Lunedì 6 ottobre 2025
Lo scorso 21 settembre la parrocchia di Oliosi (Verona) si è trasformata in un abbraccio collettivo di volti, emozioni e gratitudine. Familiari, amici, confratelli e l’intera comunità parrocchiale si sono riuniti per ringraziare il Signore per i 25 anni di ordinazione sacerdotale di padre Stefano Fazion, missionario comboniano, originario del posto.

Ma questa non è solo la storia di un anniversario, ma anche di un cammino, fatto di scelte coraggiose, di disponibilità senza condizioni e di un servizio che non ha mai smesso di mettere gli altri al centro.

La missione come stile di vita

Padre Stefano ha vissuto gran parte della sua vita missionaria nella Repubblica Centrafricana, dove ha affrontato sfide importanti, ma sempre con lo sguardo fisso su Gesù, come raccomandava san Daniele Comboni.

Durante l’omelia, padre Stefano ha detto: «La provvidenza non è mai mancata e la vicinanza del Signore mi ha fortificato ogni giorno». Parole che non suonano come slogan, bensì come verità vissute.

La sua storia è fatta di deviazioni inaspettate. Dopo gli studi di teologia nella Repubblica Democratica del Congo, pensava di intraprendere subito il lavoro missionario nello stesso Paese, invece gli fu chiesto di rientrare in Italia, assegnato alla comunità di Venegono Superiore (Varese), con l’incarico di accompagnare gruppi di giovani. Per sei anni, però, il suo cuore è sempre stato desideroso di partire per la missione, ma con la disponibilità di chi sa che il servizio non è dove vorremmo essere, ma dove siamo chiamati a stare.

Quando finalmente gli fu chiesto di partire, la destinazione non la RD Congo, ma la Repubblica Centrafricana. E lui, ancora una volta, disse sì.

La montagna come metafora della vita

Durante la celebrazione eucaristica da lui presieduta e concelebrata da altri due comboniani (i padri Eliseo Tacchella e Raoul Sohouénou) e da due presbiteri diocesani (don Valerio e don Bogdan), padre Stefano ha condiviso una riflessione nata dagli esercizi spirituali vissuti a Limone sul Garda qualche settimana prima, presso la casa natale di san Daniele Comboni.

La metafora da lui usata è suonata potente: «La vita è come un sentiero di montagna. La vetta si intravede, ma il percorso è incerto. Ci sono salite, ostacoli, pause, panorami da contemplare e momenti in cui serve il coraggio di tornare indietro per cercare e trovare una nuova direzione».

Questa immagine parla a tutti, ma soprattutto ai giovani. In un mondo che spesso chiede certezze immediate, padre Stefano ci ha ricordato che «non serve conoscere ogni dettaglio del cammino: servono, invece, coraggio di iniziare, la pazienza di camminare e la fiducia che non siamo mai soli».

La testimonianza di padre Stefano suona come un invito a vivere la vita come un’avventura autentica, a dire ‘sì’ anche quando il percorso cambia, a servire con dedizione anche quando non è facile, e a credere che la vetta non è solo un punto da raggiungere, ma un modo nuovo di guardare il cammino.

Perché il vero coraggio è scegliere di andare, tenendo lo sguardo fisso sulla meta da raggiungere, anche se, a volte, non si conosce in anticipo il cammino da percorrere. Il vero servizio non è fare grandi cose, ma fare ogni cosa con amore.

Un pezzo di questa strada di servizio e coraggio padre Stefano l’ha percorso con fratel Alberto Visintin che, per la circostanza, si era presente a Oliosi.

Verso Roma, con molta speranza

Ora padre Stefano è in partenza per Roma, dove seguirà un corso di aggiornamento. Ma non è un punto di arrivo: è un nuovo inizio. Il suo zaino è pieno di esperienze, di volti incontrati, di passi fatti con fatica e con gioia.

E il suo messaggio resta chiaro: ogni cammino, anche quello più faticoso, è un dono.

Padre Raoul Sohouénou, mccj