Padre Dario Bossi: ‘Querida Amazonia’ ci aiuta a difendere i diritti della nostra gente

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Sabato 15 febbraio 2020
Per il missionario comboniano, Padre Dario Bossi, che opera da 12 anni nell’Amazzonia brasiliana, l’Esortazione post-sinodale di Papa Francesco mette il dito nella piaga di un modello di sviluppo che ferisce le popolazioni e l’ambiente. 
Secondo il missionario, il fatto che il Papa nella “Querida Amazonia” non abbia approfondito i temi dell'ordinazione dei diaconi e del diaconato femminile aiuta a non perdere di vista il cuore dell'Esortazione post-sinodale. (Nella foto: Manifestazione di solidarietà con il popolo amazzonico). [Video]

Padre Dario Bossi, superiore provinciale dei Missionari Comboniani del Brasile, membro della Repam e della Rete Iglesias y Minería, è stato uno dei 113 padri sinodali che nell’ottobre scorso hanno portato in Vaticano le istanze delle popolazioni amazzoniche. Originario della provincia di Varese, è da 12 anni infatti in missione nel Nord-Est del Paese, fra i circa 100mila abitanti della città di Açailândia, nello Stato amazzonico del Maranhão. Ospite di Radio Vaticana Italia racconta come ha accolto la pubblicazione di Querida Amazonia, l’attesa Esortazione post-sinodale di Papa Francesco.

R.- Le aspettative per questa esortazione non erano solo di noi padri sinodali, ma ovviamente anche delle migliaia di persone che abbiamo seguito per quasi due anni in tutta la fase preparatoria del Sinodo, quella dell’ascolto. Quando, dopo l’assemblea di ottobre, siamo tornati in Brasile ci siamo ritrovati con le nostre comunità e abbiamo proprio sentito questa voglia di rimettersi in gioco e allo stesso tempo questa attesa di una parola di rilancio da parte del Papa. Io direi che questa Esortazione ci restituisce il calore, la poesia, il sogno e quindi ci fa battere il cuore più forte e ci ridà la passione giusta con cui tornare a lavorare nelle nostre terre. Ci siamo sentiti molto in sintonia con il Papa già da quando abbiamo letto il titolo: Querida Amazonia. È un titolo che racconta questa volontà di relazionarsi con l’Amazzonia come se fosse una persona. Dietro il volto dell’Amazzonia il Papa vede i volti delle molte persone indigene, dei popoli originari, delle comunità dei religiosi e delle religiose che ci vivono. Quindi, come diceva il cardinale Czerny, una vera lettera d’amore che è arrivata al cuore dell’Amazzonia.

Dei quattro “sogni” evocati dal Papa nel testo, da missionario, quale sente più vicino?

R.- Beh, sono tutti sogni integrati fra di loro, così come è una conversione integrata quella di cui parla il Documento finale del Sinodo. Tra l’altro, conversione e sogno sono due termini connessi tra loro: perché si riesce a sognare solo quando si cambia il proprio modo di vedere le cose e il sogno è anche un modo nuovo di vedere la realtà che dipende da un nostro cambiamento. Nel nostro impegno locale e soprattutto nelle regioni in cui io mi trovo, nel Nord-Est del Brasile, nel Maranhão e nelle regioni vicine, siamo impegnati in particolare sui temi sociali e ecologici: nella difesa dei diritti delle popolazioni e dei diritti della natura contro tutto questo modello economico che io chiamo ‘economia di saccheggio’.
Da noi, in primo piano, c’è soprattutto il tema dell’estrazione mineraria che è devastante dal punto vista sociale e ambientale. Ci troviamo a pochi chilometri dalle più grande miniera di ferro del mondo, nel cuore dell’Amazzonia, e ne vediamo gli impatti e tutte le conseguenze. Per cui, a noi che da anni stiamo lavorando su questo, ci dà molta forza sentire che Papa Francesco, con tutto il processo sinodale, ha messo il dito nella piaga e ha fatto notare come davvero questo modello di estrattivismo predatorio sia un modello di sviluppo che non si sostiene, non ha futuro e sta distruggendo l’Amazzonia.

