III Domenica di Pasqua – Anno B: Toccare Cristo per poi pensare secondo Cristo

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I discepoli di Emmaus raccontano il loro incontro con Gesù, e Lui si fa presente. È così che avviene: quando la Chiesa racconta e celebra Gesù, Lui appare. Eppure Lui viene sempre in modalità destabilizzante, perché noi non abbiamo categorie mentali per la risurrezione!

Toccare Cristo per poi pensare secondo Cristo

Luca 24, 35-48

I discepoli di Emmaus raccontano il loro incontro con Gesù, e Lui si fa presente. È così che avviene: quando la Chiesa racconta e celebra Gesù, Lui appare. Eppure Lui viene sempre in modalità destabilizzante, perché noi non abbiamo categorie mentali per la risurrezione!

Gesù, a fronte della paura dei discepoli, mostra di essere reale e accessibile. Cristo non è un’idea, non è uno spirito, non è astratto, esoterico o impalpabile, ma ha carne e ossa. I discepoli lo incontrano con i loro sensi, vedendolo, toccandolo, ascoltandolo, mangiando con lui. La dimensione intellettuale — turbata dalla risurrezione — è ricollocata al suo posto, ma non viene disprezzata.

Il Padre non ci ha dato l’intelligenza per errore. La comprensione, però, è un risultato, non la condizione previa. La ricezione razionale è parte di un tutto, e Gesù se ne occupa appositamente: «Aprì loro la mente per comprendere». Comprendere si deve, il problema è: quando? Come? Prima Gesù si fa sperimentare corporalmente, e allora può aprire la mente dei discepoli.

Normalmente noi partiamo dalle idee per arrivare alle cose, e senza un bagaglio di convinzioni non muoviamo un passo. Eppure, già nell’Alleanza dell’Esodo, il popolo diceva una cosa curiosa: «Quanto ha detto il Signore, lo eseguiremo e vi presteremo ascolto» (Es 24, 7). Eseguire e poi recepire. Prima si segue Cristo per tre anni, si fa esperienza della sua morte e risurrezione, e poi si inizia a capire. C’è un esercito di cristiani che prova inutilmente a risorgere per deduzione. Non si può servire il mondo con una testa pesante di schemi, ma per un atto di sequela che diventa luce interiore.

Dobbiamo ripensare l’educazione cristiana: per molto tempo siamo partiti dai dogmi per arrivare alla vita cristiana, con risultati discutibili, ma la Chiesa dei primi secoli faceva l’esatto contrario. Forse è tornato il tempo di educare la prossima generazione di cristiani partendo dal fargli toccare Cristo con esperienze concrete, perché sappiano, poi, pensare secondo Cristo.
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Fabio Rosini - L'Osservatorio Romano]

Aperti all’intelligenza delle Scritture

At 3,13-15.17-19; Salmo 4; 1Gv 2,1-5; Lc 24,35-48

Il filo conduttore di questa domenica è suggerito dalle parole di Pietro, nella prima lettura. Egli colloca la vicenda di Gesù, il " Santo e il Giusto", sullo sfondo della fede biblica nel "Dio di Abramo, di Isacco e di Giacobbe, il Dio dei nostri padri". Egli ha risuscitato dai morti quel Gesù, autore della vita – che i Giudei hanno rinnegato, chiedendo che fosse liberato un assassino, Barabba –, e lo ha costituito fonte di salvezza mediante il perdono dei peccati.

Alla fine, Pietro invita al pentimento e alla conversione, condizioni sine qua non per avere il perdono dei peccati. Questa tematica del discorso di Pietro viene ripresa nella seconda lettura con un altra terminologia, che è anche un po’ difficile: "vittima di espiazione per i nostri peccati". E' una perifrasi del vocabolo greco, hilasmòs, che significa espiazione e/o propiziazione. Non si tratta di un' idea di colpa da espiare attraverso una corrispondente punizione o sofferenza – Dio non è così, cioè vendicativo. E' per questo che l'autore della lettera accosta al termine hilasmòs quello di parakletos (avvocato-intercessore). Viene allora messa in evidenza il ruolo mediatore e salvatore di Gesù, cioè la sua "espiazione – propiziazione" universale come intercessione efficace. Gesù è infatti il Giusto che rimane fedele a Dio, anche nella sofferenza e nella morte, facendosi carico, sul modello del "doulos – servo" di Isaia, dei nostri peccati. Per quanto riguarda il brano evangelico, esso è tratto dall’ultimo capitolo del vangelo di Luca. Al centro troviamo l'episodio di Emmaus, preceduto dalla visita delle donne al sepolcro vuoto e seguito dall'apparizione su cui meditiamo questa domenica.

