In Pace Christi

Il 13 settembre 1927, presentando lo studente Filippi Andrea al Superiore Generale dei Comboniani, il rettore del seminario di Bergamo scrisse: "Il giovane Andrea Filippi di 19 anni è una buona pasta di figliolo, un po' dozzinale, non del tutto finito, si lascia lavorare docilmente. Capacità discreta; spirito, docilità, pietà: buone. Spero e auguro che ne possano fare un buon missionario".

Casa Filippi di Berbenno era una di quelle alla buona, di contadini, dove la vita era patriarcale. Sotto lo stesso tetto vivevano i vecchi con i figli sposati e le rispettive famiglie. Il casato da cui proveniva la mamma Camilla Personeni era di industriali (avevano una filanda che dava lavoro a tanta gente), c'era anche un notaio, un geometra e una maestra... tutti ottimi cristiani.

Quando Alessio, futuro marito di Camilla, andò a Cepino per corteggiare la futura moglie, fu preso a fucilate dai cepinesi, furiosi che un "forestiero" venisse a prendersi la migliore del paese. Fortunatamente erano solo fucilate intimidatorie che, tuttavia, non fecero desistere il focoso pretendente.

Campi, prati, animali e figli; un'osteria, una fabbrica di scarpe e una bottega di stoffe costituivano le ricchezze della famiglia Filippi. Ma con tutte quelle bocche c'era da tirare i denti perché i tempi erano duri.

Dopo la divisione della sostanza tra i 6 fratelli, Alessio e sua moglie Camilla, dovettero iniziare da zero e con i debiti. Ma la grinta non mancava. Alessio si sorbì 4 anni di guerra, poi dovette emigrare, quindi fece l'oste, infine aprì una bottega di formaggi e, alla domenica, sbarbava i compaesani. Intanto vennero al mondo 13 figli tra i quali Andrea, futuro Missionario Comboniano.

Verso il sacerdozio

Terminate le elementari, Andrea chiese di entrare nel seminario minore di Clusone per diventare sacerdote. Poi passò a quello maggiore di Bergamo e lì sentì la chiamata alla vita missionaria.

Terminata la quinta ginnasio, chiese ed ottenne di entrare tra i comboniani. Il 6 ottobre 1947 era a Venegono Superiore come novizio.

Papà Alessio e mamma Camilla gli avevano dato il consenso, come lo diedero poi anche alla figlia Anna quando decise di entrare tra le Pie Madri della Nigrizia.

P. Giordani, maestro dei novizi, riconobbe che il giovane si era impegnato al meglio per fare bene il noviziato e che sarebbe diventato un buon missionario grazie alla buona volontà che metteva in tutte le cose e al buon carattere e all'allegria di cui era dotato. Insomma un soggetto ottimo per vivere in comunità.

Emessi i voti a Gozzano il 9 settembre 1949 (Filippi appartenne al gruppo che, iniziato il noviziato a Venegono, lo terminò a Gozzano dove nel 1948 il noviziato era stato trasferito) fu mandato a Rebbio (1949-1951) e a Sulmona (1951-1952) come assistente dei giovani seminaristi.

Il suo carattere allegro, la maturità che aveva conseguito, la capacità di stare insieme ai ragazzi, gli avevano consentito questo delicato ufficio che svolse egregiamente, anche se gli costò un serio esaurimento. Il superiore di Sulmona scrisse: "È stato il miglior assistente dell'annata, l'unico che sappia passar sopra, con visuale larga, le piccole contrarietà della vita comunitaria. Come carattere è forte, esigente, riflessivo, ligio al dovere, regolare, obbediente e molto attaccato alla vocazione".

Dal 1952 al 1956 fu a Venegono come studente di teologia. Venne ordinato a Milano dal card. Montini il 26 maggio 1956.

In Brasile

Dopo l'ordinazione andò per due anni a Riccione, come addetto al ministero, e per tre anni a Crema, come animatore vocazionale.

Nel gennaio del 1962 partì per il Brasile con destinazione Balsas dove fu padre spirituale nel seminario. Questo ufficio ci dice la stima che i superiori avevano di lui.

Dal 1963 al 1969 fu superiore e parroco nell'Alto Parnaiba con l'interruzione tra il 1966-1967 per il corso di aggiornamento a Roma.

