P. Daniele Moschetti: “Non rimaniamo indifferenti, restiamo umani”

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Venerdì 10 gennaio 2020
“E’ ormai un anno che non ti scrivo più, dall’ultima lettera “Guardando avanti” dagli Stati Uniti nel Novembre 2018. Siamo già alla fine di questo anno 2019 e voglio riuscire a scriverti per dirti, prima che finisca, come ho “guardato avanti…..” nella mia vita in questo ultimo periodo”. (Padre Daniele Moschetti)

NON RIMANIAMO INDIFFERENTI
RESTIAMO UMANI !

Caro amica e amico! Pace a voi!

E’ ormai un anno che non ti scrivo più, dall’ultima lettera “Guardando avanti” dagli Stati Uniti nel Novembre 2018. Siamo già alla fine di questo anno 2019 e voglio riuscire a scriverti per dirti, prima che finisca, come ho “guardato avanti…..” nella mia vita in questo ultimo periodo.

Prima di tutto come stai? Ti spero davvero bene e aperto/a alle novità che la vita ci riserva sempre….in bene e in male. Ma il tutto poi alla fine concorda per il bene personale se lasciamo fare al Signore e ci facciamo aiutare da chi diventa ponte e compagno/a amico/a a volte anonimo e inconsapevole che Lui stesso ci mette accanto per quel pezzo di strada.

Come ti stai preparando a questo passaggio importante per una revisione di vita di ciò che abbiamo vissuto in questo ultimo anno? Un tempo che corre veramente veloce e a volte non lascia spazio a riflettere a come e con che qualità di vita stiamo vivendo. Però i frutti buonoi o cattivi di questa situazione li possiamo vedere, toccare e sentire  profondamente dentro e fuori di noi; per come portiamo avanti la nostra vita e quella con e per gli altri; nello sbattersi per un mondo migliore per tutti e non solo per se stessi e solo per “i miei”. O nell’indifferenza totale. Le motivazioni profonde sono sempre essenziali e determinanti. Quanta energia, amore e passione voglio mettere nella mia e nostra vita al servizio di un Dio, di un’umanità e di un mondo che chiede un  po' di più da tutti noi. Certo un mondo complesso e pieno di problemi ma anche tante persone belle e ricche dentro, che non necessariamente stanno bene economicamente….ma “hanno” molto di più. Quanta umanità e ricchezza di valori ho sempre trovato nei poveri, in chi lotta quotidianamente per le cose basilari, per i diritti e la dignità umana, per chi offre davvero l’obolo della vedova e scopri miracoli. E’ un Dio che ci ribalta la nostra filosofia di vita…o meglio quella che ci propina la società consumista e  neoliberista in cui viviamo. E noi senza accorgercene “questa filosofia” ce la stiamo bevendo e assimilando a più non posso senza renderci conto che non ci dà la felicità e serenità che tutti cerchiamo.

Per me alla fine dell’anno scorso è significato rientrare in Italia dagli Stati Uniti d’America dove avevo visto e toccato proprio con mano ciò che vi sto raccontando. Una società mitizzata per decenni in occidente che vive un’involuzione grande. E la nostra società Italiana ed Europea corre dietro a questo stile di vita materialista ed effimera che non è più possibile sostenere. E abbiamo già segni e situazioni insostenibili cominciando da quello ecologico con il cambiamento climatico, per quello sociale con un aumento di povertà, esclusione, razzismo, fascismo e dittature politiche pericolose in varie parti del mondo. Ora non più solo nel sud del mondo ma che minano le democrazie europee e americana e oltre. Per non parlare delle egemonie economiche e finanziarie che sono in mano a pochissime persone e sempre più pericolose.

DOVE VIVO ORA

Da un anno, vivo a Castel Volturno, in provincia di Caserta. Una nostra missione comboniana che abbiamo assunto dal lontano Gennaio 1997. Quindi da 24 anni portata avanti in vari modi da confratelli comboniani diversi come carisma e personalità, ma sempre con il desiderio di servire i migranti tutti, soprattutto africani, che vivono in questo territorio difficile e complesso. Una missione diversa da quelle che ho vissuto in Africa e USA negli ultimi venti anni. Una missione che ritengo importante per me, per noi italiani, per i migranti stessi, per la società e Chiesa Italiana. Una missione ancora di frontiera e vero “laboratorio per una nuova umanità”. Non è per niente facile ma ci abbiamo provato in passato e continuiamo a provarci ora e in futuro. L’immigrazione è una sfida epocale per il mondo attuale. E anche per noi Missionari Comboniani perchè  è la missione africana che torna a noi. Noi, Missionari Comboniani che siamo nati per il continente Africano siamo ora chiamati, provocati e stimolati al servizio dell’Africa e dei fratelli e sorelle di altri continenti che vengono a “casa nostra”. E io mi sento ancora in Africa qui proprio perché basta uscire di casa e trovo centinaia e migliaia di Africani intorno a me! Un’ Africa diversa è vero ma sempre in evoluzione!!

