In Pace Christi

Angeli Silvio

Angeli Silvio
Geburtsdatum : 08/04/1920
Geburtsort : Dro TN/I
Zeitliche Gelübde : 07/10/1938
Ewige Gelübde : 07/10/1943
Datum der Priesterweihe : 03/06/1944
Todesdatum : 05/09/1987
Todesort : Pesaro/I

All'età di 10 anni Silvio lasciava la sua famiglia per entrare nel seminario comboniano di Trento. Era un ragazzino piuttosto timido e desiderosissimo di andare in Africa “a battezzare i moretti”. Nelle piccole discussioni con i compagni mostrava già quel certo temperamento, quasi quella cocciutaggine che è propria della gente dei monti e che viene buona quando si tratta di superare le difficoltà della vita.

Dopo le tre medie a Muralta (Trento), con ottimi voti, passò a Brescia per il ginnasio. P. Gambaretto, che era superiore della casa, scrisse di lui: "Ottimo sotto ogni aspetto". Dall'ottobre del 1936 allo stesso mese del 1938 fu a Venegono Superiore, per il noviziato. P. Todesco, maestro dei novizi, seguiva il giovanissimo Silvio "piuttosto deboluccio quanto a salute" per smussare "la tendenza ad essere alquanto tenace nelle sue idee". Tuttavia doveva riconoscere che: "Si mantenne sempre nel desiderio di progredire nel suo perfezionamento e in realtà andò manifestando un sempre maggior profitto. La sua pietà e il suo attaccamento alle Regole e Costumanze della Congregazione è lodevole".

Emessi i primi Voti il 7 ottobre 1938 si trasferì a Verona per il liceo. Contemporaneamente poté frequentare anche il corso per infermieri ed aiutanti di sanità. In vista c'era la guerra e le autorità facilitavano ai chierici questi corsi. Conseguì l'attestato di abilitazione il 30 giugno 1940. Al termine del liceo scriveva: "Dopo aver passato tre anni nella Congregazione, stretto dai santi vincoli religiosi, esprimo la mia consolazione per aver ricevuto dal Signore tante grazie. Sento sempre più che questa è la mia vocazione e a nient'altro più miro che a rimanere saldo in essa, mio unico ideale su questa terra. Con umiltà e con verità devo dire che mi pare d'aver sempre messo impegno nel mio dovere, sforzandomi di adempiere il meglio possibile le obbligazioni prese abbracciando lo stato religioso e superando tutte quelle piccole difficoltà che ho incontrate sul mio cammino ... ". Dopo il primo anno di teologia a Verona, visto che negli studi riusciva bene, fu inviato a Roma presso l'Università Urbaniana, dove conseguì il baccellierato in teologia con la nota "magna cum laude".

Insegnante e padre spirituale

Il momento dell'ordinazione sacerdotale si avvicina. Per la preparazione immediata al grande passo, si unì ai suoi compagni che frequentavano i corsi teologici a Rebbio (Como). Da qui, in data 2 giugno 1944 scrisse al padre generale: "Disposto già l'animo al raggiungimento dell'agognata meta, benché indegnissimo della dignità sacerdotale, fiducioso in Dio che mi ha chiamato e che elegge anche 'infirma mundi' per la sua gloria, la prego di esaudire il mio ardente desiderio ammettendomi al sacro ordine del Presbiterato". Ordinato nella cattedrale di Como il 3 giugno 1944, sperava di poter partire subito per l'Africa. Ma in quel periodo tutte le vie erano interrotte per causa della guerra. Perciò fu inviato a Padova, presso il seminario comboniano di quella città, come insegnante e padre spirituale dei ragazzi. Scriveva il superiore: "A lui i ragazzi si aprono senza difficoltà perché è tanto buono e sa rendersi quasi uno di loro per aiutarli e portarli a Dio e ad amare sempre di più l'ideale missionario". Coprirà quell'ufficio per sette anni, fino all'ottobre del 1951, data della sua partenza per la missione.

