In Pace Christi

Briani Gaetano

Briani Gaetano
Geburtsdatum : 28/03/1900
Geburtsort : San Michele Extra VR/I
Zeitliche Gelübde : 01/11/1921
Ewige Gelübde : 19/03/1925
Datum der Priesterweihe : 12/07/1925
Todesdatum : 25/03/1984
Todesort : Verona/I

I membri della Casa Madre e i confratelli di passaggio hanno ancora viva nella mente la figura di Padre Gaetano Briani mentre si spostava da un luogo all'altro a passi quasi impercettibili, aiutandosi con il bastone per trascinare la gamba colpita da paresi. Oltre a questo guaio c'era un tumore alla prostata che lo tormentava da una decina d'anni. Tuttavia il Padre era sempre puntuale agli atti comuni (per andare in refettorio, dalla stanza, impiegava un quarto d'ora), sempre sereno e gioviale con tutti. «È stato un missionario che ha amato la vita, che apprezzava gli incontri di amicizia, un buon pranzo, un bicchiere di vino buono e la battuta allegra», ha detto Padre Calvia, superiore generale, nel discorso funebre. Questa serenità nel prendere la vita così come veniva si basava su un profondo spirito di fede. Padre Briani sapeva che la vita è nelle mani di Dio, e che Dio conduce a buon fine tutto ciò che ci capita. «La sua esistenza - ha concluso il Padre Generale - è stato un atto di fede vissuto fino in fondo». Chi è stato vicino al Padre Briani sa che queste non sono parole di circostanza, ma profonda verità. Un giorno un medico che era venuto a pranzo in Casa Madre, vide Padre Briani che mangiava un sostanzioso piatto di pastasciutta al sugo. In forza della sua vecchia amicizia col Padre, gli fece capire che forse non gli faceva bene tutta quella roba. «Me lo hanno detto anche altri, ma io cerco di vivere la mia vita normale di sempre, senza pormi problemi di dieta o di colesterolo. E non chiedo neanche di vivere di più: ho fatto quel che dovevo fare e ora sono nelle mani di Dio. Faccia lui». Con questa teoria, campò ancora per molti anni, in barba ai dietologi. Altra caratteristica che tutti hanno notato durante la sua permanenza a Verona come malato: il desiderio di rendersi utile specialmente esercitando il ministero sacerdotale. Anche se stanco, riceveva ogni persona come fosse la prima e l'unica della giornata. Dato il suo passato di superiore, il suo carattere estroverso e l'ufficio di confessore a San Tornio, si era fatto un sacco di amici. E venivano a trovarlo, in genere per confessarsi o per la direzione spirituale. Il portinaio, sembrandogli che quel via vai fosse pesante per il Padre, gli disse una volta: «Padre, quando telefonano per sapere se è disponibile, vuole che dica che non si sente?». «E no! - fu la risposta. - Finché si può fare un po' di bene non bisogna tirarsi indietro». Non si tirava indietro neanche quando c'era da andare nella casa di Esercizi di San Fidenzio per le confessioni e neppure quando venivano a prenderlo per qualche visita alle famiglie di amici o di benefattori dell'istituto. Questa voglia di fare, di rendersi utile, è stata una caratteristica costante nella vita di Padre Briani, uomo concreto, pratico e attivo. A questo proposito è bello riportare una lettera che scrisse a Padre Malugani, allora provinciale d'Italia, mentre si trovava a Gordola in riposo. Le espressioni che usa meritano di essere meditate perché ci mostrano un Briani di 72 anni, ex generale, ex vicario, ex superiore ... col cuore e i sentimenti di un novizio fervoroso. «Reverendissimo Superiore Provinciale, dopo aver pregato ed essermi consigliato, Le chiedo di essere trasferito alla casa di Verona, nella speranza di trovare un'occupazione più impegnativa di quella che trovo qui a Gordola. Se però Lei avesse deciso qualche altra occupazione o trasferimento a mio riguardo, intendo sottostare a quanto da lei programmato e chiedo che non si tenga conto del mio desiderio. Chiedo scusa se questa mia portasse disturbo e mi raccomando alle sue preghiere» (Gordola, 17 luglio 1972). Quando Padre Piotti, economo generale, gli chiese se era disposto a lasciare la pensione per il fondo ammalati (cosa che fu chiesta a tutti gli anziani), Padre Briani quasi si offese. «Trovo che è superfluo chiedere queste cose. Sono religioso e quindi tutto quello che guadagno è della congregazione, non mio» (Verona, 19 marzo 1973). In occasione della riunione con il ramo tedesco della congregazione, scrisse al padre generale: «Applaudo veramente contento che questa incresciosa divisione abbia avuto termine. Dio sia benedetto e benedica tutti coloro che hanno cooperato alla felice e cristiana riunione» (Verona, 17 ottobre 1975).

