In Pace Christi

Pegorari Erminio

Pegorari Erminio
Date de naissance : 02/02/1935
Lieu de naissance : Caspoggio (SO)/I
Premiers vœux : 08/12/1954
Vœux perpétuels : 09/09/1960
Date de l’ordination : 18/03/1961
Date du décès : 14/03/1999
Lieu du décès : Milano/I

" 'Sono venuto perché abbiano la vita e l'abbiano in abbondanza " (Gv 10, 10). P. Erminio lo fa, dando la sua vita. Fedele alla grazia della vocazione, trasformò nel quotidiano la sua vita in Eucaristia - consegna al Popolo di Dio, soprattutto agli impoveriti e oppressi". Con queste parole fu introdotta la liturgia funebre, nel settimo giorno dalla sua morte, in una delle ultime comunità dove P. Erminio Pegorari aveva profuso tutto il suo zelo sacerdotale e missionario. Potrebbero essere le parole-sintesi della sua presenza, per quasi 30 anni, nel Brasile.

Infanzia

Secondo di otto fratelli, nacque a Caspoggio (Sondrio) il 2 febbraio 1935, un anno esatto dal fratello Anacleto, che lo precederà anche sulla via del sacerdozio e dal quale riceverà, sempre, "un grande appoggio fraterno e sacerdotale" (come dirà lo stesso P. Erminio verso la fine della vita, in una lettera - testamento del 4 settembre 1998).

Ebbe, fin da piccolo, una costituzione fisica fragile, soggetto costantemente all'asma, per cui sia durante la formazione sia nell'attività missionaria, avrà bisogno di frequenti "piccole fermate ". Don Anacleto, il fratello, ricorda una caratteristica, spiccata in P. Erminio, e che più tardi saprà indirizzare allo scopo missionario della scelta dei poveri. Scrive Don Anacleto: "C'è è una cosa sulla quale io stesso mi sono spesso interrogato: come faceva a farsi volere tanto bene. Perché ogni volta che incontrava qualcuno (e ha incontrato tanta gente!) subito riusciva a diventare amico e conservava l'amicizia per sempre. Non mi sembra che possedesse qualità particolarissime. Credo che la simpatia che creava dipendesse dalla dedizione totale alla sua missione. Era così preso dal suo Brasile, dai suoi poveri, da sembrare a volte come ingenuamente teso solo su questi problemi, come disarmato e lui stesso povero in mezzo ai poveri. Una concentrazione su un interesse specifico che già si notava da bambino, anche se in modo non propriamente edificante. Ricordo quando, durante le elementari, dimenticava persino il pasto tra le lezioni del mattino e quelle del pomeriggio, intento com'era ai giochi di stagione di quei tempi: le biglie o il gironzolare per i boschi in cerca di nidi. Quest'attenzione, esclusiva di tutto il resto, l'ha indirizzata molto più proficuamente lavorando per gli altri, dedicandosi soltanto ai tanti poveri che ha incontrato ".

La famiglia, solidamente fondata sui valori cristiani, ha tribolato a causa della povertà. Papà Lorenzo si impegnò anche in politica e lavorò in Svizzera ed è morto a soli 48 anni. Mamma Adelaide Negrini si è sobbarcata la responsabilità della educazione dei figli da sola. Traeva le entrate per per l'economia della famiglia dall'esercizio di una bottega di alimentari. La comunità parrocchiale offriva, allora, un grande appoggio: era guidata da un santo sacerdote, Don Pio Parolini, grande promotore di vocazioni al sacerdozio, alla vita religiosa e missionaria (e comboniana). P. Erminio ne fu uno dei tanti frutti.

Formazione

La traiettoria della sua formazione religioso-missionaria di base tra i Comboniani fu quella normale: medie nella Scuola Apostolica di Crema, Ginnasio a Brescia, Noviziato a Gozzano-Firenze, Liceo a Verona e Teologia a Venegono. Di questi periodi ricordava spesso, con riconoscenza, alcune figure di superiori e formatori, che hanno capito anche le sue difficoltà di salute (per cui in alcuni periodi gli è stato permesso di sospendere gli studi, senza perdere, tuttavia, nessun anno. Riusciva con facilità negli studi!).Tanto per fare alcuni nomi, ha avuto come superiori-padri spirituali: P. Toncini, P. Riva, P. (mons.) Dalvit, P. Giordani, P. Albrigo, P. Malugani, P. Baj, ed altri ancora.

