In Pace Christi

Polato Filiberto

Polato Filiberto
Geburtsdatum : 13/12/1910
Geburtsort : Polegge VI/I
Zeitliche Gelübde : 01/11/1927
Ewige Gelübde : 07/10/1932
Datum der Priesterweihe : 09/07/1933
Todesdatum : 09/01/1987
Todesort : Ardrossan/GB

Filiberto lasciò mamma Lucia Fantin, vedova, alla tenerissima età di 9 anni, per seguire la vocazione missionaria. Erano i tempi in cui si partiva da casa e si ritornava solo prima di entrare in noviziato per un fugace saluto “al mondo” e a coloro che “nel mondo” restavano. In data 12 settembre 1919, la mamma scriveva ai superiori, presentando il figlio: “La sottoscritta madre di Filiberto Polato dichiara di essere pienamente contenta che il proprio figlio entri nell’Istituto comboniano per le missioni africane in Brescia, e di non opporsi mai alla sua vocazione qualora, sentendosi da Dio chiamato, decida di entrare nella Congregazione. Dichiara inoltre di riaccettare il figlio in famiglia, qualora i superiori non lo giudicassero atto ai fini della congregazione”. Filiberto, invece, andò avanti imperterrito, frequentando le medie e il ginnasio presso il Collegio “Cesare Arici” di Brescia. Il 25 dicembre 1925, giorno di Natale, fece la vestizione nel noviziato di Venegono, e il primo novembre 1927 emise i primi voti. P. Bertenghi, maestro dei novizi, aveva scritto di lui: “È sempre stato un buon fanciullo e lo è tuttora. Combatte bene le sue passioncelle. Criterio e ingegno discreti, secondo la sua età. Carattere allegro, un po’ sbadato e chiacchierino, ma schietto e docile. Salute buona”. Possiamo proprio dire che Filiberto portò all’altare di Dio la sua giovinezza. Aveva 16 anni. Dopo lo scolasticato e la teologia a Verona, venne ordinato sacerdote, sempre a Verona, da Mons. Girolamo Cardinale. Era il 9 luglio 1933. Non avendo ancora l’età canonica, i superiori dovettero chiedere la dispensa a Roma di “mesi 17 e giorni 6”. Gli fu concessa “in vista dell’urgente bisogno di personale da inviare in missione”.

L’Africa è lontana

Appena sacerdote, P. Polato fu inviato a Riccione come insegnante nella Scuola Apostolica comboniana. Fece un gran successo per il suo carattere ‘dolce, affabile e sempre allegro. Ma queste doti furono anche il suo limite, in quanto non riusciva a tenere la disciplina per cui dopo due anni, fu rimandato a Verona per altri due anni (1935-1937) nell’Ufficio corrispondenza. Filiberto sapeva trattare con la gente, non solo con le parole, ma anche con la penna. I benefattori che mandavano le loro offerte ai missionari ricevevano in cambio parole corroboranti. Da marzo a luglio del 1938 andò a Sunningdale (Inghilterra) a studiare l’inglese. Si applicò con impegno imparando bene la lingua. E insieme fu attratto da quella terra e dalla sua gente. Gli anni passavano. L’Africa pareva sempre più lontana. Invece, nel settembre del 1938 poté imbarcarsi per il Sudan Meridionale. Dopo sei mesi di pratica a Wau, venne destinato al seminario di Bussere come insegnante. Vi rimase per nove anni di seguito. La missione gli risparmiò gli orrori della guerra in Europa, anche se fece sentire i suoi influssi malefici fino alle più lontane missioni. Due sue sorelle, intanto, si consacravano a Dio nella Congregazione delle Suore Dorotee. P. Polato si mostrò buon osservatore “africano”. Su “La Nigrizia” degli anni ’40 si trovano qua e là raccolte di usi e costumi e favolette africane veramente gustose. Nel 1948 tornò in Italia per le vacanze. Era particolarmente stanco. Forse, negli ultimi anni di missione, qualche cosa non aveva funzionato bene per cui ripeteva spesso: “Torno in missione solo se mi mandano”. I superiori gli indicarono un’altra via, diametralmente opposta, geograficamente, a quella del continente nero.