In questo periodo ebbe una malattia all'orecchio che gli procurò la perforazione del timpano. Quando andò in ospedale per l'operazione, i sanitari riscontrarono che era perfettamente guarito. Il Padre assicurò che si era trattato di un miracolo di papa Giovanni al quale aveva fatto una novena.

Pastos Bons, Mirador, Balsas, Picos, Guatemala furono le ulteriori tappe del suo ministero (1969-1980) con vari incarichi come coadiutore, coordinatore della pastorale, vicario.

La sofferenza, dovuta a qualche incomprensione col vescovo, venne presto a battere alla porta di P. Andrea. Egli, per non disgustare nessuno, chiese di ritirarsi in buon ordine cercando qualche vescovo che lo accogliesse. Ne trovò più di uno, ma tutti non corrispondevano alle sue aspettative.

E anche la nuova linea formativa e pastorale, portata avanti da alcuni confratelli della provincia brasiliana, non lo convinceva per cui pensò bene di ritirarsi. Dobbiamo tener presente che si era nel periodo di notevoli mutamenti della metodologia missionaria e, per qualcuno di una certa età, non era facile adeguarsi. Ciò lo portò a una specie di isolamento che poi gli impedì di vivere serenamente la vita comunitaria.

Vagò un po' qua un po' là, poi tornò in Italia "sia per riacquistare un po' di serenità, sia per motivi di salute di mia mamma, con 88 anni di età", scrisse il 30 gennaio 1980.

Più che mai desideroso di continuare l'attività sacerdotale e di essere nello stesso tempo vicino alla mamma, fu accolto a braccia aperte dalla diocesi di Neuchatel, in Svizzera, come assistente degli emigrati italiani.

Per essere maggiormente disponibile al nuovo mistero, chiese un periodo di esclaustrazione temporanea dalla Congregazione.

Il Superiore Generale, Salvatore Calvia, con atteggiamento veramente fraterno gli concesse il permesso di lavorare in Svizzera e di assistere la mamma senza ricorrere all'esclaustrazione, restando aggregato alla comunità comboniana di Venegono Superiore. Era un'ottima soluzione per tutti.

Dopo la morte della mamma, 1981, partì nuovamente per il Brasile: Balsas, Taguatinga... Nella sua vita era finalmente tornato il sereno. Ormai certe intemperanze dei cambiamenti liturgici erano passate e la vita gli sorrideva.

Ma fu la salute che cominciò a venire meno. Sottoposto ad Huston a un delicato intervento chirurgico al cuore, si era ben ripreso, tanto da poter venire in Italia per la convalescenza.

Specialista in comunicazioni

I superiori, vista la sua predisposizione e le sue capacità nel settore degli audiovisivi, gli chiesero di frequentare il corso "SPICS" (studio paolino internazionale della comunicazione sociale) allo scopo di sviluppare questo ramo dell'apostolato in America latina. Fu quindi a Roma dal 1985 al 1986.

Le discipline che lo impegnarono furono 11 e le superò con la media di 26 trentesimi. L'equipe didattica rilasciò il seguente attestato: "Partecipazione molto attiva e interesse costante a tutte le discipline. Meritevole di stima e di elogio lo sforzo di riprendere gli studi finalizzandoli alle sue preoccupazioni apostoliche (Brasile). Ben integrato nel gruppo, ha avuto un prezioso ruolo di elemento aggregante, senza imporre tuttavia a persone più giovani la sua esperienza".

Con il suo bel diploma in tasca tornò in Brasile dove si dedicò all'animazione missionaria a Timon, nel nordest.

Nel 1990 passò alla Delegazione del Centro America. San José, Costa Rica, in un primo tempo, e poi Guatemala, dove cominciò a mettere in pratica su vasta scala ciò che aveva appreso a Roma. Suo lavoro principale era la confezione di radio-cassette e programmi formativi per più di 40 trasmittenti locali del Guatemala, Salvador e Honduras. Fece un buon lavoro, apprezzato dai confratelli e dalla Chiesa locale.

Alla fine di ottobre del 1992, mentre lavorava nella distribuzione del messaggio missionario, fu colto da un forte attacco al cuore. Da quel momento iniziò il suo calvario.

Operato al cuore a Houston, ritornò in Italia per una fase di ricupero durante tutto il 1993. E si riprese bene.