LA REALTÀ DI CASTEL VOLTURNO

Voglio descriverti un po' la realtà di Castel Volturno e il suo territorio limitrofo perché è una realtà di missione veramente. C’è sempre più bisogno di missione di evangelizzazione, direi ri-evangelizzazione, anche in Italia e in Europa oggi. Ma ancora di più in territori e realtà come questo, abbandonati da decenni dallo Stato e dalle Istituzioni.

E’ difficile descrivere in poche parole la complessità della storia e della realtà del territorio di Castel Volturno, in provincia di Caserta. Negli ultimi 50 anni i cambiamenti sono stati enormi, passando da uno sviluppo turistico ed edilizio straordinario all’ insegna dell’ illegalità e di una cementificazione da record negli anni 60, all’arrivo di tante persone da altri luoghi della Campania (terremoto e bradisismo degli anni 80), alla presenza numerosissima di stranieri soprattutto dell’ Africa subsahariana (in particolare Nigeria e Ghana) e da paesi dell’ est (Ucraina e Polonia) dagli anni 90. E sopratutto l’ onnipresenza della camorra e malavita organizzata, prima solo locale e poi anche mafia nigeriana che sono presenti entrambi dove c’ è occasione di grandi affari: tratta delle persone, gestione della prostituzione, caporalato, spaccio di droga, appalti edilizi, smaltimento di rifiuti etc.. Il degrado ambientale non ha risparmiato nulla: aria, fiumi, mare, natura, pinete, terreni, strade, abitazioni.  Castel Volturno nell’ immaginario di tanti italiani è stato ridotto a un paese con montagne di rifiuti per le strade; prostitute lungo la Domitiana, case diroccate e abusive; tanti Africani nel territorio; facilità di reperimento della droga e tanto altro. I mezzi di comunicazione sociale nazionali e locali (tv, radio, giornali, riviste e social network) sono spesso tendenziosi e manipolatori soprattutto a scopi politici o economici, incapaci o non interessati a sottolineare le eccellenze e gli sforzi di tante persone e comunità che lottano per migliorare le cose belle che pure ci sono.  Molti progressi sono stati fatti su vari  fronti anche se nello smaltimento dei rifiuti Castel Volturno rimane tra gli ultimi comuni della provincia di Caserta per la raccolta differenziata (dati del 2018: 35 %). Purtroppo aumentano i roghi tossici all’aperto sul territorio e non è stato fatto nulla per rimuovere e/o bonificare le tonnellate di rifiuti tossici sepolti nel territorio infestato del basso Casertano e alto Napoletano, la cosidetta e famosa “Terra dei Fuochi”. Il rischio di cancro e tumori è altissimo in queste zone e non c’è famiglia che non abbia avuto o ha qualcuno di loro con questa malattia. Questa zona della Campania ha un tasso di rischio maggiore del 20% di tumori rispetto a tutta la regione e quindi anche del Paese intero.

Castel Volturno, il piccolo paese di contadini ed allevatori di bufale è diventato in fretta e disordinatamente una cittadina di circa 40.000 ab, e alle persone di origine italiana (20.000) se ne sono aggiunte molte di origine straniera, appartenenti a 78 etnie. (5.000 con permesso di soggiorno regolare e da 10-15.000 senza permesso, o con permesso scaduto o nel processo di rinnovarlo). In effetti da molti anni la nostra realtà è caratterizzata da una marcata multietnicità e multiculturalità.

La facilità di trovare alloggio in una casa in pessime condizioni e spesso abusiva, (praticamente la maggioranza delle costruzioni non ha avuto alcuna manutenzione per anni) e la possibilità di sopravvivere nell’ illegalità, sono ancora fattori che attirano tanti migranti. Inoltre le politiche disastrose, restrittive e repressive degli ultimi anni continuano ad alimentare gli arrivi e la clandestinità. Soprattutto a minare sempre più la salute mentale di molti migranti.

