P. Giuseppe Zambonardi si è spento serenamente ad Arco il giorno della festa del S. Cuore di Gesù, all'età di 86 anni, dopo averne speso quasi 50 al servizio delle nostre missioni in Uganda, Sudan, Egitto, Etiopia e Mozambico, tanto che si può dire che la sua vita è un po' la storia delle nostre missioni africane. Lo aveva intuito egli stesso lasciandoci un vero tesoro di notizie di prima mano nelle sue «Memorie »: 14 volumi dattiloscritti, più di 3.000 pagine, fitte full-scap, corredate di fotografie e di lettere.
Un'importante mole di materiale che egli stesso ha riordinato personalmente negli ultimi anni dal 1960 al 1965.
Il 5 aprile 1965, terminato il suo lavoro, scriveva su un semplice foglio: « Carraia di Lucca, 5 aprile 1965. Chiudo oggi questa valigia contenente 14 volumi di Memorie da conservarsi nell'Archivio della Curia della Congregazione per ogni occorrenza futura. Ai miei manoscritti buona fortuna. Per Dio li ho scritti, Dio li conservi ». P. Giuseppe Zambonardi
Nato a Gardone Val Trompia (Brescia) il 14.2.1884, dopo aver lavorato qualche tempo come apprendista in un'officina, obbediente alla voce di Dio che lo chiamava al sacerdozio, era entrato nel seminario diocesano.
Della terra natia conserverà il carattere forte e volitivo, non di rado impetuoso e testardo, ma soprattutto la generosità nel votarsi ad un ideale altissimo. Fu un incontro occasionale col primo vescovo della Congregazione, il Servo di Dio Mons. Antonio Roveggio, vicario apostolico dell'Africa Centrale, a deciderlo per l'Africa.
Il santo vescovo, in una conferenza ai seminaristi, aveva pronunciato con semplicità una frase che aveva sconvolto la coscienza del giovane seminarista: «Se il Signore vi chiamasse, "nolite obdurare corda vestra": ascoltate con generosità la sua voce».
Nell'agosto 1909 venne ordinato sacerdote a Verona. I superiori lo inviarono alla residenza comboniana di Sidcup, in Inghilterra, per un perfezionamento nella lingua inglese.
Tra i diversi documenti da lui trasmessi alcuni anni fa all'archivio della Curia Generalizia, ho visto un quaderno scritto in caratteri minuti, il suo diario quotidiano dell'anno trascorso a Sidcup. Una cosa mi ha fatto impressione: il suo coraggio nello stilare quelle note in inglese fin dal primo giorno.
Un inglese zoppicante, sia ben chiaro, ma testimonianza della sua volontà decisa.
Alla fine del 1911 P. Zambonardi s'imbarcava per la prima volta a Napoli per l'Africa. I superiori l'avevano destinato alla nuova missione del nord Uganda.
Il suo primo apostolato missionario ugandese si svolse nell'arco di 9 anni, durante i quali egli prese parte alla fondazione di Arua, attualmente una delle diocesi più fiorenti di quella nazione (330.000 cattolici su 545.000 abitanti, 26 parrocchie, 500 catechisti).
Siccome la missione dei Comboniani in Uganda dipendeva dal vicario apostolico del Bahr el Ghazal (Sudan meridionale), tre anni prima dell'erezione della Prefettura apostolica del Nilo equatoriale, P. Zambonardi fu trasferito nel Sudan come superiore della missione di Gondòkoro, non lontano da Giuba, capoluogo dell'attuale provincia dell'Equatoria.
Nel 1923 fu nominato superiore religioso di tutto il Nilo equatoriale, il cui territorio comprendeva ancora la missione sudanese del Bahr el Gebel. Dopo una breve vacanza in Italia egli ritornò in Uganda, per passare di nuovo nel Sudan.
Il 14 luglio 1927 la S. Congregazione di Propaganda erigeva la nuova Prefettura apostolica del Bahr el Gebel, smembrandola dal Nilo equatoriale. Nel febbraio dell'anno seguente Mons. Zambonardi ne diveniva il primo prelato.
In dieci anni di arduo lavoro la Prefettura si trasformò in campo missionario rigoglioso.
Mons. Zambonardi era un missionario nato, un lavoratore infaticabile, un uomo che non si risparmiava in nessun senso. Tuttavia, se vi fu un periodo della sua vita più impegnato di altri, riteniamo che sia stato proprio il decennio della sua attività sudanese, responsabilizzata dall'alta carica che la S. Sede gli aveva affidato.