I tre racconti seguono uno schema comune ben preciso, scandito da tre momenti successivi: l'iniziativa divina (inattesa, sorprendente), il riconoscimento (lento, difficoltoso, con dubbi, incertezze e paure), la missione (cf. "Di questo voi sarete testimoni"). Infatti un incontro col Signore è sempre teso verso l'avvenire, cioè non può essere ridotto all' effimero. "Pace a voi", dice il risorto agli apostoli. Questa parola, rivolta anche a noi oggi, dovrebbe essere accolta come un seme nella profondità del nostro essere e diventare esigenza, ostinazione, passione. Tuttavia, la pace non è un punto di partenza, ma di arrivo, che comporta fatica, combattimento, dominio su di se stessi. Prima ancora che "gridata" e richiamata sulle piazze, la pace deve essere "irradiata" personalmente. Non è un sogno, ma una possibilità. Si tratta di una forza superiore a quella dell'odio, della vendetta e della violenza. "Stupiti e spaventati, credevamo di vedere un fantasma".

Il terzo vangelo pone l'accento sulla realtà del corpo di Gesù, il vivente: "Toccatemi e guardate; un fantasma non ha carne e ossa come vedete che io ho". Gesù ricorre ad un'ulteriore prova: Egli chiede di poter mangiare nella loro presenza. Cristo Risorto vuole quindi essere considerato non come un fantasma, che mette paura. Il rapporto coi suoi è un rapporto di amore e di amicizia. Dove c'è amore, non c'è più posto per il timore. Chi teme non è perfetto nell'amore (1GV4,18). Se crediamo davvero nella risurrezione di Cristo, non c'è più nulla che giustifichi i nostri timori. Neppure il peso del peccato. Le nostre colpe non sono più grandi del perdono di Cristo. I nostri peccati non riusciranno mai ad esaurire la sua misericordia. Però, non c'è salvezza senza conversione. Da cui questa raccomandazione di Paolo: "vi supplichiamo in nome di Cristo: lasciatevi riconciliare con Dio" (2Cor5,20). Non è facile lasciarsi riconciliare, però la salvezza consiste in questo. Alla fin fine si tratta di lasciarsi amare da Dio.
Don Joseph Ndoum

Missione pasquale è annuncio del Perdono

Atti 3,13-15.17-19; Salmo 4; 1Giovanni 2,1-5; Luca 24,35-48

Riflessioni
La storia dei due di Emmaus finì in modo sorprendente. La presenza di Gesù, che accompagnava i due discepoli in cammino verso Emmaus (Lc 24,13s), si concluse con la scoperta di quel misterioso viandante, che spiegava loro così bene le Scritture, che riscaldava il loro cuore e che ha spezzato il pane... “Allora si aprirono loro gli occhi e lo riconobbero. Ma lui sparì dalla loro vista... Partirono senza indugio e fecero ritorno a Gerusalemme” (Lc 24,31.33). A questo punto inizia il brano odierno di Luca (Vangelo) con gli Undici apostoli e i Due di Emmaus che si scambiano le esperienze circa le apparizioni di Gesù Risorto (v. 34-35). Finalmente, alla fine di quel giorno - il primo del nuovo calendario della storia umana - Gesù in persona appare a tutto il gruppo e dice: “Pace a voi!” (v. 36).

L’esperienza pasquale dei discepoli, che vedono e riconoscono il Signore risorto, diventa annuncio, anzi si trasforma nel fondamento stesso della missione degli apostoli e della Chiesa di ogni tempo e luogo. Il testo lucano di oggi è tutto un annuncio pasquale e missionario: i Due di Emmaus parlano del loro incontro con il Risorto e gli Undici sono mandati da Gesù a predicare “a tutti i popoli la conversione e il perdono dei peccati” (v. 47).

Gli apostoli non erano dei creduloni, fecero difficoltà ad accettare che Gesù fosse risorto. San Luca cerca di provarlo con insistenza: dapprima dicendo che erano sconvolti, spaventati, turbati, dubbiosi, lo credevano un fantasma (v. 37-38); e poi, ci tiene a fornire prove concrete della corporeità del Risorto. Da parte sua, Gesù insiste nel dire: “Sono proprio io!” (v. 39). E fornisce prove palpabili che è proprio Lui, lo stesso Gesù in “carne e ossa”: mangia davanti a loro una porzione di pesce arrostito (v. 42), li invita a guardare e toccare mani, piedi, costato (v. 39). Alla fine i discepoli si arrendono e credono: le ferite della passione sono ormai i segni visibili e tangibili che c’è identità e continuità fra il Cristo crocifisso e il Cristo risorto.

