In Pace Christi

Corti Giovanni Battista

Corti Giovanni Battista
Geburtsdatum : 05/09/1929
Geburtsort : Castello di Lecco CO/I
Zeitliche Gelübde : 09/09/1949
Ewige Gelübde : 09/09/1954
Datum der Priesterweihe : 20/06/1955
Todesdatum : 11/09/1986
Todesort : Gordola/CH

Giovanni Battista era il secondo di tre fratelli. Papà Mauro, operaio, sperava di fare del figlio un perito industriale. Per questo, al termine delle elementari lo iscrisse alla scuola. Ma la mamma, Riva Luigia, casalinga, notava che quel suo ragazzino era di una particolare sensibilità specialmente verso i poveri e i sofferenti per cui, quando dopo la seconda industriale Giovanni Battista chiese di entrare tra i Comboniani, non si meravigliò, e lo lasciò andare anche se nel suo cuore provò un duplice dolore: quello del distacco dal figlio, e quello provocatole dal pensiero delle sofferenze che 'avrebbe incontrate, proprio per quella eccessiva sensibilità.

Entrato nel piccolo seminario missionario tenuto dai comboniani a Crema nel 1942, cercò di applicarsi nello studio e nella preghiera con "sufficiente profitto" e "discreto impegno" . Un anno dopo l'entrata in seminario, fece domanda di emettere la "promessa apostolica". È interessante esaminare i sentimenti di questo adolescente ... "Forse, e senza forse, ci sono dei "ma" per concedermi di fare la promessa apostolica, però credo che siano cancellabili con un po' di buona volontà. Di difetti ce ne sono ancora parecchi, per la verità. Per esempio l'amor proprio! Ah, Padre, è un osso duro per me, però un poco l'ho già tolto. Forse la risposta sarà negativa, e allora non dispero: farò la volontà di Dio e aspetterò. Io mi metto sotto la protezione della Madonna delle Grazie perché mi conceda la grazia della 'promessa', in attesa della grazia più grande della mia vita: diventare sacerdote missionario'.

Giovanni Battista poté fare la sua promessa e portò con fierezza e soddisfazione la medaglia che il superiore gli aveva consegnata.

Un Piccolo Missionario

Nel maggio del 1944 Giovanni Battista dovette sottoporsi all'operazione di appendicectomia. Niente di particolare se non fosse per le parole con cui il giovane si rivolge al suo superiore a cose fatte." Durante l'operazione e la degenza ho cercato di comportarmi bene, da vero piccolo missionario. E ho avuto la soddisfazione di sentirmi dire dalle infermiere che, durante l'operazione, mi sono comportato 'come si deve comportare un ' futuro missionario'. Non so, però se merito davvero questa lode... Ho pensato alla missione: una casetta bianca con la chiesina accanto dove l'animo torna tante volte sereno cantando le lodi del Signore, le grida garrule e festose dei neretti, una veste talare bianca, una barba folta e lunga, due occhi buoni che bastano a rasserenare gli animi in burrasca. .. In ospedale ho imparato che cosa voglia dire la vita e la salute. Sì, Padre, ho visto e toccato con mano le grandi miserie che ci sono; e io ne ho riportato un'impressione così viva che al solo pensarci mi vengono ancora i brividi. .. All'oratorio ho già scovato i germi di vocazione missionaria in tre bravi ragazzi ... ". Non solo, dunque, sa affrontare la sofferenza come un missionario, ma sa apprendere alla scuola del dolore e poi si interessa per "scovare" nuove vocazioni.