La sua "caparbietà" (caratteristica della sua personalità? della sua famiglia? della sua Valtellina?) lo ha fatto superare gli ostacoli di questo periodo e quei tanti che ha incontrato nella sua vita missionaria. A volte sembrava distratto, ma era occupato a qualcosa che prendeva la sua attenzione. Nel gioco al pallone non  misurava i pericoli: si buttava a capofitto per fare goal, per vincere.

Promotore Vocazionale

Divenne sacerdote il 18 marzo 1961, nel Duomo di Milano, per le mani dell'ausiliare Mons. Schiavini. Il Card.Montini non poté presiedere l'ordinazione; volle, tuttavia, ricevere i neo - sacerdoti nell'Arcivescovado, esortandoli ad essere all'altezza del compito affidato loro e a guardare all'unico modello: Gesù Cristo, Sommo ed Eterno Sacerdote.

Sua prima destinazione fu la Scuola Apostolica di Rebbio (Como), con l'incarico di "reclutatore". Lo fece con zelo, con convinzione, così da portare tanti ragazzi al seminario. P. Piercarlo Mazza, uno di quei ragazzi, ha testimoniato: "Io, che mai avrei lasciato la famiglia, cui ero molto attaccato, davanti alla sua insistenza e alla sua testimonianza, alla fine mi sono lasciato convincere. Lui mi ha convinto a farmi missionario!".

Ogni paese della Valtellina e del Comasco lo ha visto intrattenersi con i ragazzi o nella scuola o nella parrocchia. Opportuna la testimonianza di P.Candido che l'ha avuto come confratello in quella Comunità: "Ci siamo fatti amici a Rebbio. Lui novello sacerdote, promotore vocazionale e io reduce dal Brasile la prima volta. Non poteva perdere tempo: doveva combinare con i Parroci e con le maestre e non aveva la patente di Guida. Allora io dovevo accompagnarlo con il Foglio Rosa. E via, su e giù per quella Valtellina e valli e monti, con una vecchia topolino".

P. Erminio ci credeva a quello che faceva. Era nel suo stile, anche e soprattutto poi in Brasile, fare la proposta, diretta, della vocazione missionaria. Nel dedicarsi "anima e corpo" alla promozione, gli succedeva di dimenticare qualche cosa o qualche impegno. Per quello che gli stava a cuore sapeva litigare anche aspramente, con confratelli e superiori. Ma, subito dopo, ritornava a parlare, non riuscendo a conservare alcun rancore.

Missione al bivio

Dopo il periodo di Rebbio riceve la destinazione: Africa (Uganda?). Parte per l'Inghilterra allo scopo di studiare la lingua inglese. Ma, improvvisamente, gli viene cambiata la destinazione: Missione, sì, ma in Brasile! Sembra che il motivo del cambiamento sia stato causato dalla sua malferma salute (asma?). Deve aver sofferto! Come è naturale per ognuno che si prepara la vita intera per seguire le orme del Fondatore, Daniele Comboni, in Africa. Poi si vede dirottato verso altri campi. Ben presto, tuttavia, si accorgerà che "I più poveri ed abbandonati" (scelta comboniana) sono anche in Brasile. Egli sposerà la loro causa, ritenendosi fortunato di realizzare la sua vocazione comboniana nelle terre di Santa Cruz.

Brasile

Arriva in Brasile nel 1966. E vi rimarrà fino al 1996 (In questo periodo di 30 anni, ci sono due intervalli, entrambi della durata di due anni, trascorsi in Italia: dal 1976 al 1978; dal 1986 al 1988).

