Ricordando P. Giuseppe Farina, una vita donata con passione alla missione

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Mercoledì 28 settembre 2022
Ieri, lunedì 26 settembre, abbiamo celebrato il funerale del nostro confratello P. Giuseppe Farina, deceduto serenamente all’età di novant’anni, venerdì scorso 23 settembre, nella nostra comunità di Castel d’Azzano. Erano presenti alcuni parenti, il parroco, dei rappresentanti dell’unità pastorale, così come dei confratelli di Verona Casa Madre e della comunità di Padova. P. Giuseppe è stato sepolto al cimitero di Verona. Qui di seguito l’omelia di P. Renzo Piazza, superiore della comunità, che ha presieduto la celebrazione.

Funerale di P. Giuseppe Farina
Castel d’Azzano, 26 settembre 2022

P. Giuseppe Farina

Alcuni dati biografici: Nato il 16.9.32, a Montecchio Maggiore, diocesi di Vicenza (I). Noviziato a Firenze (54-56); Prima professione il 7.10.56 e Voti perpetui il 15.8.62; Ordinazione sacerdotale il 27.6.76. Destinazioni: Italia (56-58); Khartoum (58-70); Crema (70-71); Roma, per gli studi filosofici e teologici (71-76); Italia (76-80); Sud Sudan (80-83); Khartoum (83-93); Italia (94-99); Sud Sudan (99-02); Italia (02-2022).

P. Giuseppe Farina da qualche anno già pensava alla morte e aveva voluto prepararsi e prepararci al suo incontro con il Signore. Lui stesso ha scelto le letture per questa Messa e questo è già un regalo da parte sua, un modo discreto per dirci come si situava lui, credente, davanti al mistero della morte. Partendo dalla testimonianza di S. Paolo, ci ricorda che la morte è un enigma e una grande sfida per l’uomo. Va affrontata facendo riferimento a Dio e alla sua Parola, al Vangelo, che, quando è creduto e accolto, offre all’uomo solidità e salvezza. Cuore del Vangelo è il kerygma, l’annuncio della passione, morte e risurrezione del Signore, icona dell’esperienza a cui è chiamato il credente. L’incontro con Gesù risorto è ciò che gli permette di diventare testimone, apostolo, missionario Vangelo. Questo è quanto ha fatto e fa la grazia di Dio. Questa è stata l’esperienza di S. Paolo, questa, sembra dirci P. Giuseppe, è stata la sua esperienza.  Per questo ha potuto essere missionario.

La pagina del Vangelo ci ha presentato Gesù, mandato dal Padre non per cacciare fuori i suoi fratelli, ma per attirarli verso di lui, perché si sentano figli e vivano la fraternità. Volontà del Padre è darci il Figlio, perché lo vediamo, lo ascoltiamo e crediamo in lui. Il Padre, infatti, desidera che nessuno vada perduto: chi crede in Gesù, ha già la vita eterna e Gesù lo risusciterà nell’ultimo giorno.

Prima lettura e vangelo sono stati come la tela di fondo sulla quale P. Giuseppe ha realizzato la sua vicenda di missionario comboniano. 

Caro Beppino, 
hai lasciato scritto: “Nella santa Messa esequiale sia evitato qualsiasi elogio; chiedo solo preghiera. Grazie”. Poi aggiungi: “Prego i miei confratelli di completare il mio grazie al Signore con un Magnificat e un Te Deum”.

Cerchiamo allora di vedere quali sono le ragioni per cantare il Magnificat con te, senza cadere nell’elogio… Vogliamo parlare bene di Dio e di ciò che ha fatto in te, nella tua vita di missionario comboniano. 

La prima cosa per cui lo vogliamo ringraziare è per il dono del suo Figlio Gesù, fatto uomo, morto e risorto per te, fondamento della tua fede e della tua speranza. Hai scritto: “Signore, toglimi tutto ma non togliermi la speranza che Tu sei realmente risorto e sulla tua parola io pure risorgerò”. 

Lo ringraziamo perché ha voluto manifestare a te il suo Figlio Gesù e ti ha chiamato al suo servizio, perché tu lo annunciassi alle genti. Non è dunque un tuo merito: “Per grazia di Dio sono quello che sono e la sua grazia in me non è stata vana”.

