Giovedì 26 agosto 2021
Oggi 24 agosto ci siamo commiatati dal nostro confratello padre Claudio Gasbarro. Arrivato in sordina a Castel D’Azzano tre settimane fa, discretamente, quasi in punta di piedi, se n’è andato sabato scorso il 21 agosto. Il funerale è stato presieduto da padre Renzo Piazza, superiore della comunità, che aveva convissuto in missione con padre Claudio in Ciad.

Padre Renzo ha iniziato l’Eucaristia ricordando che oggi, oltre ad essere la festa liturgica dell’apostolo Bartolomeo, ricorre il 29esimo anniversario dell’uccisione di Fratel Alfredo Fiorini a cui è dedicato il nostro Centro, circostanze che ci ricordano che la missione è sempre “martirio”, testimonianza, per il sangue, la malattia o il servizio vissuto fino all’estremo delle nostre forze.

I funerali del P. Claudio Gasbarro si concluderanno domani mercoledì, 25 agosto, alle ore 15.30, al suo paese natale, Pescocostanzo (AQ). Riportiamo qui di seguito il testo dell’omelia di P. Renzo a Castel D’Azzano.

Funerale del P. Claudio Gasbarro

P. Claudio Gasbarro, in Ciad.
(20-03-1942 – 21-08-2021)

P. Claudio è arrivato nella nostra comunità il 1° agosto scorso e per molti di noi era uno sconosciuto. Era nato 79 anni fa a Pescocostanzo, in Abruzzo, in provincia dell’Aquila. Il 9 settembre 1966 emetteva i primi voti e il 18 marzo del 70 fu ordinato sacerdote. Per l’occasione la sorella Mariuccia gli ricamò il camice con una paziente lavoro al tombolo durato due anni… Fu incaricato della promozione vocazionale nella comunità di Sulmona e nel 76 fu destinato alla Provincia del Centrafrica-Ciad. Fece parte del primo gruppo di confratelli che iniziarono la presenza comboniana in Ciad, prendendo il posto dei Gesuiti in difficoltà di personale. Arrivò infatti a Moissala nell’agosto del 77 con P. José Delgado e P. Miguel Sebastian. Il vescovo nel presentarlo alla comunità lesse il suo nome alla francese: “Voici le Père Clodiò” e rimase per sempre e per tutti il P. Clodiò.

Fu incaricato di un settore a 40 km dal centro, Bekourou, con una trentina di comunità cristiane da seguire e animare. Ebbe appena il tempo di guardarsi attorno, di imparare qualche parola della lingua Mbay che fu coinvolto nei dolorosi avvenimenti della guerra civile del 79 che avrebbe marcato un tornante nella vita sociale e politica del Paese. Moissala fu teatro di violenti massacri da parte dei locali contro i musulmani del nord. Ritornando alla missione in compagnia del Vescovo venuto per amministrare le cresime nel suo settore, P. Claudio trovò le strade di Moissala disseminate di cadaveri, di sangue e di fortissima tensione. Tra coloro che avevano perpetrato quei massacri vi erano dei cristiani battezzati dallo stesso vescovo, iniziatore di quella missione, che commentò: “Abbiamo generato dei lupi”. Un confratello che aveva cercato di mettere in salvo nel Centrafrica un gruppo di musulmani fu obbligato a lasciare la missione perché minacciato di morte…

In questo contesto di fragilità e di tensione P. Claudio continuò il suo ministero: studio della lingua, visite ai villaggi, accompagnamento dei giovani. Nel lavoro pastorale non era molto organizzato, ma aveva un contatto semplice e immediato con la gente: si era inserito con la spontaneità e l’entusiasmo di un uomo del sud: cantava, rideva, ballava, stava con la gente che subito percepì che aveva a che fare con un uomo semplice e buono, disponibile ad aiutare e che non sapeva dire di no. E della bontà del P. Claudio ne approfittò, soprattutto quando usciva a visitare le comunità nei villaggi più lontani. I richiedenti di un passaggio con l’auto diventarono numerosi e, senza criterio caricavano l’auto con i loro bagagli, sacchi di miglio, capre e galline. P. Claudio, che non sapeva dire di no, fu sommerso dalle richieste tanto che per lui divennero un tormento, a tal punto che l’uscita “in brousse” divenne un problema. Claudio preferì rimanere al centro e per evitare questo stress si dedicò alla traduzione dei lezionari in lingua mbay.

Nel dicembre dell’82 io lo raggiunsi a Moissala per prendere il suo posto. Fu P. Claudio che mi insegnò le prime parole della lingua locale, mi fece conoscere i catechisti su cui potevo contare, le strade da percorrere, i villaggi più importanti. Vedevo che con la gente aveva un contatto immediato e spontaneo ed era benvoluto. Nel corso del primo viaggio di conoscenza del territorio, un capo villaggio ci regalò una capra per accogliere il nuovo arrivato, frutto senza dubbio del clima di fraternità e amicizia creato dal P. Claudio.