Primo campo di lavoro (P. Ermino la chiamerà "la mia prima fidanzata") è João Neiva (nello Stato dello Spirito Santo), una delle prime "missioni" che i Comboniani, arrivati in Brasile nel 1953, avevano iniziato. A detta di P. Camaioni, che lo ebbe come coadiutore, P. Erminio si rivela "zelante e ottimista", così da apparire ingenuamente incapace di pensar male delle persone. Le comunità sono sparse in un territorio non vasto. Varie famiglie sono di origine italiana. Fa l'esperienza del lavoro in équipe con una suora comboniana. Suor Fidenzia Marzorati, oggi missionaria in Mozambico, pochi mesi prima della morte, lo volle visitare a Milano. Scrivendogli dal Mozambico, dove era ritornata (la lettera è arrivata a Milano dopo la morte di P. Erminio!), gli diceva: "Ho ammirato in te la calma e la grande fiducia nel metterti nelle mani di Dio, grande dono della tua vita di fede". Anche là non si è risparmiato. Il clima e gli strapazzi aggravarono l'asma, che lo tormentava in continuità. I superiori hanno deciso di inviarlo in una regione meno umida, più secca, esattamente a Taguatinga, città satellite di Brasilia, capitale del Brasile. Vi era appena iniziata la presenza comboniana. Erano gli anni fecondi del dopo-Concilio, già anteriormente vissute a João Neiva: un pullulare di belle iniziative pastorali, con i normali rischi che ogni novità può portare. Confratelli che l'hanno preceduto a Taguatinga avevano lasciato il ministero. E P. Erminio si è buttato anima e corpo nella nuova esperienza missionaria. Si trattava di creare comunità con gente che veniva da ogni parte del Brasile, in cerca di lavoro e di sicurezza economica, dato lo sviluppo che la regione intorno a Brasilia aveva incrementato. Già gli apparivano chiare certe intuizioni pastorali: formazione di piccole comunità, preparazione degli animatori laici, costruzione dei luoghi di incontro delle comunità, pastorale vicina alla realtà umano-sociale della gente. Anche qui, oltre che dei confratelli, P. Erminio poté contare con la collaborazione delle Suore e dei laici, i quali serberanno un vivo ricordo del suo zelo instancabile. Quando gli è sembrato che il suo lavoro missionario a Taguatinga fosse concluso, chiese insistentemente a P. Pietro Bracelli, suo compaesano, allora superiore dei Comboniani del Brasile Sud, di mandarlo in una missione più difficile. Dopo un intervallo di due anni in Italia, nel 1978 venne trasferito al Nordest. E qui rimarrà fino al 1996, portando a compimento le scelte missionarie già provate.

Incomincia nella diocesi di Picos (Stato del Piauí): prima a Simões (città dell'interno), e poi a Junco (periferia di Picos): due "parrocchie vastissime e povere", dove ha conosciuto ed è diventato amico confidente del Vescovo, Mons. Augusto da Rocha e "dove ho vissuto l'esperienza più forte della mia missione: essere chiesa povera coi poveri nella Teologia della liberazione" (Dalla lettera-testamento sopracitata).

Sono di questo periodo le testimonianze di due confratelli che gli sono vissuti accanto.

P. Candido Poli : "... P. Erminio arriva nel 1978 in Brasile nordest, per far compagnia a P. Andrea Filippi a Jaicós, diocesi di Picos - Piauí. Ma pochi mesi dopo, P. Filippi lo lascia solo.

Due settimane prima di Pasqua 1979 noi due abbiamo fatto l'entrata solenne a Jaicós, parrocchia che comprendeva tre Comuni: Jaicós, Padre Marcos e Simões. P. Erminio fece di Simões il suo quartiere generale, responsabile anche di Padre Marcos; mentre io mi sono fermato a Jaicós. La distanza di quasi 70 km si copriva in un'ora e mezza d'estate e in due ore e più nel tempo delle pioggie...

È sempre stato un vulcano di idee... Io  mi ero abituato a dire che vivevo "di rendita". Cioè, non avevo bisogno di preoccuparmi a inventare o scoprire iniziative pastorali, metodi o nuovi orientamenti. Mi bastava discutere un po' i suoi infiniti e sempre nuovi programmi e sceglierne uno, una volta tanto... È stato per questa sua effervescenza e voglia di salvare tutto il mondo da solo che fu tentato di lasciare la Congregazione. È successo così.

Io ero a Paço de Arcos (Portogallo). Un sabato sera mi capita lì e mi chiede di andare con lui a Fatima. Ha fretta e un problema importante da risolvere... Dietro suo invito, siamo partiti con una vecchia Renault (verso Fatima). Per strada si è sbottonato. "Cosa vado a fare in Brasile?... Il Provinciale ti blocca, il Superiore Generale ti frena..." e così via. "Ci sono i Sacerdoti Fidei donum... io posso andare come uno di loro". La sua non era una vocazione missionaria normale, ristretta a una missione o a una diocesi. La sua vocazione era "cattolica", universale. Doveva salvare tutto il mondo, e doveva salvarlo da dolo. "Con tante leggi che frenano non puoi fare niente!". Abbiamo concelebrato nella cappellina delle Apparizioni e poi pregato insieme a lungo (Erminio ha sempre avuto una devozione profonda, sincera, verso la Madonna). Siamo ritornati lo stesso giorno. Ma lui era cambiato, risorto, contento, deciso, con un entusiasmo e un'allegria senza limiti. Volevo aggiungere anche "con serenità", ma non sarebbe giusto, perché è vissuto sempre con una punta di angustia: insoddisfazione per non raggiungere mai l'ideale del "sempre più" e "sempre meglio”.