Di quella carica egli portava solo il peso. Schivo degli onori e della pubblicità non era raro il caso di vederlo sporco di unto, sotto il camioncino in panne, prima di apparire in «finimenti» prelatizi (come egli amava definirli celiando) davanti alle folle di cristiani che l’attendevano per la visita pastorale e per le Cresime.
A lui va il merito dell'apertura di 4 nuove stazioni missionarie, la fondazione del seminario di Okaru da cui uscirono numerosi sacerdoti sudanesi (tra cui ricordiamo P. Saturnino Lohure, eroica figura di sacerdote e patriota, massacrato qualche anno fa), l'organizzazione dell'Azione Cattolica, la fondazione delle scuole magistrale ed artigianale di Torit.
L'incremento della comunità cristiana fu pure notevole.
Nel 1938, per vari motivi, tra cui il fatto che la Prefettura del Bahr el Gebel, situata in territorio anglo-egiziano e condotta da missionari di nazionalità italiana, confinava con l'Etiopia allora occupata dagli italiani, Mons. Zambonardi dovette rassegnare le dimissioni.
Non è difficile immaginare quanto poté costargli quel distacco, tanto più che egli si sentiva ancora nel pieno possesso delle sue energie e non sarebbe stato facile per lui, prelato dimissionario, trovare un altro posto per continuare la sua attività apostolica.
Dopo una breve vacanza forzata in patria ottenne di raggiungere la Prefettura apostolica di Gondar, in Etiopia, e di lavorarvi come semplice gregario.
L'ex prelato del Bahr el Gebel seppe inserirsi nel nuovo lavoro con l'entusiasmo di un novellino. Ma i destini della Prefettura di Gondar non si prospettavano troppo lusinghieri. Tutta la rete meravigliosa di lavoro, intessuta dai missionari a prezzo di indicibili sacrifici, doveva sgretolarsi a causa della guerra. Alla caduta della città, assediata dalle truppe inglesi, P. Zambonardi venne fatto prigioniero insieme ai confratelli. Più tardi fu liberato e gli venne concesso di trasferirsi a Khartoum, capitale del Sudan in attesa di giorni migliori.
La guerra finì nel 1946. Gran parte dei missionari che avevano lavorato in Etiopia furono rimpatriati.
Qualche altro, se si fosse trovato al posto di P. Zambonardi, avrebbe potuto tirare una conclusione negativa sulla sua missione africana e soccombere allo scoraggiamento: 62 anni di età, forze fisiche e psichiche debilitate, difficoltà di un nuovo inserimento dopo tante sconfitte, potevano sembrare motivi più che validi per dichiarare chiusa la sua campagna africana.
In quei giorni era accaduto un fatto strano. Il primo cardinale eletto del Mozambico, Mons. Clemente Teodosio de Gouveja, mentre si recava a Roma in aereo per ricevere il cappello cardinalizio, fu costretto ad una sosta forzata a Khartoum. L'imprevista conoscenza con i Missionari Comboniani, lo decise a chiedere la loro collaborazione nella diocesi di Nampula, in Mozambico.
La direzione dell'Istituto non trovò di meglio che affidare a P. Zambonardi l'incarico della nuova fondazione. Furono altri sette anni di lavoro pesante, alle prese con nuove lingue e le incognite di un ambiente completamente nuovo per lui ed i confratelli mandati a coadiuvarlo. Rientrato in Italia nel 1953 per partecipare al Capitolo Generale dell'Istituto, gli fu affidato un nuovo ufficio di responsabile religioso dei Comboniani che svolgono le loro attività apostoliche in Egitto. In quest'ultimo campo africano operò per un altro sessennio.
Ritornato in patria nel 1959 per il Capitolo Generale, fu costretto a rimanervi a causa della salute che non lo reggeva più. 50 anni di apostolato africano avevano avuto ragione delle sue forze fisiche, non però del suo entusiasmo.
