Roma, sabato 25 maggio 2013
L’Unione dei superiori generali (USG) ha tenuto la 81a assemblea semestrale presso il Salesianum di Roma dal 22 al 24 maggio sull’esercizio della leadership nella vita consacrata a 50 anni dal Vaticano II. Padre Adolfo Nicolás (foto), preposito generale della Compagnia di Gesù, è il nuovo presidente dell’ USG, che rappresenta i superiori generali di più di 200 istituti religiosi maschili. All’assemblea ha partecipato anche P. Enrique Sánchez González, superiore generale dei Comboniani. La prossima assemblea generale si terrà a novembre.

 

La vita consacrata è attraversata da un processo di radicale cambiamento che pone dinanzi a numerose sfide e suggerisce di proseguire il cammino con pazienza e discernimento: è quanto è emerso al termine dell’assemblea semestrale dell’Unione dei superiori generali (Usg) sulla leadership nella vita religiosa cinquant’anni dopo il concilio Vaticano II, conclusasi il 24 maggio a Roma.

«In alcuni momenti — si legge in una sintesi dei lavori — la nostra assemblea ha manifestato la convinzione che oggi lo Spirito sta agendo in modo particolare nella sua Chiesa, la sta conducendo su nuovi sentieri, la sta forse riportando all’essenziale. Viviamo nel tempo della crisi ma anche della speranza, nel tempo della complessità e della necessità del discernimento».

Non si tratta, però, soltanto di crisi di civiltà e di modelli, ma anche di relazioni: «La crisi delle relazioni e il bisogno di incontro vero e di comunione attraversano tutti gli ambiti di vita. Se la vita consacrata è segno profetico — prosegue il documento — oggi questo passa attraverso un richiamo all’essenziale della fede, a una Chiesa più leggera, più povera, libera, serva, più capace di abitare le periferie geografiche ed esistenziali». La vita consacrata è «segno profetico se sa esprimere il senso e il cuore dell’umano, se sa esprimere saggezza; se sa parlare dell’uomo e all’uomo, lasciandosi ispirare da Dio e dal carisma».

Sono molteplici le sfide che i superiori generali dovranno affrontare nell’immediato futuro per affermare un nuovo modello di leadership: tra esse, individuare nel processo di formazione iniziale i momenti in cui è importante chiedere ai giovani di inserirsi in esperienze comunitarie e pastorali multiculturali per abilitarli all’esperienza interculturale, oltre a costituire comunità internazionali che siano «segni profetici».

Nella foto:
P. David Glenday (al microfono), segretario generale dell’USG.

Particolare attenzione, inoltre, è stato dedicato al web. La rete — si legge nella sintesi conclusiva — è un’esperienza di vita, parte integrante della vita personale e sociale e del modo di vivere di oggi: «La rete non è solo qualcosa “altro ”, esterno alla vita; è condizione e modo d’essere. Non si usa la rete, ma si vive la rete e in rete. Il mondo virtuale non è parallelo ma parte della realtà quotidiana. Di qui il dovere, da parte di chi ha responsabilità di comunione e di leadership, di interessarsi per essere uomini del nostro tempo». Il superiore generale dovrà: favorire una mentalità positiva verso l’ambiente digitale; abitare il mondo digitale, conoscerlo nei suoi aspetti positivi e nei suoi rischi perché favorisce la relazione; conoscere il mondo dei social network; riconoscere che i candidati che arrivano negli istituti religiosi portano con sé un mondo di conoscenze, affetti e amicizie che sono presenti nella rete. Essi «mantengono e costruisco relazioni nella rete; occorre aiutarli a discernere e selezionare le relazioni, che hanno una validità affettiva e anche pastorale, orientandoli così a un uso pastorale proficuo della rete e dell’ambiente digitale».
L’Osservatore Romano