Leggiamo ancora dalla testimonianza di P. Poli: "P. Erminio sfornava progetti anche per gli altri. Vedeva le lacune, le necessità delle altre parrocchie. E se qualcuno non lo capiva, non concordava, lui ci soffriva, perdeva l'appetito (sebbene non dedicasse mai più di cinque minuti ad una refezione...).

Il Vescovo aveva di lui una grande stima senza limiti. Bonariamente sussurrava: "Questo Erminio inventa anche quello che il diavolo non sa". E io credo che abbia fatto cambiare rotta anche al Vescovo.

Infine, P. Candido conclude: "Posso dire di P. Erminio che era un "puro". Aveva le sue idee e le difendeva, perché evangeliche, apostoliche, profetiche, ma non era nemmeno capace di pensare male degli altri...".

E P. Franco Sesenna afferma: "Ho conosciuto P. Erminio il settembre 1981, quando fui destinato alla diocesi di Picos. Abbiamo visitato insieme alcune comunità di Simões e Padre Marcos. Mi ha impressionato, subito, il suo zelo instancabile e la sua profonda e allegra amicizia con il popolo ed una tenerezza speciale verso i bambini.

A Simões ha fatto costruire un Centro di formazione per gli Animatori delle Comunità Ecclesiali di base (CEBs), la Casa delle Suore, coinvolgendo il popolo. Non ha portato avanti il Movimento di Coppie, perché era di classe media e facile vittima dei politicanti.

Trasferitosi a Junco (periferia di Picos) fu indicato ad assumere la coordinazione della Pastorale Diocesana, ma solo per un anno. Dom Augusto era solito dire: "P. Erminio è un vulcano di idee". P. Erminio ha dato tutto l'appoggio a Mons. Augusto, quando fu bersaglio di manifestazioni contrarie da parte dei politici di Picos. A Junco P. Erminio si distinse per il suo impegno nella pastorale vocazionale. Un tale, che, quando giovane, fece parte del gruppo dei vocazionati, anni dopo commentava: "Erano più i vocazionati che i giovani ". Ma il suo zelo ha dato frutti: cinque sacerdoti diocesani e due missionari comboniani. La sua direzione spirituale ai laici è ancora oggi ricordata con nostalgia.

Era sofferente di asma, svenendo varie volte durante la Messa. Ma il suo zelo non veniva scosso. Anche a Junco ha fatto costruire tante cose: la casa parrocchiale, un piccolo Centro di formazione per gli Animatori e varie cappelle. Ha trasformato la chiesa, ingrandendola e abbellendola con il campanile. Si è impegnato perché fosse costituito il Consiglio Missionario Diocesano a Picos. Ha dato preferenza ai poveri e ammalati, assumendo la causa degli Hanseniani. Concludendo: casa sempre aperta a tutti, uomo di profonda spiritualità e gusto per la preghiera. Passione per lo sport. Dotato di umorismo e piacevole nel raccontare barzellette".

Mons. Augusto contraccambiava l'amicizia di P. Erminio. Lo visitò quando ammalato a Milano, alcuni mesi prima della morte. Si fece presente ai funerali con un messaggio telefonico, dopo aver appreso, commosso, la notizia della sua morte. Era legato alla famiglia Pegorari ed ai parrocchiani di Caspoggio e di Prata.

Da Picos, P. Erminio (dopo un secondo intervallo in Italia) fu trasferito a Fortaleza (Cearà) con il compito di accompagnare, come aiutante del formatore, i giovani postulanti comboniani, allo stesso tempo che dedicava attenzione pastorale ad alcune Comunità povere della periferia, nella zona di Bom Jardim. Stessa dedizione, stessa preferenza dei poveri, stesso interesse per le vocazioni, stesso amore ai bambini...

Nel 1992, P. Erminio si sposta a Teresina (Piai): l'ultimo suo campo di lavoro, con il compito, secondo le stesse sue parole "... delle vocazioni che si presentavano e accompagnando prima le Comunità di S. Mateuzinho e Sagrada Família in Timon e poi le Comunità di Satélite e Vila Bandeirantes, piene di baracche e con circa 8.000 famiglie " (dalla Lettera-testamento sopracitata).