Alunno di Don Calabria

Nato a San Miche Extra (Verona) il 28 marzo 1900, Padre Briani era stato accolto, ragazzino, nella casa «Buoni Fanciulli» di Verona che il Servo di Dio Don Calabria aveva eretto a breve distanza dalla sede della nostra Casa Madre. Don Calabria accoglieva solo bambini poveri nell'intento di prepararli alla vita offrendo loro un mestiere o una professione. Alcuni di essi finivano per scegliere la via del sacerdozio. Gaetano fu uno di questi. A soli dodici anni, infatti, passava alla nostra scuola apostolica di Brescia. Papà Umberto e mamma Virginia Lucchese, ottimi cristiani, furono contenti della scelta del figlio. Scrivendo ai superiori dell'istituto in data 7 settembre 1913 il papà così si esprimeva: «Sono ben contento che mio figlio Gaetano segua la vocazione a cui Iddio lo chiama ... Ben di cuore do la mia paterna benedizione, sicuro che il mio Gaetano pregherà ogni giorno per la sua famiglia ».

Compiuti gli studi ginnasiali e fatto il servizio militare, entrò nel nostro noviziato che allora aveva sede a Savona. Il primo novembre 1919 fece la vestizione ed esattamente due anni dopo emise i primi voti religiosi a Venegono Superiore dove nel frattempo era stato trasferito il noviziato. Il 12 luglio 1925 Padre Briani venne ordinato sacerdote a Verona. Dopo aver occupato varie mansioni come vicerettore, insegnante e superiore nelle scuole apostoliche di Brescia e Sulmona, nel 1933 partì per la missione del Bahr el Gazal. In questa missione Padre Briani ha trascorso vent'anni. Dem Zubeir, Mbili, Wau furono le tappe principali della sua vita missionaria. Già a Sulmona aveva dimostrato spiccate doti come superiore per cui, dopo appena due anni di vita africana come coadiutore, cominciò il suo cammino di superiore e continuò su questa strada finché la malattia non glielo impedì. Ecco in sintesi le date principali: 1935-38 superiore a Mbili; 1938-42 regionale a Wau; 1942-47 ancora regionale con sede a Mbili; 1947-53 assistente e Vicario generale a Verona; 1953-59 regionale a Wau; 1959-69 superiore generale a Verona e a Roma; 1969-72 a Gordola come suddito; 1972-78 superiore a San Tomio, Verona. Dopo una breve esperienza a Milano in Via Saldini come addetto al ministero, passò in Casa Madre come malato, ma solo negli ultimi mesi fu ricoverato nel reparto infermeria. Finché gli fu possibile volle considerarsi un membro attivo della comunità, come tutti. Dalle sue lettere riportate sopra, constatiamo che il lungo tempo di superiorato non gli ha dato minimamente alla testa e non gli ha impedito, al momento opportuno, di essere suddito esemplare. Altra caratteristica notata dai confratelli: in Padre Briani ci fu un cammino anche nel senso della dolcezza. Inizialmente era piuttosto «duro », poi, con il passare degli anni e con l'esperienza divenne sempre più «umano», fino ad essere «paterno », come dice Mons. Bartolucci: La duplice e valida esperienza di superiore di missione e di primo assistente del Consiglio generale della congregazione, nonché le sue spiccate doti di comando, hanno certamente influenzato i capitolari nella scelta del suo nome come generale. Soprattutto durante l'ultimo sessennio, come superiore di una missione assai dura e difficile, e in un momento storico particolarmente grave e delicato, Padre Briani ha rivelato le sue virtù di dolcezza e di forza insieme, di paternità e di disciplina, di equilibrio e di moderazione, per cui ha saputo guadagnarsi la stima e la simpatia non solo dei confratelli, ma anche dei Sudanesi, dai cristiani ai musulmani, dai catecumeni ai maestri cattolici».

