Sabato 3 novembre 2018
San Ignacio è un villaggio di Sonora, Mexico, e non lontano dal confine con l’Arizona; una terra arida e desertica, e affascinante allo stesso tempo. Questa zona è l’ultima tappa dei migranti, dei Latinos del centroamerica e del sud del Messico. Sognano la terra degli Stati Uniti, dove pensano che scorrano fiumi di latte e miele.
[...]

San Ignacio è un villaggio di Sonora, Mexico, e non lontano dal confine con l’Arizona; una terra arida e desertica, e affascinante allo stesso tempo. Questa zona è l’ultima tappa dei migranti, dei Latinos del centroamerica e del sud del Messico. Sognano la terra degli Stati Uniti, dove pensano che scorrano fiumi di latte e miele. Arrivando qui, hanno quasi raggiunto la meta, ma non sanno che passare la frontiera è l’avventura più difficile.

Hanno sentito che quel presidente, senza cuore e pieno di se stesso, vuole continuare a costruire quel muro per impedire il loro passaggio; ma non hanno paura. Loro chiamano quel presidente “Trampa”, cioè trappola, inganno. Lo chiamano anche il furioso pericoloso. Comunque quel muro non li spaventa. Sanno che la speranza è più forte di tutti i muri del mondo. Hanno vissuto mesi di avventure e di pericoli per arrivare fin qui. Usando la scorciatoia mancano ancora un centinaio di kilometri per raggiungere la frontiera dell’Arizona.

A piedi impiegano circa cinque giorni. Devono far calcoli con il calore, che picchia oltre i 40 gradi, e le ore che devono trascorrere nascosti per non essere visti dalle pattuglie della frontiera. Verso sera arrivano los polleros, i mercanti senza scrupoli che trasportano con i pickup i migranti disperati. Sono stati raccolti nella stazione ferroviaria più vicina, che però rimane sempre lontana. Pagando buoni dollari, i migranti vengono trasportati come merce fino a S. Ignacio.

Padre Memo mi racconta che parte del loro viaggio lo fanno nascosti sui treni merce. Nascosti per modo di dire: la sera si arrampicano e si stendono sul tetto dei vagoni. Sono treni lunghissimi che viaggiano lenti. Arrivando all’ultima stazione, i caminantes saltano giù. I macchinisti sanno e chiudono un occhio; a volte rallentano, perché i loro “ passeggeri” possano saltare con più facilità.

I caminantes sanno che in questo Rancho, in questo villaggio, possono riposare prima dell’ultima avventura. Si sono passati la voce su quel prete buono che li accoglie e che si chiama Padre Memo. Ieri sera e questa mattina sono stato con lui, all’ora dell’arrivo del pickup. Aspettava i suoi ospiti. Non sono molti. “Non arrivano mai in gruppo numeroso” mi dice P. Memo. E’ chiaro, non vogliono dare nell’occhio. Ogni giorno ne arriva una decina. La meta è la chiesetta di P. Memo. Non devono chiedere niente, perché P. Memo è già pronto per accoglierli. “Bienvenidos”! Quel saluto è già un regalo e un ristoro per loro. Forse per mesi non hanno sentito quel saluto. Bienvenidos! Loro rispondono con un sorriso. Non hanno la forza di parlare.

Contemplo quei volti bruciati dal sole e dalla fatica; volti di sofferenza, di rassegnazione, di paura e di speranza. Hanno gli occhi rossi per la stanchezza e il sonno. Sono tutti giovani, ma dimostrano di avere molti più anni. P. Memo lo sa: desiderano un po’ d’acqua per rinfrescarsi. E poi un bel piatto di riso e fagioli. E´ il piatto dei poveri, ma per loro è festa.