Missionario in Inghilterra

La partenza per Sunningdale, nel 1948, con l’incarico di animatore vocazionale, propagandista e padre spirituale dei futuri missionari, segnò il suo destino. Non abbiamo ancora accennato ad una dote che p. Filiberto possedeva: l’amore per la musica e la capacità di comporla e suonarla oltre che di dirigere il coro. Con la musica e l’entusiasmo cominciò il suo nuovo lavoro. Scrive padre Minisini che fu suo compagno in Inghilterra: “Era di una semplicità meravigliosa. Un giorno una signora gli diede l’offerta per una messa cantata in suffragio di suo marito defunto. Egli non avendo né coro, né chierichetto, il giorno dopo celebrò e cantò da solo la messa che incise sul registratore. Ogni tanto, poi, si sedeva in stanza e attaccava la sua messa cantata”. Dal 1950 al 1952 fu reclutatore a Stillington. Tra i suoi “reclutati” ricordiamo P. John Troy, che è stato provinciale d’Inghilterra fino al 1986. P. Troy dice che P. Polato era un uomo piacevolissimo, sempre entusiasta e contento. Sapeva trattare con la gente: la conquistava con quel misto di umorismo e ingenuità. Nella sua vita dava una grande testimonianza di impegno sacerdotale e zelo per le anime. Nel 1953 passò a Elm Park come curato, coprendo anche l’incarico di confessore a Stillington. Dal 1956 al 1980 fu in parte superiore e in parte coadiutore, sempre a Elm Park, finché, nel 1980, fu trasferito ad Ardrossan come animatore missionario. “Nei suoi giri di reclutamento – afferma un confratello – e in altri contatti con gli esterni, ha ricevuto molto amore e stima per sé e ha contribuito grandemente a dare prestigio alle nostre opere in Inghilterra”. P. Bresciani lasciò scritto: “È un ottimo padre che ha fatto molto bene alle nostre opere qui in Inghilterra, specialmente con i suoi contatti con gli esterni. In comunità è come un papà al quale tutti vogliono bene”. E P. Centis: “Uomo di grande zelo, sempre pronto ad accettare qualunque lavoro per le anime. Non è capace di dire di no. Sa farsi molti amici, specialmente attraverso il canto e la musica. È osservantissimo quanto alle norme liturgiche”.

Inno al Papa

In una lettera scritta a P. Centis nell’ottobre del 1979 P. Polato esprime i suoi sentimenti sulla visita del Papa in Irlanda: “In settembre sono andato a Dublino per la visita del Santo Padre. Sono state giornate indimenticabili. Gli Irlandesi non potevano fare di più di quanto hanno fatto... Devo raccontarle cosa mi è successo a Dublino proprio pochi giorni prima della visita del Papa. Una mattina ero in un piccolo Post Office. Mentre parlavo con una signora, tre individui – volto coperto e mitra alla mano – irruppero nell’ufficio ordinando all’incaricata di aprire la cassaforte. I clienti, tra cui il sottoscritto, dovettero buttarsi a terra e stare fermi. Ubbidimmo. Portarono via 15.000 sterline. Il tutto durò un minuto. Nessuno fu ferito. Per la felice occasione della visita del Papa scrissi un inno. Mandai testo e cassette con la musica cantata dal coro all’Arcivescovo di Armagh, che mi scrisse una bella lettera di ringraziamento. La trovai sul mio tavolo al ritorno dall’Irlanda. Questo canto – senza la pretesa di essere una cosa ufficiale, tutt’altro, venne cantato anche in Phoenix Park nell’attesa dell’arrivo del Papa. Ho ringraziato davvero il Signore anche per questo. Accludo copia. Forse a qualche confratello piacerà leggerlo e cantarlo. Saluti da p. Toninello il quale sta facendo (come sempre) del buon vino”.

