In Pace Christi

Preda Alessandro

Preda Alessandro
Date de naissance : 21/08/1939
Lieu de naissance : Verano Brianza MI/I
Premiers vœux : 09/09/1957
Vœux perpétuels : 09/09/1963
Date de l’ordination : 28/06/1964
Date du décès : 09/03/1990
Lieu du décès : Verona/I

Durante la quinta elementare Alessandro Preda s'imbatté‚ in p. Giuseppe Santi (il futuro martire in Uganda) che in quel tempo faceva il reclutatore per la scuola apostolica di Crema. P. Santi  era colui che si lamentava di non riuscire a trovare un gran numero di ragazzi come, invece, facevano altri reclutatori. Quei pochi che portò in seminario, però, riuscirono quasi tutti ottimi missionari. Aveva occhio, insomma, e lo esercitò anche a Varano Brianza, quando quel ragazzino piccolo e mingherlino che aveva ascoltato la sua conferenza con particolare attenzione venne a dirgli che voleva farsi missionario "per convertire i poveri infedeli".

Il Padre si recò prima in canonica. Il parroco era ammalato, ma gli disse che Alessandro era un perla di ragazzo. Si, si, se voleva farsi missionario, se lo portasse pure via tranquillamente. Quando, poco dopo, entrò nella bottega di falegname di papà Felice, si vide circondato da tre femminucce e quattro maschietti tutti entusiasti che il Signore avesse posato gli occhi su uno di loro. Mamma Angela Mottadelli, casalinga, se ne stava in disparte silenziosa. Quando si decise ad aprir bocca fu per dire: "Ce la farà? Vede come è magrolino!". "Crescerà, crescerà, non abbia paura. L'importante è che sia buono", rispose il missionario. "Se è per questo - intervenne subito la madre - non deve aver nessun timore, perché è proprio buono. Non dimentica mai le preghiere, va alla messa tutte le mattine, frequenta l'oratorio ed è il più obbediente di tutti".

Nel luglio del 1950, non ancora undicenne, Alessandro lasciò i genitori e i fratelli per andare ad Angolo Terme dove i Comboniani avevano una casa per le vacanze dei seminaristi e per "il mese di prova" di coloro che dovevano entrare per il nuovo anno scolastico.

La mamma non aveva esagerato se dobbiamo credere a quanto il superiore, p. Pasquini, scrisse sulla cartella personale del ragazzino. "Indole buona, parla poco, serio, al massimo sorride. Ama il gioco e riesce bene. Come pietà è ottimo e di esempio a tutti. Intelligenza sufficiente. La salute è pure buona anche se l'aspetto non è troppo rassicurante. Ho piena fiducia che riuscirà perché ha un grande attaccamento alla sua vocazione. Ha volontà forte e tenace per cui non si lascia trascinare da nessuno. E' affettuoso, un po' timido e di spirito di sacrificio. E' ammesso alla prima media". Teniamo presente che tutte queste cose il severo superiore le diceva di un ragazzino di 10 anni.

Una letterina scritta al superiore durante le vacanze dopo la prima media, mette in risalto l'amore di questo "piccolo missionario" per la Congregazione. Dopo aver ringraziato il superiore "per le lezioni di italiano che mi ha fatto, perché, grazie ad esse, sono stato promosso", s'interessa del mese di prova che i nuovi arrivati stavano portando avanti ad Angolo: "Quanti sono? Promettono bene? Saranno bravi missionari?". Poi conclude: "Le chiedo il favore di rispondermi perché queste cose mi interessano molto".

Sempre un passo indietro

Frequentò le medie e il ginnasio a Crema. Il 24 settembre 1955, appena sedicenne, entrò nel noviziato di Firenze.