Una scelta unanime

Quando alle ore 10,00 esatte del 22 luglio 1959 Padre Venanzio Moresco, l'anziano della Comunità di Venegono e quindi ex jure custode del Capitolo, sentì battere alla porta dal di dentro, aprì immediatamente con una certa emozione. I 37 Capitolari cominciarono ad uscire dall'aula. Ultimo, solo, distaccato di qualche metro, avanzava a passo sicuro Padre Briani. Era il nuovo generale dei Comboniani. La stessa brevità dello scrutinio fece supporre a quelli di fuori che la scelta era stata quasi unanime. Eppure qualcuno, che di Briani conosceva solo la sua essenzialità - talvolta interpretata come durezza - avrebbe giurato che non sarebbe mai diventato generale. Il Visitatore stesso, P. Clemente di Santa Maria in Punta, rimase sbalordito nel constatare che i suoi lo indicavano come il più adatto ad essere generale. In quanto alla fama di «duro» c'è da dire che, come Vicario, dovette assumersi molte volte le parti odiose al posto del Padre Generale. In realtà fu sempre comprensivo e buono di cuore, anche quando doveva dire di no. Le testimonianze su questo fatto sono concordi.

Dieci anni di sofferenze e di fede

Sulle spalle di quell'uomo di 59 anni si sarebbero accumulati, uno dopo l'altro, dieci anni di sofferenze rischiarati solo dal conforto derivante dalla fede. Padre Briani faceva sua l'eredità del predecessore, Padre Antonio Todesco, che aveva dato alla congregazione un notevole sviluppo estensivo. In un'intervista a Padre Bartolucci la sera stessa dell'elezione, Padre Briani disse: «Bisogna continuare sulla strada intrapresa con grande successo da Padre Todesco, ma prima di tutto bisogna rafforzare le posizioni e dare maggiore stabilità a quanto si è ottenuto in estensione». I Padri Giovanni Battelli, Leonzio Bano, Longino Urbani e Giuseppe Bay lo avrebbero coadiuvato come Assistenti. È difficile elencare le varie iniziative che Padre Briani intraprese per il bene della congregazione e che fanno di lui una guida dalle lunghe vedute. Egli, per esempio, volle lo «Studium Combonianum» per approfondire Comboni e il suo messaggio. Fece una netta distinzione tra Procuratore e Postulatore per la causa di beatificazione del Fondatore, in vista di una maggior velocità nell'andamento della Causa stessa. Volle un secondo scolasticato a Verona. Iniziò e portò a termine la costruzione della Casa generalizia di Via Lilio a Roma, mettendo i presupposti per una netta distinzione tra Casa Madre e Curia. Negli educatori volle che fosse ben separato il foro interno da quello esterno in modo da consentire ai superiori, maggiore libertà nel prendere le loro decisioni. Nella scelta dei superiori e degli educatori cercò persone che sapessero tenere ordine e disciplina. Fiutando il «cambio di stagione» temeva per quelli che riteneva i valori fondamentali della vita religiosa. Gli innovatori furono guardati con una certa diffidenza. Ciò fu causa di sofferenze e incomprensioni. Padre Mario Marchetti, superiore degli scolastici a Verona dal 1962 al 1965 ci lascia questa «fotografia» di Padre Briani: «Ricordo del Padre Briani la sincerità e l'onestà nel parlare e nel suo agire. Al di là di una certa scorza, che poteva dare a prima vista una falsa idea circa la sua bontà e carità, io vedevo in lui un uomo di principi che a volte poteva apparire duro, ma un uomo col quale era possibile dialogare. A proposte concrete sapeva dare le sue risposte concrete; uno poteva magari essere di parere diverso, ma vedeva in lui una buona chiarezza di direzione e poi una sincera onestà nello stare alla parola data. In quel periodo ammirai in P. Briani una soda formazione religioso-spirituale ed una delicatezza di coscienza a tutta prova. In qualche occasione mi richiamò al telefono per rettificare qualche cosetta che, in conversazione di ricreazione, poteva essere stata inesatta o avere scalfito anche involontariamente la carità. Aveva lo scrupolo di pronunciare giudizi a carico specialmente di assenti; non penso che criticasse mai dietro le spalle qualcuno». Nel discorso funebre, il padre generale ha ripreso questo tema con le seguenti parole: «Era l'uomo del segreto più assoluto. Fu a conoscenza di tante cose a proposito dei confratelli, ma neppure al confratello interessato ha mai fatto sapere ciò che sapeva di lui, quando non doveva farlo per ufficio. Nutriva una fiducia massima negli altri, consapevole che solo Dio è l'unico giudice degli uomini ». Continua Padre Marchetti: «Quando era in Casa, era molto regolare alle pratiche comunitarie e all'orario. Era pure regolare nell'accedere alla confessione, che di solito faceva con me, senza che questo particolare incidesse minimamente sui nostri rapporti in foro esterno o condizionasse i suoi interventi a momento opportuno. Era chiaramente desideroso che in casa ci fosse un certo ordine e la debita disciplina, specialmente per quanto riguardava gli scolastici, dei quali io ero più direttamente responsabile. Ma fin dall'inizio del mio incarico mettemmo la cose in chiaro; e posso dire che egli rispettò quel principio che sarà poi chiamato "sussidiarietà". Come avevo chiesto, non interveniva direttamente nelle cose di casa, ma sempre deferiva le sue osservazioni al superiore locale. Non so se in tutto il tempo gli scappò qualche raro intervento diretto, in realtà per piccole cose, ma subito me ne chiese scusa e accettò di buon animo qualche mia risposta secca in proposito».

