Venerdì 16 agosto 2019
Oggi avrei dovuto partecipare ad una riunione di frati e suore nere di Bogotá, dove sempre mi invitano perché dicono che ho il cuore nero (cosa che evidentemente è un complimento), ma è stata sospesa e, avendo alla mano un computer con internet, ne approfitto per mandarvi qualche notizia. […]

P. Franco Nascimbene: “Dicono che ho il cuore nero”

Carissimi,
Oggi avrei dovuto partecipare ad una riunione di frati e suore nere di Bogotá, dove sempre mi invitano perché dicono che ho il cuore nero (cosa che evidentemente è un complimento), ma è stata sospesa e, avendo alla mano un computer con internet, ne approfitto per mandarvi qualche notizia.

Comincio con due notizie tristi sulla situazione della Colombia.

Il processo di pace con il più grande gruppo guerrigliero, che era stato firmato quasi tre anni fa, è un poco in crisi perché l’attuale governo, che non ne condivideva molte cose, continua a fare passi per boicottarlo (dicono gli esperti che in questi tre anni solo il 20% degli impegni che il governo aveva presi sono stati mantenuti), ciò che sta provocando reazioni negative in vari settori delle FARC: son già vari i leader del gruppo che hanno preso le distanze, sono tornati a perdersi non si sa dove e si teme che stiano riorganizzando la guerra, dopo che avevano consegnato le armi due anni fa.

Altri di loro sono oggi parlamentari e senatori e continuano in parlamento la lotta perché non si perdano le acquisizioni ottenute dall’accordo di pace.

L'altra cosa triste è che varie centinaia di persone, leader sociali ed ex-guerriglieri, sono state assassinate dalla firma dell’accordo fino ad oggi. Ciò significa che il governo non è capace di proteggerli o che è contento che gruppi paramilitari di destra uccidano persone che possano dar fastidio agli interessi delle classi ricche al potere?

Io continuo normalmente la mia vita tra i neri sulle colline della periferia sud di Bogotá: da qualche settimana ho iniziato il mio quinto anno tra loro. Dopo i vari interventi fatti l’anno scorso in Italia, ai denti marci, alle anche dolenti, al melanoma sul braccio, ora sto bene, meglio che un anno fa.

Da due mesi sto accompagnando un secondo gruppo nero in un altro quartiere della zona. Sabato scorso un gruppo di loro, tutti originari dello stesso paese, situato nella costa pacifica, ha voluto celebrare qui in Bogotá la festa patronale della loro parrocchia di origine. Mi hanno invitato a celebrare una Messa di apertura della festa alle 9 di sera in una sala comunale che avevano affittato. Poi tutta la notte è passata cantando, al ritmo dei tamburi, con cibo tipico della loro terra, con la presenza di 150 persone nere. Per loro sono momenti importanti, come una boccata di ossigeno, un rinverdire le radici culturali in una città che normalmente disprezza la cultura nera.

Nel quartiere stiamo preparando la settimana della pace, che si celebra ogni anno in settembre. Con alcuni vicini di casa ci stiamo riunendo ogni sabato nel pomeriggio per riempire di terra le bottiglie di plastica che abbiamo raccolto in strada durante la settimana. Ne stiamo preparando 500 che useremo durante la settimana della pace come mattoni per costruire una casetta dove raccogliere bottiglie e cartoni da riciclare, evitando che si trasformino in spazzatura che sporca le strade. Se l'esperimento funziona, speriamo che con il tempo altri settori del quartiere, vedendo ciò che noi abbiamo fatto, gli venga voglia di copiare la idea, cosa che potrebbe migliorare molto la igiene di tutta la zona.

Le notizie che mi giungono dall'Italia mi parlano spesso di frontiere chiuse, di barconi rifiutati dal governo Italiano, di centinaia di immigrati morti in mare, di scelte politiche egoiste e assassine che preferiscono uccidere gli altri che aprirci all’accoglienza. Spesso mi chiedo: quando impareremo ad abbattere le frontiere e ad aprirci alla fraternità con tutti gli esseri umani?

Tra le perle che si trovano nella prima lettera che il papa Francesco ha scritto, la “Evangelii gaudium”, ce n’è una che in queste settimane mi sta ispirando molto e che voglio condividere con voi. Dice più o meno così: “Il pastore in certi momenti è bene che stia davanti al gregge per guidarlo e per mantenere viva la speranza, in altri momenti è meglio che stia in mezzo al gregge, per vivere la fraternità con le pecore e accompagnare da vicino il loro cammino, in altri momenti infine è meglio che stia in fondo al gregge per aiutare le pecore che fossero stanche o ferite e anche perché sa che le pecore hanno un olfatto che permette loro di andare dove c'è pasto verde e acqua fresca.

Che il Signore mi aiuti e ci aiuti tutti a scoprire qual è il momento giusto per stare davanti, in mezzo o al fondo del gregge dove viviamo.
Un abbraccio
Franco Nascimbene