Due mesi prima, il 29 luglio 1955, mentre trascorreva le vacanze ad Angolo, aveva scritto al p. generale: "Reverendissimo Padre, io, Alessandro Preda, con il benestare del p. spirituale e di mia spontanea volontà, chiedo di essere ammesso in noviziato per poi far parte della Congregazione dei Figli del Sacro Cuore di Gesù, per le missioni dell'Africa centrale e dell'America".

Chi è stato con lui assicura che Alessandro fu sempre uno che preferiva stare un passo indietro rispetto ad altri tipi alle volte anche troppo intraprendenti. Sembrava che un velo di timidezza lo accompagnasse sempre. Nelle discussioni amava ascoltare in disparte accompagnando le argomentazioni, alle volte piuttosto accese, con un leggero sorriso sulle labbra. Quando, però, c'era da lavorare per la pulizia della casa o per altre cose, era uno dei primi che si prestava senza fare commenti od osservazioni.

P. Francesco Cordero, maestro dei novizi, scrisse di lui queste testuali parole: "Per impegno e generosità è il migliore del primo anno: un santino. Da notare, però, che sembra non abbia ancora avuto la crisi della pubertà: quindi c'è da aspettarsi molto di buono, ma potrebbe anche succedere qualche svolta brusca quando si sveglierà. Nei suoi uffici è intelligente e meticoloso. Attira un po' le simpatie, ma non è colpa sua, anzi fa di tutto per stornarle da sé. Ho molta speranza, data anche la sua costante e totale apertura di coscienza".

Il 19 settembre 1956, i novizi di Firenze approdarono a Gozzano. Il noviziato fiorentino, infatti, veniva chiuso per lasciar posto ai postulanti.

Ma a Gozzano si fermò appena due mesi. Occorrevano giovani per incrementare il noviziato da poco aperto a Famalicão, in Portogallo. P. Pietro Rossi, maestro dei novizi, indicò ai superiori Alessandro Preda come uno che dava buona garanzia di riuscita e che, con la sua vita e il suo esempio, avrebbe contribuito a impostare bene quel noviziato. I fatti gli diedero ragione. P. Zoia, maestro a Famalicão, confermò in pieno il giudizio di p. Cordero aggiungendo che Alessandro Preda era un elemento che avrebbe reso piacevole la vita di comunità ai confratelli. E della temuta crisi della pubertà? Neanche una parola.

P. José De Sousa scrive: "Preda fu uno dei tre novizi arrivati dall'Italia per il secondo anno di noviziato, insieme ai quattro portoghesi dello stesso anno. Io facevo il primo anno iniziando, così, l'internazionalità. Con Preda c'era Giocondo Pendin e Guido Franceschina. Preda ci ha fatto subito molta impressione perché parlava solo quando era necessario, era intelligente, accessibile a tutti. Se ne intendeva di musica, ma non era per niente orgoglioso di questa sua dote. Si è comportato ugualmente bene anche quando fece l'assistente dei seminaristi a Viseu dal 1960 al '62".

Nella domanda per i Voti, il giovane novizio aggiunse: "Qualunque cosa i superiori decideranno a mio riguardo sono certo che sarà per il mio maggior bene, quindi mi dichiaro fin da adesso pronto ad accettarla con riconoscenza".

Come una palla

Emessi i Voti a Famalicão il 9 settembre 1957, andò a Verona per il liceo. P. Gino Albrigo, superiore a Verona in quel tempo, scrisse di lui: "Ottimo come pietà, eccellente quanto ad osservanza della Regola. Si accontenta di poco per se stesso e chiede umilmente ogni piccolo permesso. E' amato da tutti per la sua bontà serena e pronta ad aiutare. E' un buon soggetto in tutti i sensi". P. De Maldè, successore di p. Albrigo, aggiunse: "Giovane serio, con senso di responsabilità. E' uno che dà fiducia anche se è timido e chiuso alquanto; facile, però, ad aprirsi quando viene interpellato. Grande spirito di sacrificio e generosità. Farà bene e sarà un bravo missionario".

