Mercoledì 20 marzo 2024
In Sud Sudan si vive una Quaresima di doppia attesa: l’attesa spirituale della Risurrezione di Cristo e l’attesa civile di elezioni che dovrebbero tenersi a fine anno e potrebbero aiutare la costruzione di una vera identità nazionale. «La tornata elettorale — spiega suor Elena Balatti, missionaria comboniana che opera a Malakal — ha una grande importanza per il Paese. [L’Osservatore Romano]

Essa potrebbe dare una legittimità democratica al sistema politico e potrebbe avviare una nuova stagione di crescita umana ed economica. Ma, soprattutto, potrebbe portare un periodo di pace, dopo anni di guerra civile che ha stremato la popolazione. Le elezioni sono infatti il punto finale degli accordi di pace del 2015 e del 2018. In quelle schede c’è quindi una speranza forte da parte della gente comune di una vita normale e prospera».

Il Sud Sudan è una nazione giovane. Diventato indipendente dal Sudan, si è trovato a fare i conti con una devastante guerra civile che ha contrapposto il presidente Salva Kiir e il suo vice Riek Machar. Alle spalle tensioni tra le due principali etnie: i dinka e i nuer. Il conflitto ha ucciso decine di migliaia di persone, distrutto infrastrutture e paralizzato l’economia sudanese, sfollando più di otto milioni di persone che si aggiungono agli oltre due milioni di cittadini costretti ad abbandonare le loro case prima della guerra civile. La situazione sul campo è complessa. Il report Integrated Food Security Phase Classification riporta che, tra settembre e novembre 2023, il numero di persone in situazione di insicurezza alimentare acuta era pari a 5,83 milioni, il 46 per cento della popolazione. Tra luglio 2023 e giugno 2024 si stima che 1,65 milioni di bambini di età compresa tra sei mesi e 5 anni soffriranno di malnutrizione acuta, dei quali 480.000 dovrebbero patire malnutrizione acuta grave. «Nel Paese — riprende suor Elena — c’è una tensione latente. Nelle grandi città, come Juba e Malakal, il clima politico è pericoloso e molti temono che si possa scatenare una violenza generalizzata. Episodi legati a conflitti interetnici e interclanici sono assai frequenti. Molte tensioni sono legate anche alle razzie di bestiame che, purtroppo, si intensificano durante la stagione secca. Un tempo questi scontri avvenivano con armi bianche oggi, ahimè, sono assai diffuse le armi automatiche che fanno numerose vittime e feriti».

In tale contesto la Chiesa cattolica continua la sua lotta per la pace e la riconciliazione spinta da Papa Francesco che, nel viaggio apostolico in Sud Sudan nel 2023, disse fra l’altro: «Questa è la via: rispettarsi, conoscersi, dialogare. Atteggiamento essenziale per i processi di pace, indispensabile anche per lo sviluppo coeso della società». E al «Paese fanciullo», come lo ha chiamato, per passare «dall’inciviltà dello scontro alla civiltà dell’incontro», ha indicato le vie sulle quali realizzare e affermare la realtà pubblica ponendosi al servizio del bene comune, perché «lo scopo del potere è servire la comunità: la lotta alla corruzione, arginare l’arrivo di armi, lo sviluppo di adeguate politiche sanitarie, infrastrutture vitali e, in modo speciale, al ruolo primario dell’alfabetizzazione e dell’istruzione».

La Chiesa sudsudanese sta vivendo un anno dedicato all’Eucarestia. Un periodo dedicato alla conoscenza, all’amore e alla diffusione della devozione eucaristica. «In questo periodo forte che è la Quaresima», continua la religiosa, «invitiamo le persone a valorizzare il dono dell’Eucarestia e a coniugarlo con una profonda conversione dei cuori. Qui in Sud Sudan, nazione dove la povertà è diffusa e che sta vivendo una profonda emergenza sociale, è difficile proporre per la Quaresima la pratica del digiuno. Però è importante portare avanti un percorso di conversione e di condivisione. Molte persone si trovano a vivere una grave crisi economica e quindi chiediamo a chi ha di più di metterlo a disposizione di chi soffre».

Nelle città sudsudanesi le celebrazioni sono molto sentite dai fedeli. In altre zone, dove è più forte la presenza e la tradizione di confessioni cristiane diverse, missionari e missionarie cercano di rafforzare il messaggio e la tradizione cattolica della Quaresima, una tradizione che fa perno sull’Eucarestia, sul rosario, sulla Via Crucis, sull’adorazione. È un lavoro complesso: «Fuori dalle città i religiosi e le religiose sono pochi. I catechisti fanno del loro meglio con la loro conoscenza delle lingue locali e la preghiera. Anni di insicurezza e conflitti hanno però reso difficile anche aiutarli ad avere una formazione più solida. Dal 2020 abbiamo iniziato nuovi percorsi più strutturati concentrati sullo studio delle Scritture e sui sacramenti. I risultati si vedranno presto, ne sono certa».

Enrico Casale – L’Osservatore Romano