Concilio e Croci

Intanto grossi avvenimenti interessavano la Chiesa. Il più importante fu il Concilio Vaticano II al quale anche Padre Briani, come generale, fu chiamato. Il padre generale dei barnabiti afferma che Briani «godeva le simpatie di tutti per la sua costante serenità anche nelle questioni più ingarbugliate. Da uomo estremamente pratico, non si affannava tanto quando venivano dibattuti temi teorici, ma quando si toccava la vita di missione diventava attentissimo e le sue osservazioni erano molto sagge». Dopo qualche anno di generalato, gli eventi nelle missioni del Sudan, cominciarono a precipitare. Nel '64 ci fu l'espulsione in massa di tutti i missionari. Il Signore volle che Padre Briani si trovasse in visita in quella martoriata missione, la «sua» missione, quasi a condividere con i confratelli il boccone amaro loro riservato. L'espulsione gonfiò improvvisamente l'Italia di comboniani, creando non facili problemi di sistemazione. Alla fine dell'anno ci furono i Martiri del Congo (Zaire) con la distruzione delle missioni appena aperte e già tanto promettenti. In Italia si accentuavano, meglio, si esasperavano le varie crisi specie nel campo della formazione. Il 1968 era alle porte. La confusione, prima che nei giovani, era a livello di superiori; crisi di autorità, si diceva, con le conseguenze che tutti possono immaginare. Padre Briani voleva a tutti i costi restare fedele ai principi che avevano retto la congregazione per decenni e teneva il freno con tutte e due le mani. Ma i tempi stavano cambiando. Inesorabilmente. Alla fine il «vecchio» quasi settantenne, si trovò come un Cristo caduto sotto la croce, incapace di rialzarsi. Tuttavia fu fedele alla consegna fino alla fine. Il suo calice se lo bevve tutto, nella sofferenza sopportata con grande dignità. Non era affatto un testardo, anzi sapeva rivedere le sue posizioni e cambiare idea di fronte all'evidenza dei fatti. Questo è segno di intelligenza e di umiltà. «Mi piace ricordare un particolare che può aiutare a far luce anche su altri avvenimenti - scrive Padre Marchetti. - Negli anni 1966-68, con l'afflusso dei seminaristi sudanesi rifugiati nei seminari d'Uganda, alcuni di noi (e tra questi il P. Marengoni, residente nel seminario di Lacor) avevamo ripreso una certa proposta di iniziare in loco un piccolo centro di promozione vocazionale e di formazione di elementi africani per il nostro Istituto. Per allora, tuttavia, la Direzione generale non aveva ritenuto opportuno procedere, ma solo aveva detto di fare una buona scelta tra i richiedenti ed inviarli in Italia; ciò che fu fatto. Però, passando dal seminario di Lacor e vedendo più da vicino il piano pratico che si era pensato di fare, Padre Briani mi disse testualmente: "Se avessi saputo bene come stavano le cose, avrei dato il permesso". Tale piano, come idea, è realtà da diversi anni. Per allora, invece, prese fisionomia la fondazione della Congregazione Africana detta degli " Apostoli di Gesù".

