Ricordando Fratel Lucio Cariani, entusiasta animatore animato dalla missione

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Sabato 10 settembre 2022
Fratel Lucio era membro della nostra comunità di Castel d’Azzano e godeva di una relativa buona salute fino a due giorni prima del suo ricovero urgente all’ospedale di Borgo Trento (Verona) dov’è deceduto giovedì scorso 8 settembre, festa della natività della Vergine Maria, a cui era particolarmente devoto, secondo la testimonianza dei familiari. (comboni2000)

Il suo funerale ha avuto luogo questa mattina a Verona Casa Madre, per ragioni di sicurezza, dato che nella nostra comunità di Castel d’Azzano è in corso una nuova ondata di Covid.

All’Eucaristia, oltre ad un buon numero di confratelli delle comunità della zona e di qualche sacerdote diocesano, hanno partecipato numerosi amici e familiari che hanno riempito la cappella di Casa Madre. Fratel Lucio era molto conosciuto e popolare, sia per la sua attività di animazione missionaria, che per la sua cordialità e capacità di intrattenere rapporti di amicizia con quanti veniva in contatto.

P. Renzo Piazza, superiore della comunità di Castel d’Azzano, ha presieduto l’Eucaristia e P. Giuseppe Cavallini, suo amico e compagno di missione, ha tenuto l’omelia. Era presente il superiore provinciale dell’Etiopia, P. Sisto Agostini, e P. Fabio Baldan, provinciale dell’Italia. Numerose sono state le testimonianze di amicizia e di stima di amici e confratelli alla fine dell’Eucaristia.

Fratel Lucio è stato sepolto nel cimitero monumentale di Verona, nella zona dove riposano i resti mortali di tanti nostri confratelli in attesa della Risurrezione.

La nostra comunità di Castel d’Azzano l’ha ricordato nell’Eucaristia serale, presieduta da P. Luciano Perina che ha evocato la sua esperienza personale dell’amore di Fratel Lucio per la gente, rimasto vivo anche decine di anni dopo avere lasciato la missione del Sudan.
Mentre ringraziamo il Signore della messe per il dono di Fratel Lucio all’istituto, Lo preghiamo di concederci altre vocazioni di fratelli animati dallo stesso zelo e amore per la missione.

Appunti dell’omelia di P. Cavallini

Ecco alcune caratteristiche di Fratel Lucio:

1. Fede e ottimismo inossidabili. Nel ’79 l’ho rimpiazzato in Etiopia quando lui fu assegnato all’Italia. Mi disse: l’Etiopia è difficile ma non temere, mi sostituirai degnamente, sarà Dio ad aprirti la strada.

2. Fratello eccezionale perché: animatore, formatore, economo, esperto in ogni campo professionale: elettrotecnico, meccanico, idraulico, carpentiere, muratore e ogni altro mestiere!

3. Forza di attrazione e entusiasmo. Forse però la sua più grande qualità era la capacità di attrazione che aveva su chi lo incontrava, ma soprattutto sui giovani, che affascinava raccontando loro la missione e facendola quasi vivere in diretta! Un dono che pochi hanno e che gli permetteva di creare solida amicizia con tutti.

4. Relazione profonda con Dio nella preghiera e una disponibilità grande a dare una mano nelle celebrazioni domenicali, quando con gioia intensa faceva da assistente al celebrante, leggendo la Parola di Dio, facendo da accolito e distribuendo l’eucaristia.

5. Ma… Non era tutto santo… Si indisponeva e si arrabbiava se vedeva disattento chi stava imparando da lui a fare qualcosa; non si dava pace all’idea di non avere imparato a sufficienza la lingua sidamo; riprendeva spesso chiunque guidasse al suo posto non sentendosi sicuro… insomma aveva i suoi punti deboli.

Molte comunità religiose, non solo comboniane, hanno potuto godere della sua amicizia e soprattutto del suo servizio ogni volta che avevano problemi ‘tecnici’ da risolvere: sistema elettrico o idraulico da riparare, pozzi da scavare, macchine da riparare ecc. Veniva soprattutto adorato dalle suore di Madre Teresa con le quali, sia ad Addis Abeba che ad Hawassa, aveva stabilito un legame davvero speciale.