Il comune si affaccia sul mare stendendosi per 27 km sul litorale ed ha una superficie di 72 Km quadrati. Una stupenda pineta mediterranea si stende tra il mare Tirreno, la spiaggia e la vecchia strada romana Domitiana. Oltre all’ antico borgo del centro storico, si è sviluppato in decine di viali che vanno dalla strada principale alla spiaggia. Con queste caratteristiche, il territorio è difficile da governare e da gestire; per i servizi di cui la popolazione ha bisogno e per le forze di sicurezza che sono davvero irrisorie; per una presenza così massiccia e complessa di popolazione, di illegalità diffusa sia per i cittadini italiani che per stranieri.

Le amministrazioni comunali passate hanno cercato di fare qualcosa, ma sono state caratterizzate da incompetenza, inefficacia, mancanza di personale e infrastrutture, dissesto economico e anche molta corruzione. Il comune è stato commissariato per ben tre volte, dagli anni 90 al 2012 per collusione e infiltrazione di camorra in atti dell’amministrazione. D’ altra parte amministrare questo comune rappresenta una enorme sfida per chiunque, al di là dell’appartenenza politica, perché’ tante criticità si sono accumulate negli anni e mai risolte. Semmai si sono accumulate di anno in anno.

Molti stranieri, soprattutto africani, si sono stabiliti qui da decenni. I loro figli stanno crescendo qui e sono pienamente inseriti nei percorsi scolastici; questi ragazzi e giovani sono Italiani di fatto anche se non lo sono per la legge. I disagi per la comunità degli immigrati continuano ad essere innumerevoli, ma derivano principalmente dalla difficoltà a regolarizzare i documenti e trovare un lavoro stabile che permetta una vita dignitosa e più regolare. Questa seconda difficoltà è condivisa anche da buona parte della comunità italiana, soprattutto per i giovani.

La molteplicità e la pluralità caratterizza naturalmente anche la sfera religiosa. Oltre alla nostra parrocchia S. Maria dell’Aiuto, diocesi di Capua (CE), con titolo Ad Personam”, cioè non territoriale geografica e per gli immigrati, ci sono altre tre parrocchie cattoliche, due moschee e una quarantina circa di chiese pentecostali. Abbiamo buoni rapporti con l’imam e anche con diversi pastori pentecostali e di altre denominazioni.

LA NOSTRA COMUNITA’

La nostra comunità comboniana oggi qui è composta da tre confratelli. Padre Sergio Agustoni, quasi trenta anni in Perù e Messico, Padre Carlo Castelli, diversi anni in Malawi/Zambia e io.  Castel Volturno è stato e continuerà ad essere un luogo significativo di presenza Comboniana. La missione Comboniana e della Chiesa in Italia e in Europa deve interessarsi sempre di più di queste realtà e  annunciare il Vangelo con coraggio e audacia alla gente delle periferie esistenziali e geografiche. Ce lo ricorda molto bene e vari modi il nostro caro Papa Francesco. La nostra Provincia Comboniana Italiana ha affermato con forza e riafferma questa intenzione a rimanere sul territorio in maniera sempre più qualificata e con una visione che possa coinvolgere meglio e con grande spirito missionario la diocesi, il clero locale, i cittadini italiani e soprattutto i migranti stessi di varie nazionalità.

LA DIOCESI DI CAPUA

La Diocesi di Capua fin dagli anni 80 si è interessata a questo territorio, proprio perché’ la presenza di stranieri, soprattutto lavoratori nel settore agricolo, era gia’ molto numerosa e i disagi e le sofferenze erano tante. Mons Luigi Diligenza, il 1 Gennaio 1988 eresse profeticamente la Parrocchia Ad Personam  di S. Maria dell’ Aiuto, presso il Centro Fernandes della Caritas di Capua a Castel Volturno, “allo scopo di provvedere alla cura spirituale e pastorale degli Immgrati presenti nell’ Arcidiocesi”. Ma non aveva nessun sacerdote assegnato per questo ministero speciale e particolare per questa area.