Normalmente, salvo circostanze o esami speciali, le persone sono identificate dal volto. Gesù invece vuole che i discepoli - Tommaso, in particolare-  lo riconoscano dalle mani, dai piedi e dal costato. “Il richiamo è alle ferite impresse dai chiodi e dalla croce, apice di una vita spesa per amore. Anche da risorto, il corpo di Gesù conserva i segni del dono totale di sé... Anche il cristiano sarà riconosciuto dalle mani e dai piedi... L’annuncio della risurrezione di Cristo è efficace e credibile solo se i discepoli possono, come il Maestro, mostrare agli uomini le loro mani e i loro piedi segnati da opere di amore” (F. Armellini). L’annuncio si fa con la parola e soprattutto con i fatti!

Le tre letture neotestamentarie di questa domenica pasquale hanno un filo conduttore comune: la conversione e il perdono dei peccati. Ambedue - conversione e perdono - hanno la loro radice nella Pasqua di Gesù e sono parte essenziale dell’annuncio missionario della Chiesa. Pietro (I lettura) lo dichiara nella piazza pubblica il giorno di Pentecoste: “Convertitevi dunque e cambiate vita, perché siano cancellati i vostri peccati” (v. 19). E Giovanni (II lettura) esorta amorevolmente i ‘figlioli’ a non peccare, ma se ciò capitasse, c’è sempre una tavola di salvezza: “abbiamo un avvocato... Gesù Cristo il giusto... vittima di espiazione per i peccati di tutto il mondo” (v. 1-2).

Questa bella notizia della salvezza ci è offerta come dono dello Spirito Santo, il quale, per Luca e per Giovanni, è collegato al perdono dei peccati. Tale connessione è messa in evidenza anche nella nuova formula dell’assoluzione sacramentale, come pure in una orazione della Messa, dove si invoca lo Spirito Santo, perché “Egli è la remissione di tutti i peccati” (cfr. preghiera sulle offerte, sabato prima di Pentecoste).

Nel Vangelo di Giovanni, l’istituzione del sacramento della riconciliazione per il perdono dei peccati avviene proprio nel giorno di Pasqua: “A chi rimetterete i peccati saranno rimessi” (Gv 20,23). Il perdono dei peccati è, quindi, un regalo pasquale di Gesù. Per san Luca “la conversione e il perdono dei peccati” sono la bella notizia che i discepoli dovranno predicare “a tutti i popoli”, nel nome, cioè per mandato di Gesù (Lc 24,47). Sono i doni del Crocifisso-Risorto, sono i veri segni della Missione. Perché “Gesù Cristo è il volto della Misericordia del Padre”, come ha spiegato più volte Papa Francesco in occasione del recente Giubileo Straordinario della Misericordia (2015-2016). Il Papa ritorna con frequenza sul tema della misericordia: invita tutti a praticare le opere di misericordia, affinché “non viviamo una fede a metà, che riceve ma non dà, che accoglie il dono ma non si fa dono”. Egli esorta caldamente ad “abbracciare il Sacramento del perdono”, perché “è il Sacramento della risurrezione, è misericordia pura”, come ha dichiarato anche domenica scorsa (11.4.2021). (*) A ragione, quindi, il grande teologo moralista Bernardo Häring chiama la confessione il sacramento dell’allegria pasquale.

Parola del Papa

(*) «Gesù offre ai discepoli lo Spirito Santo. Lo dona per la remissione dei peccati (Gv 20,22-23)… Come quei discepoli, abbiamo bisogno di lasciarci perdonare, dire dal cuore: “Perdono, Signore”. Aprire il cuore per lasciarci perdonare. Il perdono nello Spirito Santo è il dono pasquale per risorgere dentro. Chiediamo la grazia di accoglierlo, di abbracciare il Sacramento del perdono. E di capire che al centro della Confessione non ci siamo noi con i nostri peccati, ma Dio con la sua misericordia. Non ci confessiamo per abbatterci, ma per farci risollevare. Ne abbiamo tanto bisogno, tutti… Cadiamo spesso. E la mano del Padre è pronta a rimetterci in piedi e a farci andare avanti. Questa mano sicura e affidabile è la Confessione. È il Sacramento che ci rialza, che non ci lascia a terra a piangere sui pavimenti duri delle nostre cadute. È il Sacramento della risurrezione, è misericordia pura. E chi riceve le Confessioni deve far sentire la dolcezza della misericordia… di Gesù che perdona tutto. Dio perdona tutto… E chiediamo la grazia di diventare testimoni di misericordia. Solo così la fede sarà viva. E la vita sarà unificata. Solo così annunceremo il Vangelo di Dio, che è Vangelo di misericordia».
Papa Francesco
Omelia nella domenica della Divina Misericordia, 11.4.2021 

Sui passi dei Missionari

18   Ricordo dell’apertura della Prima Conferenza afroasiatica a Bandung (Indonesia 1955), per promuovere l’indipendenza e l’identità dei Paesi del Terzo mondo.