Amore alla Congregazione

P. Polato seguiva le vicende della Congregazione con amore e con preoccupazione. In occasione del Capitolo del 1985 scrisse: "So che molti confratelli non sono d'accordo con quanto sto per dire. Parlo di coloro che invocano la chiusura delle nostre chiese o parrocchie per essere più liberi per andare in missione. Ricordo che qualcuno, venendo a visitarci a Elm Park dove lavorai per 24 anni; ci salutava (o ci insultava) dicendo: 'Cosa state facendo qui? Perché non andate in Africa?'. Io me ne stavo tranquillo anche se avrei potuto rispondere: 'L'ho chiesto tre volte ai superiori, ma essi hanno pensato che potevo stare là dove ero'. E in effetti ringrazio per quanto è accaduto e per quel po' di lavoro che Egli mi ha aiutato a fare. Se dobbiamo aiutare la Chiesa locale, sono profondamente convinto che possiamo farlo con la nostra presenza e il nostro lavoro qui dove tanti vescovi sono in necessità disperata di preti. Vedo anche un’altra ragione. Ci sono dei padri che non hanno ancora raggiunto l’età geriatrica. Cosa pensi che potrebbero fare in una casa di formazione? Pregare? Una cosa magnifica, senza dubbio, ma potrebbero essere di qualche aiuto anche in qualche parrocchia ascoltando le confessioni, celebrando, predicando, parlando con la gente, visitando gli anziani e gli ammalati... Quindi, andiamoci piano a chiudere tutto. Questo secondo il mio modo di vedere e secondo la mia esperienza. Un’altra cosa. Ho visto alla televisione un programma sul Sudan. C’era l’Arcivescovo di Khartoum che entrava in cattedrale in processione. Era bello. L’assemblea, diretta da un sacerdote sudanese, cantava un inno che io avevo composto oltre 40 anni fa quando noi usavamo entrare in chiesa accompagnati dalla banda. Mi si è aperto il cuore”. Possiamo ben capirlo!

Fondatore della commissione liturgica

Dove arrivava P. Polato, arrivava la musica; con la musica si accompagnava la liturgia. Scrive P. David Glenday: “P. Polato è morto solo tre giorni dopo il mio arrivo in Inghilterra come padre provinciale. Penso che il mio primo incontro con lui fu attraverso la musica. Da ragazzi, a Mirfield, avevamo gioiosamente cantato vari pezzi composti da lui. ‘Dio della gloria’, ‘Gloriosa storia’ e ‘Tu sei sacerdote in eterno ‘ sono i più commoventi. Egli era incapace di pessimismo. Se in comunità qualcuno faceva qualche osservazione amara, egli cominciava a cantare: così ti confondeva. La musica lo conservò giovane fino alla fine. Giovane e zelante. Il Vicario Generale della diocesi di Brentwood, che rappresentava il Vescovo al funerale, sottolineò che P. Polato fu uno dei fondatori della commissione liturgica diocesana dopo il Vaticano II. ‘Anche se come temperamento era un conservatore, non esitò a mettersi con energia ed entusiasmo a lavorare per una più aggiornata liturgia’. Negli ultimi anni partecipò anche al rinnovamento carismatico. P. Polato fu di quel tipo di gente che lascia il segno. Una volta mi diede una mano nella mia parrocchia di Dundee per quindici giorni. Parecchi anni dopo c’era gente che chiedeva notizie di lui. Il cordoglio sincero della comunità di Elm Park, il giorno del suo funerale, fu un segno chiaro di ciò che egli significava per molti. Penso che la gente abbia riconosciuto in lui i segni chiari della santità. P. Toninello, nella sua vivace omelia al funerale, ha detto: ‘Se P. Polato ed io abbiamo potuto predicare la tolleranza e la comprensione alla gente sposata della nostra parrocchia, è perché noi stessi abbiamo praticato questa virtù’. È vero: solo perché erano virtuose, due persone così dissimili hanno potuto convivere in armonia”.

Il menestrello della Madonna

P. Polato, sacerdote semplice e schietto come un bambino, aveva una devozione tutta speciale per la Madonna. In suo onore aveva composto e musicato un “oratorio” intitolato ‘Le glorie di Maria’, che egli eseguiva nei paesi vicini e lontani per le varie circostanze. Tra i membri del suo coro aveva personalità di un certo rilievo artistico e professionale. Per esempio c’erano annunciatori radiofonici della BBC e cantanti di chiara fama. L’oratorio mariano era (ed è) molto orecchiabile per cui tutti lo canticchiano anche quando lavorano. Era ciò che si proponeva l’autore: far sì che il pensiero della Madonna diventasse familiare a tutti, in un paese di protestanti. E dobbiamo dire che c’è riuscito. Ciò che colpiva tanto gli spettatori era l’amore, l’entusiasmo, il calore che P. Polato metteva quando dirigeva la sua piccola opera: “Il suo stesso entusiasmo è una predica efficacissima”, aveva detto un confratello. Anche la devozione del santo rosario era molto sottolineata da lui. E la insegnava al più gran numero di persone che poteva raggiungere. Con grande ingenuità e verità, si considerava il menestrello della Madonna.

