Ha raccomandato l’anima Comboni.

Ricordiamo questo missionario per due motivi. Il primo perché è stato presente alla morte di san Daniele Comboni e gli ha raccomandato l'anima; secondo, perché con le sue questue in Canada ha consentito la costruzione della Casa Madre dei Comboniani a Verona. Nonostante i suoi difetti e il suo carattere volubile, ha fatto tanto bene per la missione dimostrando che il Signore si serve per le sue opere anche dei tipi un po' difficili.
Quella di p. Bouchard è una vocazione tribolata. Nato a Rivière-Quelle, Quèbec (Canada) nel 1845 è entrato ed uscito due volte, per malattia, dal noviziato degli Oblati di Maria Immacolata, come Fratello. Mentre faceva il portinaio e il sarto nel seminario di S. Sulpizio di Montrèal, ha incontrato p. Herbert Vaughan, fondatore dei missionari di Mill Hill, poi arcivescovo di Westminster e cardinale che lo ha condotto con sé a Londra, facendogli completare gli studi filosofici e letterari. Ammalatosi all'inizio della teologia, ha lasciato i Mill Hill e nel 1877, per interessamento del duca di Norfolk, è stato accolto a Verona.
L'11 agosto 1878 è stato ordinato sacerdote dal card. Canossa e, nel febbraio del 1879, è partito per il Cairo. Verso la fine dell'anno è andato a Khartoum.
Nonostante gli studi affrettati, aveva delle belle qualità: conosceva il latino e parlava francese, inglese e italiano. Partito da Khartoum p. Bonomi, è stato nominato superiore e parroco. Come tale ha amministrato gli ultimi sacramenti e ha assistito Comboni morente.

Le ultime parole

“Alle 10 della mattina del 10 ottobre del 1881, mons. Comboni, sentendosi male, desidera ricevere i santi sacramenti. Dopo essersi confessato, riceve il Santo Viatico con i segni del più vivo fervore. Aveva passato l'ultima notte parlando di casa sua, dell'infanzia, di suo padre Luigi a Limone sul Garda. Ma le sue ultime parole furono quelle di un fondatore che si sente morire e che lascia ai suoi seguaci le sue ultime raccomandazioni, in fretta, prima che una nube gli offuschi la mente… “Abbiate coraggio; abbiate coraggio in quest'ora dura, e più ancora per l'avvenire. Non desistete, non rinunciate mai. Affrontate senza paura qualunque bufera. Non temete. Io muoio, ma l'opera non morirà”…
Alle otto di sera Daniele Comboni entrava in agonia. Ha perso la voce, ma era cosciente. Padre Arturo Bouchard, chino sul morente, gli dice. “Monsignore, il supremo momento è arrivato… Sono venticinque anni che combattete le sante battaglie del Signore. Avete sacrificato la vostra vita. Rinnovate il sacrificio. Tra pochi istanti andrete a ricevere la corona promessa a coloro che hanno tutto abbandonato per Dio…”. Daniele Comboni s'illuminò tanto da trasfigurarsi. Vedeva il cielo. Il respiro s'accelerò in ànsito fitto, rallentò, si spense tra le braccia di p. Bouchard, dolcemente come un bambino che si addormenta tra le braccia della mamma”.

Questuante

Dopo la morte di Comboni, mancando sul posto un rappresentante ufficiale dell'Estinto, per iniziativa del console Hansal, Bouchard fu inviato a nome della comunità cattolica di Khartoum a Roma, per chiedere a Propaganda Fide la nomina a Vicario apostolico di mons. Matteo Kirchner, già provicario rinunciatario dopo il Knoblecher, che però non accettò l'incarico. Anzi fu accolto molto freddamente sia a Roma come a Verona, allora fece un viaggio in Francia e in Canada per raccogliere offerte per la missione dell'Africa Centrale e il Collegio della Nigrizia di Verona. La raccolta fu abbondante.
Comboni aveva scritto di lui: “Ho lasciato superiore in Khartoum p. Arturo Bouchard, uomo di sodezza e grande abnegazione che, come fa p. Bonomi, p. Dichtl, p. Ohrwalder, p. Pimazzoni e anch'io non gustiamo quasi mai vino, accontentandoci della merissa africana”. Povero p. Bouchard, nonostante il suo carattere, era amato e stimato da Comboni il quale gli perdonava tutto perché amava la missione e si sacrificava per gli africani.

Un tipo eccentrico

Morto Comboni, p. Bouchard ha fatto chiudere la scuola che, vivente Monsignore, aveva implacabilmente contraddetta. Inoltre si lasciava andare a critiche nei confronti dei missionari e delle suore con le quali si lagnava continuamente. Scrivendo contro la superiora di Khartoum, una santa donna, disse: “Io mi domando se per accontentare i gusti filosofici e aristocratici d'una donna che avrebbe fatto molto meglio restare a casa sua, anziché mettere il suo naso dove non c'entra, si deve rovinare la missione… Lasciatemi arrivare a Roma. In quel giorno la santa madre avrà finito di impicciarsi delle cose altrui. Se il mio viaggio non avesse altro scopo che di mandare al diavolo tutte le sante madri che rovinano la missione, basterebbe e io sarei contento”
A Roma e a Verona, dove conoscevano sia la suora, sia il Padre, lo hanno accolto con il sorriso sulle labbra, per non dire con freddezza.

Cappellano dei battellieri

P. Bouchard è ritornato in Sudan nel 1884 come cappellano di una compagnia di battellieri canadesi, impegnati nelle spedizioni sul Nilo per liberare Gordon assediato dai mahdisti a Khartoum. Fu bene accolto dai missionari che tennero con lui buone relazioni.
Nel 1885, mentre Khartoum capitolava sotto le orde del Mahdi e a Gordon veniva tagliata la testa, p. Bouchard ha fatto in tempo a fuggire e a riparare in Canadà dove ha esercitato il ministero in diverse parrocchie È morto il 12 settembre 1896 a Carénage nell'isola di Trinidad.
Carattere esuberante e focoso, era incapace di stare a lungo nello stesso luogo e con le stesse persone con le quali finiva sempre per litigare. Era tutto ardore quando parlava delle missioni e di Comboni e, pur essendo uscito dall'Istituto, ha continuato a mandare offerte per la costruzione della Casa di Verona che è stata inaugurata nel 1898. P. Bouchard ha lasciato molte lettere che un suo amico ha raccolte in un volume con una nota biografica (Le R P. Bouchard, Québec, 1897, 232).

(P. Lorenzo Gaiga)

(1845-1896)