Mamma Luigia, in una lettera a p. Dell'Oro, dopo aver parlato della salute del figlio, dice: "Ha sempre più un contegno da uomo. Però io ho paura della sua incostanza .. . Lo raccomando in modo particolare alle sue preghiere, e raccomando la sua vocazione che tanto mi sta a cuore". Dopo Crema Giovanni Battista andò a Brescia per la IV e V ginnasio. La grande sensibilità di Giovanni Battista è messa in risalto da una lettera che scrisse al superiore nel 1945. Qualcuno aveva detto a Giovanni Battista che col suo comportamento aveva fatto soffrire p. Valmaggia. Il giovane scrive immediatamente a p. Dell'Oro dicendo: "Padre, sono turbato, ferito nel più profondo del cuore; e un nodo mi sale alla gola con una grande volontà di pianto. Dunque io avrei arrecato al buon Padre dei dispiaceri sia pure involontari, ma pur sempre dispiaceri? Le parole dolci, consolanti che tante volte mi sollevarono lo spirito, le cure amorose che mi ha tante volte prodigato, ora accrescono il mio dolore. Una grande amarezza mi prende. Trovo un po' di conforto offrendo tutte le mie pene alla Madonna e le chiedo la grazia di poter e di saper riparare" .

Novizio

Il 27 agosto 1947, Giovanni Battista Corti entrava nel noviziato di Firenze. Nella lettera per la domanda di ammissione aveva detto: "Chi mi spinge a fare questo (la domanda) è un desiderio sempre più ardente di amare il Signore con l'accettare di essere suo strumento nella salvezza delle anime alle quali mi sento fortemente attratto. In modo particolare mi sento attratto dai poveri Neri, e me lo dimostra chiaramente una crisi avuta in principio di quest'anno, in cui anche il solo pensiero di dovermi staccare da loro, mi faceva soffrire tremendamente. Il Sacro Cuore di Gesù è carità, è amore, ed i suoi figli sono degni di Lui. Ho notato spesso nei religiosi questa carità di cui ho tanto bisogno anch'io. Sento di dover ringraziare continuamente il Signore e la Madonna che mi hanno chiamato ad essere membro di questa congregazione. E saranno loro a farmi un santo missionario, dato che io ho ancora tanti difetti, anche se da parte mia prometto ogni sforzo possibile ... " .

Giovanni Battista si immerse con entusiasmo nell'atmosfera del noviziato . Tanto che p. Audisio, dopo il primo anno, poteva scrivere: "Fin dai primi mesi del suo noviziato apparve chiaro in lui un impegno più che ordinario nel prendere sul serio questo periodo di formazione spirituale. In tutto questo tempo ha perseverato con lodevole sforzo in questo intento. Ha esercitato con amore e spirito di sacrificio l'ufficio di infermiere che egli stesso chiese gli fosse assegnato per esercitarsi nella carità verso chi soffre. Ha buone doti intellettuali e dimostra un criterio e buon senso non facili a rinvenirsi in persone della sua età. Ha una grande carica affettiva che riesce a controllare. È deferente verso i superiori, caritatevole con i compagni, ubbidiente, aperto. Salute buona. Di animo buono e delicato verso i confratelli, sente nella stessa misura il dovere di essere ugualmente delicato verso Dio".

In Inghilterra

Il giudizio di p. Audisio era lusinghiero, per cui Giovanni Battista Corti fu scelto per essere inviato in Inghilterra a completare il noviziato, che aveva la sede a Sunningdale. P. Albertini fu il suo padre maestro. Questi, verso la fine del secondo anno di noviziato, scrisse: "Sembra un po' fiacco e debole nelle sue risoluzioni anche se è deciso e convinto di andare avanti. Mostra criterio pratico ed è ricco d'iniziative. È svelto nelle sue cose ed è capace di cavarsi dalle difficoltà. Riesce bene negli studi, specie in matematica. Provenendo da una famiglia dove era molto amato, sente il bisogno di molto affetto. Bisogna stare attenti che non diventi una 'piaghetta'. Lavora seriamente a migliorare se stesso". Il 9 settembre 1949 emetteva i primi Voti. Fatti i Voti, Giovanni Battista si iscrisse all'Università di Londra dove frequentò i corsi di inglese, matematica, latino, italiano e storia inglese. Contemporaneamente era assistente dei ragazzi del piccolo seminario comboniano di Stillington. Ad ogni rinnovazione dei Voti balzano in primo piano i seri propositi del giovane e gli apprezzamenti dei superiori uniti, però, a qualche riserva. "I suoi difetti sono controbilanciati da innegabili belle qualità (p. Albertini). "A dire la verità era più portato allo studio che all'assistenza dei ragazzi, almeno in un primo tempo. Poi invece ha dimostrato doti di organizzatore e di educatore. È un tipo intelligente e che sa dire la sua opinione (p. Centis). "Di anno in anno c'è un miglioramento quanto a impegno religioso" (p. Bresciani).

