In Pace Christi

Biasin Giuseppe

Biasin Giuseppe
Geburtsdatum : 06/12/1906
Geburtsort : Arzignano/I
Zeitliche Gelübde : 07/10/1933
Ewige Gelübde : 07/10/1939
Todesdatum : 19/11/1980
Todesort : Pordenone/I

Fr. Giuseppe Biasin è serenamente passato al Padre nell'ospedale di Pordenone la mattina del 19 novembre 1980. Stava per compiere 74 anni. È sepolto nella tomba di famiglia ad Arzignano. Ha lasciato tra i comboniani un fratello, Fr. Antonio, che si trova a Gulu, e due sorelle Sr. Marilina (Arco) e Sr. Anna Tarcisia (Helouan).

Essi vengono da una distinta e agiata famiglia di Arzignano, in provincia e diocesi di Vicenza. Il nonno volle che tutti i suoi figli fossero laureati, chi ingegnere, chi avvocato, ecc. Papà Tarcisio fu una figura di primo piano come professionista, uomo politico e laico impegnato nell'apostolato della chiesa. Assieme con mamma Lina della nobile famiglia Chiminello di Marostica, formò i figli ai più alti sentimenti, e volentieri li diede, tutti, alla causa missionaria.

Giuseppe frequentò la scuola professionale salesiana di Verona dove ottenne il diploma di meccanico. Mantenne sempre una profonda simpatia per la famiglia salesiana, della quale divenne anche Cooperatore e i cui metodi educativi seguì nella formazione dei nostri aspiranti.

Missionario delle retrovie

Nel 1931 il fratello Toni, che da un anno aveva raggiunto l'Uganda, lo convinse a seguirlo nella vocazione missionaria. Entrò in Noviziato a Venegono dove il 7 ottobre 1933 si consacrò al Signore per la missione.

Fu destinato subito a Thiene come istruttore meccanico insegnante e formatore degli aspiranti fratelli. Vi rimase 23 anni. La sua salute era tutt'altro che buona. Nel 1952 il suo Superiore scriveva di lui: «Cinque operazioni chirurgiche in pochi anni hanno ridotto la sua salute a un complesso di rottami, ma usando attenzioni può andare avanti».

Nel novembre del 1956 realizzò il suo desiderio di vedere la missione. Raggiunse Esmeraldas in Ecuador, ma la sua salute crollò, e dopo solo quattro mesi dovette rimpatriare per sottoporsi a lunghe cure, e altre operazioni, ad Arco. Fu poi per quasi due anni a Gozzano, addetto ai lavori di casa. Nell'ottobre del 1959 riprese la sua missione di educatore nella casa di Pordenone, che era appena stata fondata, e vi rimase fino alla morte.

«Fr. Biasin — scrive Fr. Enrico Massignani che lo ha conosciuto per circa 30 anni — è stato forse il più grande istruttore di Fratelli. È difficile descrivere in poche righe questa straordinaria figura di educatore»; ed è impossibile riportare, anche in riassunto, le molte testimonianze fatte per scritto o a voce da coloro che lo hanno conosciuto.

Il Fratello ben riuscito

Fr. Aldo Benetti lo chiama “il Fratello ben riuscito”. «Quando lavorai per le vocazioni (9 anni), il modello Biasin mi stava sempre dinanzi nella scelta e nella formazione del Fratello. È vero che gli mancava l'esperienza missionaria (salvo quel poco di Ecuador), però aveva l'amore della missione sempre ardente, come l'amore esuberante del fidanzamento. E ci preparava, ci seguiva e ci aiutava proprio per la missione.

La sua sincera amicizia con tutti fa di lui un grande apostolo di questa virtù eminentemente umana e missionaria. Siamo in tanti, tutti coloro che lo conobbero, a portare un grato ricordo e una profonda riconoscenza verso Fr. Biasin.

Lo sguardo profondo, limpido come i suoi occhi cerulei, penetranti nell'animo per comunicare direttamente l'innocenza, la bontà, la sincerità, la sicurezza, la gioia, l’amore di Dio e della congregazione; l'amore al lavoro, il sostegno e la stima verso i superiori e i confratelli - Sacerdoti e Fratelli -, tutto questo fa di Fr. Biasin una ricca personalità, senza tentennamenti. E perché era così sicuro? Per due elementi particolari, a mio parere:

- primo, sicurezza della sua vocazione di Fratello, alla quale aderiva con pienezza;

- secondo, sicurezza umana per la formazione ricevuta in famiglia, a scuola, e la riuscita della sua vita, rivolta ad uno sbocco di servizio richiesto e apprezzato.

Per questo egli fu di sostegno materiale e soprattutto morale e spirituale a quanti lo avvicinarono. Non incarnava tutte le attitudini dei Fratelli, ma la sua, di insegnante, era eminente e completa.

Non si vuole sottacere a quello che si dice ombra che ognuno di noi ha. Ma l'ombra gli dava rilievo costante e il lato buono rifulgeva. Da anni era sofferente e faceva pena. Spesso, dopo una grande attività, si vedeva ridotto ad aggirarsi sullo spiedo dei suoi dolori e sofferenze: dieci operazioni chirurgiche non sono poca cosa. E seppe soffrire e pregare, portando la sua croce. E non erano soltanto sofferenze fisiche... Superiori come P. (poi Vescovo) Orler, P. Giacomo Andriollo, P. Corradi, P. Rossi e altri credo avrebbero molte cose da dire. Ma penso che il Signore ne abbia ancora di più».

La sua umanità

Nella commemorazione tenuta durante la Messa di esequie a Pordenone, P. Rossi tra l'altro disse: «Mi ha colpito la sua umanità. Con questa parola intendo dire la sua affabilità, la sua comunicativa, la sua serenità, il suo rispetto, la stima degli altri, la sua disponibilità per ogni bisognoso. Un'umanità cristiana... Ma anche la sua pietà fa parte della personalità di Fr. Biasin. Mi ha veramente impressionato la sua regolarità e prontezza nelle pratiche di pietà comuni, la sua devozione all'Eucaristia, alla Madonna, a S. Giuseppe... La sua pietà era poggiata su una fede forte e semplice per cui Dio era al primo posto almeno nella ricerca e nella tensione».

Fr. Massignani continua la sua testimonianza: «Fr. Biasin era un bravissimo meccanico e disegnatore progettista. Insegnava con particolare didattica la matematica: anche gli alunni più allergici a questa materia riuscivano a capirla e a fare progressi.

Era competente nel suo mestiere, tanto da essere consultato da professionisti esterni. Era preciso, quasi pignolo; voleva le cose fatte bene e con metodologia. Era piuttosto severo a scuola, mentre nei momenti di ricreazione, sollievo e passeggiate mostrava grande capacità di creare un clima festoso.

Fr. Biasin si potrebbe chiamare l'uomo fedele: fedele al proprio dovere, alla parola data; fedele a Dio e agli uomini... Rispettava la libertà degli altri; sapeva ascoltare e capire. Sapeva dire la parola giusta al momento giusto e con modo gentile. La gente esterna aveva per lui stima e venerazione; lui contraccambiava con una sincera amicizia che sgorgava da un cuore buono.

Pur essendo di famiglia agiata, Fr. Giuseppe ha vissuto da povero, imitando anche in questo S. Giuseppe e, perché povero, ha lavorato molto e ha lavorato bene. Ë stato per la Congregazione un grande dono di Dio».         

  (A cura di P. Felice Centis, mccj)

Da Mccj Bulletin n. 131, marzo 1981, pp. 75-77