Il grande dolore

Pur avendo ormai 77 anni, P. Filiberto Polato godeva buona salute ed era in grado di svolgere i suoi compiti di ministero. Poi, improvvisamente...

Scrive P. Umberto Pasqualone che da tre anni vive nella comunità di Ardrossan: “La sua morte improvvisa è per me un duro colpo e non posso ancora credere che sia vero. Specialmente perché un paio di ore prima della sua morte, l’ho trovato sempre calmo, allegro, cantando le sue canzoni preferite. Aveva aiutato in casa, in chiesa, nella cucina. Non c’è stato nessun avviso di quello che stava per succedere. Infatti era tornato da Elm Park mercoledì 7 gennaio. Sembrava riposato, stava bene. Aveva trascorso il Natale tra amici, con il suo coro. Passò il giorno dopo (giovedì 8 gennaio) sbrigando la posta, telefonando ai benefattori per ringraziarli dei doni di Natale e per i saluti. Il venerdì 9 gennaio, giorno della sua morte, era andato a visitare i suoi amici. Era andato anche a Saltcoats per comprare ciò di cui aveva bisogno. Forse aveva avuto qualche premonizione della sua morte. Infatti aveva fatto stampare 20 copie di foto scattate ad Elm Park durante il periodo di Natale, con l’intenzione di mandarle ai suoi parenti e amici. Nel pomeriggio ha continuato a scrivere e a telefonare. Poi abbiamo celebrato la Messa e detto i Vespri insieme. Ci ha preparato una bella cena, ha lavato i piatti, e dopo è venuto a sedersi accanto a me per vedere la televisione. Faceva alcuni commenti sui programmi, ci siamo scambiati i punti di vista... tutto come al solito. Però ad un certo punto, verso le 9, si è alzato e ha lasciato la sala, senza dire una parola. Questo mi ha meravigliato, ma poi ho pensato che forse aveva dimenticato qualche cosa da fare e che sarebbe ritornato più tardi. Ma quando erano le 10 ancora non si vedeva. Rimasi ancora a vedere la televisione, dopo sono andato a letto. Quando sono arrivato davanti alla mia porta, accanto a quella di P. Polato, mi sono sorpreso nel vedere che la luce del corridoio era ancora accesa, mentre la sua porta era appena accostata. Anche la luce della sua stanza era accesa. Una cosa proprio insolita. Però non ho pensato a qualcosa di grave. Ho spento la luce del corridoio e sono entrato nella mia stanza. Ho cominciato a recitare Compieta, ma dalla stanza accanto non arrivava nessun rumore. Ho cominciato a sentirmi un po’ a disagio. Ho chiuso il breviario e sono andato a vedere che cosa fosse successo. Ho bussato alla porta ma non ho avuto risposta. Il letto era intatto e ho cominciato a pensare che poteva essere successo qualcosa. Qualcosa che speravo non fosse vero. Invece sono entrato e ho trovato P. Polato morto, sdraiato sul pavimento. Mi sono avvicinato per vedere se potevo fare qualcosa per rianimarlo, ma niente. Era già freddo. Era morto già da due ore. Sono andato a svegliare P. Duffin che era lì in casa. Gli ho detto di dargli il sacramento, mentre io telefonavo al dottore, al parroco e all’impresa di pompe funebri. Tutti sono venuti abbastanza presto e mi hanno aiutato. La mattina dopo, sabato, la notizia si era già diffusa in Scozia e Inghilterra. Sacerdoti e gente comune sono venuti a portarci le condoglianze per la morte di P. Polato. C’è stato grande dolore e cordoglio”.