Apostolo in Etiopia

Giunto ad Asmara, p. Silvio fu destinato ad essere padre spirituale ed insegnante. Sembrava che quell'ufficio gli si fosse appiccicato alla pelle. I primi tempi furono duri perché conosceva molto poco la lingua inglese e tanto meno quella locale. Ma dove non arrivava la parola, arrivava il cuore. E ben se ne accorsero i ragazzi che dimoravano all'interno del seminario in qualità di futuri comboniani. Nel 1954 i comboniani ricevettero in consegna dalla diocesi il seminario minore di Keren. P. Angeli, senza cessare di esserlo in quello di Asmara, divenne padre spirituale anche in quest'ultimo. E quando il seminario passò nella nuova costruzione di Via Menelik, p. Angeli divenne rettore del seminario comboniano (che verrà chiuso nel 1956 per mancanza di personale). Scrive p. Mencarini: "Non era considerato un buon direttore perché troppo meticoloso, troppo pauroso di non far bene il suo dovere, di non adempiere alle sue responsabilità. Allora fu mandato al seminario per far scuola e aver cura della salute dei ragazzi. Infatti se ne intendeva abbastanza di medicina e poi aveva fatto amicizia con vari dottori ai quali si rivolgeva per consigli e per medicine. Anche le suore di Iteghie Mene gli davan mano forte in questo campo".

Dal 1940 al 1966 fu nuovamente incaricato della direzione spirituale dei seminaristi di Asmara. Accanto a questo compito, che era il suo, faceva anche il reclutatore dei ragazzi. Si impegnava molto in questo. Visitava i candidati nei loro villaggi più volte e cercava di conoscere a fondo le famiglie prima di accettarli. Dapprima usava la moto, poi riuscì a ricuperare una macchinetta dato che non poteva strapazzarsi troppo. Scrive p. Tesfaghiorghis Hailé: "Se oggi sono prete è grazie a lui, perché come padre spirituale mi ha aiutato molto ed incoraggiato nel mio cammino di fede. Sia la sua vita spirituale, sia il suo carattere mi hanno influenzato molto. Era un uomo umile, mite e molto paziente (una virtù apprezzata dagli africani). Quando si andava negli uffici pubblici; egli non perdeva neanche un minuto in chiacchiere, ma leggeva qualche libro spirituale aspettando il suo turno con calma. In più era un uomo che metteva sempre la pace nella comunità". Dopo alcuni anni di permanenza in Etiopia, il padre aveva appreso bene la lingua locale e anche il rito etiopico. P. Mencarini fa un paio di argute osservazioni sullo zelo di p. Angeli come reclutatore e come esperto in rito etiopico. "Era tanta l'importanza che dava all'ambiente familiare e al desiderio che mostravano i parenti nel lasciar partire un ragazzo che noi gli dicevamo che la nonna, la zia o la mamma del tale seminarista avevano davvero una grande vocazione ... Quanto alla sua abilità nel canto in rito etiopico noi dicevamo che era così melodioso da sembrare ... gregoriano. Egli rideva di gusto ... Sta di fatto che anche nel suo atteggiamento esterno e perfino nella fisionomia richiamava molto da vicino S. Giustino de Iacobis, che qui è veneratissimo". Sapeva farsi capire molto bene nell'insegnamento della religione perché scendeva al pratico e usava parole semplici. Pubblicò anche un libro, frutto delle sue lezioni "La via della vita eterna", oltre vari articoli su giornali e riviste.