L'ultimo decennio della sua vita missionaria di convalescente lo trascorse nel seminario comboniano di Carraia, presso Lucca, prestandosi ancora, per quanto le forze glielo permettevano, alla direzione spirituale ed al ministero delle Confessioni. Un anno fa l'avevano trasportato quasi moribondo a Verona. Sembrava ormai giunta la fine della sua lunga carriera. Il Signore invece gli concesse un altro anno di sofferenze a Verona e ad Arco, prima di chiamarlo definitivamente a sé. I funerali si sono svolti nel suo paese natio di Gardone Val Trompia, nel cui cimitero ora riposa in attesa dell'ultima grande chiamata dei giusti.
Per quanti ebbero la fortuna di conoscerlo e di apprezzarne le non comuni doti apostoliche, P. Zambonardi è una di quelle figure di missionari pionieri la cui progenie va di mano in mano scomparendo.
Ci lascia gli esempi del suo zelo coraggioso ed illuminato e ci lascia nel suo diario dei documenti che costituiscono una testimonianza eccezionale dell'attività missionaria della Chiesa in Africa nell'ultimo mezzo secolo e soprattutto dei carismi apostolici di questo generoso figlio del Comboni, che il Signore ha ora sicuramente premiato in Paradiso e che resta per noi tutti fulgido modello del vero missionario. R.I.P.
Da Bollettino n. 91, agosto 1970, p. 78-80
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Nato a Gardone Val Trompia, Brescia nel 1884, dopo aver lavorato qualche tempo come apprendista in un’officina, è entrato nel seminario diocesano per diventare sacerdote. Della terra natia conserverà il carattere forte e volitivo, non di rado impetuoso e testardo, ma soprattutto la generosità nel votarsi ad un ideale altissimo. È stato l’incontro casuale con mons. Roveggio che ha determinato in lui il proposito di farsi comboniano. “Se il Signore vi chiamasse – aveva detto il santo vescovo in una conferenza ai seminaristi – non chiudete il vostro cuore, ma ascoltate con generosità la sua voce”.
Nell’agosto del 1909 Zambonardi è stato ordinato sacerdote a Verona e mandato subito a Sidcup, in Inghilterra, per un perfezionamento nella lingua inglese. Ha cominciato in quel periodo il suo diario giornaliero che porterà avanti fino agli ultimi giorni della sua vita. Le sue “Memorie”, infatti, sono contenute in 14 volumi dattiloscritti di grande formato, corredati di fotografie, cartine e note varie. Il 5 aprile 1965, terminato il suo lavoro, scriveva su un semplice foglio: “Chiudo oggi questa valigia contenente i 14 volumi di Memorie da conservare nell’Archivio della Curia della Congregazione per ogni occorrenza futura. Ai miei manoscritti buona fortuna. Per Dio li ho scritti, Dio li conservi”.
Prefetto Apostolico
Alla fine del 1911 p. Zambonardi s’imbarcava per l’Uganda ed è stato uno dei fondatori della missione di Arua. Nel 1919 è passato in Sudan come superiore della missione di Gondokoro e, nel 1923, è stato nominato superiore religioso di tutto il Nilo equatoriale.
Nel dicembre 1927 Propaganda Fide erigeva la nuova Prefettura apostolica del Bahr el Gebel, smembrandola dal Nilo equatoriale, e mons. Zambonardi ne divenne il primo Prefetto Apostolico. Era il febbraio 1928. Di quella carica egli portava solo il peso. Schivo degli onori e della pubblicità non era raro il caso di vederlo sporco di unto, sotto il camioncino in panne, prima di apparire in “finimenti” prelatizi (come egli amava definirli, celiando) davanti alle folle di cristiani che l’attendevano per la visita pastorale o per le cresime.
Missionario nato, lavoratore infaticabile, in dieci anni ha trasformato il suo territorio in una missione rigogliosa. A lui va il merito dell’apertura di quattro nuove missioni, del seminario di Okaru, l’organizzazione dell’Azione Cattolica, la fondazione della scuola magistrale e artigianale di Torit.
Nel 1938, dato che la prefettura confinava con l’Etiopia, allora occupata dagli italiani, gli inglesi hanno obbligato Zambonardi a dare le dimissioni. È stato un colpo durissimo per lui, ma non si è perso d’animo. Dopo una breve vacanza in Italia è andato in Etiopia, a Gondar, a lavorare come semplice missionario Ha saputo inserirsi nella nuova realtà con l’entusiasmo di un novellino. Alla caduta della città, assediata dalle truppe inglesi, è stato fatto prigioniero. Liberato, è andato a Khartoum e poi è stato superiore provinciale in Egitto.