Nell’esortazione Papa Francesco chiede che i poveri siano ascoltati sul futuro dell’Amazzonia e invita ad ascoltare il grido dell’Amazzonia che chiede uno sviluppo più sostenibile. Che impatto concreto potranno avere questi suoi inviti?

R. – Il tema dell’ascolto ha fatto la differenza fin dall’inizio di questo Sinodo, nella fase di consultazione delle comunità. Abbiamo raggiunto e ascoltato direttamente, faccia a faccia, circa 86mila persone in tutta la Panamazzonia, quindi siamo andati a fondo nell’ascoltare. Questa scelta ha destato sorpresa, perché ha rappresentato un cambiamento di posizione della Chiesa che si pone oggi non solo come maestra, ma anche come discepola che cammina insieme al Popolo di Dio.
Nell’esortazione però c’è un passo in più che mi sembra molto interessante, un’intuizione di Papa Francesco che nasce proprio dall’averci ascoltato. Francesco sottolinea l’importanza del “dialogo sociale” e afferma come sia importante che si continui il Sinodo favorendo questo dialogo tra tutti i popoli originari. È tra l’altro un progetto che noi nel Maranhão stiamo già portando avanti: lo chiamiamo “teias dos povos originários”, una rete di ascolto fra tutti i popoli afro-discendenti, indigeni, che vivono sulle rive dei fiumi. Questo dialogo sociale è cruciale perché mantiene il protagonismo di questi popoli. Il Papa ci dice che noi come Chiesa siamo gli invitati, non siamo più noi i padroni di casa ma siamo gli ospiti chiamati ad aggiungere a questo dialogo la luce del Vangelo per portare a pienezza la ricchezza di queste culture.

Per quanto riguarda la difficoltà che hanno molti fedeli in Amazzonia ad accedere all’Eucaristia per la scarsità di sacerdoti, nell’Esortazione il Papa sprona i vescovi latino-americani a inviare missionari in Amazzonia…

R. – Sicuramente il tema della missione, dell’invio, della fratellanza tra le chiese è un tema chiave. Noi ci stiamo lavorando molto in Brasile affinché le Chiese più ricche, dal punto di vista delle persone e delle possibilità, riescano a condividere la loro ricchezza con l’Amazzonia. Abbiamo avviato un progetto importante affinché ogni regione ecclesiastica del Brasile abbia una Chiesa sorella in Amazzonia, in modo tale che ci sia un interscambio. Ed è un rapporto che fa bene anche a chi invia missionari, perché risveglia e arricchisce la Chiesa locale di nuove visioni e di nuove maniere di fare pastorale. Questo non toglie però l’importanza del fecondare dal di dentro le comunità. Mi piace molto quando Papa Francesco nell’Esortazione parla dell’importanza e dell’urgenza di risvegliare meccanismi dall’interno delle comunità, perché è infatti nell’interno che s’incarna il Vangelo. Il rischio è sempre quello di attendere qualcosa che venga dal di fuori: una pastorale, un’indicazione direttiva, anche una celebrazione. Per questo è importante l’inculturazione e la valorizzazione dei soggetti locali e delle comunità. Su questo io credo che ci sia ancora molto cammino da fare anche perché il documento finale del Sinodo ha delle proposte importanti e il Papa ci ha detto di leggerlo integralmente e di impegnarsi su questo testo.

Alcuni sono rimasti delusi per l’assenza nell’Esortazione di riferimenti all’ordinazione di diaconi permanenti con famiglia o al diaconato femminile. Come interpretare queste reazioni?

R.- Da una parte, il fatto che il Papa non abbia approfondito questi temi ci aiuta a non perdere di vista il cuore della Querida Amazonia che si basa appunto su quattro grandi aree di azione. Ci aiuta a sottolineare invece l’urgenza del suo richiamo a considerare l’Amazzonia come un luogo di profezia, di denuncia e di difesa dei diritti della gente. D’altra parte, con questa Esortazione si restituisce alla Chiesa locale e ai vescovi locali, l’importanza e la necessità di continuare l’ascolto come Chiesa sempre più inculturata e incarnata.
[Fabio Colagrande – Vaticannews.va] + [Video]