In Pace Christi

Gilli Aldo

Gilli Aldo
Geburtsdatum : 14/05/1927
Geburtsort : Trento/Italia
Zeitliche Gelübde : 15/08/1946
Ewige Gelübde : 20/09/1951
Datum der Priesterweihe : 07/06/1952
Todesdatum : 26/02/2001
Todesort : Roma

Dal primo pomeriggio del 31 gennaio, quando fu colpito da ictus, alla sera del 26 febbraio quando tornò al Padre, non proferì una parola. Il Signore dona spesso alle comunità cristiane, proprio nel morire dei suoi discepoli, l’immagine conclusiva di una vita perché resti come esempio.

Agnello afono: l’icona di P. Aldo

Afono, cioè privo di voce. Proprio il suo vivere silenzioso, in una interiore attenzione alla presenza del Signore e nello studio e ricerca storica, è l’immagine scolpita nella memoria di chi l’ha conosciuto. Quasi una cura continua di non apparire, non essere considerato e cercato. Raro esempio di antiprotagonismo che rende più prezioso sia il ricordo della sua persona come il tesoro dei suoi scritti.

La trama della sua vita: gli inizi

La nipote Cristina ha inviato, a nome della famiglia, una toccante testimonianza. L’inizio ha il sapore dei fioretti e ci introduce al primo vissuto di P. Aldo: “Aldo Gilli nasce a Gardolo (TN) il 14 maggio 1927 da Maria e Quirino; è il terzo di dieci figli, il primo maschio di una famiglia contadina. Fin dai primi anni di scuola Aldo manifesta attitudine allo studio e un’intelligenza brillante.

In terza elementare aiuta la sorellina più grande, che frequenta la quinta, a svolgere i compiti e, con discrezione, fa notare al suo maestro di aver commesso un errore nel risolvere il problema alla lavagna. Partecipa tutti i giorni alla messa, arrivando sempre con grande anticipo in chiesa, rendendosi disponibile a fare il chierichetto: a fine mese le mance sono preziose e permettono alla mamma di comprare qualche vestito, visto la numerosa famiglia e l’estrema povertà.

È per questo motivo che il parroco di Gardolo, Don Motter, chiede a mamma Maria di accettare il suo aiuto per nutrire, almeno a pranzo, un suo figlio. Maria osserva attentamente tutti i bambini e decide che Aldo è il più bisognoso, perché pallido e magro più degli altri. E così, frequentando quotidianamente la canonica, egli inizia a manifestare la volontà di entrare in seminario. La mamma, inizialmente, rifiuta di assecondare questo desiderio, soprattutto per la paura del disonore dell’eventuale ripensamento. Un mattino, Aldo e Decimo, il cugino, recandosi al mercato a Trento con un carretto carico di verdure, volgono lo sguardo all’Istituto dei Comboniani di Muralta (che sorge sulla collina di Trento) e si raccontano a vicenda il sogno più grande: entrare a far parte della congregazione dei Comboniani (e così è stato).

Con perseveranza, si confida con il parroco il quale, compresa la scelta fondata di Aldo di farsi sacerdote, riesce a convincere i genitori, soprattutto la mamma, ad accondiscendere al suo desiderio. Don Motter si rende disponibile a sostenere in parte le spese della retta dell’Istituto, aiutato dal padrino di battesimo di Aldo e dalla maestra che prepara inoltre un corredo di biancheria ricamato. Giunto l’atteso momento di partire per Muralta (ricordato dalla sorella Carmine, con grande commozione) Aldo, racimolate le poche cose, le racchiude in un cartone, legato con lo spago (le valige erano un lusso), saluta il padre e volge uno sguardo all’ottavo fratellino, il piccolo Dario nella culla, raccomandandogli di crescere, di diventare grande, che lui sarebbe tornato solo allora.

Aldo si rivela un ragazzo tranquillo, preferisce la lettura al gioco. Riesce ottimamente negli studi che prosegue con grande interesse e grazie all’aiuto di due benefattori, che pagano puntualmente le rette. Si sposta in varie città (Brescia, Crema, Venegono, Firenze)”.