Un povero "in grande"

Col passare del tempo p. Angeli si rendeva conto di non tenere il passo quanto ad aggiornamento ecclesiale. Con il suo carattere di convinto conservatore, guardava sempre con occhio sospettoso le innovazioni liturgiche. Docile tuttavia al soffio dello Spirito Santo, chiese di frequentare un corso di aggiornamento a Roma, che fece tra il 1970 e il 1971. Nel giugno di questo anno era di nuovo a Decameré come padre spirituale. E vi rimase fino a luglio del 1973. Sempre nel luglio del 1973 apriva con p. Antonio Ferrari la nuova comunità del Villaggio Genio che ospitava dapprima un piccolo gruppo di scolastici e poi anche un gruppetto di postulanti. L'incarico del p. Angeli era quello di economo della comunità e poi ebbe anche l'incarico di assistente della cappella annessa alla comunità e degli abitanti della zona. Ma nel gennaio del 1974 ci fu il primo attacco alla città di Asmara. Ciò rese più difficili gli spostamenti. Nel 1975, sempre a causa della guerra, la comunità fu chiusa e il padre andò ad abitare prima nel Collegio con i fratelli delle scuole cristiane che avevano preso il posto dei comboniani, e poi nel piccolo ambiente lasciato ai comboniani nel Collegio stesso, pur continuando a curare, come poteva, il Villaggio Genio. I tempi erano estremamente duri e sofferenze di ogni genere (specie fame e malattie) si abbattevano sulla popolazione. P. Angeli cominciò "in grande" il suo lavoro di assistenza agli sfollati, ai poveri e agli ammalati. Sempre in moto per cercare i poveri, per aiutarli, per conoscere le loro famiglie, non si vergognava di chiedere, di elemosinare, importunare chi aveva dei beni per aiutare chi era nell'indigenza. E quando non poteva dare qualcosa perché si trovava privo di tutto, gli traspariva dal volto una tristezza così grande da commuovere perfino gli stessi poveri. "Anche nelle sue vacanze in Italia pensava ai poveri e per loro cercava aiuti in ogni maniera. Nonostante avesse stabilito un orario per la distribuzione degli aiuti, era sempre pronto a qualsiasi ora ad ogni richiesta. Non si arrabbiò mai anche se spesso gli occorreva una pazienza da Giobbe", scrive p. Mencarini. Nel luglio del 1982 il Collegio Comboni venne nazionalizzato. Tuttavia, dal piccolo ambiente appena sufficiente per ospitare due sacerdoti (p. Angeli era insieme a p. Rossi) s'irradiava una luce di carità che illuminava quella terra di dolore. Come sacerdote egli aveva anche cura dei fratelli delle Scuole Cristiane e delle persone che frequentavano la cappella. Zitto zitto, senza pretese, diresse con competenza il centro distribuzione aiuti di cui era responsabile e tenne duro in quel lavoro fino al 1987, anno delle sue ultime vacanze in Italia. Spirito ecumenico Scrive p. Baccanelli: "Lui ha sempre avuto 'compassione' dei poveri e degli ammalati e ad essi ha sempre dedicato il suo tempo libero e ha dato con generosità quello che raccoglieva sia in soldi come pure in generi. I dottori di Asmara lo conoscevano molto bene, perché spesso si portava ai loro ambulatori per fare visitare dei "poveri ammalati" che appunto perché poveri non potevano pagare la visita medica e le medicine prescritte; il padre copriva con una piccola offerta e il resto doveva essere - 'per forza' o per 'carità cristiana' - dato gratis; il padre si scusava del disturbo per poi tornare poco dopo con qualche altro caso 'pietoso'. Per poter distribuire regolarmente qualche cosa ai suoi assistiti non si vergognava di andare ad elemosinare anche dai centri di distribuzione protestanti che, bisogna dire, furono sempre generosi con lui. Quelli che lo hanno pianto di più e di vero cuore sono stati proprio i suoi poveri, ed erano veramente tanti. Nella distribuzione dei suoi fondi era generoso; infatti volentieri dava anche delle belle somme ad altri religiosi e religiose ed anche a sacerdoti diocesani perché arrivassero anche ai piccoli paesi e comunità cattoliche disperse; era generoso poi anche con i non cattolici; l'unico criterio per poter ricevere qualcosa da lui era solo la povertà, però su questo era pignolo ed anche inflessibile. Si assicurava che uno fosse veramente bisognoso. A chi imbrogliava, ritirava il suo aiuto anche se ciò gli causava fastidi o addirittura percosse, come gli è capitato al Villaggio Genio con un militare che lo ha preso a ceffoni. Quindi distributore attento e anche ecumenico. Qualche confratello lo ha accusato di essere piuttosto "paternalista". Egli rispondeva che si sentiva chiamato ad aiutare chi moriva di fame senza sottigliezze sociologiche". Come conclusione dell'attività caritativa con tutti, che fu la caratteristica predominante nella spiritualità di p. Angeli, dobbiamo dire che esercitò questa virtù prima di tutto con i confratelli. Scrive p. Bellini: "Quando giunsi in Etiopia fui colpito dalla sua prodigalità di attenzioni per i confratelli, dei quali vedeva solo i lati positivi. Presentava le persone sempre nella luce più lusinghiera al punto che alle volte sembrava sfiorasse l'adulazione. In realtà le sue parole rivelavano un sincero senso di stima per gli altri. Non era tuttavia un ingenuo: le sue osservazioni sui seminaristi e sulle persone erano centrate. Nei problemi andava subito all'essenziale. La sua carità si esprimeva anche con il costante buon esempio che dava ai confratelli in fatto di vita religiosa e di spirito di preghiera".