Nel febbraio 1994, inconscio del nuovo male che lo stava devastando, volle ripartire per il Guatemala per continuare il suo lavoro. Ma una quindicina di giorni dopo, ecco i dolori lancinanti e la diagnosi che non lasciava più speranza: tumore maligno al pancreas.

La malattia era così avanzata che non si poté fare nulla. I suoi familiari desiderarono averlo in Italia, ed egli vi tornò per morire nella terra dei suoi padri. Infatti fu ricoverato nell'ospedale di Alzano Lombardo.

Nel giro di pochi giorni, circondato dall'affetto dei suoi, assistito da un nipote medico, in un atteggiamento di offerta al Signore per le vocazioni sacerdotali e missionarie, spirava il 4 maggio 1994, alle prime luci dell'alba. Aveva 65 anni.

Consumato per l'annuncio

Quella di P. Andrea è stata un'esistenza spesa a portare l'annuncio in realtà impensate e inimmaginabili, a contatto con persone da sempre a confronto con la miseria e la fame.

Chi l'ha conosciuto attesta: "Non conosceva l'orologio, non poteva concedersi di pianificare gli spostamenti, non aveva neppure una base operativa. Viveva alla giornata, spostandosi di villaggio in villaggio, coprendo distanze incredibili tra disagi e avventure che sfiorano il leggendario.

Nelle confidenze che faceva agli amici raccontava che, nei giorni fortunati, poteva concedersi una scodella di miglio. Il suo contatto con la gente non è mai stato interrotto, né allentato, nel desiderio di dare a ciascuno la dignità del vivere e, per gradi, la fede partendo dall'uomo e dal riconoscimento dei primi diritti per arrivare al cuore del credere.

Sempre nei suoi 40 anni di Brasile e di Guatemala P. Andrea è stato un missionario come la letteratura classica ci ha tramandato: un temperamento che non si arrestava di fronte a nessun ostacolo, il fuoco di fare, di andare, di aiutare, di rompere catene secolari di oppressioni di ogni genere. Si è sempre battuto, inesauribile nello slancio, per far crescere l'uomo.

Altra caratteristica del suo sacerdozio è stata la capacità di credere nell'importanza delle comunicazioni sociali. Ha tenuto dei contatti strettissimi con l'Italia, informando, sensibilizzando, e coinvolgendo l'opinione pubblica, dal suo paese d'origine alle regioni che riusciva a raggiungere con la stampa. Ma non solo: questo missionario ha avvertito l'urgenza di servirsi delle nuove tecnologie.

Ogni settimana preparava audio-cassette che, grazie a una distribuzione sempre più ramificata, faceva giungere ovunque. È stato anche un divulgatore, un giornalista, con uno spiccato senso della notizia e con efficacia di linguaggio".

La sofferenza morale, prima, e quella fisica, poi, hanno "lucidato" il suo sacerdozio e il suo essere missionario a imitazione di Cristo e di Comboni che, con la croce e nella croce, posero la salvezza dell'uomo.

La sua partenza prematura, proprio quando aveva avviata un'attività apostolica moderna ed efficace, rattrista la Congregazione e la Chiesa del Centroamerica ma, nella fede, bisogna piegare la testa ai voleri divini che sanno trarre il bene anche da ciò che a noi appare negativo.

Il testamento che P. Andrea lascia ai suoi confratelli è l'estrema dedizione alla gente alla quale è stato inviato e l'uso dei mezzi anche più moderni per far arrivare ovunque e presto il messaggio evangelico.

Che dal cielo ottenga tante e sante vocazioni missionarie. Le vocazioni, infatti, hanno costituito l'impegno dei suoi primi anni di sacerdozio e l'oggetto della sua offerta nel dolore, sul letto di morte.      P. Lorenzo Gaiga, mccj

Da Mccj Bulletin n. 184, ottobre 1994, pp. 87-91

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On 13th September 1927, presenting the student Andrea Filippi to the Superior General of the Comboni Missionaries, the Rector of the Seminary at Bergamo wrote: "This young man, Andrea Filippi, 19 years old, is a good-natured lad, not outstanding, with rough edges; but he submits to discipline willingly. Talents: quite good; character, docility, piety: good. I hope you can make a good missionary of him."

The Filippi home at Berbenno was that of a rough and ready patriarchal peasant family. The old parents, their married children with their families, all lived under the same roof.