Questa testimonianza, volutamente trascritta per intero, rivela la provvidenziale solidarietà della famiglia, parrocchia e comunità cristiana nel discernere ed aiutare una vocazione vera.

Formazione allo spirito del Comboni

La prima fase della sua formazione nell’istituto si svolse a Trento e a Brescia dove terminerà il ginnasio superiore nel giugno 1944. Va sottolineata la forte impronta che lasciò in lui la scuola apostolica di Muralta: era nella sua terra e cultura. Il superiore P. Umberto Mariani curava con particolare attenzione la possibilità di promuovere incontri fra i giovani seminaristi e i missionari comboniani trentini di passaggio. Quattro saranno vescovi: tutti in ogni modo parlavano della loro esperienza missionaria.

P. Pietro Chiocchetta ricordando la preparazione di Il Messaggio di Daniele Comboni parla dell’ottimo contributo di P. Aldo (allora Segretario di Studium Combonianum) con la Antologia di testi comboniani (cfr. pp. 191-392) e dice: “Testi davvero centrati nella scelta; scelta che rimanda al primo amore di Aldo ancora seminarista. Una raccolta di frasi comboniane, dovuta all’animazione dei superiori di Trento e dei prefetti dei ragazzi”.

Entrato nel noviziato di Venegono nell’ottobre del 1944, emise i primi voti il 15 agosto 1946. La domanda per essere ammesso al noviziato Aldo la scrisse a Crema nell’aprile del 1944 (dove allora si trovavano anche gli studenti del ginnasio superiore di Brescia, per motivi di sicurezza durante la guerra) e il superiore P. G. Battista Cesana scrisse in calce “Ottimo giovane sotto ogni punto di vista. Esemplare, intelligente, di buon criterio. Bel carattere costante ed equilibrato”. Il maestro dei novizi, P. Antonio Todesco, condivise questo giudizio, lo seguì e aiutò in particolare quando dovette interrompere il noviziato e fu inviato a Fai per rimettersi in salute. Ammettendolo ai voti, scrive: “Di forte convinzione e comprensione. Il suo profitto fu assai notevole in tutto. Timido: dovrà lavorare per rendersi più spontaneo e disinvolto”.

Fu scolastico per due anni a Rebbio, poi proseguì per la teologia a Venegono frequentando il P.I.F. (Venegono Inferiore, Licenza in teologia nel 1952) e ricevendo l’ordinazione sacerdotale a Milano il 7 giugno 1952 dal beato Ildefonso Schuster.

Era molto consapevole della sua vocazione, della necessità di un’adeguata preparazione spirituale e scolastica: così lo ricordano i suoi compagni con i quali stava preparando il cinquantesimo di ordinazione per il prossimo anno (2002).

1952-2001: 49 anni di sacerdozio e vita comboniana

P. Aldo rimane nella storia dell’Istituto per ciò che ha scritto e soprattutto per ciò che era: per la sua santità. Mentre sarà doverosamente documentato in altra sede il suo contributo di studioso e scrittore, è illuminante tratteggiare le sua testimonianza come sacerdote e religioso. Ciò verrà esposto nella seconda parte di questo necrologio.

Sembra che manchino eventi speciali e fatti rilevanti che scandiscano questi suoi 49 anni. Per rispettare il suo stile di vita, viene fatto un elenco tratto dai suoi stessi appunti – e da quelli di confratelli che gli erano vicini – nel quale si svelerà la sua vita di silenziosa obbedienza e servizio.

1955: Licenza in Storia ecclesiastica, presso la Pontificia Università Gregoriana di Roma.

1955-1968: Professore di Storia, Liturgia, Patrologia (Diritto, Musica Sacra, Archeologia) nello scolasticato di Venegono Superiore. Per 4 anni fu prefetto degli studi.