Fondatore in Mozambico
Nel 1946 è accaduto un fatto strano. Il primo cardinale eletto del Mozambico, mons. Teodosio de Gouveja, mentre si recava a Roma per ricevere il cappello cardinalizio, è stato costretto ad una sosta forzata a Khartoum. L’imprevista conoscenza con i missionari comboniani lo hanno convinto a chiedere la loro collaborazione nella diocesi di Nampula, in Mozambico.
I superiori non hanno trovato di meglio che affidare a p. Zambonardi l’incarico della nuova fondazione. Così ha trascorso altri sette anni di lavoro pesante, dando uno sviluppo determinante alle missioni comboniane del Mozambico. Nonostante i suoi 62 anni ha imparato nuove lingue, ha appreso nuovi usi e costumi, ha affrontato tante incognite. E quando le missioni erano ben avviate, è tornato in Egitto come responsabile dei missionari presenti in quella nazione.
Nel 1959 è rientrato in Italia per il Capitolo generale dell’Istituto. Questa volta è stato costretto a fermarsi a causa della salute che non lo reggeva più. Cinquant’anni di apostolato africano avevano avuto ragione delle sue forze fisiche, non però del suo entusiasmo.
Ha trascorso l’ultimo decennio della vita nel seminario comboniano di Carraia, presso Lucca, dedicandosi alla direzione spirituale degli studenti comboniani e al ministero, per quanto le forze glielo concedessero. Nel 1969 è stato trasportato a Verona e poi ad Arco dove è morto il 5 giugno 1970, all’età di 86 anni. Ora riposa nel cimitero di Gardone Val Trompia.
Mons. Zambonardi è stato uno dei grandi missionari dell’Istituto comboniano. Il suo coraggio, il suo zelo, la sua disponibilità a ricominciare sempre, anche dopo le umiliazioni più brucianti, sono un esempio meraviglioso di missionario autentico, entusiasta della sua vocazione, rotto ad ogni fatica e privazione quando si trattava di lavorare per il Signore e per la Chiesa. P. Lorenzo Gaiga
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È una delle più belle figure di Missionario che la Congregazione abbia avuto.
Nasce a Gardone Valtrompia il 14 febbraio 1884. Giuseppe eredita dalla sua terra bresciana, il carattere forte, volitivo, talvolta impetuoso e testardo che lo contraddistinguerà nel suo lavoro missionario.
Dopo qualche anno di lavoro manuale, non può più resistere all'invito di Dio ed entra nel seminario di Brescia. Ed è qui che ha l'occasione di sentire una conferenza di Mons. Antonio Roveggio il quale termina il suo dire con una sfida: "Se il Signore vi chiamasse, ascoltate con generosità la sua voce".
Giuseppe fa sua quella sfida e con la generosità che gli è propria, segue l'invito ed entra nel Noviziato di Verona, diretto, a quel tempo da P. Vianello. Dopo l'ordinazione sacerdotale nel 1909, è inviato in Inghilterra per apprendere la lingua inglese. E verso la fine del 1911 spicca il volo verso l'Africa, e precisamente in Uganda.
Inizia così il suo lavoro apostolico a Palaro fra i Madi, poi come superiore ad Arua, e pone le basi per la fioritura di quella Missione così ricca di fede e di cristiani.
Nel 1919 passa a reggere la Missione di Gondokoro nel Bahr el Gebel, e quando il Nilo Equatoriale viene elevato a Prefettura Apostolica nel 1923, P. Zambonardi è nominato Superiore di Missione.
Nel 1927 poi è nominato Prefetto Apostolico del Bahr el Gebel che viene staccato dal Nilo Equatoriale.
Per dieci anni Mons. Zambonardi governa quella missione che egli arricchisce di 4 nuove stazioni e del Seminario di Okaru.
La sua guida forte e paterna, la sua umiltà, la sua disponibilità ad ogni più umile lavoro lo rende caro ai suoi missionari perché vedono in lui il missionario zelante, instancabile, mai fermo, sempre pronto a tutto, sempre disponibile.
Purtroppo nel 1938 per ragioni puramente politiche Mons. Zambonardi è costretto a presentare le sue dimissioni a favore di mons. Mlakic, non italiano. Soffre moltissimo di dover lasciare la sua missione, ma accetta la prova dalle mani di Dio chiedendo solo che il suo sacrificio scenda in copiose grazie sulla giovane cristianità.
