive schiacciato sotto il peso del dolore, a chi ha perso tutto ed è stato colpito dal lutto. Il Cristo risorto ci insegni che non esiste morte per chi decide di amare fino alle ultime conseguenze così come Lui ci amati. Chi ama non perde niente, neanche la vita. Anzi la ritrova in pienezza. Alla gioia della Resurrezione si arriva imboccando la strada dell’amore. Santa Pasqua nella gioia. Vi voglio bene. Pregate per noi. Dio dica bene di tutti noi.
P. Saverio Paolillo,
Missionario comboniano in Basile