Altri impegni in Italia come rappresentante dell’Istituto:

  1. Delegato Nazionale dell’A.I.S.C. (Musica sacra – S. Cecilia).
  2. Membro del C.A.L. (Centro di Azione Liturgica), istituto liturgico della CEI con conseguenti responsabilità anche in Congregazione.
  3. Ministero alla Clinica EUR (V.le Africa, Roma).

Settembre 1959: nasce Studium Combonianum ed è chiamato a farne parte. In seguito ne diventa il segretario e collabora con articoli, saggi, riesame critico delle “Lettere” del Fondatore…

Dal 1969 in poi, vive sempre a Roma, nella Curia generalizia. Riassume questi trent’anni come segue, senza mettere date: archivista generale, rivista Archivio Comboniano, vice postulatore, ministero sacerdotale…

Si può completare questa breve carrellata ricordando alcune altre specializzazioni e attività che possono sembrare “minori” ma sono state utilmente complementari nelle sue ricerche e studi.

  • Diplomi in Musica sacra, Liturgia e Belle arti
  • Rappresentante della Congregazione presso l’ “Istituto Internazionale Cuore di Gesù” e un rapporto continuo con la “Società Geografica Italiana”.

Una vita come liturgia

“A ciascuno è data una manifestazione particolare dello Spirito per l’utilità comune” (1 Cor 12, 7).

Alla ricerca della genuina dimensione spirituale di una persona si è sempre timorosi di sbagliare: per difetto dovuto a incomprensione o per eccesso a causa di superficialità.

Dopo aver letto le numerose testimonianze giunte su P. Aldo, ed avendolo conosciuto di persona condividendo per anni la stessa vita comunitaria, propongo un suo pensiero che può essere considerato la sua fotografia spirituale. È scritto in uno schedario di appunti che ha per titolo “Liturgia”. Molte frasi sono citazioni di documenti o tratte da autori con l’esatta nota bibliografica. Questo, come altri, collocato come compendio di una scheda, non virgolettato, con ogni probabilità è suo, in ogni modo fatto suo perché lo ha vissuto:

“La vera comunione spirituale non è semplicemente un desiderio dell’Eucarestia, e nemmeno una semplice supplenza della comunione sacramentale, ma dovrebbe essere l’espressione di una realtà liturgicamente più profonda: unione soprannaturale a Cristo e alla Chiesa, partecipazione perfetta al sacrificio di Cristo e alla Chiesa, partecipazione perfetta al sacrificio di Cristo nella nostra vita, realizzazione in noi dell’opera redentrice di Cristo”.

La sua vita è stata una sola liturgia, sempre più consapevolmente vissuta fino alla salita al Calvario,  proiettata verso la risurrezione. Proprio per questo i confratelli e diverse persone che lo hanno visitato in quei lunghi giorni di “afonia” hanno detto di averlo scoperto solo allora nella sua autenticità.

La vita interiore, la presenza di Dio, l’Eucarestia e la preghiera sono stati i temi che al termine degli esercizi annuali inevitabilmente approfondiva e faceva oggetto dei suoi programmi spirituali.

Non avendo trovato nessun rilievo particolare in riferimento a virtù da riconquistare, ritorna alla mente la frase di un confratello che lo conobbe fin dagli anni della formazione: “Ho avuto la sensazione di aver vicino un amico che si stava portando ogni giorno con sé la sua innocenza battesimale”. La medesima impressione era stata espressa negli anni cinquanta quando egli, giovane padre e studente alla Gregoriana, era stato scelto come vice rettore degli scolastici a S. Pancrazio. Mai una predica né un rimprovero: solo quella sua vita luminosa e serena. Una vita di grazia.

Scavando nel quotidiano

Alcuni aspetti della sua vita vanno singolarmente presentati ed approfonditi. Invece delle stagioni missionarie, della presenza in differenti luoghi o situazioni che caratterizzano ed arricchiscono i necrologi e le biografie di molti confratelli, per P. Aldo occorre scavare nel quotidiano, vissuto in spazi limitati per scoprire la sua misura di grazia.

