Martedì 23 settembre 2025
I superiori delle circoscrizioni comboniane, riuniti in Assemblea intercapitolare a Roma, venuti a conoscenza di questi quattro giorni (22-25 settembre) di preghiera pubblica continua per la pace, in particolare a Gaza e in tutta la Terra Santa, hanno deciso di aderire all’iniziativa, promossa da diversi istituti missionari con la diocesi e con la Cei, partecipando alla Messa di apertura, ieri sera, nella chiesa di San Giuseppe dei Falegnami al Foro Romano. La Messa è stata presieduto da padre Giulio Albanese, mccj.

«Non smettiamo di pregare e di pregare con fiducia». L’esortazione, espressa recentemente da Papa Leone XIV, insieme alla certezza che «molto vale la preghiera del giusto fatta con insistenza», come scrive san Giacomo, e agli insegnamenti di don Tonino Bello sull’essere contemplativi, sono alla base dei quattro giorni di preghiera ininterrotta per Gaza e per la Terra Santa nella chiesa di San Giuseppe dei Falegnami.

La Messa presieduta da padre Giulio Albanese ha aperto la quattro giorni di preghiera ininterrotta per la pace
a San Giuseppe dei Falegnami promossa da diversi istituti missionari con la diocesi e con la Cei.

Mentre prosegue l’assedio in quella striscia di terra che affaccia sul Mediterraneo, diversi istituti missionari maschili e femminili, organismi ecclesiali, come la Fondazione Missio, e il Vicariato di Roma hanno promosso l’iniziativa attraverso il Centro missionario diocesano, con sede nella chiesa al Foro Romano. Ieri sera, 22 settembre, la celebrazione eucaristica presieduta da padre Giulio Albanese, direttore dell’Ufficio per la cooperazione missionaria tra le Chiese del Vicariato e rettore di San Giuseppe dei Falegnami, ha dato il via alla preghiera che proseguirà fino a giovedì 25. L’adorazione al Santissimo Sacramento sarà animata da diversi gruppi. Le lodi saranno recitate alle 7.30, i vespri alle 18 e, alle 20, sarà celebrata la Messa.

Ai piedi dell’altare le bandiere della Palestina, del Sudan, della Repubblica Democratica del Congo e della Colombia. Piccola rappresentanza dei molti Paesi in guerra. «Abbiamo davanti tanta umanità dolente, immolata sull’altare dell’egoismo umano», ha detto padre Giulio. Davanti alla «mattanza» che sta avvenendo a Gaza, il sacerdote comboniano ha richiamato alla responsabilità cristiana di non restare spettatori passivi e ha invitato a riscoprire la preghiera come forza che genera pace.

«È un grande mistero quello del dolore – ha affermato –. Se ci fidiamo di Dio dobbiamo credere che tutto coopera al bene di chi lo ama. È per questo che la preghiera, diventa indispensabile, fondamentale». Nel mondo si combattono 56 conflitti e padre Giulio ha riflettuto che quanto sta avvenendo è «umanamente inaccettabile. Non vi sono giustificazioni. Abbiamo davanti una cronaca che grida vendetta al cospetto di Dio. È evidente che è necessario credere nella pace».

Constatando che oggi c’è «grande frustrazione e profondo senso di delusione e di impotenza», Albanese ha rimarcato che compito del cristiano è quello di essere «testimone del Dio vivente. Perché mai come oggi c’è bisogno di andare al di là del muro di omertà che ci rende parte di un sistema ipocrita». La preghiera ininterrotta a San Giuseppe dei Falegnami ha proprio questo scopo, perché non si può vivere «un cristianesimo disincarnato rispetto al fluire della storia. Ci viene chiesto di uscire. C’è un bisogno impellente di segni, di gesti profetici. Non dimentichiamo che siamo chiamati ad essere segno di contraddizione».

Padre Diego Dalle Carbonare, superiore della provincia comboniana dell’Egitto/Sudan.

Lo sciopero dei trasporti e la pioggia non hanno scoraggiato fedeli e rappresentanti delle realtà missionarie della diocesi che hanno gremito la piccola chiesa costruita sul carcere Mamertino dove, secondo la tradizione, furono tenuti prigionieri gli apostoli Pietro e Paolo. Da qui si leveranno preghiere per la pace dei popoli piegati dalle tante guerre dimenticate. Come quella in Sudan, «la maggiore crisi umanitaria nel mondo» con 25 milioni di persone prive di assistenza alimentare, 14 milioni di sfollati e 7 milioni di bambini che non frequentano la scuola da tre anni. A ricordarla, padre Diego Dalle Carbonare, superiore dei missionari comboniani in Egitto e Sudan. Quella in Sudan, ha sottolineato, «è la metastasi del conflitto nel Darfur che va avanti dal 2004 e del quale siamo sempre stati indifferenti a livello mondiale. È grave che per l’Africa, e per tanti altri Paesi, si dica no alla cooperazione, allo sviluppo, alla sanità e all’educazione, mentre i soldi per le armi ci sono. Pregare per la pace significa pregare per un mondo che sta imboccando una strada sbagliata».

Roberta Pumpo – Roma Sette