Nel pomeriggio del 22 gennaio 1949 chiudeva la sua giornata terrena, in Rebbio, Mons. Paolo Tranquillo Silvestri, Vescovo titolare dì Clerico, già Vicario Apostolico di Khartoum.
Nato a Livigno (Sondrio) l’11 giugno 1876, ebbe una serena fanciullezza sotto lo sguardo vigile e premuroso dei genitori, tutti solleciti di coltivare in lui le belle doti di mente e di cuore che Dio gli aveva così largamente donate.
Compiuto con lusinghiero successo il corso ginnasiale nelle scuole pubbliche di Bormio, alle proposte ed agli appoggi che gli venivano offerti per il proseguimento dei suoi studi in vista di una carriera nel mondo, egli rese manifesta e irremovibile la sua aspirazione al sacerdozio, per il quale aveva avuto chiari segni di chiamata divina, e nel quale molti Silvestri, suoi parenti, gli avevano lasciate orme luminose e invitanti.
Piccolo nella persona, ma grande ed ardito di cuore, entrò nel Seminario di Como, quando la battaglia contro la Chiesa ed i suoi ministri era ancora in pieno svolgimento. La sua formazione scientifica procedette di pari passo con quella sacerdotale, e di tutte e due lasciò indelebile ricordo ed esempi preclari.
Certamente l'eco degli avvenimenti politici e religiosi del centro africano, che andavano svolgendosi in quegli anni, avranno varcato le mura del Seminario di S. Abbondio in Como, ma non sappiamo quali sentimenti abbiano destato nel Silvestri filosofo e teologo, né sappiamo se egli seguisse il pavido manifestarsi della novella Congregazione dei Figli del S. Cuore, che in Verona da poco era stata istituita.
Sappiamo invece di certo che il primo brivido missionario lo sorprese dinanzi alla figura e udendo la parola di uno dei più illustri figli della nuova Congregazione, Mons. Antonio Maria Roveggìo, Vicario Apostolico dell'Africa Centrale.
Questi nel 1899 fu presentato ai Seminaristi di Como dallo stesso loro Vescovo Mons. Valfrè, il quale non temette di dire loro che «se qualcuno avesse voluto seguire il Vicario Apostolico della Missione dell'Africa Centrale non avrebbe trovato in lui opposizione alcuna».
La parola di Mons. Roveggio fu come il seme missionario gettato nell'animo del Silvestri, ed egli coltivò questo seme con cura attenta e paziente, studiandosi di portarlo a maturazione in tempore suo. Le parole con cui Mons. Roveggio chiudeva il suo dire ai Seminaristi «hodie si vocem eius audieritis, ecc.» gli rimasero profondamente impresse.
Ordinato sacerdote nel giugno 1901, Don Silvestri fu mandato come parroco a Tartano, ma non volle ricevere l'investitura del beneficio, perché ormai il suo disegno era chiaro e delineato: voleva essere missionario. Difatti egli partì per il noviziato di Verona nel 1905 e nel giugno 1907 emetteva la professione religiosa.
Apparentemente la sua salute non era di acciaio - incominciava allora a soffrire di certi disturbi nervosi che gli daranno noia per tutta la vita – ma la sua volontà ed il suo ardore missionario erano adamantini.
In quegli anni la Missione dell'Africa Centrale andava cambiando la triste sorte toccatale fino allora, e le più rosee speranze venivano sorridendole dopo le lunghe e tristi notti di agonia passate. La provincia del Bahr-el-Ghazal ora. stata aperta all'evangelizzazione e necessitava di un flusso costante di missionari, date le particolari difficoltà che presentava.
P. Silvestri, il 27 giugno 1907. s'imbarcava a Trieste diretto al Bahr-el-Ghazal, e veniva destinato alla stazione di Kayango, della quale assumeva la direzione nel 1911. Le sue doti singolari, condite di facezie e di sano umorismo, ebbero tutto il campo di esplicarsi in quella missione, allora assai difficile sotto tutti i rispetti, e che richiedeva un tatto particolare. I confratelli ammiravano la sua apostolica attività, traendone eccitamento ed esempio. Solo in una cosa non convenivano con lui, cioè nella indifferenza con cui lasciava il vitto necessario e il riposo ristoratore.
I Superiori seguivano con manifesta compiacenza il corso della apostolica attività di P. Silvestri e sì tenevano pronti ad usarlo in particolari evenienze.
Intanto scoppiava la guerra 15-18, e la Congregazione dovette constatare che il personale di nazionalità tedesca, residente in maggioranza a Khartoum, perdeva le simpatie. Fu mandato allora a Khartoum Nord, in qualità di procuratore della Missione, il P. Silvestri. La sua prudenza e la sua serenità contribuirono assai a smorzare i facili fuochi della politica e a sfasciare il castello di dicerie che s'era venuto formando.