Nella seconda metà degli anni 90 non si parlava ancora in Italia di missione in Europa. L’ Europa era considerata ancora terra di animazione missionaria e formazione mentre il Sud del mondo era considerato ancora il luogo geografico della missione.  Ma già un nuovo modo di comprendere la missione, l’evangelizzazione e il carisma si stava aprendo strada nella Chiesa e nell’ Istituto. Il magistero della Chiesa e le conclusioni dei nostri capitoli generali rispecchiano questa riflessione. Il mondo e l’Africa in particolare era arrivata qui prima di noi. P. Giorgio Poletti che stava a Casavatore, visitò Castel Volturno e la riconobbe come luogo-sfida per i Missionari Comboniani. Il primo gennaio del 1997 mons.  Diligenza nominò P. Giorgio Poletti primo parroco ad personam. Poco dopo lo raggiunse P. Franco Nascimbene e comincio’ cosi’ la presenza di una comunita’ comboniana. Da allora si sono susseguiti diversi confratelli e ciascuno ha portato la sua sensibilita’ e il suo impegno, cercando di essere fedeli alla missione che la Provincia Comboniana ha affidato e il nostro carisma richiedeva. Non sono mancati momenti di conflitto con il responsabile del centro Fernandes e con la Chiesa Locale, ed anche personalismi sterili. A poco a poco le cose si sono chiarite, molte incomprensioni sono state superate, la comunicazione e la collaborazione sono migliorate e ora ci sforziamo di operare e collaborare in modo positivo. Dal 2018, cominciando con P. Antonio Guarino, che è ripartito per la missione in Zambia qualche mese fa, ed ora con me, la nostra comunita’ ha assunto la responsabilita’ della prima accoglienza dei migranti del Centro Fernandes. La dimensione sociale insieme all’ evangelizzazione e alla cura spirituale e pastorale è sempre stata presente. Prova di questo è la fondazione sin dal 2001 dell’Associazione Black and White, che ininterrottamente ha portato avanti diverse iniziative: lotta alla tratta delle ragazze nigeriane  prostituite, all’ asilo nido per bambini di mamme lavoratrici, africane e dell’Est, al doposcuola per italiani e stranieri, fino alla promozione della donna e giovani in vari ambiti. Attualmente l’associazione opera in un quartiere molto emarginato e decentrato conosciuto come Destra Volturno dove la popolazione è più del 50% africana e l’abusivismo e degrado impera.

Anche la relazione con il clero locale sia nella Forania del Basso Volturno, sia con il presbiterio della diocesi, e con il vescovo è serena e costruttiva. Moltissimi ci stimano e apprezzano e cercano la nostra collaborazione in vari ambiti.

IL PRESENTE

Siamo molto riconoscenti al Signore per il lungo cammino fatto fin qui e per la generosità e dedizione di chi ci ha preceduto. Negli ultimi 6 anni c‘è stato un grande impegno per diventare sempre più una presenza di comunione, nel modo di vivere la vita comunitaria e nel proporre cammini di comunione e di interazione tra la nostra parrocchia per immigrati e la realtà locale, sia civile che religiosa. I confratelli hanno usato ogni occasione per stimolare una maggiore interazione e integrazione, consapevoli che questo cammino è lungo e faticoso.  E’ cresciuta l’interazione con la Chiesa Locale partecipando il più possibile alle iniziative diocesane e abbiamo  cercato di dare alla comunità un volto di parrocchia proponendo varie iniziative: creando nuovi gruppi, istituendo la festa patronale, organizzando il consiglio pastorale parrocchiale. Ci ha guidato  il desiderio di aiutare le persone a crescere in autonomia e responsabilita’, diventando loro stessi protagonisti  della loro vita e del cammino della comunita’. Anche per questo, in questi ultimi anni, si è cominciato a organizzare campi estivi per i ragazzi di seconda generazione e tentando di affidare responsabilità ai piu’ grandi che ora sono adolescenti e giovani perche’ si prendano cura dei piu’ piccoli. Si è tentato di interagire con le parrocchie italiane di Castel Volturno e soprattutto con la cappella del Villaggio del Sole che si trova molto vicina territorialmente: coro interparrocchiale, festival di canti mariani, veglia missionaria, catechesi insieme, Domenica delle palme, via crucis quaresimale etc., senza grandi risultati.

In questi decenni, si è fatto un cammino anche con la comunita’ polacca, che si ‘e ridotta di numero drasticamente perché molti sono rientrati in Polonia o si sono spostati in altri luoghi. E ora partecipano con poche unità. E’ presente anche una comunita’ ucraina di rito greco-cattolico, che quindicinalmente ha la sua celebrazone nella nostra chiesa e nel loro rito, con il loro sacerdote ucraino.