Pastore e catechista

Tutti coloro che hanno conosciuto p. Angeli affermano che fu pastore zelante perché seguiva tutti uno ad uno (aiutato in questo anche dalla sua formidabile memoria) e non risparmiava visite domiciliari ed ammonizioni personali in cui spesso c'era anche il richiamo dell'inferno per destare il fervore dei "lontani". Questo lavoro gli piaceva e gli prendeva parecchio del suo tempo, e giacché molte delle famiglie erano anche povere, riusciva ad unire al suo lavoro pastorale anche quello assistenziale. Anche qui dobbiamo dire che non si limitava a visitare i cattolici, ma con regolarità visitava anche le famiglie ortodosse e protestanti e si impegnava volentieri in dispute teologiche per convertire i fedeli Bahai e i Testimoni di Geova anche se con poco successo. Tutti i suoi fedeli sentivano in lui il prete, abbastanza severo, che con forza e pazienza li richiamava ai loro doveri cristiani. Questa severità la usava anche nelle sue omelie e nelle prediche di ritiro. Nel campo formativo egli fu sempre il "padre spirituale" di antica memoria e portava avanti questo suo lavoro veramente "all'antica", cioè seguendo i metodi ed usando i mezzi che erano in auge prima del Concilio; infatti negli ultimi anni i suoi metodi erano abbastanza criticati. Nonostante queste critiche non si lasciò mai abbattere, ma continuò imperterrito fino a quando fu esonerato da tale lavoro. Seguiva i seminaristi uno ad uno ed aveva colloqui con loro molto frequenti, sempre esortandoli ad essere fedeli alla loro vocazione ed aiutandoli con consigli a superare le loro difficoltà. Le meditazioni quotidiane erano a base di esempi di santi per spronare i seminaristi ad imitarli. Il suo lavoro formativo fu efficace ed il Signore lo benedisse, perché poté vedere consacrati più di una decina dei suoi seminaristi, tra i quali i tre novelli sacerdoti comboniani ordinati il 30 agosto 1987.