A Teresina, noi Comboniani avevamo aperto, nel 1988, un Centro di Formazione e Animazione Missionaria (CEFAM), allo scopo di venire in aiuto alle Chiese locali dei due Regionali della Conferenza Episcopale del Brasile, Maranhão e Piauí, secondo la dimensione che ci è propria, quella missionaria. Un'animazione che fosse provocata e strutturata a partire dall'esperienza di fede delle Comunità dei poveri. Così, insieme alle attività specifiche di Animazione Missionaria, per insistenza di P. Erminio, si è voluto prendere la cura pastorale delle Comunità di periferia, prima di Timon poi di Teresina. Il principio che orientava questa esperienza era questo: la Missione ad Gentes, prima di essere una scelta 'geografica', doveva essere una scelta di situazioni missionarie. Non era tutto chiaro, naturalmente. Sono occorsi contrasti e controversie... Ma P. Erminio anche qui piantò il chiodo e decise di non abbandonare i poveri. Tale era il suo amore per loro che non poche volte chiese, ma non ottenne (a motivo della sua salute precaria) di trasferire il CEFAM nell'area pastorale della periferia.

Credeva ad una possibile svolta della situazione socio-politica in favore dei poveri. Credeva alla forza del Vangelo e della preghiera. Non badava ai rischi ed ai pericoli.

Avvenne nella Quaresima del 1993, quando la tradizionale Campagna della Fraternità aveva presentato alla preghiera e alla riflessione delle comunità cristiane la problematica della "Casa per tutti". In una delle Comunità, un centinaio di famiglie che non avevano i terreno per costruire la loro baracca, decisero di occupare un terreno abbandonato. Quando la padrona riuscì a farsi dare dal giudice l'autorizzazione di evacuare le cento famiglie, la gente si è riunita in preghiera, con la Bibbia in mano ed una candela accesa, facendo una catena umana per impedire la distruzione delle capanne messe in piedi in fretta. P. Erminio, accorso, si è interposto con il suo coraggio, e davanti al comandante ed ai poliziotti armati li ha sfidati: "Non potete distruggere le case senza prima passare sul mio corpo!" ( sono parole del catechista Arimatea, che fu testimone oculare del fatto). Improvvisamente, un messaggero dell'amministrazione pubblica ha portato una lettera, in cui il sindaco della città dichiarava che quell'area era di "utilità pubblica". Oggi, in quel posto, vive una Comunità ben impegnata, che porta il nome di "Fraternità".

Suor Casilda, missionaria di Gesù Crocifisso, che vive tuttora nel settore, per l'occasione ha composto un rifacimento del Salmo 19, "Jahve, sole di giustizia", a ricordo del fatto: "Si piegano i ginocchi. Jahve ha vinto! Il popolo vittorioso canta: Jahve è buono. È con noi! Ha costruito la sua tenda in mezzo alla sua gente".

Infine, S. Luís: l'ultima sua destinazione, per il 1996. A S. Luís, però, P. Erminio è stato solo per meno di due mesi, allo scopo di rinnovare il visto di permanenza (giugno-luglio 1998). Là avrebbe dovuto accompagnare i seminaristi di filosofia e teologia della diocesi di Balsas e avrebbe potuto rimanere accanto alla sorella Evelina.

Evelina, non sposata, quando nel 1992 fu insieme ai fratelli a visitare P. Erminio a Teresina, maturò l'opzione di dare, come laica missionaria, degli anni a servizio di alcune situazioni umane povere del Brasile. Assistente sociale (dal cui lavoro si era esonerata) si è potuta fermare a S. Luís, nell'area pastorale assistita dai Comboniani, ed occuparsi di un Centro medico. P. Erminio esprime ammirazione, riconoscenza e disappunto, nel suo testamento (già citato): "Sono contento di essere stato in Brasile (in giugno-luglio '98 )... perché parto da questa vita con i miei documenti brasiliani rinnovati ed anche per aver mantenuto la promessa a Evelina (fatta due anni fa, quando ero venuto in Italia per tre mesi e si è poi prolungato tanto...) che sarei ritornato. Ho visto l'impegno e l'entusiasmo di Evelina nel suo lavoro per i poveri delle favelas e per il suo Centro de Saúde "Dom Oscar Romero". Speravo di resistere fino a novembre, quando lei ritornerà per un riposo in Italia e aiutarla in alcuni incontri con amici e con gruppi, ma temo di non farcela proprio. Comunque sono contento anche perché una della nostra famiglia mi ha ben sostituito, anche se in campi differenti. Grazie Evelina!".