Allo stesso tempo si è fatto con i confratelli comboniani umilmente una riflessione autocritica e riconoscere che la presenza fisica della parrocchia e del locale della chiesa nel Centro della Caritas ha portato tutti a “identificarci” con esso. Dopo 24 anni molti di Castel Volturno non sanno nemmeno che esiste una parrocchia chiamata S. Maria dell’Aiuto. Molti hanno l’idea che i padri comboniani lavorano nel centro e per il centro ma con un responsabile laico. Fin dalla sua fondazione il Centro è al servizio degli immigrati soprattutto africani, anche se non si è mai escluso altre nazionalità. Questo non favorisce un cammino di integrazione perche’ molti cittadini italiani del territorio non si avvicinano neppure se non per qualche servizio da offrire o per visite sporadiche. Per tanti il Centro e’ per gli Africani e basta, e molti cittadini con difficolta’ hanno accolto la sua esistenza sul territorio e nel passato hanno ostacolato e protestato per questa presenza del centro e degli africani stessi.

IL MODELLO PARROCCHIA AD PERSONAM

Il modello della parrocchia Ad Personam, utile e coraggioso quando fu proposto, ora non funziona piu’. La realta’ migratoria e locale è molto cambiata, migliaia di stranieri sono residenti sul territorio casertano e campano da decenni. Le scelte iniziali hanno portato alla creazione di fatto di una comunita’ etnica nigeriana, con pochi ghanesi, attaccata alle loro tradizioni culturali, al loro modo di essere Chiesa proprio del loro paese e che si porta dietro le divisioni e rivalità etniche della Nigeria. Questo fa della comunita’ cristiana un blocco unico ed è difficilissimo che non nigeriani si integrino nella comunita’ parrocchiale. Anche la presenza di suore nigeriane per 14 anni (2000-2014) che probabilmente ha aiutato la promozione della donna, l’accoglienza e l’accompagnamento di donne vittime della tratta, e in molti casi il loro riscatto, allo stesso tempo ha rinforzato la “nigerianita’ della comunita’”.  La comunita’ non sta crescendo, e non si è riusciti a formare leaders stabili e attenti al bene comune e delle singole persone.  L’ incontro tra le persone ruota attorno alla celebrazione domenicale, ed è una immensa fatica proporre momenti di preghiera e formazione in altri momenti della settimana. Si sono aspettati decenni per proporre oltre l’inglese, l’uso anche della lingua italiana nelle liturgie e nemmeno questo ha aiutato.  Alcune famiglie nigeriane che vivono in paesi limitrofi si sono abituate a partecipare alla vita della nostra comunita’ e non si sono integrate affatto nelle comunita’ cristiane dove vivono da anni. Chi ci visita, di solito italiani, se ne va contento per la gioia e vivacita’ della celebrazione e della liturgia, per il ritmo coinvolgente dei canti ma non si unira’ mai per fare un cammino di comunita’ cristiana. 

PREGANDO, RIFLETTENDO E FACENDO DISCERNIMENTO INSIEME

Come comunità, ma soprattutto con Padre Sergio, da qualche mese stiamo, pregando, riflettendo e facendo discernimento sul percorso ministeriale che ci attende come comunità comboniana presente oggi in questa realtà di Castel Voltuno e diocesana. Ne abbiamo discusso con il vescovo, il nostro provinciale, con il responsabile del centro Fernandes, con alcuni sacerdoti.

Siamo convinti che bisogna rivedere la figura giuridica della parrocchia ad personam perché’ nella situazione attuale migratoria territoriale non ha più senso e ha portato a limitarci all’ accompagnamento pastorale di una ridotta comunità in decrescita. Questo stile di presenza, utile e importante per l’emergenza degli anni 90 non ha favorito l’interazione ma ha creato un’isola, quasi un ghetto o setta chiusa a sé stessa. Possiamo continuare a offrire accoglienza, celebrazioni, catechesi, formazione alle sorelle e ai fratelli immigrati, come cappella, senza essere necessariamente una parrocchia ad personam. La vera sfida davanti a noi è progettare e mettere in pratica una presenza pastorale e missionaria che favorisca cammini di interazione, integrazione e comunione tra le diverse comunità di migranti e italiani.  Nemmeno dobbiamo necessariamente continuare a fare ministero nella zona dove viviamo, cioè vicino al Centro Fernandes. Pur abitando qui desidereremmo aprirci ad altre realtà molto degradate, emarginate e di frontiera del territorio come per esempio il quartiere di Destra Volturno, dove già siamo con la Casa del Bambino, cioè i locali in affitto che usiamo come nostro centro comboniano per il doposcuola per ragazzi e bambini italiani e africani. È presente anche una sartoria solidale Action Women di donne nigeriane che collaborano con altre donne italiane di Napoli. Il sogno è giungere nel tempo ad una parrocchia geografica e territoriale multietnica in questa area disagiata ed emarginata.