Il Capitolo speciale

Quello del 1969 doveva essere un Capitolo speciale. Già da un anno la Commissione Centrale (Co.Ce.) era al lavoro per preparare il terreno ai capitolari. Prosegue Padre Marchetti: «Richiamo solamente un paio di fatti che spiegano alcune svolte dell'Istituto e allo stesso tempo illuminano la figura di P. Briani. La Commissione Centrale iniziò i suoi lavori in giugno del 1968 e fu lasciata completamente libera di svolgere il proprio compito, né ci fu mai interferenza o pressione alcuna da parte del superiore generale e della Consulta. Il primo punto e merito era quello del questionario preparatorio, autorizzato e inviato a tutti i membri dal P. Briani e sua Consulta. Il Questionario, che poteva avere dei difetti come tutte le cose del genere, aveva però raccolto i pareri di tutti i confratelli della Congregazione e perciò fu la base di lavoro per la Co.Ce. Ognuno può comprendere la portata che esso ebbe nel preparare la mentalità di tutti i membri e raccogliere i loro desideri, in vista del primo Capitolo speciale di aggiornamento delle costituzioni. Conoscendo la mentalità di P. Briani e il suo senso di responsabilità per le sorti della Congregazione, credo che l'aver promosso il questionario sia stato un fatto di grande coraggio e di fiducia. L'apporto che si ebbe dalla compilazione delle risposte fu di enorme importanza per i lavori preparatori e per lo stesso Capitolo. P. Briani (col suo Consiglio) seppe accettare queste vie, forse un po' al di là della sua mentalità, certo lasciandosi guidare dallo Spirito del Signore. L'altro fatto ne fu una logica conseguenza. La Co.Ce. facendosi portavoce delle mozioni pervenute da tutta la congregazione, chiedeva alla Direzione generale di ottenere per tempo dalla S. Sede anche deroghe alle costituzioni vigenti per poter andare al Capitolo con una maggiore rappresentanza e proporzionalità tra tutti i membri e di conseguenza una maggiore estensione del voto attivo e del voto passivo ed in particolare con la estensione del voto attivo e passivo ai Fratelli. Si chiedeva, inoltre, la presenza di alcuni confratelli di lingua tedesca in aula, nella fiducia di arrivare presto alla completa riunione. Il p. Briani (col suo Consiglio) fece opportunamente procedere le richieste, nella formulazione esatta preparata dalla Co.Ce, che furono subito accolte. Così si poté andare al primo Capitolo speciale già aggiornati nella legislazione che in sostanza sarà poi codificata nel nuovo testo di costituzioni e Regola di Vita. Si ebbero così come tutti sanno, alcuni confratelli di lingua tedesca presenti in aula per tutta la durata del lungo Capitolo. Anche questo fatto è chiaroveggenza, e non piccolo merito, di P. Briani».