A Verona cominciò a manifestarsi in Alessandro una fastidiosa sinusite che gli procurava forti mal di testa. Tuttavia egli sembrava non farci caso anche se alle volte gli si leggeva in faccia una buona dose di sofferenza.

Quando si trattò di passare in teologia (1960), invece di seguire i compagni a Venegono, venne inviato a Viseu dove, con lo studio, avrebbe prestato la sua opera come assistente dei ragazzi.

In questo ufficio risaltò un'altra dote di Alessandro: la capacità di immedesimarsi nel mondo giovanile. Giocava con i ragazzi come fosse uno di loro ma, al momento opportuno, con tatto e delicatezza, si ricordava del suo ufficio di formatore. E interveniva per correggere, per ammonire e per dire la parola di lode quando ci voleva.

Per gli ultimi due anni prima del sacerdozio, andò a Venegono insieme ai suoi compagni. "Sono stato qua e là come una palla - disse a un suo compagno - ora, finalmente, un po' di pace".

Venne ordinato sacerdote a Verona, nel Tempio Votivo presso Porta Nuova, dal card. Agagianian il 28 giugno 1964. Suo compagno di ordinazione fu, tra gli altri, p. Egidio Ferracin che lo ha preceduto in paradiso percorrendo la strada del martirio.

Sulle strade del Brasile

I 26 anni di vita missionaria di p. Preda furono tutti consumati in Brasile. Cominciò con l'andare a São Matteus come insegnante in seminario, coadiutore a Conçeição da Barra e poi superiore e segretario delle opere sociali. Ognuna di queste attività era in grado di assorbire le energie del più robusto dei missionari. Preda, invece, non aveva una salute di ferro. La sinusite lo tormentava e l'applicazione e l'impegno con cui si dedicava ai vari uffici lo facevano arrivare a sera stremato.

Dal 1967 al 1970 fu a Nova Venecia come coadiutore. Era una scusa per concedergli un po' di riposo. In realtà p. Alessandro si munì di cavallo e cominciò il suo ministero visitando le famiglie disperse nel sertão. Questo contatto umano con i poveri, i bisognosi, i semplici che vedevano nel sacerdote l'amico, il padre, il consigliere, colui che li sapeva ascoltare con bontà partecipando ai loro problemi, arricchì molto il Padre e fece del gran bene alla gente.

Quando nel 1970 andò a Roma per il corso di aggiornamento portava con sé una ricca eredità di esperienza per cui poteva dirsi un missionario completo sotto tutti gli aspetti.

Formatore di sacerdoti

Dopo Roma fu inviato nuovamente in Brasile, per un anno a São Gabriel e poi a Jeronimo Monteiro come rettore del seminario e insegnante. I confratelli ricordano la paura che il Padre manifestò quando gli fu data la responsabilità del seminario. Egli protestava che non se la sentiva, che non era adatto a quel compito, anche perché il seminario stava vivendo un periodo di particolare difficoltà. Tuttavia, fedele al suo motto: "Ciò che i superiori vogliono è la cosa migliore per me", si sobbarcò il peso. I risultati furono ottimi.

"Questo seminario minore - scrive p. De Sousa - era destinato a chiudere i battenti per motivi giudicati doverosi da tutta la Provincia del Brasile Sud. Erano tempi di cambiamento di metodi, di confusione di idee, di fughe in massa di seminaristi. P. Preda riuscì a fare molto, anche se gli costò parecchia fatica".

Nel 1980, dopo le vacanze in Italia, passò a S. Luzia, nel Brasile Nord, come addetto alla parrocchia. Il ministero tra la gente gli dava un senso di relax e gli restituiva le forze. Ma il suo destino doveva essere con i seminaristi. In seguito, infatti, andò nuovamente nel seminario di São Matteus come responsabile.