UNA COMUNITA’ MISSIONARIA APERTA

Vogliamo essere sempre più una comunità missionaria aperta e disponibile alle varie realtà partendo dal nostro ministero di servizio agli immigrati. Si stanno costruendo collaborazioni con sacerdoti e laici per dare vita a un Centro Missionario Diocesano propulsore di iniziative e formazione alla dottrina sociale della Chiesa e della coscienza missionaria per sacerdoti, gruppi, parrocchie, giovani, scuole, foranie e nell’impegno con la società civile per un mondo più giusto, pacifico, solidale. Sentiamo l’importanza di coinvolgerci in questo ambito della pastorale diocesana nella quale la dimensione missionaria e globale è quasi inesistente. Può aiutare la dimensione missionaria in stretto rapporto con la Migrantes diocesana che sovraintende ai migranti e a quella dell’ambiente ed ecologico che qui è una dimensione molto vitale in quanto Terra dei Fuochi.

ASSOCIAZIONE BLACK AND WHITE: DACCI UNA MANO ANCHE TU!

L’ associazione Black and White, attraverso il servizio comboniano del doposcuola presso la Casa del Bambino offerto dai 4 operatori della Casa del Bambino a Destra Volturno, nel corso degli anni si è guadagnata la stima delle famiglie, della gente e delle istituzioni locali. Le famiglie sono soddisfatte per l’ottimo aiuto offerto ai ragazzi migranti e italiani anche con particolari casi di disagio e famigliare legate alla realtà in cui vivono. Gli operatori sono persone qualificate e motivate. In questi ultimi mesi si sta cercando di creare una rete di amici e collaboratori, oltre ai soci, per ampliare il raggio d’ azione e presenza. Crediamo che la Black and White, nata per aiutare ad integrare e sostenere un dialogo e interazione tra immigrati e italiani, può diventare un centro di aggregazione e di proposte non solo per i ragazzi del doposcuola e il gruppo di donne della sartoria solidale Action Women, ma anche per famiglie,  giovani,  adolescenti e adulti. Un’attenzione particolare anche alla società civile in generale nella zona di Destra Volturno e del territorio, che è molto abbandonato e richiede risposte sociali, spirituali e pastorali per le tante criticità presenti. Lavorando sempre in rete, collaborando con tutti coloro che sono disponibili e desiderosi di impegnarsi, oltre al doposcuola e al laboratorio di sartoria sociale ci vogliamo aprire a proposte culturali, artistiche, sportive che sicuramente sarebbero un beneficio per una popolazione così disgregata e provata per una crescita umana, spirituale e vitale.

La proposta che ti facciamo è di darci una mano in vari modi. Prima di tutto di preghiera e di amicizia e incoraggiamento. Certo anche quella economica di sostegno ai vari progetti che sono vitali per rigenerare le persone. Ma anche di idee, di contatti, collegamenti, incontri e scambi di visite reciproche per poter interagire e aiutare i nostri fratelli e sorelle italiani e africani ad avvicinarsi per conoscersi ed apprezzarsi di più. Anche la disponibilità di tempo di giovani o meno che sanno usare le nuove tecnologie e internet per aiutarci a migliorare ciò che facciamo e viviamo qui. Basta mettersi in contatto……e in comunione.

Io continuo a fare incontri su immigrazione, Africa, Sud Sudan e tanto altro, ogni tanto in giro per l’Italia approfittando di spostamenti che devo già fare per incontri comboniani. Sono convinto che è importante portare la nostra voce da questa frontiera missionaria in giro per l’Italia, agli italiani, per far conoscere la verità, i dati reali, la sfida di ciò che vuol dire immigrazione, futuro e reale integrazione. Della realtà dei ragazzi e giovani di seconda o terza generazione che sono nati in Italia. Ma che non hanno ancora il “diritto” di cittadinanza nonostante siano nati e cresciuti qui e abbiano frequentato le nostre scuole e cultura italiana avendo pochi agganci con la realtà da dove provengono i loro genitori. E sono oltre 800.000!!!

UN TEMPO DI CAMBIAMENTO

E come puoi intuire, a noi, come comunità comboniana, sembra giunto il tempo di compiere con audacia e coraggio questo cambiamento pastorale, ministeriale e presenza, senza precipitazioni ma con determinazione e passione, dialogando e facendo discernimento con le persone competenti. Ma con la convinzione che la nostra presenza e ministero non può essere solo per noi che siamo presenti ora ma che deve avere una visione più ampia guardando al futuro di una presenza qualificata e significativa per i migranti che vogliamo servire. Ma allo stesso tempo con le “giuste ricadute” per gli italiani e la diocesi in cui siamo presenti. E con l’aiuto del Signore e l’intercessione di S. Daniele Comboni andiamo avanti fiduciosi con grande Speranza.