Dopo qualche mese di riposo in Italia chiede e ottiene il permesso di ritornare in Africa e, nel 1939, è a Gondar, dove si mette a completa disposizione come coadiutore.
Purtroppo, a causa della guerra, le missioni di Gondar vengono chiuse, i missionari italiani sono internati, e Mons. Zambonardi è costretto all'inattività prima ad Asmara, poi a Khartoum dove le autorità lo lasciano poi libero.
Nel 1946 è mandato a studiare una nuova lingua, c'è l'opportunità di una missione in Mozambico, e rimarrà in Mozambico fino al 1953 in qualità di Superiore, e cioè fino a quando è nominato superiore maggiore d'Egitto.
Ci vuole del coraggio, alla sua età, per intraprendere lo studio di nuove lingue, tuttavia nulla è impossibile al suo zelo.
Nel 1959 prende parte al Capitolo Generale, poi, in silenzio si ritira a Carraia come confessore e Padre Spirituale dei Rev. Padri e degli studenti.
Nel 1969, ormai stanco e ammalato lo troviamo a Verona prima, poi ad Arco, dove attende la venuta di Colui che fu ed è il suo più grande Amore. E il 5 giugno 1970 avviene il grande incontro.
Mons. Zambonardi scrisse 14 volumi di memorie che coprono tutta una vita missionaria intensamente vissuta e che danno tanta luce per conoscere meglio gli sforzi, gli eroismi, i successi, le iniziative, ecc. di tanti generosi missionari.
Che dire oggi di Mons. Zambonardi? Era un missionario nato, un lavoratore infaticabile, un uomo che non si risparmiava in nessun senso nella vigna del Signore.
Tuttavia, se vi fu un periodo della sua vita più impegnato di altri, pare sia stato proprio il decennio della sua attività sudanese, responsabilizzata dall'alta carica che la S. Sede gli aveva affidato. Di quella carica egli portava solo il peso, schivo com'era degli onori e della pubblicità. Sotto le sue cure in dieci anni la Prefettura si trasformò in un campo missionario rigoglioso e promettente.
Per quanti ebbero la fortuna di conoscerlo e di apprezzarne le non comuni doti apostoliche, P. Zambonardi è una di quelle figure di missionari pionieri, non facili a riscontrarsi oggi.
Uomo tutto di Dio, ha lasciato esempi di zelo coraggioso ed illuminato. Visse e spese tutta la sua vita per i confratelli e per l'avvento del regno di Cristo. Noncurante di se stesso, si adoperò con amore per portare ai fratelli il Vangelo di Cristo.
Ci lascia nel suo diario, documenti che costituiscono una testimonianza eccezionale dell'attività missionaria della Chiesa in Africa nell'ultimo mezzo secolo e soprattutto dei carismi apostolici di questo generoso figlio del Comboni che il Signore ha ora sicuramente premiato in Paradiso, mentre resta per noi tutti un fulgido modello del vero missionario.
(P. Leonzio Bano)
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Fr. Pietro Ravasio presents a second “model”: Fr. Giuseppe Zambonardi, whose characteristic, we can say, was “obedience based on faith”. In 1911 (aged 27) Fr. Zambonardi left for Africa where he worked for 48 years in Uganda, Sudan, Ethiopia, Eritrea, Mozambique and Egypt, leaving fourteen volumes in which he describes his epic missionary work.
First missionary experience – Uganda (1912-1919)
In Uganda he worked in Palaro, Moyo and Arua. Basic organisation: Arriving in a new place, one must learn the language (“The challenges of the missionary are the languages”. In Uganda, he had to learn Acholi, Madi, Alur and Logbara); evangelisation must be carried out by visiting personally, or through the catechists, families and villages. When asked to move from a thriving mission to Rejaf in Southern Sudan, he wrote home saying: “I am back from a 24 day journey to visit our catechists. I was thinking of resting a bit, but I found a letter from my superiors telling me to move to Rejaf. This mission is 300 Km away to be covered on foot. Patience… I have worked hard to found the mission of Arua and now that it is so flourishing, I am sent to a new place. But we are like soldiers: to work in one place or another for us is the same thing. I will rest for three days and then I will set off for my new destination”.
