Violenze diffuse in Messico su donne e difensori dei diritti umani

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Mercoledì 1 febbraio 2023
Non smette di allungarsi la lista delle vittime della violenza in Messico, tra gli Stati più pericolosi per chi si impegna in favore dei diritti umani. Il Paese, attraversato dalla carovana dei migranti per raggiungere gli Stati Uniti, vive da decenni un aumento di ingiustizie e soprusi. Secondo l’Inegi, l’Istituto di statistica messicano, nel 2021 si sono registrati 28 omicidi ogni 100.000 abitanti. [L’Osservatore Romano]

Circa 50 milioni e mezzo di donne e ragazze di età superiore ai 15 anni hanno subito qualche forma di violenza nel corso della loro vita. Una cronaca che non va meglio nel 2022: secondo la segreteria per la Sicurezza e la protezione dei cittadini, nel primo trimestre ci sono state ben 15.400 vittime, un numero elevato seppure inferiore alle 16.948 dello stesso periodo del 2021. E sono stati 493 i femminicidi avvenuti lo scorso anno. A giugno, uno dei mesi maggiormente cruenti, il governo ha registrato 2.662 omicidi.

In questo scenario il Paese sta diventando una tomba per chi si impegna per la difesa dei propri diritti. I cartelli dei narcotrafficanti si contendono a suon di mitra le piazze di spaccio. Quando viene catturato uno dei leader delle bande criminali, inizia una guerriglia interna per chi deve accaparrarsi il territorio orfano del suo “patron”, colui che comandava quel distretto e che gestiva la tratta dei migranti o la prostituzione.

La corruzione a tutti i livelli, non esclude le forze di polizia. Negli ultimi mesi gli Stati del nord stanno diventando bottino dei cartelli della droga, in cui aumentano i posti di blocco illegali. Non è un caso che giornalisti e sacerdoti, per denunciare la situazione di ingiustizia, siano in cima alla lista delle vittime. L’invito della Chiesa alla pace, rimane inascoltato. Tanti sono gli attivisti che per difendere la loro terra, le minoranze e i desaparecidos, sono stai eliminati. Aumentano le persone trucidate per custodire il loro lavoro e la dignità della loro comunità. Tra le 72 vittime ricordate da Desinformémonos, uno spazio web di comunicazione globale che unisce in rete campagne, quartieri e parrocchie, troviamo un alto numero di donne e uomini di origine indigena. Maya, wixárika, náhuatl, tseltal, p’urhépecha, mixe, rarámuri, pai pai o i totonaco: queste alcune delle 60 popolazioni originarie indigene che popolano il Messico. Vivono in posti diversi. Tra cime maestose, falesie e dirupi; gole profonde o sulle rive di fiumi. In tutti questi angoli del Paese c’è chi ha pagato con la vita la difesa della terra. L’11 febbraio 2022 Francisco Vázquez Domínguez, oppositore della centrale termoelettrica di Huexca, presidente del Consiglio di sorveglianza dell’Associazione fluviale Cuautla (Asurco), è stato ucciso da un commando armato. Protestava per il furto di acqua dai villaggi della regione di Ayala. Il 28 aprile Luis Donato Ortiz, nel Rancho El Rodeo, Marquelia, di Guerrero, è stato freddato da due uomini armati. Fondatore del Consiglio cittadino di Marquelia, un’organizzazione per i diritti dei popoli afro-discendenti di Guerrero e Oaxaca, lottava per i contadini indios.

Nell’elenco troviamo dei sacerdoti come padre Joaquín César Mora Salazar e Javier Campos Morales, i gesuiti uccisi nella comunità indigena di Cerocahui, Chihuahua. Il 20 giugno diedero rifugio a un uomo inseguito dai killer. Un gesto che è costato la vita a due uomini di 79 e 80 anni che avevano speso la loro esistenza per il prossimo. Non mancano i giornalisti come Moisés Cuapipistenco 22 anni, assassinato il 5 novembre a Xochimilco, Chilapa, Guerrero. Insieme a due compagni sono stati uccisi sull'autostrada Chilapa-Chilpancingo. Un lungo elenco che chiude l’anno con chi sapeva che lo sport serve ai giovani come Víctor Moisés Galicia Silva, assassinato il 5 dicembre: promuoveva la pratica dello skateboard tra i ragazzi.

[Nicola Nicoletti - L’Osservatore Romano]