  1. Una vita con Daniele Comboni

Pochi comboniani hanno avuto come lui una quotidiana consuetudine di vita con il Fondatore. Pochi inoltre hanno capito la sua santità e sentito la presenza consolante e paterna del Beato Daniele.

È rivelatore ciò che scrisse nell’introduzione ad “Amatissimo figlio…Amatissima nipote”. Evidenziando i frammenti di spiritualità missionaria nella lettera di papà Luigi, scrive:

“Si sarà già notato come le lettere di Luigi Comboni abbiano assunto più volte il linguaggio tipico di mons. Comboni: come ad esempio il riferimento alla ‘conversione delle anime le più abbandonate’ (lett. 4), o anche l’idea di ‘tutto sacrificare per la gloria di Dio’ (lett. 32) e così via. Se l’apostolo della Nigrizia ha influito col suo spirito missionario su molte persone, ha influito in modo tutto particolare su suo padre, fino a stabilire fra i due un’affinità spirituale-apostolica.” (cfr. p. 18).

In modo diverso e forse con maggiore vicinanza spirituale è avvenuta la stessa cosa fra il Fondatore e P. Aldo. Chi leggerà la sua edizione critica delle Lettere pubblicate su Archivio Comboniano potrà trovare nei commenti e nelle note l’eco di questa vicinanza. Purtroppo, lasciandoci, la sua fatica si è interrotta al giugno 1880.

Inoltre, le relazioni dei suoi viaggi in Egitto e Sudan rivelano quasi la conoscenza propria di chi ha vissuto in quei luoghi. P. Aldo vi aveva soggiornato con la mente ed il cuore infinite volte.

Era cosciente di aver speso bene la sua vita per il Comboni e la sua “Causa di Beatificazione”. Ne abbiamo conferma da un biglietto natalizio, inviato nel dicembre 1999 a P. Chiocchetta a Verona:

“Carissimo Padre,

grazie degli auguri per le feste natalizie e per l’Anno Santo: li ricambio di cuore. È vero quanto ha detto della collaborazione vicendevole: è provvidenziale che gran parte del secolo ventesimo abbiamo lavorato insieme per la Causa del Comboni, che all’inizio sembrava così lontana, e quasi impossibile. Il Signore ci ha dato la grazia di portarla felicemente in porto. Credo che possiamo dire di avere bene speso la nostra giornata. Così sia anche quella che ci attende per il secolo venturo. Questo il senso del mio sincero augurio, ormai per il 2000. Cordiali saluti”.

Per terminare questo squarcio sull’intimità reciproca, vissuta da P. Aldo nella fede della comunione dei santi, si può ricordare una frase da lui sottolineata, nell’agenda su cui preparava – con la sua nitida calligrafia – i testi per le agendine comboniane: “Io ho con me il Cuore di Gesù e di Maria e ciò mi basta” (D. Comboni, da Parigi, 5.10.1868).

  1. Fedeltà nella vita religiosa

Discepolo del Comboni anche nel soffrire, fece l’esperienza sia di alcune incomprensioni, come per la salute. Lasciamo la parola ad alcuni confratelli che furono superiori della comunità della Curia e hanno offerto la loro testimonianza:

- P. Aldo, oltre ad essere sommamente rispettoso e di poche parole, non l’ho mai sentito fare osservazioni o critiche su qualche confratello. Restai stupito quando, nei primi mesi del mio ufficio, egli venne da me non solo per darmi i conti esatti delle entrate ed uscite del mese ma anche per rinnovare i cosiddetti “piccoli permessi”, come si faceva un tempo in noviziato.

- Era estremamente preciso nel rendiconto e, prima di fare una spesa fuori dall’ordinario, chiedeva il permesso: dava il senso profondo di sentirsi persona povera. Così chiedeva se poteva assentarsi, disposto a cambiare i suoi programmi se la sua assenza avesse creato dei problemi.