Fu destinato ad una nuova missione comboniana – la quarta – nella città di Sarh. Anche lì i gesuiti lasciavano la parrocchia ai comboniani, ma come struttura vi era solo una chiesa: mancava la casa, le aule, e l’organizzazione della pastorale. Il giorno dell’Epifania del 1983 P. Claudio, solo membro dell’incipiente comunità, fu presentato alla gente come nuovo parroco e si mise al lavoro, naturalmente con entusiasmo, lo stesso stile e … gli stessi problemi. Un anno dopo la ribellione del sud contro il governo del nord riportò la guerra in tutta la zona e anche nella città di Sarh. Per Claudio iniziarono anche alcuni problemi di salute: stanchezza e debolezza che lo obbligarono a lasciare il paese di lì a poco. Era il 1986. Fu destinato all’Italia e sostituì il P. Massimo Cremaschi all’ACSE di Roma. Fu poi a Casavatore e a Castel Volturno con Fr. Vincenzo Pannice, occupandosi di migranti, ed infine a Lecce fino a pochi giorni fa.

Alla notizia della sua scomparsa il Vescovo di N’Djamena ha inviato un piccolo messaggio: “Condoglianze a tutta la famiglia comboniana per questo amico, questo fratello maggiore e questo pioniere della missione comboniana in Ciad… Uomo giovale ed attento agli altri, riposa in pace!”.

Una ragazza che era stata preparata da lui al battesimo così ha scritto: “Padre, sono sconvolta e amareggiata per questa triste notizia. Abbiamo pregato come ci raccomanda la fede. Che riposi in pace per l’eternità. La mia compassione a tutta la comunità comboniana in tutto il mondo e a quelli di Moissala in particolare. Grazie per la sua vita offerta per noi”.

Pensando ad un brano evangelico che fosse una sintesi della sua vita mi è venuto spontaneo scegliere il vangelo che abbiamo appena ascoltato. Sul lago di Tiberiade, dopo aver mangiato, Gesù risorto chiede a Pietro: “Mi ami tu?” E conosciamo la risposta: “Signore, tu sai tutto, tu sai che ti voglio bene”. P. Claudio ha voluto bene a modo suo alla gente del Ciad nella spontaneità, nell’immediatezza, facendo fronte ai problemi più con il cuore che con l’organizzazione. Penso che abbia voluto bene nello stesso modo al suo Signore: “Tu sai tutto, tu sai che ti voglio bene”. Di questo ho trovato riscontro anche in un quaderno – l’unico documento che ha portato da Lecce, – dove ha annotato alcune riflessioni spirituali. “Signore, sono davanti a te. Tu solo mi conosci e sai quanto vorrei dirti e quale è la situazione della mia vita. All’inizio di un nuovo anno di impegni vorrei fare un po’ di ordine nella mia vita. Riaffermo nell’adorazione che tu sei il mio Signore. Riaffermo il mio impegno nel sacerdozio e nella mia vocazione missionaria. Ti ringrazio del dono dell’amicizia. Ti ringrazio dei poveri che mi cercano” (11.09.92).

Nel luglio del 2000 scriveva così: “Tu sai che ti voglio bene, ma molto spesso ho l’impressione che quello che compio sia solo per dovere professionale. Aiutami a fare solo per amore tuo tutto quello che compio”.

Nel settembre dello stesso anno riprendeva: “Signore, tu sai che ti voglio bene. Signore tu sai che desidero forte che tu sia amato anche dagli altri, specie da quanti incontro nel mio ministero. Per queste persone soprattutto ti prego. Non permettere che alcuno si perda”.

Nel brano del vangelo di oggi vi è un altro aspetto che P. Claudio ha vissuto: “Quando sarai vecchio tenderai le tue mani e un altro ti vestirà e ti porterà dove tu non vuoi”. La difficoltà di P. Claudio a prendere delle decisioni, a dire di no, ha fatto sì che altri abbiano dovuto prendere decisioni al posto suo, e questo non solo in occasione dell’ultimo viaggio da Lecce a Castel d’Azzano. Gli è toccato, forse più volte, di essere condotto là dove non avrebbe voluto. È l’aspetto forse più duro e crocifiggente dell’obbedienza, fatta di rinuncia alla propria volontà. “Morire assolutamente alla propria volontà è la prima istruzione da fare ai postulanti”, scriveva San Daniele Comboni. P. Claudio ha vissuto questo, in modo intenso, proprio negli ultimi giorni della sua vita.

P. Claudio: sappiamo che sei già passato dalla morte alla vita perché nel battesimo hai ricevuto lo Spirito di Gesù e perché hai amato i fratelli e hai amato il tuo Signore e a lui hai affidato tutta la tua vita. Colui che conosce tutto e sa che tu lo ami, possa introdurti nel regno del Padre e dirti: “Vieni, benedetto dal Padre mio, e ricevi in eredità il regno promesso. Ho avuto fame… ho avuto sete… ero straniero… e tu ti sei preso cura di me”.

[Comboni2000]