"Era un uomo pieno di Spirito Santo - dice p. Bartesaghi - dove arrivava lasciava un'impronta positiva. Il suo lavoro era preceduto da abbondante preghiera e spirito di sacrificio. Ricordo la tenera devozione che nutriva verso la Madonna, devozione che instillava nei seminaristi come medicina sicura per un'ottima riuscita nel sacerdozio. Non dubito attribuire i suoi successi apostolici a un diretto intervento del Signore che lui invocava insistentemente. Il suo criterio e la pazienza con cui affrontava le questioni più contorte, facevano il resto".

"Dopo la sua improvvisa scomparsa da questa terra - continua p. De Sousa - posso dire che p. Preda fu l'uomo della fedeltà. Fu fedele al suo impegno religioso e missionario; fedele al suo compito di educatore e formatore di seminaristi; fedele al suo dovere: il dovere era sempre al primo posto; fedele alla comunità e allo spirito che la regge; fedele nella pazienza verso gli alunni, le persone e nel sopportare il male che l'ha colpito. Nelle assemblee provinciali era sempre calmo, di poche parole, ma piene di contenuto. Sapeva ascoltare gli altri e sapeva cogliere il meglio nelle conclusioni".

Ho solo da dire grazie

La malattia di p. Preda giunse come un fulmine a ciel sereno. In seguito ad una biopsia dentaria, fu scoperto un tumore maligno alla mascella. Operato la prima volta in Brasile nell'agosto del 1989, ci si rese presto conto che ormai era troppo tardi essendosi il male diffuso nelle parti circostanti. Un secondo intervento, non condiviso da tutti gli specialisti brasiliani, risultò ugualmente inutile.

A questo punto i fratelli Angelo e Alberto, il più anziano e il più giovane, corsero in Brasile e convinsero p. Alessandro ad andare in Italia nella speranza di un ultimo tentativo. Fu accompagnato nel viaggio dal suo Provinciale, p. Francesco Lenzi.

A Verona fu subito visitato dal primario specialista oncologico di Borgo Trento e nella stessa mattinata fu ricoverato presso la clinica O.R.L. di Borgo Roma dove gli venne effettuato un trattamento di chemioterapia.

P. Preda ormai sapeva che la sua fine era prossima per cui pregò i superiori di portarlo in Casa madre: voleva morire tra i confratelli. Cosa singolare: appena giunse in casa, chiese l'orario della comunità e delle pratiche di pietà.

Dopo solo due giorni di permanenza presso il Centro Assistenza Ammalati, le sue condizioni peggiorarono. Chiese gli ultimi sacramenti che ricevette con edificazione di tutti. Nella stessa serata del 9 marzo, alle ore 23.15, serenamente passava dal sonno al riposo eterno.

"La sua presenza a Verona, pur così breve - scrive fr. Smalzi, infermiere, - è stata caratterizzata da un'accettazione stupendamente filiale della volontà del Signore. Era cosciente del suo stato e, tra le sue ultime parole, ci fu questa espressione: 'Ho desiderato venire in Casa Madre per aver l'unzione degli infermi e morire tra i miei'".

In una lettera scritta agli amici il 6 febbraio 1990 aveva detto: "Mentre scrivo sono ospite delle Suore Francescane, Figlie della Divina Provvidenza, che mi hanno accolto con ogni attenzione e affetto. Ad esse il mio grazie. Grazie anche alle Suore di Santa Caterina nel cui ospedale sono stato operato, ai medici e agli infermieri che mi hanno assistito. Grazie alle suore infermiere del Bràs. Molte grazie a chi mi ha visitato, viaggiando in pullman 2.000 chilometri in due giorni. Grazie alle suore "Azius" e alle Comboniane, sempre presenti durante questi cinque mesi.

Grazie ai fedeli della comunità di Carapina (l'ultima che aveva servito come pastore n.d.r.), agli agenti di pastorale e agli amici d'Italia, a mons. Aldo Gerna, vescovo di San Matteus, ai vescovi di Vitoria, ai sacerdoti novelli della diocesi di San Matteus, ai sacerdoti, ai confratelli.