AFRICA…

"...Africa significa spogliarsi dell' inutile per ritornare a vivere l' essenza fra le braccia della madre terra.
Africa è riscoprire il senso del "mercy" “misericordia” che ormai nel nostro mondo è obsoleto.
Africa vuol dire rendersi conto di essere nati nella parte fortunata della terra, ma aver perso completamente il valore del tempo e con esso il senso vero della vita.
Africa è riscoprire il significato della fratellanza, dell' uno è per tutti è tutti per uno, è condivisione.
Africa significa prendere coscienza di quanta dignita' ci sia nel dolore, nella poverta', nella miseria, nella privazione vissuti in ogni singolo istante dalla gente che abita queste terre.
Africa non puo' significare null' altro che rinascita, dono, possibilita' di vivere la vita ripartendo da un posto del mondo in cui l' essenziale torna ad essere visibile agli occhi..."

(da una lettera della dottoressa Carmela Porfiria, tornata dal Benin)

PROFUGHI, RIFUGIATI E IMMIGRATI DI IERI E DI OGGI

“I Magi erano appena partiti, quando un angelo del Signore apparve in sogno a Giuseppe e gli disse: “Alzati, prendi con te il bambino e sua madre, fuggi in Egitto e resta là finchè non ti avvertirò: Erode infatti vuole cercare il bambino per ucciderlo”. Egli si alzò, nella notte, prese il bambino e sua madre e si rifugiò in Egitto, dove rimase fino alla morte di Erode, perché si compisse ciò che era stato detto dal Signore per mezzo del profeta: “Dall’Egitto ho chiamato mio figlio”! (Mt 2, 13-15).

In questi giorni abbiamo ascoltato varie volte queste parole del Vangelo di Matteo che ci ricordavano la nascita di Gesù Bambino e della fuga in Egitto di Giuseppe e Maria. Erano sotto minaccia di morte per Gesù. Sono stati anche loro rifugiati per alcuni anni in Egitto. Rifugiati, profughi e immigrati di ieri e ancora oggi con volti e colori diversi. Ma sempre rifugiati e in ricerca di un posto migliore per poter vivere, essere in pace e avere un futuro per se stessi e per gli altri che sono rimasti a casa.

Come lo sono stati i nostri 26 milioni di italiani che sono stati immigrati in 90 anni dall’Unità d’Italia al 1950/60. Non sono numeri piccoli anzi…ma che ci devono far riflettere che noi siamo stati e siamo ancora migranti. Perché la vera emergenza sono le quasi 120 mila persone, soprattutto giovani e laureati, che lasciano il nostro paese! E chi ci dice questo? E’ tempo di svegliarci e riprendere in mano la sorte di questa Italia, di questo popolo che sarà sempre più multietnico e comunque più ricco in umanità, cultura e spiritualità se sapremo gestire e portare avanti insieme un saggio e sano processo di accoglienza, interazione e  integrazione. Ci vuole tempo e intelligenza! Ma soprattutto un’umanità ricca di spirito…quello giusto!

8 FATTI SUI RIFUGIATI CHE È NECESSARIO CONOSCERE

1. MINORI. Nel 2018, un rifugiato su due era minore, molti (111.000) soli e senza famiglia.

2. PRIMA INFANZIA. L’Uganda ha registrato 2.800 bambini rifugiati di età pari o inferiore a cinque anni, soli o separati dalla propria famiglia.

3. FENOMENO URBANO. È più probabile che un rifugiato viva in paese o in città (61%) che in aree rurali o in un campo rifugiati.

4. RICCHI E POVERI. I Paesi ad alto reddito accolgono mediamente 2,7 rifugiati ogni 1.000 abitanti; i Paesi a reddito medio e medio-basso ne accolgono in media 5,8; i Paesi più poveri accolgono un terzo di tutti i rifugiati su scala mondiale.

5. DOVE SI TROVANO. Circa l’80% dei rifugiati vive in Paesi confinanti con i Paesi di origine.

6. DURATA. Quasi 4 rifugiati su 5 hanno vissuto da rifugiati almeno per cinque anni. Un rifugiato su 5 è rimasto in tale condizione per almeno 20 anni.

7. NUOVI RICHIEDENTI ASILO. Nel 2018 il numero più elevato di nuove domande d’asilo è stato presentato da venezuelani (341.800).