Non un giorno di più

Bisogna dire che il P. Briani attendeva quel Capitolo generale per scaricarsi dell'alta responsabilità, durata un lungo decennio e in momenti così difficili, carichi di sofferenze e non poche tensioni per tutta la famiglia comboniana. Perciò non meraviglia che egli non abbia voluto attendere verso la fine del Capitolo per rimettere il mandato. Richiese, infatti, senza equivoci e incertezze, che si facessero le elezioni dei nuovi superiori alla fine della prima sessione, quando in realtà scadeva il suo mandato e non volle sentire di rimandare quel momento. Aveva il diritto di chiedere questo e perciò la sua volontà fu rispettata. Incassò con spirito di fede le critiche; si mostrò distaccato dagli elogi e lasciò la stanza "del Generale" ancor prima del Capitolo. "Non un giorno di più", ripeteva. Un'ultima cosa: prima di lasciare l'Ufficio fece distruggere tutte le lettere che potevano compromettere qualche confratello. "Voglio lasciare tutti puliti e nella misericordia del Signore", disse. Credo che tutti in aula restammo colpiti dalla sua deferenza mostrata immediatamente verso i nuovi Superiori, e dalla sua serenità e diligenza nel prendere parte ai lavori di commissione e di aula, senza mai far pesare la sua esperienza e l'autorità ricoperta fino allora - conclude P. Marchetti -. Se ne stava tranquillo e attento. Era uno spasso, per chi gli era vicino, vedere come faceva velocemente il calcolo dei voti positivi e negativi apparsi sul quadro, dicendone a bassa voce il numero prima ancora che il piuttosto lento meccanismo (in uso allora) desse i risultati. Appariva insomma, come era sempre stato, una persona franca e sincera, ma schiva da critiche non costruttive e da emotività di parte. Mi pare che, sinceramente, noi tutti lo stimavamo anche quando facevamo forse delle critiche al passato. E penso che la migliore cosa da farsi, anche quando ci si confronta, sia sempre proprio questa: guardare a costruire più che a demolire».

A Verona si chiude la giornata

Padre Briani amava la Casa Madre ed anche la sua Verona, come è ovvio. Parve anzi che, venuto il momento di trasferirsi con la Direzione generale a Roma, ne avesse un certo rincrescimento. A Verona aveva passato tanti anni; a Verona ritornava sempre volentieri, quando poteva, anche appena finita una sessione settimanale del Concilio Vaticano Secondo. Verona, ricordava a P. Briani tante tappe nella sua vita: da giovane militare «alla custodia dei cannoni» della guerra da poco finita, ed alcune tappe della formazione, ed in seguito come vicario generale e poi come superiore generale dell'Istituto. Negli ultimi anni, come Generale, aveva smesso completamente di fumare come sacrificio per le Missioni in pericolo; a Verona, doveva passare gli ultimi suoi anni. Anche se tribolato nel corpo, rimase lucidissimo di mente fino all'ultimo. Ricordava volentieri le cose e rispondeva con molta attinenza circa i diversi problemi, mostrando l'interesse di sempre. Ogni mattina dava uno sguardo all'immancabile «Avvenire» per tenersi al corrente degli avvenimenti vicini e lontani, poi pregava e leggeva dei buoni libri di spiritualità oltre che - come abbiamo detto - dedicarsi alla direzione spirituale. Il 16 marzo venne ricoverato all'ospedale di Negrar per scompenso cardio-respiratorio causatogli dall'influenza. Dopo un momentaneo benessere, che fece ben sperare, le sue condizioni di aggravarono. Spirò il 25 marzo al termine della messa, dopo le parole di congedo del celebrante. I funerali si svolsero il 27 alle ore 10,00 in Casa Madre. La santa messa fu presieduta da Padre Calvia, superiore generale, presenti oltre 50 concelebranti tra i quali il rappresentante del vescovo di Verona e il direttore diocesano delle Pontificie Opere. Padre Briani è stato sepolto nella nostra cappella funeraria nel cimitero di Verona. Così si è conclusa la lunga giornata, spesa per la famiglia comboniana e per la Chiesa missionaria, di Padre Gaetano Briani, uomo che resterà nel cuore di tutti per la sua onestà, sincerità e rettitudine.              P. Lorenzo Gaiga, Mccj

Da Mccj Bulletin n. 142, luglio 1984, pp. 59-66

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P. GAETANO BRIANI    -     senza mai tirarsi indietro

 Nato a san Michele Extra, Verona, il 28 marzo 1900, p. Gaetano Briani è stato eletto Superiore generale nel IX Capitolo della Congregazione che si è svolto nel 1959. Veronese schietto, ha amato la vita, gli incontri con la gente e i confratelli, un buon pranzetto, un bicchiere di vino generoso e la battuta allegra.

