Domenica 31 maggio 2020
Padre Germano Agostini è deceduto a Castel D’Azzano mercoledì scorso 27 maggio. Ieri venerdì 29 maggio abbiamo celebrato il suo funerale. Dato che la comunità è ancora in stato di isolamento per il coronavirus, non è stato possibile partecipare fisicamente alla celebrazione, presieduta da P. Renzo Piazza.  La tumulazione è avvenuta presso il cimitero monumentale di Verona.

Funerale di P. Germano Agostini
29 maggio 2020

Omelia

Alcuni dati sulla sua vita: 95 anni di età, quasi 77 di voti, 71 anni di ordinazione, 50 anni di Africa, 25 anni addetto alle traduzioni, 10 anni come vice parroco, 4 anni come superiore locale, 20 anni in cura a Arco, Verona Casa Madre e Castel d’Azzano. Ha trascorso mezzo secolo in Uganda, nelle missioni di Maracha, Aber (2 periodi), Matany, Lira-Ngeta, (3 periodi), Minakulu.

Dice di lui fr. Cesaro Fernando: “Sono stato con P. Agostini per due anni nella stessa missione, a Lira Ngeta, dal 62 al 64. Di solito lo accompagnavo al martedì per andare in safari nella cappella e alla domenica andavo a prenderlo. Nella cappella faceva tutto un lavoro di evangelizzazione: visite ai cristiani, alle famiglie, preparazione ai battesimi e al matrimonio.  Lo accompagnava il cuoco e alla domenica pomeriggio li andavo a prendere.  Una settimana in safari e una in missione. I primi anni ha fatto un lavoro missionario, di evangelizzazione diretta, con i catecumeni, i battesimi, le scuole. Gli ultimi anni invece si è dedicato alle traduzioni in Lango dei libri liturgici e dei catechismi, assieme a un confratello e a qualche maestro.
Alla fine del Concilio ha iniziato la traduzione di tutta la Bibbia: un lavoro enorme. Era un padre calmo e tranquillo che faceva il suo lavoro missionario di prima evangelizzazione. La cosa più importante però è questa: era facile vivere con lui”.

P. Riccardo Bolzonella aggiunge:
“Quando era giovane, a Lira, alla Comboni House, ben presto ha cominciato ad accusare dolori forti al trigemino e questo lo ha bloccato: si lamentava molto e a volte si appartava a causa del dolore. Non tutti hanno capito la sua malattia, curata solo dopo vari anni da una dottoressa svizzera. Questa sua sofferenza, non capita, lo ha portato ad una certa tristezza, all’isolamento: si sentiva un po’ emarginato.
A quell’epoca, nella diocesi di Lira, si sentiva il bisogno di avere la Parola di Dio tradotta nella lingua locale, poiché fino allora si pregava Dio e – ancor più grave – lo si ascoltava, in una lingua “straniera”, l’Acioli. C’era bisogno e desiderio di una traduzione dei testi della liturgia in lingua locale.
La difficoltà di salute lo ha portato ad impegnarsi nel progetto di traduzioni della diocesi, trovandosi a collaborare con un confratello un po’ problematico, cosa che gli ha procurato non poche difficoltà e tristezza. Nonostante questo, ha voluto rimanere.

Il lavoro si svolgeva in condizioni difficili: battere tutti i testi con la macchina da scrivere a Lira. Spostarsi poi di 300 km a Kampala, a Kisubi per trovare la tipografia. Impostare il lavoro, portare a casa le bozze da correggere e poi via di nuovo in tipografia…”

Passiamo ora alla Parola che abbiamo ascoltato: il Vangelo del giorno, su misura per lui.
Narra ciò che è successo a Pietro nel suo incontro con il Risorto sul lago di Galilea. E’ il racconto della sua seconda vocazione, e buona notizia per la Chiesa che ascolta e accoglie per il suo cammino le ultime raccomandazioni di Gesù. 