Second missionary experience – South Sudan (1920-1918)
In 1923 he was appointed to be the religious superior of Equatorial Africa (which included the missions in Uganda and those of Bahr-el-Gebel in Sudan). In 1925 he took part in the General Chapter, which decided to open a house in Thiene for the professional formation of the Brothers and a higher school in Khartoum. In 1928 he was appointed Apostolic Prefect of Bahr-el-Gebel: “What a humiliation to have been imposed a mitre on me”! Past experience enabled him to set up the Prefecture on solid apostolic and financial basis. New missions, formation of catechists, opening of schools and seminary, dialogue with the authority, unforeseen and dramatic events due to drought and epidemics. He was sustained in all this by his faith and prayer.
Third missionary experience (1939-1946) – Ethiopia and Eritrea
Ethiopia (1939-1941)
Due to pressures from the British government in Sudan, Mons. Zambonardi returned to Italy, renouncing to his responsibility as Apostolic Prefect and the title of “monsignor”. He was sent to Gondar in Ethiopia and made chaplain of the Gondar Hospital, helping also in the missions of Gorgorà and Metemma, among the Gumuz people. When the church with a thatched roof and the school were bombed and destroyed, the missionaries “had to leave the place”, to return to it only in 2003. In 1941 the British contingent conquered Gondar. Fr. Zambonardi was allowed to travel to the Regina Elena Hospital in Asmara to complete an operation which had to be interrupted on account of the bombings in Gondar.
Eritrea (1942-1946)
Here Fr. Zambonardi cooperated in the effort to assist Italian families with a soup kitchen for the poor and paying fees for children to attend school, as the men were away for the war. As for church attendance, he was rather disappointed by the Italian population, as those who received communion could be counted on the fingers of two hands, while in Sudan were counted by the thousands.
In his third experience, Fr. Zambonardi understood that the missionary must commit himself to sow the seed while being patient, hoping that, mysteriously, the future would bring about a good harvest.
Fourth missionary experience – Mozambique (1946-1953)
Fr. Zambonardi arrived in Mozambique in 1946 and is to be considered a pioneer and a founder of the Comboni missions in this land, where he left the mark of his zeal and of his great previous missionary experience. Fr. Zambonardi was appointed as head of the “Archpretura of Mossuril”, which became the work area of the Comboni missionaries. Although this was considered an arid and difficult field of work, in the first two years the missionaries managed to open five mission stations: Mossuril, Carapira, Mueria, Namahaca and Cabeceira Grande. “We ourselves did not believe that in places in which a few months ago there was nothing but forest and woodland, would arise as by magic schools, houses, chapels and courtyards filled with hundreds of children and adults, of girls and women, eager to learn to read and write and to listen to the word of God” (Nigrizia, September 1946). He kept reminding confreres outside the country that Mozambique was a mission as important as the others and that they were facing a future equally assured and prosperous as other missions.
Towards the end of his mandate, he insisted that great care was needed for the catechumenate, that all had to strive to better learn the local language, to overcome a certain protagonism when talking – like using expressions “my mission, my school” – and to always privilege obedience.
After seven years in Mozambique, Fr. Zambonardi returned to Italy for the 1953 General Chapter to which he presented a report on the work that was going on in this new land.
Fifth missionary experience – Egypt (1953-1959)
His new destination was Egypt. Again Fr. Zambonardi accepted his new assignment, though his wish was to return to Mozambique. In 1953 he arrived in Cairo, historically the eldest mission territory of Comboni, established for the education of the black people living in Egypt and for the immediate preparation of his missionaries to the missions of Sudan. The work there was quite well organised. Fr. Zambonardi was immediately made superior. “When they call me ‘Regional superior’ I need all my willpower not to get nervous. I have started to learn French, a language which here is necessary”. He kept writing his diaries.
Final experience – Italy (1960-1970)
Fr. Zambonardi was in Italy for the IX General Chapter. Afterwards, due to his frail state of health, he was not sent back to Africa but to the seminary of Carraia for the formation of those young people and to finalise his type set 14 volumes of his missionary diaries, convinced that they would be useful for those who wished to write the history of the missions of Sudan, Uganda and Mozambique. As a conclusion of a six-page letter that Fr. Zambonardi wrote to the students in Carraia (1962), he says: “We can be certain that Africa in the near future will be a land of light and holiness”.
Due to his health, Fr. Zambonardi was sent to Verona and later to Arco, where he passed away in 1970, at the age of 86.
Fr. Pietro Ravasio, mccj Da Mccj Bulletin n. 257, ottobre 2013, p. 126-160