Chi tra noi ha lavorato con lui in Etiopia o in Eritrea potrebbe raccontare mille episodi, io accenno soltanto a un paio di cui sono stato testimone diretto: 

1. Era accogliente ma quando necessario anche deciso. Quando giunse a Teticha negli anni ’80 al tempo della dittatura di Menghistu Haile Mariam e vide che i capi locali facevano gli sbruffoni in casa dei missionari usandola come fosse loro (mangiando e bevendo e trattando a piacimento il parroco di origine eritrea che comprensibilmente li temeva), fece capire loro, col suo tipico stile gentile ma deciso, che dovevano smetterla… e li fece pian piano desistere dal farsi vivi.

2. Comprensivo ma retto. Al Centro pastorale diocesano di Dongorà, dove eravamo insieme in comunità, avevamo un pozzo ormai senza acqua ma indispensabile per centinaia di animatori pastorali e catechisti che venivano per i corsi di formazione. Quelli della dita contrattata per scavarlo arrivati alle prime acque a 40 metri di profondità cercavano di squagliarsela. Lucio prima mi rimproverò e poi li prese per le orecchie e li obbligò a raggiungere i 70 metri, fino all’acqua sicura! Per me ignorante in materia si sarebbero fermati ai 40! 

A Qilleenso lo chiamai, aveva già oltre 85 anni, per riparare le pompe dei due pozzi che si erano bruciate; mi faceva trattenere il fiato mentre trappolava a cavalcioni sul muretto dei pozzi profondi 25 metri per re-installarle dopo averle riparate.

L’evento che lo costrinse a tornare in Italia fu così imprevisto e improvviso che non ci fu neppure modo di ringraziarlo come si sarebbe dovuto, sia da parte delle nostre comunità missionarie che della gente tra cui lavorò. Ero con lui ad Hawassa a organizzare lo spazio necessario a far pernottare un gruppo di giovani del mio paese che arrivavano in visita accompagnati dal vice-parroco. Stavamo stendendo dei materassini per terra e improvvisamente Lucio si girò e mi disse: “Giuseppe non riesco più a vederci bene, vado in stanza, vai da solo a pregare i vespri”. Mi chiese di portarlo il mattino dopo prestissimo ad Addis Abeba e così feci. Gli riscontrarono una forma di ictus che gli aveva colpito gli occhi… diagnosi che venne confermata poi in Italia, dove era stato immediatamente accompagnato. Un colpo tremendo per lui che leggeva e scriveva centinaia di lettere ad altrettanti amici…

Infine gli anni spesi prima in Casa Madre e poi a Castel d’Azzano. Le missioni di Sudan, Sud Sudan, Uganda, Eritrea ed Etiopia, i comboniani e le comboniane che vi hanno lavorato, ma soprattutto le migliaia di persone che lo hanno conosciuto non gli saranno mai grati abbastanza per il bene che ha sparso in oltre 50 anni di attività missionaria.   

Testimonianze

Addio a Lucio Cariani Missionario in Africa con Cento nel cuore

Cordoglio e commozione a Cento per la scomparsa di fratel Lucio Cariani, per decenni missionario in Africa, molto conosciuto e amatissimo. Una vita per il prossimo, per gli ultimi. Aveva 95 anni e da una decina (tornò solo perché cieco) viveva a Verona nella casa madre dei comboniani, congregazione cui apparteneva dal 1951 (…).

In Africa ha svolto un servizio straordinario a favore di quelle popolazioni; un servizio di autentica carità cristiana supportato da una capacità organizzativa unica originata dalla sua frequenza delle scuole professionali “Taddia” della città, poi affinatasi nella quotidianità e nelle concrete e fondamentali esigenze delle comunità per le quali realizzava pozzi, costruiva edifici e chiese, effettuava manutenzione ad ogni sorta di motori. Era fortemente supportato dal Gruppo”Amici di fratel Lucio” che gli facevano avere denaro e materiali. Periodicamente tornava a Cento dove incontrava parenti, amici, benefattori e tanti ragazzi delle varie scuole che volevano conoscere questa sua esperienza singolare, vissuta sempre con entusiasmo, grande fede, sorriso sulle labbra.

Lucio, il grande cuore centese, sarà salutato l’ultima volta sabato alle 10 a Verona.