Per tre volte Gesù chiama per nome Pietro: Simone, figlio di Giovanni. Chiamare per nome è segno di familiarità e di rispetto, manifesta un rapporto personale, di amicizia. “Il Buon Pastore conosce le sue pecore e le chiama tutte per nome”. P. Germano, anche in tarda età, ha sempre chiamato per nome le persone che aveva attorno a sé: i confratelli, il personale di servizio, i giovani scolastici, compresi gli stranieri, che passavano fugacemente per il Centro Fiorini. Segno di rispetto, di cordialità, di profonda umanità.

“Pasci le mie pecore”, ripete per tre volte il Signore a Pietro. Pascere le pecore significa dare loro il nutrimento buono, abbondante, che le mantenga in vita. Il cibo che non perisce e che dura per la vita eterna è la Parola di Gesù, il Vangelo. Con il suo lavoro di traduttore, P. Germano “ha dato alla Parola di Dio di parlare in Lango”, ha nutrito il gregge con il pane della Parola. Ha svolto un vero lavoro missionario 

“Quando sarai vecchio, tenderai le tue mani”. P. Germano ha avuto il dono di una vita lunga e anche di un lungo periodo di anzianità. All’anzianità si è aggiunta la vecchiaia, con i suoi acciacchi, i limiti e i bisogni crescenti. Ricorderò la mano tesa di P. Germano, a chiunque passasse davanti alla sua carrozzina. Mano tesa per elemosinava un po’ di attenzione, un po’ di affetto, un piccolo giro nei corridoi, un’informazione. Non sempre il desiderio era esaudito…

“Un altro ti porterà dove tu non vuoi”… Forse sognava la vita missionaria a contatto con la gente, un lavoro pastorale gratificante, la soddisfazione di dare tanti battesimi… I problemi di salute lo hanno portato invece dove probabilmente non desiderava, in un ufficio, a incontrarsi e a collaborare con persone difficili. Non si è tirato indietro, non ha rinunciato, non ha chiesto di rientrare. È rimasto finché le forze glielo hanno consentito.

“Seguimi!”.  Seguire Gesù costituisce il fondamento essenziale e originario della vita cristiana, per questo, è un principio valido per ogni cristiano, senza distinzioni di stato. Si tratta di spogliarsi di sé, aderire alla persona di Gesù, condividere la sua vita, partecipare alla sua obbedienza alla volontà del Padre, donare la propria vita. Seguire Gesù significa diventare simili a Lui, che si è reso servo di tutti fino al dono di se stesso, sulla croce. P. Germano ha cercato di camminare dietro al suo Signore. Ne ha ricevuto in eredità la croce e l’ha portata a lungo in particolare negli ultimi anni, ricchi di acciacchi e di fragilità.

Alla fine della sua vita P. Germano chiedeva con insistenza esagerata di confessarsi: senso di inadeguatezza? Desiderio di perfezione? Paura del castigo di Dio? Non lo sappiamo. Sappiamo però che non abbiamo ricevuto uno spirito da schiavi per ricadere nella paura, ma abbiamo ricevuto lo Spirito che rende figli adottivi, per mezzo del quale gridiamo: “Abbà! Padre!”. Se il Signore avesse chiesto: Germano, mi ami, tu? Siamo certi che gli avrebbe risposto: Signore, tu sai tutto, tu sai che io ti voglio bene”.

Germano, non temere. Oggi mettiamo la tua vita, offerta per amore, nelle mani di Colui che ti ha amato e ha dato se stesso per te. È il buon Pastore, che ti conosce per nome, che tu hai conosciuto e hai voluto seguire e imitare. Non temere. Nessuno può strappare dalle sue mani le persone che il Padre gli ha affidato, poiché il Padre vuole che nessuno vada perduto. La tua vita è preziosa perché l’hai donata la Lui. Arrivando lassù, chiamalo per nome: “Gesù. Dio salva!” Vedrai che le porte si apriranno e presso di Lui incontrerai i tuoi due fratelli sacerdoti, Igino ed Efrem e assieme farete un bel coro di lode al Padre, al Figlio e allo Spirito Santo. Buon Paradiso, P. Germano!
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Combonianum]