A guerra finita, P. Silvestri avrebbe avuto bisogno d'un po' di riposo, ma le sue assicurazioni di trovarsi in piena efficienza indussero i Superiori a mandarlo a Gondokoro. ove occorrevano nuove energie e necessitava il coraggio per importanti decisioni.
Arrivato a Gondokoro e constatato le difficoltà ambientali della vecchia stazione, verso la metà del 1919 P. Silvestri avanzò domanda di trasferire la missione verso la residenza governativa di Regiàf, possibilmente sulla riva sinistra del Nilo. La domanda fu accolta, ma la concessione escludeva esplicitamente la riva sinistra del fiume, perché zona protestante. P. Silvestri scelse allora la località ove sorge l'attualo stazione di Regiàf, ed il 16 luglio 1919 il trasferimento era un fatto compiuto.
Mentre P. Silvestri si trovava in piena azione di assestamento della nuova stazione, gli arrivò la nomina a Superiore di Missione, ed il 1° marzo 1920 trasferì la sua residenza a Gulu.
La grandezza e l'ubertosità del campo che gli veniva affidato, riattivarono le sue energie fisiche, piuttosto indebolite, ed egli si donò senza risparmio al fervore delle iniziative, all'azione più energica e costruttiva. Con i mezzi di cui allora si poteva disporre, visitò le stazioni ed i catecumenati, incoraggiò e consigliò il personale, stimolò ed attrasse a nuove conquiste. I chilometri percorsi a piedi ed in bicicletta, magari spinta, sono innumerabili. Famosa resta la relazione del suo viaggio di esplorazione nelle montagne dell'Imotong e dei Didinga.
Era ammirabile nella sua operosità; ma l'animo grande e gli ideali sempre nuovi che lo agitavano non trovavano ormai più docile corrispondenza nel fisico indebolito. I 17 anni di ininterrotta vita di missione - e si sa di quale missione - non potevano non fiaccare la sua fibra, del resto non eccezionale. La testa gli era un tormento, il cibo una penitenza, il sonno l'aveva abbandonato.
Per ricuperare il ricuperabile, nel dicembre del 1923, egli è in Italia.
A Roma frattanto maturava una decisione che portava alla vacanza del Vicariato di Khartoum. Mentre P. Silvestri stava insistentemente perorando la causa del suo ritorno in Africa, sudditi e Superiori volgevano l'occhio verso di lui, come la persona più atta a ricoprire l'onore e l'onere di quel posto.
L'8 novembre 1924 egli veniva eletto Vicario Apostolico ili Khartoum, ed il 7 dicembre seguente riceveva la consacrazione episcopale nella Cattedrale di Como. Non se l'aspettava, ma accolse la dignità come un mezzo per riprendere la via per la Missione.
Nel febbraio 1925 egli s'imbarcava, e ai primi di marzo fece la sua modestissima entrata a Khartoum.
La nuova vita era ben diversa da quella di Kayango, Gondokoro e Gulu; forse egli era più tagliato per la stretta vita di missione; tuttavia affrontò nel miglior modo anche la nuova posizione, cercando di sviluppare le poche risorse su cui poteva contare. Si aprirono in quel tempo le stazioni di Atbara e Port Sudan e il Collegio Comboni di Khartoum. Sentiva però l'attrazione verso il nero-ebano, e perciò godeva di poter visitare e di intrattenersi a lungo nelle stazioni degli Scilluk e Nuer.
All'arrivo di Mons. Silvestri, Khartoum aveva le fondamenta d'una chiesa, ma non una chiesa conveniente e decorosa. Era vivo desiderio di Monsignore che l'edificio sorgesse, pur ridotto a più modeste dimensioni, ma mancava il danaro e il personale specializzato. Lentamente e pazientemente promosse la raccolta del primo e istantemente sollecitò la venuta del secondo. Ma intanto la sua salute deperiva ed i disturbi che l'affliggevano da anni si accentuarono, invano curati con palliativi.
La visita del Delegato Apostolico Mons. Hinsley, il quale portava un piano nuovo ed ardito per l'incremento cattolico nelle missioni, trovava necessario un cambiamento. Mons. Silvestri comprese, e nel giugno 1930 rassegnò le dimissioni, ritirandosi in Egitto.
Nell'agosto 1933 ritornò in Italia e, dopo alcuni anni passati nelle arie ristoratrici dei suoi monti, prestando il suo ministero a chiunque lo richiedesse, si chiuse nel nostro studentato filosofico di Rebbio, ove il Signore lo chiamò ai premi eterni alle ore 10.30 del 22 gennaio del corrente anno. R.I.P.
Da Bollettino n.29, marzo 1949, p.822-25