- Ricordo la sua piena fedeltà agli atti comunitari, la regolarità nel rendiconto sulle spese fatte e l’impegno nel lavoro di archivio e di ricerca. Vorrei anche accennare al suo spirito di obbedienza: con quanta attenzione si uniformava alle direttive dei superiori e con quanta precisione cercava di attuarle. Nei momenti difficili della sua salute si rimetteva alle decisioni dei superiori e dei medici.

C’è anche la voce di alcuni suoi compagni di classe che arricchisce la conoscenza di questo silenzioso animatore della comunità:

- Sono sempre stato orgoglioso di aver avuto P. Aldo come compagno. Poi ci siamo separati ed io sono andato in missione, ma lui non si è dimenticato di noi. Per il nostro 25° di sacerdozio procurò a tutti una benedizione del Papa su mini pergamena e ce la spedì. Che bel gesto di amicizia e di fraternità!

- La sua scomparsa ha richiamato alla memoria tanti ricordi degli anni passati insieme in noviziato e nello scolasticato teologico di Venegono. Era una persona padrona dei suoi sentimenti, dall’espressione tranquilla e composta. Era un uomo delicato fino allo scrupolo, serio e costante nei suoi impegni. Ricordo l’apprezzamento che gli riservò il sindaco di Venegono Superiore quando, su sua richiesta, scrisse la storia di Venegono Superiore e del suo Castello. L’anno prossimo avrebbe celebrato il 50° di ordinazione sacerdotale. Si stava già programmando qualche iniziativa per celebrare insieme ai compagni l’avvenimento. P. Aldo ci teneva molto a questi momenti di celebrazione per continuare a rivivere nella preghiera, nella gioia e attraverso la condivisione delle varie esperienze di vita e di lavoro, l’amicizia e la fraternità del gruppo.

  1. “Diaconia Christi”

È questo il titolo della rivista per la Pastorale sanitaria della diocesi di Roma. Come cappellano della Clinica EUR, oltre a questa si era abbonato a diverse altre pubblicazioni del genere.  Partecipava pure ad incontri e convegni, dimostrando in questo ministero una serietà e capacità straordinarie. Una testimonianza: “la rivelazione più bella della santità di P. Aldo mi è stata fatta durante la sua malattia, quando paradossalmente non poteva più esprimersi e parlare. Tutta quella gente che veniva a trovarlo e ascoltare le loro storie mi ha rivelato un aspetto poco conosciuto: P. Aldo è stato un vero apostolo nel quartiere e un grande collaboratore nelle parrocchie di S. Vigilio e S. Gregorio Barbarigo”. Nelle conversazioni accennava talora a casi di ammalati che era riuscito ad avvicinare. Ma questo suo ministero resterà quasi totalmente sconosciuto. Durò un ventennio. Fuori dalla Clinica si prestava per amministrare i sacramenti ad infermi, soprattutto di lunga degenza. Per lui l’ammalato aveva sempre la precedenza.

  1. Stile discreto di amicizia e fedeltà

Riservato fin da ragazzo e ritenuto dai suoi formatori piuttosto timido e chiuso, P. Aldo ha portato con sé questa connotazione. In realtà sotto queste apparenze egli possedeva una grande sensibilità e una finezza di sentimenti. La sua tradizionale fedeltà al lavoro era pure la nota che caratterizzava i suoi rapporti con persone ed istituzioni.

La famiglia in cui era nato e cresciuto restò sempre parte decisamente centrale della sua vita. Lo testimonia la nipote: “In una domenica di luglio del 1956 la famiglia Gilli è colpita da un gravissimo lutto. Il figlio Dario muore tragicamente nelle acque del lago di Garda, durante una gita parrocchiale. Aldo torna precipitosamente da Venegono nel cuore della notte e porta un grande conforto, aiutando tutti ad affrontare lo shock della perdita. Consola i genitori, soprattutto il padre ammalato da tempo e costretto a letto.