Accolto ragazzino da San Giovanni Calabria, ne ha assorbito lo spirito, soprattutto la grandissima fiducia nella divina Provvidenza. Ciò gli sarebbe venuto buono quando, come missionario, sarebbe incappato in grandi sofferenze.

A 12 anni ha lasciato l’Istituto Don Calabria ed è passato nel seminario comboniano di Brescia. Ordinato sacerdote a Verona nel 1925, è stato inviato come vicerettore nei seminari di Brescia e di Sulmona, dimostrandosi un abile educatore.

Nel 1953 è partito per il Sudan. Per le sue doti è stato scelto come superiore di missione e poi Padre Provinciale. Uomo di buon senso e di grande equilibrio umano, è stato un pacificatore esemplare. Nelle difficoltà e nelle contraddizioni, non si è mai tirato indietro, ma affrontava le situazioni più scabrose e le risolveva. Quando sapeva che in qualche comunità le cose non andavano, lasciava la sua residenza di padre Provinciale e si trasferiva con i confratelli condividendo vita e difficoltà. Quando tornava, diceva al suo assistente: In quella comunità sono tutti un cuor solo e un’anima sola”. Non solo, ma voleva che i confratelli si trattassero bene, specie quanto al cibo e non voleva che si sottoponessero a strapazzi superiori alle loro forze: “I confratelli – diceva – sono la ricchezza più grande dell’ Istituto”.

Tra grandi sofferenze

Il suo mandato è stato funestato da grosse sofferenze che lo hanno fatto soffrire: l’espulsione dei missionari dal Sudan meridionale nel 1964 (e lui era con loro in quel periodo), l’uccisione dei quattro confratelli in Congo nella rivolta dei Simba e poi l’inizio della contestazione che è sfociata nel 1969, con la crisi delle vocazioni e la defezione di alcuni. Come Generale è stato presente al Concilio Vaticano II e non ha mancato di portare l’apporto della sua esperienza missionaria.

Ha visitato più volte i missionari sia in Africa come in America facendo radicali riforme soprattutto in vista di una loro esistenza meno disagiata. Ha voluto incrementare lo Studium combonianum e l’Archivio comboniano per accrescere la conoscenza di Comboni; ha iniziato e portato a termina la costruzione della casa generalizia di Roma, ha cercato di mettere superiori che conservassero il buono spirito della Congregazione: “Col metodo antico abbiamo avuto fior di missionari; con queste nuove idee non so dove andremo a finire”, ripeteva.

Sotto di lui i Comboniani sono andati in Burundi, in Togo, in Ciad e in Congo, e sono state aperte le case di Lecce e di Gordola in Svizzera. Estremamente sincero e onesto, non era un testardo, anzi sapeva rivedere le sue posizioni. Ha aspettato il Capitolo del 1969 come una liberazione: “Non un giorno di più come Superiore generale”, diceva.

Fino all’ultimo

Colpito da paresi a una gamba e tormentato per quasi 10 anni da un tumore alla prostata, non ha perso mai il suo buon umore. “La nostra vita è nelle mani di Dio – soleva dire – perciò non vale la pena affannarsi tanto”. Era stato confessore a San Tomio e si era fatto una grande schiera di amici che andavano a trovarlo in Casa madre. È stato anche confessore nella casa di esercizi di San Fidenzio dove si recava volentieri benché facesse fatica a muoversi. Così pure presso la caserma di Montorio in occasione delle feste di Pasqua e Natale. Al confratello che andava con lui per quel ministero diceva: “Con i soldati il Padre eterno deve chiudere tutti e due gli occhi, e così deve fare anche il confessore”.

Ormai immobilizzato in Casa madre, continuava a ricevere visite per le confessioni e la direzione spirituale. Una volta il portinaio gli ha detto: “Vuole che quando telefonano per sentire se è disponibile, dica che non si sente bene?”. “E no – rispose-, finché si può fare un po’ di bene, non bisogna tirarsi indietro. Spirò il 25 marzo 1984 dopo le parole di congedo del celebrante che gli celebrava la messa in stanza.

P. Gaetano Briani è una pietra miliare nella storia dell’Istituto e un esempio per i missionari che avrebbero rivestito il ruolo di superiore.                P. Lorenzo Gaiga