Andrea's mother, Camilla Personeni, came from a professional family. They ran a spinning mill which employed a good number of people, and there were a solicitor, a surveyor and a teacher: all good Catholics.

When Alessio, Andrew's father, went to Cepino to court his future wife, the townsfolk fired shots in his direction, furious that an "outsider" should come to take away the best girl in the village. Fortunately, they were only trying to warn him off, and the suitor had his own "fire" within, and refused to be intimidated!

The Filippi family was not poor: they had fields, meadows, cattle, a small pub (osteria), a clothing shop and a shoe factory. But times were hard, and with all those mouths to feed, life was not easy.

When everything had been divided among the six children, Alessio and Camilla found they were practically beginning life together in debt. But they had the necessary determination. Alessio had to go through four years of war, then went to seek work outside Italy, then was a pub landlord; finally, he started a cheese shop, and became a barber, shaving his fellow villagers on Sundays. In the meantime 13 children were born, among them Andrea, the future Comboni Missionary.

Towards the Priesthood

At the end of elementary school, Andrea asked to enter the minor seminary at Clusone. From there he went to the major seminary at Bergamo, where he heard the missionary call.

He applied to enter the Comboni Missionaries when he was completing his secondary school, and by 6th October 1947 he was in the Novitiate at Venegono Superiore.

His parents, Alessio and Camilla, gave their consent, as they did when his sister Anna decided to join the Comboni Missionary Sisters (Pie Madri della Nigrizia).

Fr. Giordani, the Novice Master, soon saw that the young man was putting everything into doing his novitiate well, and that he would be a good missionary, thanks to the willingness with which he did everything, his fine character and cheerful disposition. He was an ideal community man.

He made his first vows at Gozzano on 9th September 1949 (his group began the novitiate at Venegono and finished at Gozzano; the Novitiate was transferred in 1948). He was then sent to Rebbio (1949-51) and Sulmona (1951-2) as Assistant to the younger seminarians.

His cheerful character, his degree of maturity and his ability to live and deal with boys made him suitable for this delicate task, which he carried out very well, even though he did suffer a break-down. The superior of Sulmona wrote: "He has been the best Assistant this year, and the only one with enough vision to turn a blind eye when necessary, when the little contrasts and problems cropped up in community life. As to his character, he is strict, strong-willed, reflective, faithful to his duties, obedient, and very attached to his vocation".

He studied Theology at Venegono from 1952-56, and was ordained by Cardinal Montini in Milan on 26th May 1956.

In Brazil

He was sent to Riccione, where he stayed two years, assigned to ministry; then three years at Crema, as vocations promoter.

In January 1962 he left for Brazil, appointed to Balsas as Spiritual Director in the seminary. This shows the esteem in which he was held by the superiors.

From 1963-69, he managed to get a pastoral posting, as superior and Parish Priest at Alto Parnaiba. During this period he also did the aggiornamento Course in Rome (1966-7).

In the same period he suffered from an ear infection which caused the perforation of the eardrum; but when he went into hospital for an operation, the surgeons found he was completely cured. He attributed this miracle - he was sure it was one - to Pope John (XXIII) to whom he had made a novena.

The next stops in his ministry were Pastos Bons, Mirador, Balsas, Picos and Guatemala (1969-1980). He was, variously, curate, coordinator of pastoral work, vicar general.

Trials finally came through misunderstandings with the Bishop. He tried to leave quietly, so as not to upset anyone, and looked for a Bishop who would take him. There were several, but he himself could not one who could offer what he wante. Nor could he agree with the line taken in formation and pastoral work by a number of confreres in the Province of Brazil. He decided he had to go altogether. It must be remembered that it was a period of turmoil, with many changes in missionary method and methodology, which some of the older people - and not only those - found it hard to accept. It caused him to feel isolated, and that made it impossible for him to live his community life with serenity.

He tried here and there, an finally returned to Italy "both to regain my peace of mind and to help my mother, who is 80 and ailing", he wrote on 30th January 1980.

What he wanted above all was to continue working as a priest while staying near his mother, and he was welcomed with open arms in the Diocese of Neuchatel (Switzerland) as chaplain to Italian immigrants. In order to be more available for this new ministry, he asked the Congregation for temporary exclaustration. Fr Salvatore Calvia, the Superior General, in a truly fraternal gesture, gave him permission to work in Switzerland and assist his mother without having recourse to exclaustration, remaining attached to the community of Venegono Superiore. It was an ideal solution all round.