8. PROBABILITÀ. Nel 2018, 1 persona ogni 108 era rifugiata, richiedente asilo o sfollata. 10 anni prima la proporzione era di 1 su 160.

Il report in inglese ed ulteriori materiali sono disponibili al seguente link: https://www.unhcr.org/global-trends-2018-media.html

PAPA FRANCESCO E I MIGRANTI: SFIDA EPOCALE E SEGNO DEI TEMPI

Qualche giorno fa, prima di Natale, nel breve discorso pronunciato incontrando le 33 persone migranti arrivate a Roma dall'isola greca di Lesvos,  il Papa ci ha ricordato le responsabilità che abbiamo per le morti nel Mediterraneo, ma anche il dovere morale del soccorso. In uno dei passaggi più significativi Papa Francesco ha menzionato il blocco che stanno subendo le navi umanitarie, in particolare quelle ancora sottoposte a un blocco amministrativo come le imbarcazioni di Mediterranea, la Mare Jonio e la Alex e alla Sea Watch 3.

Ci ha ricordato ancora che "….non è bloccando le navi di soccorso che si risolve il problema. Bisogna impegnarsi seriamente a svuotare i campi di detenzione in Libia, valutando e attuando tutte le soluzioni possibili. Bisogna denunciare e perseguire i trafficanti che sfruttano e maltrattano i migranti, senza timore di rivelare connivenze e complicità con le istituzioni". "Siamo di fronte ad un'altra morte causata dall'ingiustizia. Già, perché è l'ingiustizia che costringe molti migranti a lasciare le loro terre. È l'ingiustizia che li obbliga ad attraversare deserti e a subire abusi e torture nei campi di detenzione. È l'ingiustizia che li respinge e li fa morire in mare".

“Come possiamo non ascoltare il grido disperato di tanti fratelli e sorelle che preferiscono affrontare un mare in tempesta piuttosto che morire lentamente nei campi di detenzione libici, luoghi di tortura e schiavitù ignobile?”.

“Come possiamo rimanere indifferenti di fronte agli abusi e alle violenze di cui sono vittime innocenti, lasciandoli alle mercé di trafficanti senza scrupoli?”, ha proseguito Francesco: “Come possiamo ‘passare oltre’, come il sacerdote e il levita della parabola del Buon Samaritano, facendoci così responsabili della loro morte?”. “La nostra ignavia è peccato!”, il monito del Papa: “Ringrazio il Signore per tutti coloro che hanno deciso di non restare indifferenti e si prodigano a soccorrere il malcapitato sulla via verso Gerico, senza farsi troppe domande sul come o sul perché il povero mezzo morto sia finito sulla loro strada”.

Bisogna mettere da parte gli interessi economici perché al centro ci sia la persona, ogni persona, la cui vita e dignità sono preziose agli occhi di Dio. Bisogna soccorrere e salvare, perché siamo tutti responsabili della vita del nostro prossimo, e il Signore ce ne chiederà conto al momento del giudizio”.

CARA AMICA, CARO AMICO

Davvero ti voglio salutare con grande gioia e amicizia. Grazie di cuore se sei riuscito/a a giungere al termine di questa lunga lettera. Scusami ancora se come sempre non sono stato conciso e sintetico. Ma è ciò che il mio cuore e questo anno mi ha fatto maturare nel mio cammino di uomo, cristiano e missionario. Il mio e nostro cammino e pellegrinaggio su questa bellissima terra è ancora lungo. Ma c’è sempre più bisogno di gente come te che apra il cuore, la mente, lo spirito e le mani perché diventi protagonista della propria vita da mettersi al servizio, in tanti modi diversi, di un’umanità ferita e sofferente in tante parti del mondo. Cominciando da casa tua! Ognuno porti la sua goccia e ci ritroveremo con un’oceano che sovrabbonda!

Ti voglio lasciare con una frase stupenda del grande vescovo Don Tonino Bello in cui mi ritrovo pienamente; che sento molto mia e di molti di noi che tentano cammini di vita, di ricerca e di servizio agli ultimi, ai poveri, al mondo e soprattutto al Dio della Vita in Pienezza!

I MISSIONARI SONO DEI MENDICANTI CHE INCONTRANO ALTRI MENDICANTI E DICONO LORO DOVE HANNO TROVATO DA MANGIARE!

Che Dio ti benedica e ti doni un anno pieno di amore, pace, fraternità perché tu sia felice e trovi il tempo di donarlo agli altri!

Mungu akubariki!
Dio ti benedica!   Un mondo di Pace!
Padre Daniele Moschetti
Castel Volturno, 1 gennaio 2020