Sabato 15 settembre 2018
Padre Giovanni Toninelli, uno dei veterani della nostra comunità di Castel d’Azzano (e dell’istituto), ci ha lasciati l’11 Settembre, alla bella età di quasi 97 anni. Se n’è andato in sordina come aveva vissuto, dopo alcuni giorni di peggioramento delle sue condizioni di salute. P. Giovanni si è fatto volere bene da tutti. I nostri operatori, che scherzavano volentieri con lui, hanno rimpianto la sua rapida scomparsa. Questa mattina [12 settembre] abbiamo fatto il suo funerale, prima di essere portato a Brescia, dalla famiglia. Ecco come l’ha ricordato P. Renzo Piazza, superiore della comunità, che ha presieduto la celebrazione.

Funerale di P. Giovanni Toninelli

Padre Giovanni Toninelli.

Avrebbe compiuto 97 anni il 9 ottobre prossimo. Nato a Manerbio nel 1921 in  una famiglia numerosa. Un fratello, Paolo, ha fatto il noviziato con Fr. Marchi e Fr. Soardi, prima di partire per la missione del Sudan, dove è rimasto qualche anno.

Ha emesso i primi voti due giorni prima di compiere i 21 anni, la maggiore età, il 7 ottobre 1942.  Studia teologia e si laurea in agraria all’università di Piacenza, sede staccata della Cattolica di Milano. E’ ordinato sacerdote a Brescia il 19 dicembre del 1948, nella Chiesa del Buon Pastore, in Viale Venezia, la ex parrocchia dei comboniani, dove avrebbe desiderato fosse celebrato il suo funerale.

Viene assegnato alla comunità di Pellegrina come insegnante, fino al 1960, quando parte per l’Uganda.

Il periodo di Pellegrina  ci viene evocato da Fr. Antonio Marchi che all’epoca era giovane fratello in quella casa “dove regnavano povertà, austerità e speranza.  L’anima umana e creativa di questo luogo era il P. Giovanni Toninelli. Era agronomo, fondatore di una scuola, da buon missionario. I giovani erano educati verso l’apertura al mondo. Era una scuola seria, associata alla scuola di Isola della Scala. 

Con i ragazzi Giovanni sapeva esercitare una paternità amica; con gli altri professori sapeva creare comunione, simpatia e apprezzamento reciproco.

Oltre ad essere maestro nella scuola, il suo comportamento umile e semplice aveva accattivato la simpatia dell’ambiente nell’ambito pastorale, lasciando ovunque una bella testimonianza. Per sei anni ho condiviso la vita con lui, con compiti diversi, ma l’esperienza di fede e di amore ha lasciato una bella traccia. A lui devo molte grazie, -dice fr. Antonio -. Il Signore lo ricompensi”.

Nel 1960 parte per l’Uganda e vi rimarrà fino al 2007 come insegnante. Nella Relazione alla Società di Colonia del 1871 Daniele Comboni scriveva: “Per l’amministrazione e direzione degli Istituti di Egitto e delle missioni dell’Africa Centrale occorre dall’Europa un corpo di insegnanti composto di sacerdoti distinti, zelanti e istruiti, per poter proseguire l’opera anche dopo la mia morte. Questa è una disposizione del mio Piano, ed anche un desiderio di Propaganda”.

P. Giovanni è stato questo insegnate “distinto, zelante e istruito” di cui l’Uganda aveva bisogno. Vi è rimasto  per 47 anni! Chi l’ha conosciuto come insegnante e ha visitato la scuola dove insegnava, ha parlato di “una grande opera d’amore alla scienza e agli studenti”. I familiari testimoniano che a quell’epoca le valigie del loro fratello partente per la missione erano colme di tutto ciò che poteva servire all’allestimento dei laboratori di chimica. Si era dedicato anche alla pittura, mostrando amore per l’arte e per la bellezza.

Ha lasciato l’Uganda nel 2007 e, negli anni in cui declinano le forze, è stato accolto nelle comunità di Brescia, Casa Madre e Castel d’Azzano.

Nel 2009 ha scritto di suo pugno il testamento, brevissimo, in cui ci ha lasciato le sue ultime volontà: “Desidererei che il mio funerale sia celebrato nella Chiesa del Buon Pastore (ex comboniani, Viale Venezia 108) dove sono stato consacrato sacerdote il 19 dic. 1948”. “Mettetemi tra le mani il mio crocefisso dei S. Voti e la corona del Rosario”.   “Saluti e grazie a tutti. E arrivederci in paradiso”.

Fermiamoci un istante a riprendere tre parole e tre immagini del suo brevissimo testamento.

La Chiesa del Buon Pastore dove è stato ordinato sacerdote per essere lui stesso il Buon Pastore inviato perché gli uomini abbiano la vita e la vita in abbondanza.

“Scendendo dalla barca Gesù vide una grande folla ed ebbe compassione di loro perché erano come pecore che non hanno pastore e si mise ad insegnare loro molte cose”.

Mosso dalla compassione di Gesù per i popoli dell’Africa, attraverso il ministero dell’insegnamento, P. Giovanni è stato il buon pastore per tanti ragazzi e giovani. Poteva ripetere senza arrossire le parole di Comboni: “Sì, io sono il vostro padre e voi siete i miei figli”. Ha fatto causa comune con loro.

La nostra Regola di vita ci ricorda che “L’amore incondizionato del Comboni per i popoli dell’Africa aveva la sua origine e il suo modello nell’amore salvifico del Buon Pastore, che offrì la sua vita sulla croce per l’umanità”.

“Mettetemi tra le mani il mio crocefisso dei S. Voti”. Lo abbiamo accontentato. E la Provvidenza ha voluto che il suo funerale fosse celebrato in una ricorrenza cara a Comboni e ai comboniani, la festa dell’esaltazione della Croce.