P. Erminio è ritornato in Italia nel 1996, per riposare e per rivedere il suo stato di salute (l'epatite ormai stava distruggendo il suo organismo). Si sentiva stanco, ma non cedeva! Dopo esami medici accurati, si convinse che non era più possibile ritornare in Brasile. Tra ricoveri all'ospedale, permanenza nel Centro Anziani e Ammalati (CAA) dei Comboniani a Milano e corti periodi di riposo a Caspoggio e Prata, dal fratello sacerdote, ha portato avanti l'ultima tappa del suo doloroso calvario con costante serenità. Le note caratteristiche che apparivano a tutti coloro che lo visitavano, erano queste: il sorriso, la calma, la conformazione al volere divino e l'interesse per i suoi poveri (del Brasile). Don Anacleto ne dà testimonianza con queste parole: "Anche negli ultimi anni, già fortemente indebolito dalla malattia, quando poteva parlare dei suoi poveri si trasformava e dimenticava ogni male. Durante l'ultima settimana di ospedale a Milano ho dovuto portargli gli album delle fotografie del Brasile, perché le volevano vedere le infermiere ed i medici del suo reparto; ed io mi chiedevo come poteva aver coinvolto anche loro, dal momento che quasi non riusciva a parlare".

La conformità alla volontà del Signore appare anche dalle parole di P. Erminio (scritte al fratello - cfr. Lettera-testamento): "Tu sai che mi è sempre piaciuta la vita. E ho cercato anche di lottare per la vita di tutti, soprattutto nei miei anni passati in Brasile. Per questo mi piacerebbe vivere ancora un po'... Questa sera proprio mi rimetto nelle mani di Dio perché si compia la sua volontà, anche nella morte".

Spirava la mattina del 14 marzo 1999, quarta domenica di Quaresima. Gli era vicino il fratello Graziano. (I fratelli e i familiari si sono susseguiti nell'assistenza durante tutta la malattia!). Quella domenica la liturgia riportava il testo evangelico di Gv 9, 1-41 (la guarigione del cieco dalla nascita): "Io sono la luce del mondo!" (9,5), perché.... "la vita era la luce degli uomini: la luce-vita splende nelle tenebre, ma le tenebre non l'hanno accolta" (Gv 1,4).

I funerali si sono svolti a Milano (nel Centro Anziani e Ammalati dei Comboniani), la mattina del 16 marzo; e il pomeriggio dello stesso giorno a Prata. Il 17 marzo, un giorno prima di celebrare il 38° anniversario di ordinazione, a Caspoggio.

Il Parroco di Caspoggio, quando la salma ha fatto l'ingresso nella chiesa parrocchiale, mentre la Schola cantorum cantava "Tu es sacerdos in aeternum", confesava : "Tutti abbiamo condiviso le preoccupazioni di P. Erminio, impegnato in prima linea ad annunciare la parola di Dio e a promuovere una vita più degna tra i tanti poveri che ha incontrato, soprattutto bambini ".

Mons. Franco Masserdotti, vescovo di Balsas (Maranhão), che gli fu molto amico, in un suo messaggio rivolto alla famiglia scriveva: "P. Erminio ci lascia una testimonianza bellissima di fede, di serenità e forza nel dolore della malattia, di ottimismo contagiante, di grande carità con tutti e amore preferenziale per i poveri, di generosità eroica nel lavoro di evangelizzazione e animazione missionaria. È stato un santo che Dio ha inviato in terra brasiliana. Il suo sorriso era lo specchio della sua anima bella, semplice, sempre disponibile, sempre entusiasta della missione".

Conclusione

"Chissà che qualche giovane... non risolva di prendere il mio posto rimasto vuoto. È bella (anche se dura) la vita missionaria. Portare fede, amore, speranza, gioia a chi ne ha più bisogno, soprattutto nel terzo mondo o anche qui vicino a noi, è ciò che dà senso alla nostra comune vocazione cristiana e ci rende sereni davanti alla morte, nonostante le nostre colpe" (cfr. Lettera-testamento).

La sua salma riposa nel cimitero di Caspoggio, insieme ad altri sacerdoti-missionari della parrocchia. Il suo ricordo sia una benedizione per i tanti poveri che egli ha amato.      P. Primo Silvestri

Da Mccj Bulletin n. 204, ottobre 1999, pp. 129-136