Padre Memo ha un gruppo di donne che lo aiutano. Sono donne che hanno il marito negli Usa e soffrono con la stessa sofferenza di questi caminantes. Sono donne che conoscono la fatica, il lavoro, la lotta per vivere. Donne dal volto provato e coraggioso, un volto che mostra vita, bellezza e dignità. Padre Memo sa anche che i caminantes hanno un po’ di paura per i poliziotti; conosce già le domande che questi avventurieri della vita hanno nel cuore. Lui risponde alle domande che non fanno. Li rassicura: “ Qui nessuno vi toccherà. Chi vuole caffè? Mangiate bene, perché c’è ancora un po’ di strada. Questa notte dormirete in chiesa. E’ molto fresca. Così anche Dio ha compagnia. Nel deserto camminate nelle ore fresche. Non fate autostop vicino alla frontiera perché ci sono molti traditori e controlli severi . Se qualcuno vi offre lavoro, vicino alla frontiera, state molto attenti. In genere vi vogliono come postini...per consegnare droga. Non abbiate paura. Siete vicini alla meta. Siamo vicini alla meta. Mentre camminate, pensate ai vostri figli, ai vostri cari. Loro daranno forza ai vostri piedi”.

I poveri caminantes continuano a mangiare senza alzare lo sguardo ma ascoltano i consigli di Padre Memo. Loro sognano la terra dei sogni, ma sanno anche che là dovranno ancora soffrire: il razzismo, il disprezzo, il rifiuto, i documenti...cercare lavoro. Ma che importa? Per dare un pezzo di pane ai figli si fa qualsiasi sacrificio. Tutti hanno una piccola foto delle mogli e dei figli, insieme a immaginette di Gesù, della Madonna o del santo di cui si fidano di più. Le immagini dei figli, mogli, Cristi e Madonne sono la loro famiglia.

Padre Memo mi invita a mangiare con loro. Il riso e fagioli hanno un sapore buono, il sapore della compagnia dei caminantes, il sapore dei poveri. E’ P. Memo che li chiama caminantes. La parola migranti o emigranti gli danno fastidio. La terra è di tutti, dice, e tutti abbiamo il diritto di camminare liberi in tutte le strade del mondo. P. Memo mi dice che desidererebbe fare l’impossibile e aiutare tutti a passare la frontiera. Anche la parola frontiera gli dà fastidio. Mi dice: “ In passato ho desiderato avere dei soldi per costruire la casa del pellegrino, con dormitorio, doccia, per questi caminantes. Oggi invece sogno e desidero che questa nuova schiavitù e tratta di schiavi finisca per sempre. Sognare di costruire una casa per i caminantes significa augurare che questo commercio di schiavi continui”. Padre Memo è un uomo deciso. Non dimostra i suoi 78 anni. E’ ancora energico, anche con i segni di stanchezza e la tipica barba di chi si rade ogni tre giorni. Ama spostarsi a cavallo, in blue jeans e sombrero, come la sua gente. Il suo volto parla di fatica e sudore. E’ un volto sereno con uno sguardo profondo e deciso. Si legge bontà nel suo sorriso. E anche quella rabbia per le ingiustizie contro i poveri.

“Padre, preghiamo per loro” mi dice...Ricordo qualcosa della preghiera del suo cuore:” Padre di tutti, che sei nei cieli, scendi su questa nostra terra. Benedici e accompagna questi caminantes. Non lasciarli cadere in mano degli avvoltoi. Dona loro quel pane quotidiano che cercano. Liberali da ogni male e benedici i loro figli e le loro famiglie. Perché questo è il loro desiderio e sia anche la tua volontà. Amen”.

La notte è serena. Contemplo le stelle. Forse anche quel “Trampa” sta contemplando le stesse stelle e la stessa luna, dall’altra parte, in quella terra sognata dai caminantes. Qui dicono che le stelle sono gli occhi di Dio. Credo che Dio preferisce contemplare quei caminantes e benedirli. Io prego e spero che Dio continui a dare forza e salute a Padre Memo, il prete che dà speranza ai caminantes.
P. Teresino Serra