Personalità e testimonianza

Scrive p. Baccanelli: "Una volta incontrato, p. Angeli, era difficile dimenticarlo. Ti avvicinava con un fare delicato e s'interessava di tante cose riguardanti i problemi della missione e dei confratelli. Subito si scoprivano i suoi interessi: i poveri e l'apostolato. Poi ti lasciava con un bel pensiero, un'esortazione, un augurio. Gli piaceva raccontare i fatti del passato con tanti aneddoti e anche con battute gustose che mostravano la sua acutezza nel giudicare i fatti della vita. Un'altra cosa che gli piaceva molto era discutere e polemizzare sia di argomenti profani ma soprattutto di argomenti teologici. In queste discussioni ci prendeva veramente gusto e si scaldava. Lui era sempre dalla parte rigorista e tradizionalista e quindi in minoranza, ma ciò lo rendeva ancora più battagliero ed alla fine l'ultima battuta era la sua; con un sorriso si prendeva i titoli di 'sofista' e di 'furbone' che i confratelli gli davano. Forse queste discussioni erano il suo spasso più ricercato". Comboniano autentico P. Angeli visse in pieno la sua vocazione comboniana. Era in comunità, amava la comunità anche se il suo ufficio di "ministro dei poveri" lo portava qualche volta ad agire autonomamente. Era entusiasta della sua vocazione ed è stato capace di trasmetterla ad altri. Come Comboni era aperto a tutti senza distinzione di razza o di religione. Il suo assillo era la crescita della Chiesa locale. Di questa Chiesa si sentiva parte. Sempre splendidi furono i suoi rapporti con il clero diocesano locale e rispettoso con gli appartenenti ad altre religioni, anche se non mancava di insinuare dubbio su una loro eventuale conversione. Questa sua apertura verso tutti, questo adoperarsi per la crescita della Chiesa, ed il fatto di non chiudersi nella ristretta cerchia comboniana fanno di lui un vero comboniano. P. Pietro Ravasio dice: "P. Angeli fu un anti-protagonista, uno che amava sparire per mandare avanti gli altri, per far crescere la Chiesa. Mi ha colpito la sua morte perché l'ho quasi sentita come l'immagine della sua vita. E' andato via in punta di piedi: si è incontrato col Signore in riva al mare ... Non credo abbia avuto riconoscimenti nella sua vita o incarichi di un certo prestigio. Sembrava che si scusasse di fare il bene, ed alcuni gesti che gli potevano costare la vita li ricordava quasi con disagio e facendoci dell'umore. In questo suo costante atteggiamento di vita, di compiere il bene in silenzio e ritenerlo un puro dovere, resta una figura esemplare per noi comboniani .. Che non sia forse questo il vero protagonismo della missione?".

Morire guardando l'Africa

Rientrato in Italia nel luglio 1987 per cure mediche, p. Angeli aveva fatto i controlli presso l'ospedale di Arco, che considerava come il suo paese. Ancor prima di avere i risultati delle analisi, andò a Pesaro, presso i comboniani, per un po' di vacanza. Mentre da Arco telefonavano che ritornasse immediatamente essendo serie le sue condizioni cardiache, si era recato alla spiaggia per la solita camminata. E' lì che improvvisamente si è sentito male. Trasportato d'urgenza all'ospedale di Pesaro ai medici non restò altro che constatarne il decesso. Poco prima aveva scritto ai suoi compaesani: "Ho fiducia che continuerete nel vostro impegno di sostenitori delle missioni, convinti che la vostra vita è preziosa se è spesa per opere apprezzate da Dio ... e di quest'opera non abbiamo dubbi". E in un'altra lettera: "Si prevedono momenti difficili. Che il Signore ci aiuti a vivere questi tempi duri perché sappiamo con coraggio accettare tutte le difficoltà che si profilano sul nostro orizzonte. Intanto prego il Signore che ci dia il pane quotidiano e insieme a questo e più di questo che venga il suo regno in questi cuori". Alla commemorazione funebre che si fece ad Asmara ci fu un notevole concorso di popolo. Certamente dal Cielo egli intercederà per le vocazioni e per l'Etiopia ancora così duramente provata. La salma di p. Silvio Angeli riposa nella tomba dei missionari comboniani di Arco.             P. Lorenzo Gaiga

Da Mccj Bulletin n. 157, aprile 1988, pp. 53-59