Sacerdote per l'Africa

Ritornato a Venegono nel mese di luglio del 1951, vi rimase come scolastico fino al 1955. Qualcuno, infatti, aveva suggerito che, dato il carattere un po' individualista di Corti, gli sarebbe giovata la permanenza in uno scolasticato molto numeroso. Il 26 giugno 1955 venne ordinato sacerdote nel duomo di Milano dall' Arcivescovo G.B. Montini. Un mese dopo, p. Corti era già a Khartoum, come insegnante al Comboni College. Suor Veronica delle Pie Madri della Nigrizia, che fu con lui in quel periodo, scrisse: "Ricordo bene il grande entusiasmo suscitato fra la gioventù. Quanta unione, quanta collaborazione e reciproca intesa nei gruppi! Tra gli studenti diede un particolare e notevolissimo impulso alla 'Legio Mariae'. I giovani corrispondevano in pieno, tanto che la loro attività permetteva di penetrare non solo in tutte le famiglie, ma in tutti i settori sociali come l'ospedale, i villaggi, le scuole, i clubs ... per aiutare e soccorrere chi si trovava nell'indigenza e nella povertà sia materiale, sia morale e soprattutto spirituale. Poi passò alla cattedrale. Qui aveva la possibilità di incontrare tutti i parrocchiani e le loro famiglie. In un centro internazionale come Khartoum si ha a che fare con tanti ceti di persone: siriani, musulmani, inglesi, greci, ortodossi, copti, anglicani, evangelisti.. . Tutti godevano della simpatia dell'abuna 'Hanna', che in arabo significa Giovanni. Si recava con sollecitudine e da chiunque, ovunque fosse chiamato. Il suo zelo lo portava a tutti e a tutti anche con notevole sacrificio. I malati in modo particolare desideravano l'abuna 'Hanna' perché aveva un modo delicatissimo di confortare chi soffriva, e con parole profondamente umane e cristiane sapeva preparare anche i più 'difficili' all'incontro con il Signore. Un incontro che, insieme a p. Giovanni, diventava un momento di intima gioia. In parrocchia ebbi modo di lavorare con p. Corti nella preparazione dei bambini alla prima Comunione. È da notare che in cattedrale si parlavano quattro lingue: inglese, arabo, italiano, francese. Lui se la cavava in tutte benissimo e arrivava a tutti i gruppi nonostante la diversità di preparazione. Non mi dilungo sul suo gusto quanto alla preparazione delle celebrazioni liturgiche. Sapeva anche suonare e preparava il piccolo clero con amore, passione e tanta devozione. I bambini percepivano queste cose e seguivano il Padre con vero entusiasmo".

Dopo sei mesi di vacanze in Italia tra il maggio e l'ottobre del 1960 tornò alla cattedrale di Khartoum dove rimase fino al 1962.

Comunicazioni sociali

La vecchia Italia stava cambiando velocemente. Esigenze nuove quanto ai mezzi di animazione missionaria richiedevano personale capace. I superiori puntarono gli occhi su p. Corti. Dal primo agosto del 1962 al maggio del 1972 fu inviato a Bologna con varie incombenze. Vice-superiore dapprima, superiore e direttore dell'editrice Nigrizia (EMI) e della Messis Film dopo, e rappresentante del Collegio Missioni Africane presso l'Associazione Amici di Roul Follereau. Su questi uffici ci sarebbe molto da scrivere. Con p. Galimberti e p. Raimondo Ottavio che gli furono vicini per un certo tempo, possiamo dire che "Qui tutto bene. Soprattutto regna un accordo invidiabile. Forse c'è un tantino troppo lavoro. Ma non guasta". Quanto alla Messis Film si deve riconoscere che, per qualche tempo, ebbe un buon incremento. Anche quanto a libri p. Corti - seguendo le intuizioni di Galimberti - cercò di buttarsi sul moderno, sull'attuale. I problemi dell' Africa che, un pezzo alla volta, arrivava all'indipendenza, costrinsero l'editore Corti a fare i salti mortali.