19   B. Giacomo Duckett († 1602), martire, laico sposato, incarcerato per 9 anni e ucciso a Londra sotto la regina Elisabetta I, per aver venduto libri cattolici. * In date prossime a questa, si fa memoria di tanti altri cattolici martirizzati in Inghilterra sotto la stessa regina o altri re.

20   S. Marcellino († 374), di origini africane, sbarcò in Provenza con i santi Domino e Vincenzo, per evangelizzare la regina, riuscendo a convertire alla fede cristiana gran parte della popolazione della Francia meridionale. Fu vescovo di Embrun.

21   S. Anselmo d’Aosta (1033-1109), monaco benedettino e abate di Bec (Normandia). Nominato vescovo di Canterbury, lottò e soffrì per la libertà della Chiesa in Inghilterra. È dottore della Chiesa.

·     Anniversario dell’enciclica missionaria Fidei donum (1957), con la quale Pio XII presentò la drammatica situazione delle missioni cattoliche, particolarmente in Africa, lanciando un forte appello all’impegno missionario, anche da parte del clero diocesano. Da qui il nome di Missionari Fidei Donum (sacerdoti, laici e laiche).

22   Giornata internazionale della Madre Terra per la difesa armoniosa di natura, ambiente, clima, economia e sviluppo sostenibile, promossa dalle Nazioni Unite nel 2009, ma già celebrata per la prima volta nel 1970, organizzata dall’Earth Day Network, un movimento ambientalista.

23   S. Giorgio (Cappadocia, c. 275-285 – Lidda, in Palestina, 303), santo popolare per la lotta contro il drago. Martire venerato fin dall’antichità nelle Chiese di Oriente e Occidente.

·     S. Adalberto (in ceco Vojtech) (956-997), vescovo di Praga e martire, intrepido missionario in Polonia e presso altri popoli slavi.

·     B. Maria Gabriella Sagheddu (1914-1939), nata in Sardegna e morta monaca trappista a Grottaferrata (Roma). Offrì la sua vita per l’unità dei cristiani.

24   S. Fedele da Sigmaringen (1578-1622), nato in Germania, missionario cappuccino, ucciso nella Rezia (Svizzera). È il primo martire della Congregazione di Propaganda Fide (fondata nel 1622) e dell’allora incipiente Ordine dei frati minori cappuccini.

·     S. Maria Elisabetta Hesselblad (1870-1957) nacque in Svezia da famiglia luterana. Andata a lavorare negli Usa per assistere i malati, si convertì alla fede cattolica. Dopo un viaggio a Roma, si dedicò a ripristinare l’Ordine di S. Brigida (le Brigidine). Durante la guerra diede rifugio a ebrei perseguitati. Morì a Roma.

·     SdD. Zeinab Alif (suor Giuseppina Benvenuti) (1845-1926). Nata nel Kordofan (Sudan), da bambina fu più volte venduta come schiava. Riscattata da don Nicolò Olivieri, fu condotta in Italia e affidata alle clarisse di Ancona. A 30 anni divenne lei stessa clarissa, quindi maestra delle novizie e badessa, vivendo con radicalità la sua consacrazione.

·     Inizio del genocidio armeno (1915-1922) nei territori dell’impero ottomano, con il sistematico sterminio della popolazione armena (massacri, deportazioni…) che causò oltre un milione di morti (uomini, donne, bambini). La Chiesa Apostolica Armena, con il patriarca Karekin II, li ha canonizzati tutti assieme, data la loro appartenenza etnica e religiosa.

25   IV domenica di Pasqua: domenica del Buon Pastore. * 58a Giornata mondiale di Preghiera per le Vocazioni. Tema del messaggio del Papa: «San Giuseppe: il sogno della vocazione» nell’Anno speciale dedicato al Patrono della Chiesa universale.

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A cura di: P. Romeo Ballan – Missionari Comboniani (Verona)

Sito Web:   www.comboni.org    “Parola per la Missione”

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