Per dare coraggio al papà, dal cuore dell’Africa  il giovane Comboni scriveva: “Sapete che il Signore non premia se non coloro che sono suoi servi. Voi lo siete, perché avete abbracciata la sua Croce. Abbracciatela, stringetevela al seno, baciatela, che è il più prezioso tesoro”. P. Giovanni ha chiesto di presentarsi così davanti al suo Signore, abbracciando il Crocefisso e con Rosario in mano.

I voti sono la consacrazione del missionario. Egli si consacra a Dio per la Missione e Dio consacra a sé quelli che ha scelto e chiamato per la missione. La consacrazione religiosa configura il missionario a Gesù Buon Pastore, lo rende cioè simile a lui.

La Regola di vita ci ricorda che “I missionari comboniani riconoscono che la loro consacrazione è prima di tutto un’iniziativa dell’amore gratuito con cui il Signore chiama a sé quelli che Egli vuole li trasforma, li rafforza con il suo Spirito e li manda a portare il suo nome alle nazioni.

La corona del Rosario. P. Giovanni ricordava volentieri la sua mamma e ha espresso il desiderio di riposare vicino a lei. Il Rosario ci richiama la sua relazione con Maria, la madre di Gesù e della Chiesa missionaria.

Ancora la Regola di vita ci illumina: “Nel vivere la consacrazione il comboniano riconosce Maria come modello e si affida con fiducia a lei che, altamente favorita dal Signore, è il tipo della Chiesa nel suo cammino verso la perfezione del Regno”.

Il Cristo innalzato da terra che attira a sé gli uomini tutti, e che ha attirato anche il P. Giovanni, lo accolga nel suo Regno e gli dia la ricompensa promessa ai servi fedeli. Possa contemplarlo, non in modo fugace o passeggero, ma per sempre, con amore, in compagnia dei genitori che lo hanno educato alla fede, dei confratelli che lo hanno preceduto e dei santi.

“Maria Addolorata appié della croce”, la cui memoria sarà celebrata domani, lo accompagni ad incontrare il suo Figlio per il quale ha lasciato tutto e ha offerto la sua vita.

Giovanni, dal cielo, prega per noi perché ci ricordiamo l’importanza di amare Gesù, povero, servo, umile e crocifisso, per poterlo annunciare, amare e servire nei nostri fratelli.
[Combonianum]

Testimonianza
Il ricordo di P. Carraro Renzo su Padre Giovanni Toninelli

Ho conosciuto il P. John (così voleva farsi chiamare) e vissuto con lui dal gennaio 1987 all’agosto 1993, quando eravamo ambedue nel seminario di Nadiket. Era il più anziano del corpo insegnanti; insegnava scienze (fisica, chimica, biologia) ed era visibilmente molto appassionato al suo lavoro ed alle materie che insegnava.

Aveva creato dal nulla a Nadiket un bellissimo e ben attrezzato laboratorio scientifico e un frutteto dove coltivava aranci e limoni. Le due iniziative erano ambedue connesse alle sue materie di insegnamento ed col suo entusiasmo insegnava efficacemente ai seminaristi ad amare la natura. C’era un argomento di insegnamento di biologia in cui il suo entusiasmo diventava contagioso ed era quando usava un teschio di leone che stava tra i moltissimi reperti del regno animale, vegetale e minerale nel suo laboratorio per far vedere le meraviglie della natura.

Funzionari del governo venivano spesso ad ammirare il suo frutteto, vedendo in esso un esempio di ciò che l’arida terra del Karamoja poteva dare se coltivata con passione.

Umanamente era molto sensibile all’amicizia e in particolare aveva molti amici tra i medici dell’Ospedale di Matany e tra i loro familiari. Durante le sue vacanze in Italia restava fedele a queste amicizia andando a trovare quelli che di loro erano rientrati dopo gli anni di volontariato spesi in Uganda. Un altro segno della sua fedeltà all’amicizia si vedeva a Natale quando P. John era diligentissimo nel mandare gli auguri natalizi ad una larghissima cerchia di amici. Tra i suoi amici che aveva a Kampala vi era una famiglia di Focolari con cui aveva un rapporto stretto. La madre di questa famiglia – la Signora Speranza – ha continuato a chiedere notizie a me di P. John anche dopo tanti anni, quando lui era già da tempo ammesso nelle nostre case per ammalati.

Ho un ricordo particolare e personale di lui perché egli fu molto sensibile e vicino a me nella difficoltà che provai all’inizio del mio servizio come rettore del seminario; fu una difficoltà che causò una volta una mia fuga dal seminario, lasciando come spiegazione solo un biglietto a lui. Con discrezione egli coprì la cosa parlandone solo in confidenza col vescovo ma non menzionando la mia “fuga” con nessun altro, attendendo con fiducia il mio ritorno che in effetti accadde dopo due giorni.

So che era stato molto malato da giovane tanto da essere ordinato sacerdote prima del tempo perché temevano che morisse. Invece inaspettatamente si riprese e poi andò in Inghilterra dove studiò agricoltura. Fu poi assegnato all’Uganda dove ha svolto il suo servizio di insegnate di scienze in molte scuole, lasciando dovunque come eredità dei buoni laboratori. Bisogna sapere che l’insegnamento delle materie scientifiche nelle zone più rurali dell’Uganda è spesso carente per mancanza sia di insegnanti che di materiale didattico. Ma gli studenti del seminario di Nadiket brillavano nelle materie scientifiche a livello nazionale proprio grazie a P. John.

P. John è stato una persona “completa” che ha saputo fare del suo limite di salute iniziale un punto di partenza per una lunga e feconda missione nel campo educativo.