Dal 1970 fu incaricato dell' Associazione Amici di Raoul Follereau. I punti di vista tra p. Corti e i membri del Consiglio dell' Associazione furono alle volte contrastanti, per cui non mancarono delle incomprensioni e delle sofferenze da ambo le parti. La questione può essere così riassunta: l' Associazione Amici di Raoul Follereau (allora Amici dei Lebbrosi) co-fondata da p. Galimberti e da alcuni volenterosi bolognesi, stava prendendo piede e consistenza. Sotto la spinta di Raoul Follereau, del quale Corti era amico intimo, "tassista" ed agente quando veniva in Italia, suo traduttore nei discorsi e nelle conferenze e amplificatore del suo messaggio a favore dei malati di lebbra, p. Giovanni voleva dare all' Associazione una struttura a Presidente stabile e immutabile (come è ancor oggi quella francese), mentre i bolognesi e altri che si erano aggiunti dalla Liguria e dalla Toscana, facenti tutti parte del Consiglio di Amministrazione, proponevano una Presidenza a termine. I superiori dei comboniani, in seguito anche agli insegnamenti del Concilio Vaticano II sul ruolo del laicato, optarono per la seconda ipotesi. P. Corti si trovò in minoranza ed ebbe l'impressione di essere stato emarginato anche dai suoi. Sensibile com'era, possiamo immaginare a quale grado arrivasse la sua sofferenza interiore.

Lebbroso tra i lebbrosi

Egli prese allora una decisione che, da un certo punto di vista, aveva dell'eroico. "Non vale più parlare di lebbra agli italiani. È meglio andare a servire i lebbrosi in qualche lebbrosario" . E optò per il lebbrosario di Manikrò, in Costa d'Avorio. Vi rimase tre anni, dal settembre del 1972 al dicembre del 1975. Questa decisione fu maturata con sofferenza sia da parte di p. Malugani, allora Provinciale, sia da p. Agostoni, allora Generale. Le lettere intercorse e tutte inspirate alla ricerca del bene e della volontà del Signore, lo stanno a dimostrare. "La numerosa mole di corrispondenza che ho tra le mani - scriveva p. Malugani - ha rafforzato in me la certezza della tua rettitudine. Coraggio, caro Padre, il Comboni ci ha abituati a sapere che ogni opera di Dio matura all'ombra della croce". In quel periodo ci fu anche la morte della mamma del Padre. In preparazione al suo lavoro al lebbrosario, p. Corti si recò in Francia, presso le Fondations Raoul Follereau di Parigi, per perfezionarsi nella lingua. Qui divenne "membro" di tali Fondazioni, restandolo fino alla morte. Dobbiamo dire che il lavoro nel lebbrosario fu svolto con zelo e amore nei confronti di quei poveri. "Nel lebbrosario ho avuto modo di ammirare e di partecipare ad un'azione missionaria semplice, concreta, basata su povertà di mezzi e al tempo stesso estremamente efficace", scriveva al p. Generale il 24 marzo 1974. E poi aggiungeva: "Spero di poter lavorare tra i lebbrosi pur restando membro della Congregazione, e questo sarebbe il mio desiderio". "Passo le mie giornate vivendo le difficoltà e le gioie piccole e grandi di un villaggio un po' particolare quale è un lebbrosario. Con l'aiuto dei malati è in atto un piccolo allevamento ed una piccola piantagione. Lo scopo è di assicurare il cibo a quelli che per anzianità o invalidità non possono più far nulla. Soprattutto cerco di inculcare il senso cristiano dell'aiuto vicendevole come segno visibile del battesimo ed espressione della fede".