Signore, sia la gioia della mia vita lodare la tua gloria

P. Pasqualone prosegue ricordando le varie personalità che hanno preso parte al rito funebre e che hanno rilasciato la loro testimonianza: “S.E. Mons. Duffy, Vicario Generale della diocesi di Galloway ha detto: ‘Fu missionario comboniano di alto valore’. S.E. Mons. Maurice Taylor, un personale amico di P. Polato, appena sentita la notizia, è venuto subito e il 13 gennaio è stato il concelebrante principale della Messa funebre nella chiesa di S. Pietro ad Ardrossan. Nella sua omelia ha sottolineato la semplicità di P. Polato, la sua santità sacerdotale, il fatto di essere un musicista dotato. C’è stato anche un messaggio del provinciale, P. Glenday, che non è potuto venire al funerale a causa delle condizioni del tempo. Fra le altre cose ha detto: ‘La vita ci lascia un forte ricordo di un missionario profondamente dedicato a Cristo e al suo popolo, un uomo di preghiera e di gioia. Adesso preghiamo per lui, con la speranza che tra poco lui pregherà per noi, specialmente che il Signore ci dia buone vocazioni missionarie che prendano il suo posto’.

Il giorno del suo funerale, il tempo era ancora cattivo, non solo attorno ad Ardrossan, ma in tutta la Gran Bretagna. I confratelli non sono potuti arrivare in tempo per la Messa. Sono venuti molti sacerdoti, molta gente, anche molti non cattolici, per offrire la Messa con il Vescovo e mostrare il loro affetto e rispetto verso P. Polato”.

Ritorno a casa

Subito dopo la Messa, il corpo di P. Polato è stato traslato a Elm Park, dove aveva lavorato per 26 anni come assistente, capo coro, organista e dove era ben conosciuto e amato. I familiari intanto reclamavano la salma. Ciò è dispiaciuto molto alla gente del luogo che ormai considerava P. Polato come uno di loro, ma è stata rispettata la volontà di coloro che glielo avevano lasciato per così tanti anni. “A P. Polato – conclude P. Pasqualone – si possono applicare in pieno le parole che Lacordaire attribuisce al sacerdote: ‘Vive nel mondo senza cercare i suoi piaceri; è membro di tutte le famiglie senza appartenere a nessuna; condivide tutte le sofferenze, penetra tutti i segreti, medica tutte le ferite. Ogni giorno va dagli uomini per portare a Dio i loro messaggi e le loro richieste, poi ritorna dagli uomini per portare loro il perdono di Dio e la speranza. Ha un cuore di ferro per la castità e un cuore di carne per la carità. Insegna, istruisce, perdona, consola, benedice... O Dio che vita! Questa vita è la tua: sacerdote di Cristo Gesù”. Il giornale “Scottish Catholic Observer” ha scritto: “P. Filiberto Polato, stroncato da un attacco di cuore, ha lasciato un esempio meraviglioso di gentilezza, gioia e santità sacerdotale. Per parecchi anni, ad ogni Natale, componeva canzoni che venivano pubblicate su questo giornale. Erano orecchiabili e il suo stile di musica di chiesa ha dato vita a tanti testi della Sacra Scrittura per cantori e per assemblee. Sul suo tavolo è stato trovato il crocifisso che è stato sepolto con lui, sul quale erano scritte queste parole: ‘Signore, sia la gioia della mia vita lodare la tua gloria’. Veramente questo è stato il programma della sua esistenza”.

P. David Glenday conclude: “Dapprima la notizia della sua morte mi ha rattristato grandemente. Ho sentito che avevo perduto un confratello gentile e santo; ma ora penso di avere un intercessore in cielo, un intercessore presso Dio perché questa piccola provincia possa avere buone vocazioni missionarie”. Domenica 22 febbraio la salma è giunta a Polegge (VI) dove riposa nel locale cimitero. Se in Gran Bretagna i missionari comboniani sono conosciuti, ciò è dovuto a P. Polato e a chi, come lui, ha saputo prestare un lungo servizio all’animazione missionaria e al ministero, vivendo nella donazione più completa e nella gioia più schietta.                             (P. Lorenzo Gaiga, mccj)

Da Mccj Bulletin n. 154, luglio 1987, pp.68-73