On the death of his mother in 1981 he went back to Brazil, first to Balsas and then Taguatinga (Brasilia). He was at peace once more: the exaggerations of liturgical and other changes were past, and life seemed to smile on him once again.

But now his health began to deteriorate. He underwent a delicate heart operation in Houston, and recovered well enough to be able to travel to Italy for convalescence.

Communications specialist

Seeing his aptitude and skill in the audio-visual sector, the superiors asked him to do a course at SPICS (International Pauline Studio for Communications), aiming to develop this aspect of the apostolate in Latin America. So he spent a year in Rome (1985-6).

There were 11 subjects in the Course, and he passed with an average of 26/30. The teaching staff gave him this testimonial: "Very active participation and unflagging interest in all subjects. He deserves respect and praise for the effort to take up studies again, and for directing them towards his concern for Brazil. He fitted well in the group, and was a powerful uniting force, yet without imposing his experience on the younger members".

He returned to Brazil with his diploma, and threw himself into missionary animation at Timon, in the North-East.

In 1990 he was transferred to the Delegation of Central America. After a first period in San José, Costa Rica, he went to Guatemala, where he began to put into practice, on a large scale, what he had learned in Rome. His main activity was preparing sound cassettes and radio programmes for more than 40 local stations in Guatemala, Salvador and Honduras. He did it well, and was much appreciated by the Local Church and the confreres.

Towards the end of October 1992, while working at this task of spreading the missionary message, he had a serious heart attack; his Calvary had begun.

He had another operation at Houston, and returned to Italy in 1993 for convalescence. He recovered well, and in February 1994, unaware of the new threat that was growing within him, he returned to Guatemala to continue is work. But only a fortnight later, he was hit by severe pains, and the diagnosis left no hope: a malignant tumour of the pancreas. His relatives wanted him at home, and he returned to end his days close to the family and his native soil: he was admitted to hospital in Alzano Lombardo.

In a very short time, surrounded by the loving care of his family, assisted by a nephew who was a doctor, and offering everything up to the Lord for priestly and missionary vocations, he died. It was first light on 4th May 1994. He was 65 years old.

Worn out for the Good News

The life of Fr Andrea Filippi was spent taking the Good News to places that were unimagined and unimaginable, in contact with people who lived constantly cheek by jowl with poverty and hunger.

Someone who knew him states: "He had no time-table, could not plan his trips, did not have even a base to work from. He lived day to day, travelling from one village to another, covering incredible distances, amid difficulties and adventures that are the substance of legends.

"He would admit, privately, that on good days he would allow himself a bowl of millet. He never interrupted or reduced his contact with the people, so great was his urge to give to each one the dignity to live and, gradually, to believe; beginning from the individual and the recognition of his or her basic rights, and leading to the centre of faith.

"Throughout his 40 years in Brazil and Guatemala, Fr Filippi was a missionary in the classical mould: a temperament that would not be put off by any difficulty, the ardour to act, to travel, to help, to break the age-old chains of all kinds of oppression. He worked constantly and tirelessly in this quest for human development.

"Another characteristic of his priesthood was his real belief in the importance of social communications. He kept in close touch with Italy, informing people, making them aware, arousing public opinion, from his home town to wherever he managed to reach with his publications. But not only that: this missionary also saw that it was critical to make use of the latest technological developments.

"He would prepare an audio-cassette every week, and through an ever-expanding distribution network, managed to reach almost everywhere. He was a real communicator, a journalist: he had a sharp sense for what was newsworthy, and an effective use of language".

Moral suffering first of all, and then physical pain gave "shine" to his priesthood and to his missionary existence, in imitation of Christ and of Comboni who, through the Cross and in the Cross, based human salvation.

His premature death, just when he had built up a modern and efficient apostolic activity, has saddened the Congregation and the Church in Central America. But we must bow our heads in faith to the divine Will, that is able to draw good out of what may seem negative to us. The testament left by Fr Andrea Filippi to his confreres is one of total dedication to the people to whom he was sent, and the use of whatever means, even the most up-to-date, to get the message to them everywhere, and as quickly as possible.

May he obtain many good missionary vocations for us from Heaven: vocation promotion was the activity of his earliest years as a priest, and the intention for which he offered his pain as he lay dying.