Alberto Lazzarini
FOTO di Andrea Sammaritani

Interviste

Fr. Lucio Cariani – missionario Comboniano emiliano, da sempre amico di SE VUOI – si trova in Africa da più di 50 anni (con qualche parentesi in Italia). È stato in vari Paesi, ora è in Ethiopia, a Dongora. Ci dice qualcosa della sua vita, con la semplicità e l’entusiasmo che, anziché diminuire, va sempre crescendo.

La mia vocazione? È nata e cresciuta come il famoso seme che il contadino ha seminato, e non sa né come, né quando sia germogliato, anche se lui dormiva. Così deve essere successo anche a me. In una famiglia di 8 persone dove amore e fede crescevano assieme.

Poi, l’Azione Cattolica (1943). Anni di fuoco con la politica, il dopoguerra (1945). L’incontro con “NIGRIZIA” (1946) – ho saputo dopo che era dei Comboniani –, dove trovai questo appello: «Tecnici cercasi per la missione, non per un giorno ma per tutta la vita». Tutti passi che il Signore mi ha aiutato a compiere con semplicità ed entusiasmo, fino alla partenza: 3 gennaio 1949. Da quel primo passo (1949) ad oggi (2008) non ho mai avuto dubbi che questa fosse la mia strada voluta da Gesù. Rimango stupito pure io quando ci penso…

Il mio cammino? – Noviziato: con preparazione specifica come “fratello”. Novembre 1952: partenza per Khartoum, Sudan. Finalmente arrivavo dove il cuore mi spingeva. L’arabo: la seconda lingua da imparare! Dopo 4 anni fui mandato più a sud fra i Denka. La lingua Denka fu un’altra sfida. In questi otto anni nel Sud Sudan avvenne quello che sto per raccontarvi. Non ho la data precisa ma certamente fu negli anni 1962-1963.

Con un giovane musulmano radiotelegrafista alla stazione di Polizia di Abyei nacque una schietta e sincera amicizia per tre avvenimenti che ci coinvolsero:

  • Mohammed arrivò alla missione a cavallo. Erano 14 Km di palude, trascinando un secondo cavallo. Perché? Mi chiedeva di andare con lui, ad Abyei, per aiutarlo a riparare il piccolo generatore elettrico. Ecco perché il secondo cavallo! Feci un fagottino di attrezzi e lo seguii. Arrivai a pezzi. Da anni non cavalcavo, ma mi misi al lavoro subito. Che ci crediate o no, riuscimmo a farlo funzionare. Era felice che non vi dico. Potè spedire a Elobeid i messaggi e le notizie di questa zona di confine alla stazione centrale di Polizia.
  • Sempre Mohammed un giorno arriva alla missione trafelato: «Abuna Lucio, la mia giovane moglie sta male, aiutami!». Capito di cosa si trattava, gli ho dato la medicina che avevamo in casa. Una settimana dopo arriva raggiante: «Abuna, la mia donna è guarita».
  • Questo altro fatto mi coinvolse profondamente. Ormai l’amicizia consolidata era senza ostacoli. Mohammed mi pose questa domanda: «Abuna Lucio, perché tu non hai la donna?». Che cosa potevo raccontare al mio amico musulmano? Furono attimi di intenso pensare, come una preghiera… e risposi: «Ascoltami, Mohammed, e guardami negli occhi: Io sono così per AMORE di ALLAH». La sua sorpresa fu grande e pure la sua gioia, e alzando le mani al cielo disse: «WALLAI (che è come dire “Nel nome di Dio”). Abuna, se è così ti credo». Questo dialogo è ancora così scolpito nella mia mente come nella pietra, perché queste parole si impressero nel mio cuore e nella mia anima da non essere dimenticate mai più: Mohammed aveva illuminato il mio voto di castità. Se già sentivo amore, stima, dedizione per il mio voto, adesso ancora di più. Grazie, Mohammed!

Poi, il grande dolore della espulsione delle missioni (1964) decisa dal governo Sudanese. Incontrai ad Abyei Mohammed che piangeva e mi chiedeva…: «perché? perché?». Da allora non vidi più il mio amico, ma nel cuore conservo ancora la sua esclamazione di gioia: «SE È COSÌ, TI CREDO».
http://www.apostoline.it/6_2008/fratel_Lucio.htm