Dopo l'esperienza del lebbrosario, p. Corti rientrò in Italia a disposizione della Congregazione. Era un uomo che aveva vissuto a stretto contatto con tanta sofferenza e questo lo aveva maturato ancora di più. Ma ecco che la "Casa di Lavoro e Patronato per i ciechi di guerra di Lombardia", chiese al p. Generale di assegnare p. Corti come direttore di tale Casa. Per fare questo il Padre sarebbe dovuto uscire dalla Congregazione. La Curia di Milano avrebbe accettato di accogliere p. Corti come responsabile di tale organismo, ma egli: "Non intendo assolutamente uscire da una Congregazione alla quale mi sento particolarmente legato", scrisse. Così anche quell'offerta, "che onora un membro del nostro istituto missionario" (p. Agostoni), andò a monte. E p. Giovanni Corti finì a Verona come aiutante di p. Dante Greggio presso la tipografia Nigrizia.

Assistente degli studenti africani in Inghilterra

"È un lavoro pastorale qualificato e altamente missionario perché è lavoro apostolico diretto per le nostre missioni" scriveva il 13 agosto 1975 p. Agostoni a p. Corti affidandogli l'assistenza agli studenti africani in Inghilterra. "Il lavoro fatto in passato è di buon auspicio per il futuro", proseguiva in un'altra lettera qualche mese dopo . Prima a Londra e poi a Sunningdale, impegnato in un lavoro tanto delicato, intercalato da studi per apprendere il tedesco e per diplomarsi all'istituto artistico, senza cessare dall'ufficio di superiore e di animatore dei Padri e Fratelli studenti, p. Corti finì per dare un serio colpo alla salute che non era mai stata robustissima.

Il primo infarto

Tra il sabato 28 e la domenica 29 maggio, tornando in treno da Lourdes, p.Corti fu colpito da infarto. Portato di urgenza al Policlinico, dovette essere deviato a Rho, perché a Milano non c'era posto. Impossibile il trasporto a Lecco dove risiedeva la famiglia, date le gravi condizioni sanitarie. Dopo alcuni giorni in sala di rianimazione, poté rialzarsi. L'esperienza era stata dura e dava una svolta decisiva alla sua vita tanto dinamica e intensamente piena. La guarigione fu completa, tanto che p. Agostoni, nel 1979, gli proponeva l'insegnamento dell'inglese nello Zaire al posto di p. Sembiante. I medici, però, diedero una risposta totalmente negativa a un ritorno in missione. Intanto, lasciata definitivamente la provincia inglese il 31 marzo 1980, il Padre venne assegnato a quella italiana. Col 1981 p. Corti divenne segretario del p. Provinciale e superiore della casa di Bologna. Tutti ricordiamo la precisione e la puntualità con cui preparava il Notiziario della Provincia. Dopo aver seguito i lavori del Consiglio provinciale svoltosi a Venegono nell'agosto 1986 p. Corti accusò una grande stanchezza, per cui sentì il bisogno di recarsi a Gordola per alcuni giorni di riposo. Durante il viaggio si sentì male; tuttavia riuscì a raggiungere l'ospedale di Gordola dove gli fu riscontrato un nuovo infarto e dove venne immediatamente sottoposto alle cure del caso. Il Padre sembrava riprendersi abbastanza bene, quando un ulteriore attacco lo spense. La salma è stata portata al paese natale, e qui riposa accanto a quella della mamma. I funerali videro una partecipazione straordinaria sia di clero come di fedeli. Molte sono le testimonianze di riconoscenza e di affetto pervenute dopo la sua morte. Tra tutte prendiamo quella di una persona di Milano: "Con la sua bontà, con la sua comprensione, con la sua delicatezza, p. Giovanni è riuscito a mettere la mia vita sulla strada del Signore. Incontrando lui ho veramente incontrato Dio ... P. Giovanni aveva il cuore di Dio, era un sacerdote di Dio, parlava e agiva come parlava e agiva Gesù quando camminava sulle strade della Galilea" . Credo che ogni sacerdote, dopo la sua morte, gradirebbe un elogio come questo. Che dal Cielo aiuti tutti i confratelli, particolarmente quelli che sono travagliati da sofferenze fisiche e morali. E sono tanti.            P . Lorenzo Gaiga

Da Mccj Bulletin n. 152, gennaio 1987, pp.74-80