Ripensando a questi lontani momenti di vita familiare di P. Aldo, non possiamo fare a meno di ricordare quelli più recenti, di quando ritornava a casa seppur per pochi giorni, per visitare le famiglie dei fratelli. Era sua premura informarsi su ogni nipote, avrebbe sempre desiderato vederli tutti. Il suo orgoglio era quello di celebrare i matrimoni della famiglia: prima ha benedetto le nozze dei fratelli, poi di quasi tutti i nipoti.

Durante la lunga malattia della mamma, quando gli era possibile, l’assisteva e celebrava per lei la S. Messa al suo capezzale, aiutandola spiritualmente nei momenti di sconforto.

Anche se discreto e riservato nel manifestare i suoi sentimenti, sappiamo che era a noi molto vicino”.

Con la famiglia amò la sua città di Trento: conservava numerose pubblicazioni sulla regione e collaborò per anni, con articoli, a “Strenna Trentina”. Rimase in contatto con i benefattori, in particolare con la famiglia Corridori.

L’amore all’Istituto è già emerso da tutto il contesto di questa sua memoria. Basti ricordare un fatto rilevato da diversi confratelli. Incontrando nei corridoi della Curia persone che non conosceva, si fermava e chiedeva il nome e la missione di provenienza. Diceva qualche parola di augurio e poi si allontanava…quasi avesse fretta di riprendere un lavoro importane e per un momento interrotto.

La Chiesa ha imparato ad amarla nella parrocchia, approfondendo la sua appartenenza nell’Istituto dove l’incontro con il Comboni è stato determinante per entrare nel suo mistero.

Si rileggano le pagine del quarto capitolo della sua Antologia di testi comboniani (pp. 241-258). Il titolo “In nome della Chiesa” è già molto eloquente. Nella scelta dei testi come nei commenti e nelle note, Comboni e P. Aldo fanno quasi un’unità di sentimenti. Evidentemente nella Chiesa incontrava Cristo che ne è il Capo, dal quale discende ogni grazia alle membra.

La Positio, un suo monumento

Un anziano confratello che lo incontrò nel 1998, scrive:

“Ero al Corso di Rinnovamento e parlai con P. Aldo per avere un’idea chiara sui nuovi decantati salvatori come Budda, Confucio, Maometto. Ricordo la sua risposta che mi diede tanta serenità: non dimenticarti che là dove termina la sapienza e la grandezza di questi maestri, cosiddetti salvatori dell’Asia e di altre parti del mondo, là incomincia e si innalza la sapienza e la grandezza di Cristo, il vero ed unico salvatore del mondo e va all’infinito”.

Per concludere, ancora una testimonianza di un confratello che ha conosciuto bene P. Aldo e lo ha spesso avvicinato per motivi di studio:

“La grande opera di P. Aldo è la Positio per la causa di beatificazione di Comboni. Mi limito ad attirare l’attenzione su quanto scrisse il Relatore Generale, Mons. Giovani Papa, nella Informatio della Positio: ‘Tra me e P. Aldo vi è stata sempre una grande intesa, sempre fraterna e cordiale, comprensiva al massimo di situazioni ed eventi. Giunto a questo punto, a me non resta che porgere a P. Aldo Gilli il grazie più sentito della Congregazione, dell’ufficio che occupo e mio personale. Docile ed aperto alle direttive, sempre disponibile, intelligente e perseverante, egli ha reso un grande servizio alla sua Congregazione, al mondo missionario e alla Chiesa intera’.

Questa testimonianza di Mons. Giovanni Papa è un monumento e P. Aldo proprio se lo meritava”.

Saranno solo di questo tipo i monumenti che verranno eretti a P. Aldo.

Ricordarlo curvo sulla vecchia macchina da scrivere o con i fogli vicinissimi agli occhi per poterli decifrare pare richiamare una figura di altri tempi.

La sua è stata un testimonianza di una cultura “controcorrente”: ci ha insegnato che il rigore della ricerca, la metodologia e la perseveranza vengono prima dei mezzi. Come il Beato Daniele anch’egli avrebbe dato cento vite, se le avesse avute.

(P. Pietro Ravasio, mccj)

Da Mccj Bulletin n. 212, ottobre 2001, pp. 74-82