Aiutatemi con la vostra preghiera. La mia vita continuerà ad essere disponibile per il Brasile, se Dio vorrà. Se Lui dispone diversamente, mi piacerebbe accettare la sua volontà con la disposizione che provo in questo momento, quella di un grazie. A tutti un grande abbraccio e arrivederci dove e come Dio vorrà. Costruiamo il Regno col lavoro, con la preghiera e con la sofferenza".

La sua testimonianza

I confratelli del Brasile hanno raccolto la testimonianza di vita che p. Preda ha lasciato e l'hanno pubblicata sul loro notiziario. La riportiamo:

"P. Sandro se n'è andato e ha lasciato molta nostalgia. Il suo esempio di oblatività e distacco ha arricchito l'eredità del gruppo comboniano in Brasile.

Il ricordo della sua testimonianza, fedele e persistente a favore dei poveri e della crescita della Chiesa, che ha caratterizzato la sua vita ci dà animo e ci conforta.

Lavoro:

I 25 anni di vita apostolica di p. Sandro hanno coinciso con un periodo molto fecondo del cammino  della Chiesa del Brasile che, a partire dal Concilio Vaticano II, ha cercato di prendersi carico con più decisione della sua responsabilità evangelizzatrice e di servizio di liberazione del popolo. Le preoccupazioni e le scelte della Chiesa locale sono state le stesse di p. Preda. Infatti, subito al suo arrivo in Brasile, diventò direttore di opere sociali per alleviare i bisogni del popolo dell'interno che viveva nella totale noncuranza delle autorità civili.

Si dedicò con lo stesso impegno al lavoro di promozione delle comunità ecclesiali di base e all'organizzazione del popolo, sia nel Maranhão, sia nello Spirito Santo. E quando la diocesi di San Matteus sollecitò il suo aiuto per la promozione dei futuri sacerdoti, accettò con coraggio e decisione quest'ultima sfida della sua vita.

Spiritualità:

Il suo lavoro apostolico fu sostenuto da una spiritualità che aveva le seguenti caratteristiche:

- In primo luogo la capacità di uscire da se stesso. Ci impressionò la sua difficoltà a ritornare in Italia perché, diceva, mancava il discernimento e l'avvallo della comunità di Carapina.

- In secondo luogo era ammirabile la sua capacità di "convivere con i conflitti". Il fatto di dover affrontare situazioni e sfide nuove nella pastorale e nella formazione, rese palese la sua maturità e serenità facendolo diventare uno strumento di comunione.

- In terzo luogo, la capacità di "valorizzare il prossimo". Noi della comunità provinciale, che lo abbiamo seguito durante gli ultimi mesi della sua malattia, ci siamo accorti di quanto fosse grande la sua ricerca di direzione e di discernimento spirituale. Sandro è stato un uomo semplice, di poche parole. Il suo amore per gli altri seppe costruire amicizie vere e feconde.

Eredità:

Il giorno 7 febbraio 1990, prima di partire per l'Italia, lasciò un regalo per tutti noi: una domanda come eredità. Di fronte al suo male ci sfidava a rispondere: '... non perché, ma in vista di che Dio ha voluto agire così?'.

Egli aveva già trovato la risposta e con la sua testimonianza serena e silenziosa continua a ricordarci che 'se il chicco di grano che cade nella terra non muore...'. Grazie, p. Sandro".

Dopo le esequie in Casa Madre, la salma è stata traslata al paese natale dove la funzione è stata ripetuta alla presenza di molti parenti e di una grande folla. Ora riposa nella tomba di famiglia nel locale cimitero.

P. Alessandro Preda sarà ricordato dai confratelli e dalla gente del Brasile come un uomo buono, un pastore vero, un missionario che si è continuamente sforzato di riprodurre in sé il cuore di Dio.                             P. Lorenzo Gaiga

Da Mccj Bulletin n. 168, ottobre 1990, pp. 61-67