Roma, martedì 6 settembre 2011
Il 5 settembre, la diocesi di Tumaco ha reso pubblico un comunicato, sentendo come “suo dovere profetico e pastorale elevare un grido di allarme di fronte all’aggravarsi della violenza nel corso del 2011”. Nel testo si fa presente che “la popolazione afferma che la violenza attuale è più grave che mai”.

La popolazione afro-nariñense, indigena e meticcia, vive in un clima di apprensione, di paura generalizzata e di mancanza di alternative. Si sta diffondendo un nuovo tipo di atti di barbarie nella regione, come il lancio di artefatti esplosivi a Tumaco, el Charco, Barbacoas, Magüí, Roberto Payán, La Guayacana e Llorente. Vengono fatti esplodere nei negozi, per le strade e davanti alle scuole, facendo numerose vittime sia fra la polizia che fra i civili, compresi bambini. Inoltre, i minori vengono utilizzati come innocenti portatori di queste bombe. Questi esplosivi producono morti indiscriminate fra la popolazione innocente. Ma generano anche un senso di insicurezza totale, di apprensione e di paura. Sono aumentati i taglieggiamenti e le estorsioni a danno dei professionisti, dei commercianti e dei “rovistatori” fra i rifiuti. E quando le richieste non vengono soddisfatte, si colpisce con omicidi e bombe.

Questo spinge molte famiglie a trasferirsi, porta alla chiusura di posti di lavoro col conseguente aggravamento della disoccupazione che c’è nella regione. È in aumento la lotta per il controllo del territorio nei quartieri, da parte di gruppi armati fuorilegge che creano delle frontiere invisibili, che vengono difese fino alla morte. Gli abitanti si sentono degli ostaggi nei propri quartieri e per le strade. Sono impauriti e non escono di casa dopo le nove di sera. Tutto questo naturalmente pregiudica i rapporti, gli incontri, la vita sociale e colpisce pesantemente l’innato spirito di accoglienza della popolazione afro. La gente ha l’impressione che la Forza pubblica minimizzi il problema dell’impatto della violenza e la gravità dei fatti contro la popolazione civile, presentando statistiche con una riduzione del 30% di omicidi ma, ciononostante, l’indice di omicidi nel comune di Tumaco è del doppio rispetto alla media nazionale. L’impressione è che la situazione sia sfuggita di mano alla polizia e che questa non riesca più ad averne il controllo, per cui sta perdendo anche la fiducia della gente.

Quindi, si lancia un appello “ai protagonisti armati perché rispettino il clima di pace che ha caratterizzato da sempre questa pacifica regione e cerchino i mezzi per contribuire ad un reale progresso sostenibile e giusto di questo popolo” e “alla Forza pubblica perché recuperi la fiducia della gente e riporti la sicurezza nelle strade e nei quartieri dei nostri comuni, nel rispetto dei diritti umani e del diritto internazionale umanitario”.

Si fa anche un “appello generale al popolo di Dio affinché non guardiamo a questa violenza con indifferenza e normalità, ma assumiamo una posizione critica in difesa della vita e alla ricerca di una società di pace, per le attuali e future generazioni”. Infine, l’appello è rivolto anche “allo stato, affinché investa in sviluppo sostenibile, a partire dalla regione e dai suoi abitanti, promuovendo l’attuazione dei diritti economici, sociali e culturali”.