Per sua grazia sei nato in una famiglia profondamente cristiana e impregnata di spirito e di tradizione missionaria. Uno zio, Giuseppe, classe 1905, famoso per la sua moto Guzzi, la passione per la fotografia e l’allergia per le vacanze in Italia, ti aveva preceduto come fratello nelle strade dell’Africa. Un altro parente, Fr. Erminio Ferracin, classe 1911 ti è stato particolarmente caro. Tra i parenti anche qualche suora comboniana… I loro esempi hanno marcato la tua giovinezza e ti hanno aiutato a deciderti per il Signore.

Il 16 settembre scorso avevi compiuto 90 anni, 66 dei quali vissuti come consacrato al Signore: 20 come fratello e 46 come sacerdote.  28 li hai trascorsi in Africa (22 a KH, 6 in Sud Sudan) e 38 nelle comunità della Provincia Italiana come animatore missionario.  Per parlare di te e della missione ricevuta, hai evocato S. Paolo: “Ho annunciato il Vangelo, ho combattuto la buona battaglia, ho conservato la fede”. 

La buona battaglia per te, per tanti anni, è stata fornire la missione delle risorse materiali necessarie al suo sostentamento. I Superiori hanno riconosciuto in te le qualità del buon amministratore e tu hai svolto questo servizio con tanta fiducia in Dio e in S. Giuseppe, tuo patrono. Hai scritto: “Onestamente dichiaro che nulla ho usato per me, ma tutto per i poveri e spesso tramite tanti confratelli missionari, suore comprese”.

Il Signore ti ha concesso di condividere una caratteristica del tuo santo fondatore, Daniele Comboni: l’impudenza nel chiedere aiuti per l’amata Africa. So che tanti confratelli e Vescovi del Sudan ti sono riconoscenti per questo ministero che hai esercitato in modo efficace e disinteressato per tanti anni.

Il buon Dio ti ha reso capace di creare e mantenere buone relazioni con le persone e di coinvolgerle per sostenere la causa dei poveri e della missione. In questi ultimissimi giorni vi sono state tre persone che hanno chiesto tue notizie: un vescovo americano, ex nunzio Apostolico in Sudan, una donna sudanese che, pur sapendo che avevi difficoltà con la parola, ha voluto salutarti e parlarti a lungo, incoraggiandoti e facendoti ricordare persone e situazioni che avevi amato. All’indomani suo figlio, dall’Australia, ti ricordava e ti rinnovava la sua amicizia. Come mai, dopo tanti anni queste persone si sono ricordate ancora di te?

Qualche anno fa, quando la tua salute cominciava a mostrare segni di decadimento, a chi ti proponeva di venire a Castel d’Azzano rispondevi  con un segno molto eloquente…

Poi sei arrivato e man mano che i giorni passavano il Signore ti ha aiutato ad inseriti, ti sei trovato a tuo agio, la tua salute è migliorata e sono migliorate le tue relazioni con Dio e con gli uomini. Sei diventato più mite, più sereno, più socievole, più amabile. Il Signore non ti ha respinto nel tempo della tua vecchiaia e non ti ha abbandonato quando le tue forze hanno cominciato a declinare. Come non ringraziarlo? Come non riconoscere la sua mano provvidente che ti ha accompagnato nel tuo camminare?

Caro Beppino, sei stato uno dei rari confratelli che hanno voluto esprimere la propria volontà sul “dopo di noi”. Oltre al tuo testamento spirituale, hai lasciato delle indicazioni che mostrano il tuo attaccamento al sacerdozio e alla vocazione religiosa e missionaria: la Parola di Dio e la stola sulla bara, il Crocifisso dei voti e il rosario missionario tra le mani, la scelta della Parola di Dio, centrata sulla risurrezione, per la celebrazione del funerale. Grazie P. Beppino di aver voluto parlare il linguaggio dei segni nel momento in cui le parole stentavano a uscire dalla tua bocca. E i segni, sappiamo, vanno molto più in profondità delle parole. Grazie per la tua vita donata e per la tua passione missionaria. Il Padre, che desidera che nessuno vada perduto, ti accolga nel suo Regno di luce a cantare la sua gloria, per sempre.

[Comboni2000]